Affitti brevi 2025: quando scatta l’IVA per i privati e cosa cambia con le piattaforme digitali

Negli ultimi anni, il settore degli affitti brevi ha conosciuto una vera e propria esplosione grazie alla diffusione delle piattaforme digitali come Airbnb, Booking e simili. Sempre più privati scelgono di mettere a reddito le proprie seconde case o anche singole stanze, generando flussi economici significativi. Tuttavia, questo boom ha messo in luce la necessità di una maggiore regolamentazione, soprattutto in ambito fiscale.
Sommario
Dal 2025, le novità introdotte dalla Direttiva UE VIDA (VAT in the Digital Age) potrebbero rivoluzionare la gestione fiscale degli affitti brevi, soprattutto per quanto riguarda l’imponibilità IVA delle locazioni turistiche effettuate da privati tramite piattaforme elettroniche.
In particolare, la direttiva prevede che le piattaforme possano diventare soggetti passivi IVA quando intermediano affitti effettuati da privati non soggetti a IVA. Questo cambiamento potrebbe avere impatti rilevanti sia per i proprietari sia per le stesse piattaforme.
Questa evoluzione normativa pone una serie di interrogativi cruciali: quando un affitto breve è soggetto a IVA? Qual è il ruolo delle piattaforme digitali? Come dovranno comportarsi i privati per non incorrere in sanzioni? In questo articolo, analizzeremo in dettaglio tutte queste questioni, alla luce delle nuove disposizioni europee e del contesto normativo italiano.
Regime fiscale
Prima di affrontare le novità fiscali previste per il 2025, è utile fare un passo indietro e ricordare come sono stati regolati finora gli affitti brevi in Italia. La cornice normativa di riferimento è il Decreto Legge n. 50 del 24 aprile 2017, che ha introdotto per la prima volta una disciplina organica per i cosiddetti “contratti di locazione breve”.
Secondo il decreto, per locazioni brevi si intendono quei contratti di affitto di immobili a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. Rientrano in questa categoria anche i contratti che prevedono la fornitura di biancheria e pulizia dei locali, purché accessori e non tali da trasformare l’attività in vera e propria attività imprenditoriale.
Un aspetto centrale della normativa è il ruolo delle piattaforme telematiche, come Airbnb, Booking.com e simili, che agiscono da intermediari tra chi offre l’alloggio e chi lo cerca. Il decreto del 2017 ha previsto che queste piattaforme possano svolgere anche il ruolo di sostituto d’imposta, trattenendo e versando un’imposta sostitutiva (cedolare secca al 21%) per conto dei locatori.
Tuttavia, fino a oggi, le locazioni brevi effettuate da privati non sono state soggette a IVA, proprio perché effettuate al di fuori di un’attività professionale o d’impresa. Questo equilibrio, però, è destinato a cambiare con l’entrata in vigore della nuova Direttiva UE VIDA, che spinge verso una maggiore armonizzazione dell’IVA anche nel settore degli affitti brevi.
Direttiva UE VIDA
Il 2025 segna un anno di transizione importante per il settore delle locazioni brevi, ma sarà il 2028 a rappresentare una vera e propria svolta normativa, grazie all’attuazione della Direttiva UE VIDA (VAT in the Digital Age). Questa direttiva introduce un pacchetto di misure pensate per armonizzare e modernizzare la disciplina IVA nell’economia digitale, con effetti diretti anche sugli affitti brevi gestiti tramite piattaforme digitali.
In particolare, la direttiva stabilisce che anche i privati, non titolari di partita IVA, saranno considerati soggetti passivi IVA quando effettuano locazioni brevi tramite piattaforme elettroniche, come Airbnb, Booking.com e simili.
Tuttavia, non saranno i privati a dover calcolare e versare l’imposta, bensì sarà la piattaforma stessa a farlo, in qualità di “prestatore presunto”. Questo approccio si ispira al modello già adottato per il commercio elettronico, dove i marketplace sono responsabili del versamento dell’IVA per le vendite effettuate da soggetti non imponibili.
La novità trova fondamento nell’art. 28-bis della Direttiva n. 516/2025, che modifica la direttiva madre 2006/112/CE. In esso si prevede che quando una piattaforma facilita una locazione breve (fino a 30 giorni), si considera che la piattaforma abbia ricevuto e poi fornito direttamente il servizio al cliente, salvo che il fornitore (cioè il privato) non abbia comunicato un valido numero di partita IVA e dichiarato che applicherà l’IVA in proprio.
Le nuove disposizioni entreranno in vigore dal 1° luglio 2028, ma ciascuno Stato membro potrà adottarle entro un periodo massimo che si estende fino al 1° gennaio 2030. In questo scenario, le piattaforme saranno tenute a riscossione e versamento dell’IVA in maniera automatica, assicurando così la tracciabilità dei flussi economici e riducendo il rischio di evasione.
È importante sottolineare che questo sistema si applicherà solo quando i proprietari non utilizzano l’immobile per scopi personali e che le piattaforme non potranno esimersi da questi obblighi, a meno che il locatore non abbia fornito prova del proprio status di soggetto IVA.
Implicazioni fiscali
Le nuove regole introdotte dalla Direttiva VIDA e in arrivo tra il 2028 e il 2030 segnano un cambio di paradigma per chi affitta immobili a breve termine senza partita IVA. Fino a oggi, il regime fiscale italiano ha permesso a molti privati di gestire gli affitti brevi come una forma di entrata occasionale, soggetta a cedolare secca al 21% e priva di obblighi IVA. Questo approccio ha favorito la crescita del mercato turistico e l’ingresso di milioni di immobili nel circuito delle locazioni brevi. Tuttavia, con la riforma in arrivo, l’esenzione IVA non sarà più automatica.
Nel nuovo scenario, se il locatore non ha una partita IVA, ma offre il proprio immobile su una piattaforma elettronica, l’IVA sarà applicata direttamente dalla piattaforma, la quale assumerà il ruolo di “prestatore presunto” del servizio. Questa figura è puramente fiscale: non incide sul contratto tra locatore e turista, ma assegna alla piattaforma il compito di calcolare, riscuotere e versare l’IVA allo Stato competente. Il proprietario riceverà il pagamento al netto dell’imposta, e in teoria non dovrà compiere alcun adempimento specifico in materia di IVA.
Le piattaforme, dal canto loro, saranno chiamate a ristrutturare i propri sistemi gestionali e contabili, per conformarsi alle nuove regole europee. Sarà necessario verificare l’identità dei locatori, chiedere loro il numero di partita IVA o la conferma dell’assenza di tale status, e infine applicare le aliquote IVA corrette in base alla normativa del Paese dove avviene la prestazione. Questo significa che l’affitto breve in Italia sarà soggetto all’aliquota IVA del 10%, come avviene già per la maggior parte dei servizi alberghieri e simili.
Questa riforma porterà sicuramente maggiore trasparenza e uniformità, ma potrebbe anche rappresentare un ostacolo per i piccoli proprietari, disincentivando chi affitta occasionalmente. È dunque prevedibile un riposizionamento del mercato, con una polarizzazione tra piccoli affitti familiari non più redditizi e soggetti strutturati che gestiranno le locazioni in forma imprenditoriale.
Novità fiscali 2025
Il 2025 è un anno di transizione significativa per il regime fiscale degli affitti brevi. Pur non essendo ancora pienamente operativa la direttiva europea VIDA, il legislatore italiano ha già introdotto modifiche importanti che influenzeranno sia i privati che le piattaforme digitali.
Tra le principali novità ci sono:
-
Obbligo del Codice Identificativo Nazionale (CIN): i proprietari che affittano immobili per periodi inferiori ai 30 giorni devono dotarsi di un codice identificativo, utile per fini di tracciabilità fiscale e sicurezza. L’assenza di tale codice comporta sanzioni fino a 8.000 euro.
-
Aumento dell’aliquota della cedolare secca al 26% dalla seconda unità immobiliare destinata agli affitti brevi. Fino al 2024 l’aliquota era pari al 21%, ma ora si penalizza chi gestisce più immobili, rendendo più oneroso il ricorso alla tassazione sostitutiva.
Anche se l’IVA non è ancora applicata direttamente agli affitti brevi gestiti da privati nel 2025, iniziano ad emergere primi segnali di armonizzazione con quanto previsto dalla riforma europea. In particolare, si rafforza il ruolo delle piattaforme digitali come intermediari fiscali e si introducono meccanismi di segnalazione automatica delle operazioni all’Agenzia delle Entrate, soprattutto in caso di incassi superiori a certe soglie.
In sostanza, il 2025 è un anno in cui si preparano le basi per un sistema più strutturato e integrato, in vista dell’obbligo IVA previsto nel 2028. Per i locatori privati diventa cruciale verificare la propria posizione fiscale, valutare la convenienza della cedolare secca rispetto all’IRPEF ordinaria, e soprattutto evitare di rientrare in parametri che possano essere interpretati come attività d’impresa, con conseguenze ben più gravose in termini fiscali.
Strategie di risparmio fiscale
Con l’inasprimento fiscale introdotto nel 2025 – tra cui l’aumento al 26% della cedolare secca sulla seconda unità affittata e i maggiori controlli tramite piattaforme digitali – diventa fondamentale per i locatori privati agire in modo strategico per contenere la pressione tributaria. Fortunatamente, esistono diverse modalità perfettamente legali per ottimizzare il regime fiscale degli affitti brevi.
Utilizzare la cedolare secca sulla prima unità
La cedolare secca al 21% resta ancora molto vantaggiosa, in particolare per chi ha solo un immobile destinato agli affitti brevi. Questo regime evita il cumulo con il reddito IRPEF e consente un calcolo chiaro e immediato dell’imposizione fiscale. L’importante è non superare i 30 giorni per singolo contratto e restare fuori dall’attività imprenditoriale (niente reception, colazione, servizi extra continuativi).
Monitorare i servizi offerti
L’aggiunta di servizi accessori come pulizia quotidiana, colazione, cambio biancheria giornaliero può far rientrare l’attività tra quelle imprenditoriali, con conseguente obbligo di apertura della partita IVA e possibile assoggettamento a IVA e contributi INPS. Limitarli, oppure affidarli a fornitori esterni, può essere una scelta efficace per mantenere l’inquadramento “non imprenditoriale”.
Detrazioni e costi deducibili
Anche nel regime della cedolare secca non è possibile portare in deduzione i costi sostenuti, ma se si opta per l’IRPEF ordinaria (in caso di reddito complessivo basso o assenza di altri redditi), è possibile dedurre spese per manutenzioni, provvigioni agenziali e utenze, rendendo tale opzione potenzialmente più conveniente.
Valutare l’inquadramento imprenditoriale
Chi gestisce più unità immobiliari, con prenotazioni regolari e servizi continuativi, potrebbe essere considerato in automatico come imprenditore. In questo caso, può essere vantaggioso optare per l’apertura di una partita IVA con regime forfettario, che consente una tassazione flat al 15% o 5% (nei primi 5 anni) fino a 100.000 euro di fatturato, evitando così sia l’aliquota del 26% sia le limitazioni della cedolare secca.
Vantaggi e svantaggi del modello IVA
L’introduzione del concetto di “prestatore presunto” rappresenta una delle novità più rilevanti della riforma UE VIDA. In questo modello, la piattaforma digitale – come Airbnb o Booking – diventa il soggetto obbligato al versamento dell’IVA per conto dei locatori privati che non hanno una partita IVA. Ma cosa comporta davvero questa novità per chi affitta?
Vantaggi per i privati
-
Semplificazione amministrativa: il privato non dovrà aprire partita IVA né gestire dichiarazioni IVA. Tutto sarà gestito dalla piattaforma, che applicherà automaticamente l’aliquota corretta, trattenendo e versando l’imposta all’erario competente.
-
Riduzione del rischio fiscale: oggi molti locatori rischiano di essere riqualificati come imprenditori occulti, con sanzioni pesanti. Il nuovo sistema, invece, crea un meccanismo automatico di adempimento, riducendo il rischio di errori o omissioni.
-
Maggiore trasparenza fiscale: il nuovo regime può favorire la regolarizzazione di molti soggetti che operano in modo informale, rafforzando la credibilità del settore e tutelando i locatori regolari.
Svantaggi per i privati
-
Minor margine netto di guadagno: con l’applicazione dell’IVA (10% presumibilmente, come nel settore alberghiero), il canone percepito sarà al netto dell’imposta, riducendo l’introito effettivo. Per chi opera con margini sottili, questa riduzione può pesare.
-
Limitata flessibilità contrattuale: la gestione fiscale sarà legata ai flussi digitali tracciati dalla piattaforma. Questo significa meno autonomia contrattuale e possibili limitazioni nei casi di affitti gestiti fuori piattaforma.
-
Dipendenza dalla piattaforma: il locatore diventa ancor più dipendente dalle policy fiscali della piattaforma. Errori nella gestione IVA da parte del portale potrebbero avere riflessi anche sul locatore, nonostante quest’ultimo sia “passivo” dal punto di vista tributario.
In sintesi, il nuovo modello mira a semplificare e regolarizzare il settore degli affitti brevi, ma impone anche un ripensamento del modello economico per i piccoli locatori, che dovranno valutare se continuare a operare nel regime occasionale oppure strutturarsi come microimprese.
Affitti brevi e IVA in Europa
Il mercato degli affitti brevi non è solo un fenomeno italiano. In tutta Europa, le locazioni turistiche gestite da privati rappresentano un segmento in forte espansione, che ha portato le autorità fiscali nazionali a cercare nuove soluzioni per garantire equità tributaria e corretto gettito IVA. Alcuni Paesi dell’Unione Europea sono già da tempo avanti nella gestione dell’IVA per questo tipo di attività.
Francia: la fiscalità passa per la piattaforma
La Francia è stata una delle prime a introdurre l’obbligo per le piattaforme digitali di trasmettere i dati fiscali dei locatori all’amministrazione tributaria. Dal 2021, inoltre, le piattaforme devono anche trattenere imposte alla fonte per i privati che superano determinati limiti di reddito, sebbene l’IVA venga applicata solo se l’attività ha natura imprenditoriale. Con la direttiva VIDA, si prevede una transizione graduale verso l’applicazione automatica dell’IVA anche per i privati.
Spagna: apertura alla ritenuta e all’IVA sui portali
In Spagna, gli affitti brevi sono soggetti a regole molto stringenti a livello regionale, ma sul piano fiscale è stata prevista una ritenuta obbligatoria del 19% per i non residenti. L’IVA viene invece applicata in caso di servizi accessori. La Spagna ha accolto con favore l’adozione del meccanismo del “prestatore presunto”, prevedendo una graduale adozione già nel 2027, prima ancora del termine minimo imposto dalla direttiva.
Germania: IVA già applicata in molti casi
In Germania, l’IVA è già applicabile agli affitti brevi se il locatore fornisce servizi simili a quelli alberghieri (come la colazione o la pulizia giornaliera). Tuttavia, molti Land tedeschi stanno spingendo per un’applicazione più estesa dell’IVA anche per i privati che operano tramite piattaforme. Non a caso, la Germania è tra i Paesi promotori della direttiva VIDA.
Italia: tra attesa e cautela
L’Italia, rispetto ad altri Paesi, ha finora mantenuto una linea prudente, limitandosi ad aumentare la tassazione con la cedolare secca al 26% sulla seconda unità immobiliare. Tuttavia, con l’obbligo del CIN e i nuovi poteri di controllo dell’Agenzia delle Entrate, è chiaro che il sistema fiscale italiano si sta preparando all’impatto della riforma IVA europea.
Questo confronto evidenzia come il modello europeo stia convergendo verso una gestione automatizzata e digitale dell’IVA sugli affitti brevi. L’Italia sarà chiamata a prendere posizione entro il 2028, ma già oggi è fondamentale per i locatori prepararsi al cambiamento, anche guardando alle esperienze estere.
Considerazioni finali
Il mercato degli affitti brevi si sta trasformando rapidamente, spinto da nuove esigenze fiscali, pressioni normative e obiettivi di equità tributaria. Il 2025 rappresenta già un momento cruciale: aliquote più alte, controlli più serrati e una maggiore responsabilizzazione delle piattaforme digitali. Ma è il biennio 2028–2030, con l’entrata in vigore del meccanismo IVA tramite prestatore presunto, che segnerà il vero spartiacque.
Cosa deve fare oggi un locatore privato che intende continuare ad affittare?
Ecco una breve guida operativa:
-
Valutare la propria posizione fiscale: avere uno o più immobili, offrire servizi accessori, superare una certa soglia di redditi – tutti elementi che possono far scattare la qualifica di attività imprenditoriale.
-
Sfruttare ancora la cedolare secca al 21% sulla prima unità, evitando di superare i limiti temporali o di trasformare l’attività in una gestione continuativa con servizi para-alberghieri.
-
Considerare l’apertura di partita IVA in regime forfettario se si prevede una gestione professionale o più unità: con tassazione al 15% o 5% e una contabilità semplificata, può risultare più vantaggioso rispetto all’aumento al 26% sulla seconda casa.
-
Rendere l’attività trasparente e conforme, dotandosi del Codice Identificativo Nazionale (CIN), registrando gli ospiti e trasmettendo i dati richiesti alla Questura e all’Agenzia delle Entrate.
-
Monitorare l’evoluzione normativa europea e le scelte applicative dell’Italia rispetto alla Direttiva VIDA. Ogni Paese potrà adottare il meccanismo IVA tra il 2028 e il 2030: sapere con anticipo quando cambieranno le regole sarà fondamentale.
Infine, è consigliabile affidarsi a un consulente fiscale esperto, in grado di valutare la situazione personale e suggerire il regime più conveniente. In un contesto in continua evoluzione, essere informati e strutturati rappresenta la miglior forma di tutela e di risparmio.
Decreto PA 2025 convertito in legge: tutte le novità su assunzioni, concorsi, stipendi e pensioni

IMU 2025: guida completa all’acconto del 16 giugno – scadenze, calcoli e modalità di pagamento

CPB 2025–2026: esclusi i professionisti in STP? Le nuove regole del Decreto Correttivo spiegate nel dettaglio

Credito ZES Unica 2025: invio domande entro il 30 maggio – guida completa a requisiti, modelli e vantaggi fiscali

(totale 715)