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Evasione ed elusione fiscale: di che cosa parliamo? Quali rischi e quali strumenti difensivi?

Roberto Pusceddu - Data di Pubblicazione: 05/02/2024 - 7309 visualizzazioni.
Evasione ed elusione fiscale: di che cosa parliamo? Quali rischi e quali strumenti difensivi?

Premessa

Qual è la differenza tra evasione fiscale ed elusione? Sui due termini si fa spesso confusione, ma le differenze sono notevoli. Sia l’elusione che l’evasione rappresentano due atteggiamenti fraudolenti messi in atto per pagare meno tasse e “aggirare” le norme fiscali. La differenza però è sostanziale soprattutto per quanto riguarda limiti e conseguenze in ambito penale e amministrativo.

Per quanto riguarda l’elusione fiscale, nel testo faremo riferimento alle novità introdotte con la legge 212 del 2000, con la quale il termine e l’illecito previsto dal D.p.r. 600/1973 è stato sostituito dal cosiddetto “abuso del diritto”.

 

Le differenze tra elusione ed evasione fiscale

Seppur in ambedue i casi si tratti di comportamenti orientati a contrastare e ridurre il prelievo tributario, l’evasione fiscale e l’elusione sono termini ben diversi, soprattutto sul piano penale e sanzionatorio.

Mentre l’evasione fiscale può essere definita come un comportamento che mira ad occultare e a contrastare il prelievo fiscale, l’elusione fiscale rappresenta un vero e proprio abuso del diritto, ovvero la messa in pratica di comportamenti e azioni che hanno come obiettivo ultimo quello di raggirare le leggi a proprio vantaggio, mettendo in pratica comportamenti che indirettamente portano alla diminuzione del prelievo fiscale.

In entrambe i casi si tratta di comportamenti sanzionabili sul piano amministrativo; soltanto l’evasione fiscale, invece, porta a conseguenze di natura penale.

Vediamo nello specifico cosa si intende per evasione fiscale, cos’è invece l’elusione fiscale identificando qual è la differenza sostanziale tra i due comportamenti.

Evasione fiscale, definizione e limiti

L’evasione fiscale può essere definita come tutti quei comportamenti e metodi che hanno come obiettivo quello di ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte dello Stato sul contribuente, attraverso pratiche che violano le leggi e le norme fiscali.

Comportamenti tipici di evasione fiscale sono la mancata emissione di fatture e scontrini in operazioni di vendita di beni o prestazioni di servizi, o la presentazione di dichiarazioni dei redditi incomplete, di modo da ridurre il prelievo fiscale sui propri redditi.

Riportando quanto contenuto su una scheda informativa pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, l’evasione fiscale “provoca un danno a tutta la società, provoca il deficit pubblico, toglie ai poveri e agli onesti per dare ai ricchi”.

L’evasione fiscale può essere sanzionata sia sul piano amministrativo che penale, in funzione, di norma, della misura dell’importo di imposte e tasse non versate allo Stato a seguito del mancato rispetto delle norme tributarie.

Elusione fiscale e abuso del diritto, la legge n. 212/2000

Quando si parla di elusione fiscale si fa riferimento ad un comportamento molto differente sul piano normativo che sanzionatorio rispetto all’evasione.

In linea di principio, seppur in entrambe le situazioni l’obiettivo ultimo sia non adempiere ai propri obblighi fiscali e tributari secondo la propria disponibilità economica, l’elusione fiscale consiste in operazioni prive di sostanza economica che, seppur rispettando la legge, realizzano degli indiretti vantaggi fiscali al contribuente.

Con la legge n. 212/2000, lo Statuto del contribuente, il concetto di elusione fiscale è stato accorpato all’abuso del diritto; la definizione è apportata dalla normativa di riferimento, al comma 1 dell’articolo 10 bis, ovvero:

“configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.

Per quanto riguarda l’aspetto sanzionatorio, l’elusione fiscale è irrilevante dal punto di vista penale ma prevede l’applicazione di sanzioni amministrative commisurate alla misura dell’importo eluso al Fisco.

Al contrario, non sono sanzionate e non si configurano come abuso di diritto ed elusione fiscale “le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche dettate da esigenze di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente” (art. 10, comma 3, legge n. 212/2000).

Elusione fiscale, evasione fiscale e lecito risparmio d’imposta: differenze

Per comprendere cosa sia l’elusione fiscale può essere utile evidenziarne le differenze rispetto agli altri fenomeni che si pongono ai suoi margini opposti: da un lato l’evasione fiscale, dall’altro il lecito risparmio d’imposta.

Mentre nel fenomeno elusivo si assiste all’aggiramento del precetto tributario, attraverso comportamenti che, pur non violando direttamente alcuna norma, in realtà ne tradiscono comunque la ratio e la funzione, nell’evasione fiscale si realizza una vera e propria violazione degli obblighi tributari gravanti sul contribuente: quest’ultimo infatti si sottrae fraudolentemente al pagamento di quanto dovuto, occultando il fatto che darebbe luogo ad imposizione (ad esempio omettendo di dichiarare un reddito imponibile oppure deducendo costi in realtà mai sostenuti) o attribuendogli una qualificazione giuridica non corrispondente alla realtà (ad esempio perché da tale qualificazione deriva l’applicazione di una aliquota inferiore, con conseguente risparmio d’imposta). L’accertamento dell’evasione comporta, oltre al recupero delle imposte non versate e all’irrogazione di sanzioni amministrative (provvedimenti comuni pure ai casi di accertata elusione), anche la possibile esposizione a conseguenze di natura penale, qualora vengano superate le soglie di punibilità previste dal D.Lgs. 74/2000.

Dalle ipotesi di elusione vanno poi tenuti distinti tutti i casi in cui è la legge stessa a consentire al contribuente di scegliere tra diverse soluzioni messe a sua disposizione dall’ordinamento tributario (ad esempio optare per costituire una società secondo una determinata forma, in quanto agevolata, sul piano fiscale, rispetto ad altre forme diverse): ciò che si realizza è un lecito risparmio d’imposta, derivante dalla scelta del meno oneroso fra strumenti e modelli fiscali alternativi appositamente proposti dal legislatore all’interno di un sistema che riconosce i principi di autonomia contrattuale e di libera iniziativa economica.

Normativa di riferimento

Costituzione italiana

Si è già osservato come le condotte fiscalmente elusive, pur non ponendosi in diretta e palese violazione di alcuna norma di legge, contrastino tuttavia con i principi ispiratori del sistema tributario: vengono in rilievo, in proposito, sia l’art. 53 Cost., secondo cui “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, nell’ambito di un sistema ispirato al criterio di progressività dell’imposizione, sia – a parere dello scrivente – il più generale principio di solidarietà sociale recato dall’art. 2 Cost. .

Su tali basi – oltre che sulla scorta di alcune importanti sentenze della giurisprudenza comunitaria (il riferimento va, in particolare, alla sentenza “Halifax” resa dalla Corte di Giustizia UE, nella causa C-255/02 del 21.02.2006) – è stato possibile sostenere l’esistenza di un generale principio antielusivo alla luce del quale “il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale” (così si è espressa Cass. Civ., SS.UU., n. 30055/2008).

La pronuncia appena richiamata ha peraltro opportunamente osservato che “il riconoscimento di un generale divieto di abuso del diritto nell’ordinamento tributario non si traduce nella imposizione di ulteriori obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali”, non determinandosi perciò alcun contrasto con la previsione di cui all’art. 23 Cost. .

Statuto dei diritti del contribuente (L. 212-2000)

A livello di legislazione ordinaria, il fenomeno dell’elusione fiscale è oggi contemplato dall’art. 10-bis della L. 212-2000 (Statuto dei diritti del contribuente), norma di carattere generale introdotta ad ottobre 2015 con il D.Lgs. 128/2015, a seguito delle indicazioni formulate dalla Commissione Europea nell’ottica di contrastare aggressive strategie di pianificazione fiscale in grado di alterare il corretto funzionamento dei sistemi tributari degli Stati membri (raccomandazione n. 2012/772/Ue del 06.12.2012).

È interessante osservare come, secondo tale nuova disposizione, il fenomeno elusivo venga espressamente ricondotto al concetto di abuso del diritto: nozione di carattere ampio, a più riprese indagata da dottrina e giurisprudenza, con cui viene indicato l’anomalo esercizio di un diritto che, senza realizzare alcun valido e concreto interesse per il suo titolare, provoca un danno o un pericolo di danno nei confronti di altri soggetti, ponendosi quindi in radicale contrasto con lo scopo in vista del quale quel diritto era stato attribuito dall’ordinamento.

Prima dell’introduzione del menzionato art. 10-bis, il fenomeno dell’elusione fiscale era contemplato dall’art. 37-bis del D.P.R. 600/1973, nell’ambito delle disposizioni in tema di accertamento delle imposte sui redditi. Per effetto della novella del 2015, tale disposizione è stata abrogata ed ogni riferimento ad essa deve oggi intendersi rimandare al vigente art. 10-bis L. 212-2000.

Secondo il comma 1 del nuovo art. 10-bis, “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.

Conseguenza del riconosciuto carattere abusivo di un’operazione è la sua inopponibilità all’amministrazione finanziaria, legittimata quindi a disconoscerne i vantaggi e perciò a determinare i tributi dovuti “sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.

La definizione fornita, piuttosto generica nei suoi contorni, viene meglio specificata dal successivo comma 2, secondo cui si considerano:

a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;

  1. b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”.

Un’ulteriore precisazione – questa volta in negativo – viene fornita nell’ambito del terzo comma della disposizione, laddove si puntualizza che “in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”.

Importante – al fine di delimitare quell’area grigia al cui interno si collocano le condotte elusive, distinguendo da esse le ipotesi di lecito risparmio d’imposta già esaminate – è poi l’espressa previsione recata al comma 4, per cui “resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”.

Sul versante opposto – quello che guarda cioè a potenziali fattispecie di evasione vera e propria – il comma 12 della disposizione in commento stabilisce che “in sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie”.

Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 917/1986)

Accanto alla generale norma antiabuso rappresentata dall’art. 10-bis L. 212-2000, diverse altre sono le norme tributarie evidentemente finalizzate al contrasto dell’elusione fiscale, specie con riguardo alla dimensione internazionale del fenomeno. Lo svolgimento di attività economiche in molteplici Stati, anche extra-europei, spesso caratterizzati da regimi fiscali più favorevoli di quello italiano, può infatti dar luogo ad operazioni finalizzate all’indebita sottrazione al Fisco di redditi tassabili in Italia.

Nell’ambito del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (c.d. T.U.I.R.,) contenuto nel D.P.R. 917/1986, è possibile individuare le seguenti norme anti-elusive:

  • ­il comma 2-bis dell’art. 2, recante una presunzione di residenza in Italia delle persone fisiche trasferite in Stati a fiscalità privilegiata (presunzione relativa, dunque superabile dall’interessato offrendo adeguata prova contraria);
  • ­il comma 5-bis dell’art. 73, finalizzato a contrastare il fenomeno della c.d. “esterovestizione” mediante una presunzione (anche in questo caso relativa) di esistenza in Italia della sede di società ed enti apparentemente esteri che però presentino alcuni peculiari elementi di collegamento con il territorio nazionale (in particolare, oltre al fatto di controllare società o enti commerciali operanti in Italia, la circostanza di essere a loro volta controllati da soggetti residenti in Italia o di essere amministrati da organi composti in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato);
  • ­il comma 4 dell’art. 47, nonché il comma 3 dell’art. 89, in tema di tassazione integrale degli utili da partecipazione e dei dividendi provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato;
  • ­il comma 7 dell’art. 110, recante una serie di norme in tema di c.d. “transfer pricing, volte a stabilire il valore da attribuire ai componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato;
  • ­l’art. 166, in tema di imposizione applicabile ai soggetti esercenti imprese commerciali nel momento in cui trasferiscono all’estero la propria residenza o elementi attivi del proprio patrimonio;
  • ­l’art. 167, che fonda la disciplina in materia di imprese estere controllate (c.d. disciplina “CFC”), in base alla quale – in sintesi – il reddito conseguito dal soggetto estero operante in un paese a fiscalità privilegiata è imputato al soggetto controllante residente in Italia in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili della controllata.

 

Imprenditore in crisi: la svolta verso la Composizione Negoziata per la Soluzione delle Crisi d'Impresa

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Imprenditore in crisi: la svolta verso la Composizione Negoziata per la Soluzione delle Crisi d'Impresa
Premessa Con il D.L. 118/2021 (convertito nella Legge 21/10/2021, n.147) è stato introdotto il nuovo istituto della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa. L’istituto modificato ed integrato con nuove disposizioni normative è stato poi introdotto all’interno del Codice delle Crisi entrato definitivamente in vigore il 15 luglio 2022 (D.Lgs 12/01/2019, n. 14 così come modificato dal D.Lgs 17/06/2022, n. 83). Che cos’è la Composizione Negoziata L’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere al Segretario Generale della Camera di Commercio del territorio dove si trova la sede legale dell’impresa, la nomina di un Esperto, che lo affiancherà nelle trattative con i creditori, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. Questo nuovo istituto rappresenta un significativo segnale di modernità rispetto alle tradizionali soluzioni di gestioni delle crisi basate sulla realizzazione delle garanzie patrimoniali. Con la composizione negoziata si è spostato il baricentro del trattamento satisfattivo sull’impresa consentendo di comprendere una crisi come una complessa operazione economica che può avere soluzione in sede contrattuale con una ampia autonomia negoziale a vantaggio della preservazione del valore di impresa. Quando è plausibile il ricorso alla Composizione Negoziata L’impresa può ricorrere alla Composizione Negoziata quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento aziendale. Il ricorso alla Composizione Negoziata è esclusivamente volontario, quindi attivabile solo dalle imprese che decidono di farvi ricorso, riservato, di natura stragiudiziale e non concorsuale. Quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa con l’avvio della Composizione negoziata, si procede alla nomina di un Esperto chiamato ad agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori e eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio. L’operatività procedurale consente alle aziende percorsi più accessibili, più rapidi e meno costosi utilizzabili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale. Chi può accedere al servizio Tutte le imprese iscritte nel Registro delle Imprese. Modalità di presentazione dell’Istanza di Composizione Negoziata L’istanza di accesso alla Composizione Negoziata per la nomina di un Esperto indipendente è presentata al Segretario Generale della Camera di Commercio del territorio dove si trova la sede legale dell’impresa tramite una piattaforma telematica nazionale www.composizionenegoziata.camcom.it che contiene tutte le informazioni utili sulla composizione negoziata, sulle modalità di attivazione del percorso e sui documenti da produrre. La piattaforma contiene anche un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e una check list (lista di controllo) particolareggiata, che contiene le indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento. All’istanza deve essere allegata tutta la documentazione prevista dalla norma (art. 17, comma 3, D.Lgs 14/2019) elencata anche nel modulo online per la presentazione dell’istanza sulla piattaforma telematica. Per presentare l’istanza l’imprenditore deve essere dotato di un dispositivo di firma digitale. Nomina dell’Esperto nella Composizione Negoziata L’Esperto è nominato da una Commissione, che dura in carica due anni, è costituita presso le Camere di Commercio dei capoluoghi di Regione, ed è formata da tre componenti: un Magistrato designato dal presidente della sezione in materia di impresa del Tribunale del capoluogo di Regione; un membro designato dal Presidente della CCIAA sede della commissione; un membro designato dal Prefetto del capoluogo di Regione. La Commissione è coordinata dal membro più anziano e decide a maggioranza. Per Impresa Minore si intende l'impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti:
  1. un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di composizione negoziata o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;
  2. ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di composizione negoziata o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;
  3. un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
  Ruolo e Funzioni dell’Esperto nella Composizione Negoziata Le funzioni dell’Esperto sono descritte nel secondo comma dell’art. 12 del D.Lgs 14/2019. I compiti principali sono quelli di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati al fine di individuare una soluzione per il superamento della situazione di crisi o di insolvenza in cui versa l’impresa. L’Esperto deve essere un soggetto terzo e indipendente, che non assiste l’imprenditore né si sostituisce alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata ma ha il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi. Compito principale è quello di agevolare le trattative con i soggetti rilevanti per il risanamento dell’impresa, primi tra tutti i creditori aziendali. L’Esperto deve, quindi, coadiuvare le parti nella comunicazione, nella comprensione dei problemi e degli interessi di ciascuna di esse. Dopo avere inquadrato con sufficiente chiarezza il proprio ruolo e aver tracciato con altrettanta precisione i confini tra le sue funzioni e quelle degli eventuali consulenti dell’impresa può esercitare la propria opera agevolando attraverso una sapiente opera di mediazione, le trattative tra l’imprenditore (e i suoi advisors) e i creditori e altre controparti rilevanti per superare la situazione di crisi in cui versa l’azienda. Vantaggi e Agevolazioni della Composizione Negoziata Misure Protettive L’imprenditore dal momento della presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto, nelle modalità e termini stabiliti dagli articoli 18 e 19 del D.Lgs 14/2019, può chiedere l’applicazione delle misure protettive del suo patrimonio. I creditori in questo modo non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa né tantomeno sono inibiti i pagamenti. L’imprenditore può chiedere altresì al Tribunale competente per territorio l’adozione di provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. Misure Premiali La composizione negoziata prevede le seguenti agevolazioni:
  • riduzione alla misura legale degli interessi sui debiti tributari;
  • riduzione alla misura minima delle sanzioni tributarie;
  • riduzione del 50% delle sanzioni e degli interessi su debiti tributari sorti prima del deposito dell'istanza;
  • concessione da parte dell’Agenzia Entrate di un piano di ammortamento fino a massimo di n. 72 rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta, IVA, IRAP non ancora iscritte a ruolo e relativi accessori;
  • estensione al contratto o all’accordo conclusi in esito al buon fine delle soluzioni della Composizione Negoziata, art. 23, comma 1, lettere a) e c), delle agevolazioni fiscali previste dal TUIR all’art. 88 comma 4-ter (non “tassazione” delle sopravvenienze attive risultanti dalla riduzione dei debiti raggiunta con la Composizione Negoziata) e dall’art. 101, comma 5 (deducibilità delle perdite su crediti in esito alla Composizione Negoziata) a condizione che il contratto e l’accordo siano pubblicati nel Registro delle Imprese.
Esito della Composizione Negoziata La procedura si conclude con il deposito nella Piattaforma Telematica della relazione finale con la quale l’Esperto dà atto dell’attività compiuta e delle possibili soluzioni emerse all’esito delle trattative per il superamento delle condizioni di squilibrio in cui si trova l’impresa. La soluzioni positive previste dalla Composizione Negoziata sono le seguenti (art. 23 comma 1):
  1. a)  conclusione di un contratto con uno o più creditori che produce gli effetti delle misure premiali di cui alla riduzione degli interessi alla misura legale, se, secondo quanto esposto dall’Esperto nella relazione finale, sia idoneo ad assicurare la continuità aziendale per almeno due anni;
  2. b) concludere una Convenzione di moratoria di cui all’art. 62 del D.Lgs 114/2019;
  3. c) concludere un Accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’Esperto i cui effetti precludono l’assoggettabilità ad azioni revocatorie a condizione che, con la sottoscrizione dell’accordo, l’Esperto dia atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza.
Per le Imprese Minori o sotto soglia:
  1. a) conclusione di un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi con continuità aziendale;
  2. b) concludere una Convenzione di moratoria di cui all’art. 62 del D.Lgs 114/2019;
  3. c) concludere un Accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’Esperto, la cui pubblicazione del Registro delle Imprese consente la concessione delle agevolazioni fiscali previste dalle misure premiali di cui agli articoli 88, comma 4ter e 101, comma 5 del TUIR a condizione che, con la sottoscrizione dell’accordo, l’Esperto dia atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza.
Diritti di Segreteria per l’avvio della procedura di Composizione Negoziata Per la presentazione dell'istanza di nomina dell’Esperto è dovuto un diritto di segreteria pari a € 252,00. L'istanza è altresì soggetta all'applicazione dell'imposta di bollo telematica, nella misura di € 16,00. Durante la fase di compilazione da parte del rappresentante legale dell'impresa, la piattaforma telematica di composizione negoziata consentirà l'accesso diretto al Servizio online pagamenti PagoPA. Utilizzando lo strumento di pagamento online, dovranno essere compilati i campi come segue: Servizio: composizione negoziata - Causale: Istanza Ineg_0000000xxx (riportare il numero dell'istanza) - importo: € 268,00. Il rappresentante legale dell'impresa deve prestare inoltre attenzione alla compilazione dei campi "dati anagrafici del pagante", che dovranno riportare il codice fiscale dell'impresa che ha presentato l'istanza e una casella e-mail in corso di validità per ricevere la conferma di pagamento, da allegare all'istanza. Compenso per l’Esperto  L’Esperto ha diritto ad un compenso così come determinato dall’art. 25ter del decreto, tenuto conto dell’opera prestata, della sua complessità, del contributo dato nella negoziazione e della sollecitudine con cui sono state condotte le trattative, in misura percentuale secondo fasce a scaglioni calcolate sull’ammontare dell’attivo dell’impresa debitrice e possono variare anche in base al numero dei creditori e delle parti interessati che partecipano alle trattative. Gli importi dei compensi non potranno comunque scendere sotto i 4.000,00 Euro o superare i 400.000,00 mila Euro. I compensi possono anche raddoppiare in caso di esito positivo della composizione negoziata e conclusione di un contratto con i creditori che assicuri la continuità aziendale per almeno due anni, di una convenzione di moratoria o di un accordo sottoscritto da imprenditore, creditori e esperto. Un aumento del 100% scatta anche quando non si arriva a una soluzione e si chiede l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti. In caso di mancato accordo tra l’Esperto e il debitore o altre parti interessate, il compenso è liquidato dalla Commissione Regionale o dal Segretario Generale della Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno nel caso di istanze presentate da imprese minori o sotto soglia.

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