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Detraibilità IVA nella società in liquidazione: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Con la recente Risposta n. 251 del 2025, l’Agenzia delle Entrate torna a fare chiarezza su un tema delicato per molte imprese in chiusura: la possibilità di detrarre l’IVA durante la fase di liquidazione. Il dubbio principale riguarda l’ammissibilità della detrazione dell’imposta su spese sostenute dopo la cessazione dell’attività operativa, come quelle per servizi legali, consulenze o recupero crediti.
Sommario
Secondo l’Agenzia, la detrazione è possibile ma non automatica: essa è ammessa solo se i costi sono effettivamente funzionali all’attività liquidatoria, ovvero destinati a gestire l’attivo e il passivo, chiudere eventuali contenziosi o recuperare crediti ancora in essere.
Al contrario, non è consentita se le spese si riferiscono a operazioni pregresse esenti da IVA e non più rilevanti ai fini della liquidazione.
Questa posizione si allinea ai principi già espressi in precedenti interpelli e sentenze di Cassazione, ma rappresenta una conferma importante per i professionisti e i liquidatori: la corretta valutazione dell’inerenza delle spese è determinante per conservare il diritto alla detrazione dell’imposta.
In questo articolo analizziamo nel dettaglio il caso concreto, i riferimenti normativi e giurisprudenziali, e le implicazioni pratiche per chi gestisce una società in liquidazione.
IVA detraibile in liquidazione
Il chiarimento che ha riacceso l’interesse sul tema della detraibilità IVA in fase di liquidazione arriva da un interpello presentato da ALFA S.r.l., società posta in liquidazione volontaria dal 2021.
La società ha interpellato l’Agenzia delle Entrate per sapere se fosse possibile detrare l’IVA relativa a fatture di professionisti incaricati della gestione del contenzioso tributario e del recupero crediti. Due attività avviate successivamente alla cessazione dell’attività principale, che era esente da IVA ai sensi dell’art. 10 del DPR 633/1972.
Il nodo centrale riguarda quindi la possibilità di portare in detrazione l’IVA, anche in assenza di operazioni attive, se le spese sostenute rientrano nella gestione liquidatoria. L’Istante ha sostenuto l’inerenza dei costi alla fase di liquidazione, argomentando che le prestazioni ricevute erano strumentali alla chiusura dell’attività.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 236/2023, ha confermato che il diritto alla detrazione non si estingue automaticamente con l’inizio della liquidazione. Infatti, la liquidazione non equivale a cessazione dell’attività d’impresa, ma ne rappresenta solo la fase conclusiva. Di conseguenza, le operazioni effettuate in questa fase possono ancora avere natura economica, se finalizzate a realizzare o regolare il patrimonio aziendale.
Nel caso concreto, l’Agenzia ha riconosciuto la detraibilità dell’IVA sulle fatture per servizi legali, in quanto direttamente riferibili a operazioni necessarie per la liquidazione: definizione di debiti tributari e riconciliazione di crediti residui.
Questo orientamento è in linea con alcune importanti sentenze della Corte di Cassazione (n. 12444/2011 e n. 9464/2018), ma la particolarità di questo interpello è che applica questi principi a un caso operativo, offrendo ai professionisti e alle imprese una base interpretativa concreta e favorevole per la gestione dell’IVA in liquidazione.
Il perno della detrazione IVA
Uno dei principi chiave richiamati nella risposta dell’Agenzia delle Entrate è quello dell’inerenza, ovvero la connessione diretta e funzionale tra le spese sostenute e l’attività d’impresa.
Nella fase di liquidazione, il concetto di inerenza si sposta dall’attività produttiva in senso stretto alla gestione del patrimonio residuo, alla chiusura dei rapporti pendenti e alla definizione delle posizioni fiscali.
L’IVA può quindi essere regolarmente detratta se le operazioni, pur non generando ricavi, sono strumentali all’attività liquidatoria.
Nel caso della società ALFA S.r.l., la funzione delle prestazioni professionali (contenzioso tributario e recupero crediti) è risultata chiaramente funzionale al perseguimento degli obiettivi tipici della liquidazione: incassare crediti, ridurre passività, sistemare rapporti pendenti e chiudere eventuali pendenze con il Fisco.
Secondo l’Agenzia, ciò rappresenta una continuità dell’attività economica, benché in forma ridotta e finalizzata alla chiusura.
La prova dell’inerenza, tuttavia, è un elemento fondamentale: il contribuente deve documentare adeguatamente il collegamento tra le spese sostenute e le esigenze liquidatorie. Non è sufficiente sostenere genericamente che l’IVA è detraibile: serve evidenza concreta, ad esempio tramite contratti, corrispondenza con i professionisti, delibere assembleari e documenti contabili che dimostrino la funzione delle operazioni rispetto alla liquidazione.
Questo principio è anche coerente con la giurisprudenza comunitaria, in particolare con la Corte di Giustizia dell’UE, che riconosce il diritto alla detrazione nei limiti in cui le spese siano funzionali all’attività economica, anche in caso di cessazione parziale o progressiva.

Obblighi e impatto sulla detrazione IVA
Nella gestione di una società in liquidazione, il liquidatore assume un ruolo centrale, non solo dal punto di vista civilistico, ma anche sotto il profilo fiscale.
È infatti il liquidatore a dover valutare, documentare e gestire le operazioni con impatto IVA, compresa l’eventuale detraibilità dell’imposta sugli acquisti effettuati nella fase conclusiva della vita societaria.
In particolare, il liquidatore deve dimostrare che le spese sostenute, anche se successive alla cessazione delle operazioni attive, sono indispensabili per il completamento del processo liquidatorio.
Questo significa:
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Conservare tutta la documentazione probatoria delle prestazioni ricevute;
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Redigere eventuali verbali assembleari o deliberazioni che ne autorizzano l’affidamento;
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Annotare le fatture nel registro IVA acquisti;
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Assicurarsi che il nesso di inerenza tra le spese e l’attività liquidatoria sia chiaro, tracciabile e giustificabile in caso di accertamento.
Il comportamento del liquidatore può influenzare direttamente l’esercizio del diritto alla detrazione IVA. Un’omessa o scorretta documentazione può comportare la perdita del diritto, con conseguente obbligo di restituzione dell’imposta indebitamente detratta.
Inoltre, in presenza di verifiche fiscali, è proprio il liquidatore a dover fornire spiegazioni e prove sulla legittimità delle operazioni. Ecco perché diventa cruciale adottare un approccio proattivo e prudente, documentando ogni fase del processo e facendo riferimento, se necessario, anche a interpelli come quello di ALFA S.r.l., che può costituire un valido precedente.
Questo aspetto mette in luce come la gestione IVA in liquidazione sia tutt’altro che formale: è un’operazione complessa che richiede competenze tecniche, attenzione normativa e capacità documentale.
Implicazioni pratiche
L’interpello su ALFA S.r.l. offre un importante orientamento operativo per imprese e professionisti che assistono società in liquidazione. Il messaggio è chiaro: l’IVA può essere detratta anche in assenza di operazioni attive, a condizione che le spese siano inerenti alla fase liquidatoria e adeguatamente documentate.
Questo significa che, nella pratica, le società in liquidazione devono:
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Valutare attentamente le spese sostenute dopo la cessazione dell’attività operativa: non tutte le spese sono detraibili, ma solo quelle direttamente connesse alla chiusura dell’impresa (es. legali, consulenze fiscali, spese per perizie, oneri di riscossione crediti).
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Mantenere il regime IVA attivo fino alla conclusione effettiva della liquidazione: la partita IVA non va chiusa in anticipo, altrimenti si rischia la perdita del diritto alla detrazione.
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Verificare la corretta imputazione delle spese nei registri contabili e IVA: le fatture devono essere registrate nel periodo corretto, con riferimento alla liquidazione in corso.
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Prevedere un controllo documentale rigoroso, anche in previsione di un eventuale controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate: ogni operazione deve essere giustificata con documenti, delibere o incarichi chiari.
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Fare attenzione alle spese “miste” o dubbie, per le quali potrebbe essere necessario applicare il principio di proporzionalità della detrazione o consultare un esperto per valutare eventuali rischi.
Questa impostazione è coerente con i principi dell’art. 19 del DPR 633/1972 e dell’art. 168 della Direttiva IVA 2006/112/CE, che subordinano il diritto alla detrazione al rapporto funzionale tra l’acquisto e l’attività economica.
In sintesi, l’interpello rappresenta un utile riferimento per orientare la condotta delle imprese in liquidazione, ma anche un campanello d’allarme: ogni decisione in materia IVA, in questa fase delicata, deve essere ben ponderata e supportata da adeguata consulenza fiscale.

Il supporto giurisprudenziale
L’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate con l’interpello n. 236/2023 (e successivamente nella risposta n. 251/2025) non è isolata, ma trova fondamento in una consolidata giurisprudenza nazionale ed europea.
Le Corti di Cassazione e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si sono più volte espresse in favore del mantenimento del diritto alla detrazione IVA anche nelle fasi conclusive dell’attività d’impresa, se le operazioni sostenute sono collegate alla sua chiusura ordinata.
Tra le sentenze più rilevanti della Cassazione, ricordiamo:
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Sentenza n. 12444/2011: in cui si afferma che la cessazione di un’attività esente può riattivare la detraibilità dell’IVA, qualora la fase liquidatoria comprenda operazioni soggette a imposta.
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Sentenza n. 9464/2018: ribadisce che il diritto alla detrazione può persistere durante la liquidazione, purché sia dimostrata l’inerenza delle operazioni alle attività economiche finali della società.
A livello comunitario, la CGUE ha chiarito in più occasioni che il diritto alla detrazione è un principio fondamentale del sistema IVA europeo, che non può essere limitato se sussiste un collegamento diretto tra i costi sostenuti e l’attività economica svolta (anche pregressa o in fase di cessazione).
Queste pronunce rafforzano l’idea che il diritto alla detrazione IVA non si estingue per il solo fatto che la società sia in liquidazione. La detraibilità, piuttosto, dipende da una valutazione oggettiva dell’utilizzo del bene o del servizio acquistato.
In questo senso, l’interpello su ALFA S.r.l. si inserisce nel solco tracciato dalla giurisprudenza, confermandone l’applicazione pratica e offrendo ai contribuenti un utile riferimento per difendere la propria posizione in sede di controllo o contenzioso.
Conclusioni
La gestione dell’IVA in fase di liquidazione rappresenta un ambito delicato ma ricco di opportunità per le società che intendono chiudere correttamente la propria attività. Come evidenziato nel caso ALFA S.r.l. e ribadito dall’Agenzia delle Entrate, la detraibilità dell’IVA non viene meno automaticamente con la cessazione delle operazioni attive, ma può sussistere se le spese sostenute sono inerenti e strumentali alla chiusura dell’attività economica.
Ciò che fa davvero la differenza è la capacità del liquidatore e dei consulenti fiscali di dimostrare con precisione la connessione tra i costi sostenuti e le attività tipiche della liquidazione, come la riscossione di crediti, la definizione di contenziosi fiscali o la liquidazione di debiti tributari.
Questa apertura interpretativa, rafforzata dalla giurisprudenza di Cassazione e dalle linee guida europee, offre una concreta possibilità di recuperare IVA anche in fasi avanzate della vita societaria, ma richiede rigore documentale, correttezza contabile e valutazioni professionali tempestive.
Per i professionisti del settore fiscale e per gli imprenditori coinvolti in procedure liquidatorie, questo rappresenta un passaggio cruciale per evitare perdite economiche e per tutelare i diritti fiscali della società fino all’ultimo giorno di attività.
Il consiglio è chiaro: non abbassare la guardia nella fase di liquidazione. Con la giusta consulenza e una gestione accurata, anche in chiusura si può ottimizzare il carico fiscale e recuperare quanto dovuto.
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