Cosa succede ai poteri del liquidatore dopo che una società viene cancellata dal Registro delle Imprese? È davvero tutto finito o possono emergere nuove responsabilità o diritti da esercitare anche a distanza di anni?
Sommario
La Corte di Cassazione, con un’importante sentenza, ha stabilito che il liquidatore mantiene alcuni poteri anche dopo la cancellazione della società, e per un periodo di ben cinque anni. Una decisione destinata a fare scuola e che impatta profondamente non solo sulle responsabilità dei liquidatori, ma anche su creditori, soci e sull’intero sistema delle procedure concorsuali.
In questo articolo approfondiamo i dettagli della sentenza, le implicazioni pratiche e legali per chi ha a che fare con società in liquidazione, e come tutto ciò si collega con le opportunità di recupero crediti, gestione delle responsabilità e ottimizzazione fiscale. Analizzeremo inoltre come comportarsi per non trovarsi impreparati davanti a questo tipo di situazioni e quali strategie adottare per tutelarsi.
Cancellazione della società
La cancellazione di una società dal Registro delle Imprese non equivale alla sua immediata estinzione, almeno non dal punto di vista fiscale. La disciplina vigente, infatti, prevede una significativa deroga alle regole generali, introdotta dall’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. n. 175/2014.
Secondo tale norma, ai soli fini dell’accertamento, del contenzioso e della riscossione dei tributi, l’effetto estintivo della società decorre dopo cinque anni dalla presentazione della richiesta di cancellazione. Si tratta di una disposizione speciale che permette all’Amministrazione finanziaria di notificare atti impositivi anche nei confronti di società formalmente estinte, purché entro tale termine quinquennale.
Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate ha agito nei confronti di una società cancellata, notificando un avviso di accertamento al liquidatore e agli ex soci, nel tentativo di recuperare delle spese di sponsorizzazione ritenute non deducibili. Tuttavia, i giudici tributari di primo e secondo grado avevano annullato l’atto ritenendolo notificato a un soggetto – il liquidatore – privo di legittimazione passiva, poiché la società risultava già estinta.
Una posizione, questa, che la Corte di Cassazione ha infine smentito, riconoscendo la validità della notifica al liquidatore e valorizzando la funzione sostanziale della norma speciale: una vera e propria “sopravvivenza fiscale” della società estinta, valida solo per le richieste di cancellazione presentate a partire dal 13 dicembre 2014.
La Cassazione chiarisce
Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione interviene in modo decisivo per chiarire la portata dell’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014. La Suprema Corte afferma infatti che il liquidatore non conserva solo un ruolo passivo, destinato a ricevere eventuali notifiche post-cancellazione, ma mantiene pieni poteri di rappresentanza della società estinta, sia sul piano sostanziale che processuale, per tutto il quinquennio successivo alla cancellazione.
Questo significa che il liquidatore ha il diritto – e il dovere – non solo di ricevere atti impositivi, ma anche di opporvisi, proporre ricorsi, nominare avvocati e agire o resistere in giudizio. La Cassazione è chiara nell’indicare che l’estinzione della società è “posticipata” anche per quanto riguarda l’efficacia e validità degli atti del contenzioso, e pertanto i soci non possono essere destinatari di tali atti fino al termine dei cinque anni. Solo una volta trascorso tale periodo, si “rispande” il fenomeno successorio previsto dall’art. 2495 del Codice Civile, con il possibile coinvolgimento dei soci, nei limiti della responsabilità a loro spettante.
È quindi evidente l’intento del legislatore e della giurisprudenza: preservare la piena operatività della società estinta per un arco di tempo ben definito, onde evitare vuoti di legittimazione e garantire la certezza del diritto, sia in fase di accertamento che in sede contenziosa.
Implicazioni pratiche
La pronuncia della Corte di Cassazione ha un impatto concreto e immediato sull’operato dei liquidatori, ma anche su chi assume ruoli di consulenza legale e fiscale per società in fase di liquidazione. In primo luogo, i liquidatori non possono considerare concluso il proprio mandato con la cancellazione della società. Anche se formalmente estinta, la società conserva una sua “sopravvivenza fiscale e processuale” per cinque anni, durante i quali il liquidatore continua a rappresentarla a tutti gli effetti.
Questa estensione temporale di legittimazione implica nuove responsabilità operative e strategiche.
Il liquidatore dovrà, ad esempio:
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mantenere attiva una PEC o altro domicilio per le notifiche;
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conservare documentazione contabile e fiscale per almeno cinque anni post-cancellazione;
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prevedere eventuali contenziosi che potrebbero emergere da accertamenti o pendenze latenti;
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valutare una copertura assicurativa professionale più ampia, visto il rischio di azioni legali tardive.
Anche per i consulenti fiscali e legali, la sentenza introduce un obbligo di vigilanza a lungo termine. È fondamentale assistere i clienti nel pianificare la chiusura della società tenendo conto del rischio di future contestazioni e nel valutare accuratamente eventuali esposizioni residue con il Fisco.
Infine, i soci dovrebbero essere messi a conoscenza della finestra quinquennale in cui, pur non essendo ancora direttamente coinvolti, potrebbero esserlo alla scadenza del termine. Una gestione prudente della liquidazione può evitare problemi futuri e ridurre il rischio di contenziosi.

Risvolti fiscali
La possibilità di mantenere attivi i poteri del liquidatore per cinque anni dalla cancellazione apre anche a riflessioni di natura fiscale e strategica. In particolare, questa finestra temporale può essere sfruttata in modo legale per meglio pianificare le attività di chiusura e valutare eventuali rettifiche o contestazioni prima che diventino definitive. Il primo punto da considerare è che il liquidatore può, e in certi casi dovrebbe, intraprendere azioni correttive o difensive in caso di accertamenti fiscali non ancora notificati al momento della cancellazione.
Ciò significa che:
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È possibile riaprire un confronto con l’Amministrazione finanziaria se emergono rilievi su annualità precedenti alla cancellazione.
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Il liquidatore, avendo ancora pieni poteri, può valutare l’adesione a istituti deflattivi (come l’accertamento con adesione o la definizione agevolata) che si rendessero disponibili entro i cinque anni successivi.
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In alcuni casi, è possibile rettificare dichiarazioni o correggere errori materiali che, se lasciati in sospeso, potrebbero portare a sanzioni o contestazioni future.
Questa finestra operativa può anche essere sfruttata per gestire passività latenti e definire pendenze pregresse senza coinvolgere i soci, il che rappresenta un vantaggio notevole in termini di responsabilità personale. L’informazione, dunque, è potere: sapere che la società “sopravvive” fiscalmente per cinque anni permette di agire con maggiore lungimiranza e ridurre i rischi.
Dal punto di vista del Fisco, la norma ha lo scopo di evitare che la cancellazione venga utilizzata in modo strumentale per eludere i controlli, ma allo stesso tempo offre agli operatori seri un’opportunità di trasparenza e chiusura ordinata dei rapporti fiscali.
Aspetti civili e fiscali
Uno degli aspetti più delicati emersi dalla sentenza della Cassazione è il rischio di responsabilità personale per il liquidatore qualora, nei cinque anni successivi alla cancellazione della società, egli ometta di adempiere agli obblighi derivanti da notifiche fiscali o atti processuali. La sopravvivenza della legittimazione processuale, infatti, non è una mera formalità: comporta obblighi precisi, che – se ignorati – possono trasformarsi in responsabilità anche di natura personale.
Sul piano civilistico, il liquidatore resta vincolato a comportarsi con diligenza professionale, ai sensi dell’articolo 1176 del Codice Civile. Qualora si dimostri che ha omesso di opporsi a un atto impositivo pur potendolo fare, oppure che non ha dato seguito a una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate, egli potrebbe essere ritenuto responsabile verso i soci o verso terzi creditori per i danni subiti.
In ambito fiscale, invece, l’omissione di atti dovuti potrebbe determinare la definitività di accertamenti che invece avrebbero potuto essere impugnati, con conseguente esposizione della massa liquidatoria o dei soci a obbligazioni indesiderate. In casi estremi, se il liquidatore agisce con dolo o colpa grave, può anche essere perseguito per responsabilità erariale o penale tributaria, specie se si configura un comportamento elusivo.
Per questo motivo è fortemente consigliato che i liquidatori:
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mantengano aggiornati i canali di comunicazione con il Fisco (PEC, domicili fiscali, etc.);
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si avvalgano dell’assistenza di consulenti legali e tributaristi fino al termine del quinquennio;
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predispongano una documentazione finale della liquidazione che tenga conto di ogni possibile accertamento futuro.
La sentenza, dunque, non attribuisce solo poteri, ma anche rilevanti oneri di vigilanza e intervento, da cui il liquidatore non può sottrarsi.

Soci dopo la cancellazione
Anche se la società è formalmente estinta, i soci non sono del tutto al riparo da future pretese creditorie, in particolare di natura fiscale. Tuttavia, la sentenza della Cassazione conferma un principio fondamentale: la responsabilità dei soci non è immediata, ma “differita” al termine del quinquennio previsto dall’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014. Solo dopo i cinque anni dalla richiesta di cancellazione, può dirsi che i poteri del liquidatore cessano e si realizza quel “fenomeno successorio” in virtù del quale le obbligazioni sociali non estinte possono trasmettersi ai soci.
La norma dell’art. 2495 c.c., comma 2, stabilisce che i soci rispondono dei debiti della società estinta nei limiti di quanto ricevuto a seguito della liquidazione, fatta salva l’eventuale responsabilità illimitata prevista per alcune tipologie di soci (come nelle società di persone).
È dunque fondamentale distinguere:
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Soci di società di capitali (Srl, Spa): rispondono solo nei limiti delle somme incassate dopo la chiusura della liquidazione.
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Soci di società di persone (Snc, Sas): possono rispondere illimitatamente, secondo le regole ordinarie di responsabilità.
Dal punto di vista operativo, è essenziale che il liquidatore documenti in modo preciso la distribuzione dell’attivo ai soci, affinché – in caso di successivo accertamento – sia chiaro l’ammontare eventualmente “recuperabile” da parte dell’Amministrazione finanziaria o di altri creditori.
Inoltre, è opportuno che i soci siano puntualmente informati dal liquidatore e dai consulenti fiscali dell’esistenza del termine quinquennale, per poter valutare eventuali accantonamenti o strategie difensive.
In alcuni casi, i soci potrebbero anche scegliere di non procedere immediatamente alla cancellazione, proprio per evitare che incomba su di loro una responsabilità diretta senza la possibilità di difesa tramite il liquidatore.
Strategie preventive
La cancellazione dal Registro delle Imprese rappresenta l’atto conclusivo della vita giuridica di una società, ma come abbiamo visto, non è la fine delle responsabilità. Per questo, è fondamentale adottare una serie di strategie preventive e cautele operative prima di richiedere la cancellazione, al fine di evitare che nei cinque anni successivi emergano problemi con il Fisco o con eventuali creditori.
Ecco alcune azioni consigliate:
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Verifica fiscale preventiva: È buona prassi che il liquidatore, prima di procedere alla richiesta di cancellazione, richieda una situazione fiscale aggiornata all’Agenzia delle Entrate, all’INPS e ad eventuali altri enti creditori, per assicurarsi che non vi siano cartelle esattoriali, accertamenti in corso o istanze pendenti.
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Chiusura delle posizioni contabili e bancarie: Tutti i conti correnti devono essere estinti e le posizioni contabili devono essere sistemate, incluse eventuali imposte sospese o crediti d’imposta residui. È opportuno effettuare una riconciliazione dettagliata tra la contabilità e le dichiarazioni fiscali presentate.
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Redazione di un verbale di chiusura trasparente: Il verbale finale dell’assemblea dei soci che approva il bilancio finale di liquidazione deve essere chiaro, documentato e dettagliato, evidenziando l’eventuale presenza di pendenze fiscali non ancora definite.
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Accantonamenti cautelativi: Qualora vi siano dubbi su potenziali pretese future, è consigliabile costituire un fondo rischi, anche se la normativa non lo impone espressamente. Questo può essere indicato nel bilancio finale come misura prudenziale.
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Comunicazione trasparente ai soci: I soci devono essere informati dal liquidatore dei rischi post-cancellazione e dei limiti della loro eventuale responsabilità, soprattutto se hanno ricevuto somme dalla liquidazione. Questo può essere formalizzato con una relazione di fine mandato.
Infine, rimandare la cancellazione fino alla completa definizione di eventuali verifiche o contenziosi in corso può rivelarsi una scelta saggia: meglio aspettare qualche mese e chiudere tutto con certezza, piuttosto che esporsi a rischi successivi che potrebbero coinvolgere soci e professionisti.
Contenzioso tributario post-cancellazione
Una delle principali questioni chiarite dalla sentenza della Cassazione riguarda la corretta individuazione del soggetto legittimato a rappresentare la società nei procedimenti tributari dopo la sua cancellazione dal Registro delle Imprese. La pronuncia ha ribadito che, ai sensi dell’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014, durante il quinquennio successivo alla richiesta di cancellazione, l’unico soggetto abilitato a ricevere atti e a partecipare al processo è l’ex liquidatore.
Questo ha un duplice effetto:
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Gli atti impositivi devono essere notificati al liquidatore e non ai soci;
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Solo il liquidatore può agire o resistere nel contenzioso, anche conferendo mandato ad un difensore, sia in primo che in secondo grado.
La Corte ha infatti chiarito che i soci non sono legittimati né passivamente né attivamente durante questo periodo, proprio perché la norma posticipa gli effetti dell’estinzione anche in relazione agli atti processuali. Questo significa che, se l’Agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento ai soci anziché al liquidatore, l’atto è da considerarsi giuridicamente inefficace.
Un errore frequente in passato era proprio quello di ritenere che, una volta estinta la società, la legittimazione passasse automaticamente ai soci, secondo quanto previsto dall’art. 2495, comma 2, c.c. Ma la norma fiscale speciale, come ricordato dalla Cassazione, prevale sulla regola generale del Codice Civile, almeno ai fini fiscali e contenziosi, rendendo quindi imprescindibile l’intervento del liquidatore fino allo scadere dei cinque anni.
In pratica, se un ex liquidatore riceve un atto fiscale dopo la cancellazione, non può ignorarlo o considerarsi “fuori dai giochi”: deve attivarsi tempestivamente, sia per tutelare la ex società, sia per evitare che eventuali responsabilità ricadano su di lui o sui soci.
Conclusioni
La sentenza della Corte di Cassazione analizzata in questo articolo cambia radicalmente la prospettiva con cui imprese, liquidatori, soci e professionisti devono affrontare la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese. Se fino a poco tempo fa la cancellazione veniva considerata come un punto fermo, oggi è chiaro che si tratta solo di un passaggio formale, e che la società continua ad esistere fiscalmente e processualmente per altri cinque anni.
Questa “sopravvivenza giuridica” impone al liquidatore di proseguire la sua attività di rappresentanza, non solo per ricevere eventuali notifiche, ma anche per opporsi ad atti impositivi, difendere gli interessi della società e agire in giudizio. Contestualmente, i soci devono comprendere che la loro posizione non è totalmente al sicuro: dopo la scadenza del quinquennio, le obbligazioni ancora in essere potranno colpirli direttamente, seppur nei limiti previsti dalla legge.
Alla luce di ciò, appare evidente quanto sia importante pianificare con precisione tutte le fasi della liquidazione, adottando misure preventive, conservando documentazione, monitorando la situazione fiscale e, se necessario, differendo la cancellazione fino alla definizione di tutte le pendenze.
Per professionisti, imprenditori e consulenti fiscali, questa evoluzione normativa e giurisprudenziale rappresenta una sfida, ma anche un’opportunità: quella di fornire un servizio più accurato, strategico e lungimirante ai propri clienti, minimizzando rischi e responsabilità future.

