Il nuovo Decreto Legislativo Correttivo sul Concordato Preventivo Biennale (CPB), attualmente in fase di valutazione presso le Commissioni parlamentari, introduce una novità dirompente: l’esclusione dei professionisti che aderiscono a una STP – Società tra Professionisti – dalla possibilità di accedere a questo importante strumento di compliance fiscale. Una decisione che potrebbe ridisegnare gli equilibri tra lavoro autonomo tradizionale e forme associate di esercizio della professione.
Sommario
Il CPB, lo ricordiamo, è uno degli strumenti chiave introdotti dal legislatore per offrire ai contribuenti la possibilità di concordare in anticipo il reddito imponibile per due anni, assicurandosi stabilità, certezza fiscale e un rapporto più disteso con l’amministrazione finanziaria.
Tuttavia, con questa nuova causa di esclusione, i professionisti che operano all’interno di una STP – una forma giuridica sempre più diffusa e incentivata per la gestione associata delle attività professionali – rischiano di perdere un’opportunità strategica per pianificare in modo efficiente la propria fiscalità.
Perché il legislatore ha deciso questa esclusione? Quali sono le conseguenze per i professionisti coinvolti? E soprattutto: ci sono soluzioni o strategie alternative per mitigare gli effetti negativi di questa novità normativa? In questo articolo analizzeremo tutti i dettagli della proposta, i possibili scenari futuri e le implicazioni fiscali, economiche e organizzative per i professionisti italiani.
CPB e D.Lgs Correttivo
Con il nuovo Decreto Legislativo Correttivo al Concordato Preventivo Biennale (CPB), attualmente ancora in fase di bozza, il legislatore introduce modifiche sostanziali alle cause di esclusione e cessazione dal regime agevolato.
Le novità principali sono contenute negli articoli 8 e 9 del testo normativo, i quali delineano due aspetti fondamentali: da un lato l’aggiunta di nuove cause di esclusione e cessazione dal concordato, dall’altro una interpretazione autentica di quanto già previsto dalla normativa istitutiva del CPB.
L’intervento si concentra soprattutto sui lavoratori autonomi, in particolare quelli che dichiarano redditi ai sensi dell’art. 54, comma 1 del TUIR (D.P.R. 917/1986), ma che partecipano anche a forme associate di esercizio della professione: associazioni professionali, STP (Società tra Professionisti) ex art. 10 della Legge 183/2011, oppure società tra avvocati ex art. 4-bis della Legge 247/2012.
In tali casi, non sarà più sufficiente che il singolo professionista presenti domanda per il concordato preventivo: l’adesione dovrà essere congiunta, estesa cioè anche alle società o associazioni a cui partecipa.
In assenza di tale adesione congiunta, scatterà automaticamente l’esclusione dal CPB, tanto per il singolo professionista quanto per l’associazione o la STP, se non tutti i soci decidono di aderire al concordato per gli stessi periodi d’imposta. Questa regola rafforza il principio di coerenza e trasparenza fiscale tra le parti associate, ma solleva anche numerosi interrogativi pratici sull’effettiva applicabilità della norma e sulla libertà individuale di adesione.
Nuove cause di cessazione
Oltre all’introduzione di nuove cause di esclusione dall’accesso al Concordato Preventivo Biennale (CPB), il D.Lgs Correttivo interviene anche sulle cause di cessazione dal regime per i soggetti già ammessi. L’obiettivo è mantenere un criterio di uniformità e coerenza tra i soci e le strutture a cui partecipano, evitando che l’adesione al CPB diventi una scelta individuale slegata dal contesto professionale complessivo.
In particolare, viene stabilito che le associazioni e le società tra professionisti o tra avvocati cessano dal concordato nel momento in cui anche uno solo dei soci o associati – che dichiarano individualmente redditi da lavoro autonomo ai sensi dell’art. 54, comma 1, TUIR – non è più in condizione di determinare il proprio reddito attraverso il concordato, indipendentemente dalla causa che determina tale cessazione. Questa previsione opera in senso speculare: anche il singolo professionista decade dal regime concordatario nel caso in cui la STP o l’associazione cui partecipa non possa più aderire per i medesimi periodi d’imposta.
Questa dinamica, fortemente interdipendente, accentua la responsabilità collettiva all’interno delle forme associative. La norma si applica con riferimento agli articoli 11, comma 1, lett. b-quater) e 21, comma 1, lett. b-ter) del D.Lgs 12 febbraio 2024, n. 13, e viene arricchita da un chiarimento importante: per operazioni di conferimento, che possono incidere sulla cessazione, si intendono unicamente quelle relative al conferimento di azienda o ramo d’azienda. Restano dunque escluse operazioni più semplici, come il conferimento in denaro da parte dei soci, che non impattano sulla permanenza nel regime CPB.
STP e CPB
L’articolo 8 del D.Lgs Correttivo – ancora in bozza – introduce una delle novità più discusse e controverse: l’esclusione dal Concordato Preventivo Biennale (CPB) per i professionisti che aderiscono a Società tra Professionisti (STP), qualora non vi sia un’adesione collettiva e coordinata al regime per il biennio 2025-2026.
Nella logica della norma, infatti, l’accesso al CPB da parte del lavoratore autonomo è subordinato alla condizione che anche la società o associazione professionale cui partecipa opti per il concordato, e ciò deve avvenire per i medesimi periodi d’imposta.
L’effetto è duplice: da un lato, se la STP non aderisce, il singolo professionista non potrà entrare nel CPB; dall’altro, anche la società sarà esclusa qualora non tutti i soci dichiaranti reddito autonomo aderiscano alla proposta.
Questo vincolo “a cascata” solleva interrogativi importanti: cosa succede se uno dei soggetti non può aderire per una delle cause già previste dall’art. 11 del D.Lgs 13/2024? In base all’attuale formulazione, l’adesione sembra essere ammessa solo in presenza di unanimità, ma si attendono chiarimenti nel testo definitivo.
A complicare ulteriormente il quadro, interviene la questione degli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità): una STP che calcola il reddito secondo le regole d’impresa non può applicare gli ISA, che sono invece tarati su redditi di lavoro autonomo.
Per alcune attività – come studi legali (DK04U), di commercialisti (DK05U), ingegneria (DK02U), architettura (DK18U) e veterinaria (DK22U) – è previsto per il 2024 solo l’obbligo statistico, in vista della piena applicazione ISA nel 2025. Questo significa che per il biennio 2025–2026 le STP restano escluse dal CPB, e con esse anche i soci, creando una penalizzazione importante per le strutture professionali associate.
STP escluse dal CPB
Le limitazioni introdotte dalla bozza dell’art. 8 del Decreto Correttivo al CPB avranno un impatto tangibile sulla pianificazione fiscale di molti studi professionali associati. Le STP escluse dalla possibilità di aderire al concordato si troveranno di fatto impossibilitate a offrire ai propri soci professionisti i benefici del CPB, anche qualora questi ultimi operino con partita IVA individuale. La conseguenza più evidente è la perdita di certezza e prevedibilità sul reddito imponibile per il biennio 2025–2026, in un contesto normativo e fiscale già complesso.
Per i professionisti, l’adesione al CPB rappresentava un’opportunità strategica: garantiva due anni di stabilità sul reddito concordato, proteggendoli da contestazioni future e consentendo una programmazione fiscale più efficiente. Con l’esclusione delle STP, però, questi vantaggi vengono meno proprio per chi ha scelto un modello organizzativo moderno e collaborativo, spinto anche da precedenti politiche di incentivo alla costituzione di STP.
In questo scenario, le strategie da adottare devono tenere conto della struttura societaria e del regime fiscale applicato. I professionisti potrebbero valutare, ad esempio, un ritorno alla partita IVA individuale per accedere al CPB, oppure una riorganizzazione interna che consenta alla STP di essere strutturata in modo compatibile con i nuovi ISA e, successivamente, con il concordato. Tuttavia, queste operazioni comportano costi, oneri burocratici e rischi operativi.
Un altro aspetto critico è la gestione della comunicazione tra soci: poiché l’adesione al CPB è condizionata dall’unanimità tra i partecipanti, sarà necessario un coordinamento attento per valutare congiuntamente vantaggi, svantaggi e tempistiche. In assenza di una visione comune, l’intero studio rischia di essere tagliato fuori dal regime.
Possibili correttivi e chiarimenti
L’iter parlamentare del Decreto Correttivo al CPB è ancora in corso e, proprio per questo, cresce l’attesa da parte di professionisti, associazioni di categoria e consulenti fiscali per una versione definitiva che possa chiarire i dubbi interpretativi emersi in questa fase iniziale. Le disposizioni contenute nella bozza, infatti, sollevano diverse criticità, soprattutto per quanto riguarda l’obbligo di adesione “collettiva” da parte delle STP e dei relativi soci.
Uno dei punti più delicati riguarda la mancanza di flessibilità nella norma. Il fatto che l’intera STP venga esclusa dal CPB se anche solo un socio non può o non vuole aderire, potrebbe produrre effetti sproporzionati rispetto agli obiettivi dichiarati del legislatore. Ad esempio, un professionista potrebbe essere escluso per motivi estranei alla volontà del gruppo (cause oggettive di inammissibilità previste all’art. 11 del D.Lgs 13/2024), determinando l’esclusione anche degli altri colleghi associati.
Molti operatori del settore auspicano che, nella versione definitiva del provvedimento, venga inserita una deroga o una clausola di salvaguardia, tale da consentire l’adesione individuale al CPB anche in presenza di vincoli temporanei o di esclusioni non imputabili alla volontà del socio o della società.
Inoltre, si attende una precisazione ufficiale sull’applicabilità retroattiva o meno della norma. Per ora è chiaro che le nuove regole riguarderanno le adesioni per il biennio 2025–2026, ma restano dubbi sul coordinamento con gli ISA, ancora non operativi per le STP nell’anno di riferimento (2024). Il rischio è che, in assenza di un intervento normativo puntuale, si crei una distorsione applicativa che penalizza proprio chi ha scelto strutture professionali moderne e strutturate.
Semplificazione fiscale vs rigidità normativa
L’introduzione del Concordato Preventivo Biennale era stata salutata come un passo importante verso una razionalizzazione del rapporto fisco-contribuente, con l’obiettivo di promuovere una maggiore collaborazione e trasparenza. Tuttavia, l’estensione automatica della responsabilità fiscale tra soci e società, come prospettata dalla bozza del Decreto Correttivo, rischia di tradursi in una rigidità normativa eccessiva che va a colpire proprio quei soggetti che operano in forme organizzative più strutturate.
Le STP, per loro natura, rappresentano un modello evoluto di esercizio dell’attività professionale: uniscono competenze, ottimizzano costi e migliorano i servizi offerti alla clientela. Ma il nuovo impianto del CPB – così come previsto dalla norma in bozza – non distingue tra responsabilità individuale e collettiva, né contempla casi di impossibilità oggettiva all’adesione. In sostanza, se uno dei soci viene escluso, l’intera struttura ne subisce le conseguenze, anche se ha rispettato gli obblighi fiscali in modo corretto e coerente.
Questo approccio potrebbe avere un effetto disincentivante sull’adozione di forme aggregate come le STP, riportando di fatto i professionisti verso la gestione individuale delle attività, pur in contrasto con le politiche pubbliche che hanno finora sostenuto l’integrazione e la collaborazione professionale. Una norma più flessibile, capace di differenziare le responsabilità e mantenere la stabilità del CPB anche in caso di singole esclusioni motivate, sarebbe in linea con i principi di equità, proporzionalità e buon senso amministrativo.
Conclusioni
Il Concordato Preventivo Biennale rappresenta un’importante opportunità per professionisti e imprese in ottica di pianificazione fiscale e certezza nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria.
Tuttavia, le nuove cause di esclusione e cessazione introdotte nella bozza del Decreto Correttivo, in particolare per i professionisti che partecipano a STP o associazioni professionali, sollevano criticità di natura tecnica, operativa e interpretativa.
Se la norma sarà approvata nella sua attuale formulazione, molti studi professionali strutturati in forma associata o societaria rischiano di rimanere esclusi dal CPB per il biennio 2025-2026, senza colpe effettive e con gravi limitazioni in termini di competitività fiscale. L’obbligo di adesione collettiva e la mancata applicazione degli ISA sul 2024 per le STP appaiono come vincoli troppo stringenti, soprattutto in un contesto di progressiva evoluzione e aggregazione delle professioni.
In attesa della versione definitiva del testo, è fondamentale che i professionisti inizino sin da ora a valutare attentamente la propria posizione fiscale e societaria. È il momento di fare squadra con consulenti esperti, analizzare l’impatto delle nuove regole e, dove necessario, riorganizzare la propria struttura per non perdere le opportunità offerte dal CPB.
Il legislatore ha ancora il tempo per introdurre aggiustamenti equilibrati, capaci di tutelare sia le esigenze di controllo e affidabilità del sistema tributario, sia la libertà organizzativa delle professioni. Fino ad allora, attenzione, prudenza e pianificazione restano le parole chiave per chi lavora in STP e intende prepararsi al meglio al biennio fiscale 2025–2026.