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sabato 6 Dicembre 2025
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Sostegno ai mercati rionali 2025-2026: il MIMIT stanzia 10 milioni per riqualificazione e sviluppo

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I mercati rionali rappresentano da sempre un punto di riferimento per le economie locali e per la valorizzazione del tessuto commerciale delle città italiane. Spesso trascurati dalle grandi politiche economiche, oggi tornano protagonisti grazie a un’importante misura di sostegno messa in campo dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT). Con il Decreto direttoriale del 7 ottobre 2025, vengono ripartite tra le Regioni le risorse previste dal decreto interministeriale del 26 giugno 2025, destinate a interventi specifici per rilanciare i mercati rionali.

L’obiettivo è ambizioso: sostenere le micro, piccole e medie imprese (PMI) che operano nei mercati rionali e rilanciare il comparto con strumenti moderni, eventi fieristici, progetti di digitalizzazione e promozione del Made in Italy. Un’occasione unica per rinnovare un settore fondamentale per l’economia territoriale italiana, ma anche per promuovere identità, cultura e sostenibilità.

In questo articolo analizzeremo le regole del Decreto 11 agosto 2025, i beneficiari, le modalità di accesso e le opportunità per le imprese, con un focus particolare sulla Linea di intervento 3, dedicata proprio al rilancio dei mercati rionali. Un approfondimento utile per chi vuole capire come ottenere le agevolazioni e sfruttare al meglio questo strumento di politica economica.

I mercati rionali

I mercati rionali non sono solo luoghi di vendita, ma veri e propri centri di vita sociale, economica e culturale. Da Nord a Sud, questi spazi rappresentano un modello di commercio di prossimità, a chilometro zero, e sono spesso gestiti da microimprese familiari che tramandano la propria attività da generazioni. Tuttavia, negli ultimi anni, i mercati rionali hanno subito un lento declino a causa della crescente concorrenza della grande distribuzione, della crisi economica e delle mutate abitudini di consumo.

Nonostante ciò, l’interesse per la riscoperta dei prodotti locali, dell’artigianato e dei servizi “di quartiere” è tornato in auge, soprattutto in un’ottica di sostenibilità ambientale e rilancio dei centri urbani. Ecco perché sostenere i mercati rionali oggi significa non solo salvaguardare posti di lavoro e microimprese, ma anche investire su un modello di economia circolare e sociale.

Con questa consapevolezza, il MIMIT ha varato una misura organica che mette finalmente i mercati rionali al centro delle politiche di sostegno economico. Grazie a fondi stanziati in collaborazione con le Regioni, il Governo intende supportare interventi strutturali, promozionali e di innovazione, per garantire un vero e proprio rilancio di questo comparto fondamentale per la vitalità delle città italiane.

Le risorse assegnate dal MIMIT

Il cuore della misura di sostegno promossa dal MIMIT si traduce in uno stanziamento complessivo di 10 milioni di euro, destinato al rilancio dei mercati rionali attraverso progetti coordinati a livello regionale. L’allocazione dei fondi non è casuale, ma risponde a un principio di equità e proporzionalità: ogni Regione ha potuto presentare una richiesta formale di accesso alle risorse, ottenendo una quota di finanziamento sulla base delle percentuali di riparto già stabilite dal DPCM 30 luglio 2003.

Con il Decreto direttoriale del 7 ottobre 2025, il Ministero ha ufficializzato l’assegnazione delle somme spettanti a ciascuna Regione richiedente, autorizzando così l’attuazione concreta dei progetti sul territorio. È importante sottolineare che l’intervento non è gestito in modo centralizzato: sono le Regioni a dover coordinare e attuare le iniziative, nel rispetto delle linee guida e degli obiettivi stabiliti a livello ministeriale.

Questo approccio consente una maggiore flessibilità, adattando gli interventi alle specifiche esigenze locali. In sostanza, il MIMIT trasferirà alle Regioni le risorse assegnate, le quali avranno il compito di avviare e gestire le attività di valorizzazione dei mercati rionali, compresa la promozione, la digitalizzazione, la riqualificazione degli spazi e l’organizzazione di eventi o manifestazioni.

Innovazione, sostenibilità e attrattività turistica

Le risorse stanziate dal MIMIT per il sostegno ai mercati rionali nel biennio 2025-2026 non saranno distribuite in modo generico, ma orientate verso interventi mirati e strategici, volti a trasformare in modo strutturale il volto del commercio rionale italiano. Il focus principale è infatti quello di finanziare progetti di investimento che riguardino mercati attivi all’interno del territorio regionale e che abbiano come obiettivo l’ammodernamento, l’ampliamento e la riqualificazione strutturale degli spazi destinati alla vendita.

Un elemento chiave dell’iniziativa è l’attenzione alla sostenibilità ambientale e all’efficientamento energetico: due temi ormai centrali nella programmazione economica nazionale ed europea. Le Regioni, pertanto, potranno utilizzare i fondi per interventi come la realizzazione di impianti fotovoltaici, l’introduzione di sistemi di raccolta differenziata più efficienti, l’adozione di soluzioni green per l’illuminazione e la climatizzazione degli spazi mercatali.

Il Decreto prevede un ulteriore elemento di selezione strategica: le Regioni dovranno dare priorità ai mercati rionali che presentano anche una rilevanza turistica, culturale o artistica. Questo significa che saranno privilegiati quei mercati in grado di valorizzare la propria identità territoriale, magari collocati in zone di pregio storico o frequentati da visitatori internazionali, favorendo così la sinergia tra commercio locale e attrattività turistica.

Decreto 11 agosto 2025

Il Decreto Direttoriale 11 agosto 2025 definisce in maniera chiara l’articolazione delle misure a sostegno delle PMI e degli operatori fieristici, attraverso tre linee di intervento, ognuna con un obiettivo specifico. Tra queste, la Linea 3 rappresenta il pilastro centrale per il rilancio dei mercati rionali, in quanto dedicata esclusivamente agli interventi di competenza regionale finalizzati alla riqualificazione di queste realtà locali.

Nel dettaglio:

  • Linea 1 è rivolta alle PMI italiane che intendono partecipare a fiere nazionali e internazionali organizzate in Italia;

  • Linea 2 è destinata agli organizzatori di manifestazioni fieristiche nazionali, per progetti finalizzati all’organizzazione di eventi dal forte respiro internazionale, anche in formato virtuale o ibrido;

  • Linea 3, infine, è gestita direttamente dalle Regioni e si concentra sulla valorizzazione dei mercati rionali, con la possibilità di finanziare interventi infrastrutturali, promozionali e di digitalizzazione.

La gestione decentrata della Linea 3 garantisce una maggiore aderenza alle esigenze locali, permettendo alle Regioni di progettare e realizzare interventi su misura per le realtà presenti nei propri territori.

Questo approccio è coerente con l’obiettivo di rafforzare l’identità locale dei mercati, rendendoli più competitivi, funzionali e attrattivi sia per i cittadini che per i turisti. Inoltre, si prevede il coinvolgimento diretto degli enti locali e delle associazioni di categoria, per favorire una governance partecipata e realmente efficace.

Chi può accedere

La misura di sostegno ai mercati rionali, come previsto dal Decreto 11 agosto 2025, è pensata per sostenere interventi infrastrutturali e promozionali attraverso fondi pubblici assegnati alle Regioni, che a loro volta gestiranno l’erogazione delle agevolazioni. A differenza di altre forme di incentivo a gestione diretta da parte dello Stato, in questo caso sono le Regioni a predisporre appositi bandi o avvisi pubblici, definendo nel dettaglio i criteri di ammissibilità, le spese agevolabili, le tempistiche e le modalità di presentazione delle domande.

I beneficiari finali dell’intervento sono:

  • Comuni o altri enti pubblici titolari o gestori delle aree mercatali;

  • Associazioni di categoria o consorzi di operatori di mercati rionali;

  • Micro, piccole e medie imprese che operano stabilmente all’interno dei mercati rionali, in forma singola o aggregata.

Per accedere ai contributi, sarà necessario rispondere ai singoli bandi regionali allegando una documentazione dettagliata che attesti la natura del progetto, la spesa prevista, la coerenza con gli obiettivi del programma (riqualificazione, digitalizzazione, sostenibilità, ecc.) e la regolarità amministrativa e fiscale del soggetto proponente. È molto probabile che sarà prevista una procedura a sportello o una valutazione a graduatoria, a seconda delle Regioni.

La pubblicazione dei bandi sarà quindi il vero punto di partenza per le imprese e gli enti interessati. È consigliabile monitorare i siti istituzionali regionali e preparare in anticipo la documentazione per non perdere l’opportunità di ottenere contributi a fondo perduto, spesso coprendo una parte rilevante del costo complessivo del progetto.

Interventi finanziabili e spese ammissibili

Le risorse messe a disposizione dal MIMIT, distribuite alle Regioni e da queste destinate a bandi pubblici, possono essere utilizzate per finanziare una serie di interventi concreti e mirati alla riqualificazione e valorizzazione dei mercati rionali. Le spese ammissibili, infatti, sono state pensate per garantire un impatto diretto sul miglioramento dell’esperienza commerciale, della fruibilità degli spazi e della sostenibilità ambientale.

Tra gli interventi principali finanziabili rientrano:

  • L’ammodernamento e la messa in sicurezza delle strutture mercatali, comprese coperture, impianti elettrici, fognari e idraulici;

  • La riqualificazione delle aree mercatali urbane o periferiche, con interventi su pavimentazioni, segnaletica, arredi urbani, pensiline e servizi igienici;

  • L’introduzione di tecnologie digitali: sistemi di pagamento elettronico, Wi-Fi pubblico, totem informativi, app di prenotazione o mappa degli operatori;

  • Interventi per l’efficientamento energetico: impianti fotovoltaici, illuminazione LED, soluzioni per la climatizzazione sostenibile;

  • Azioni promozionali e comunicative, anche attraverso eventi, iniziative culturali o turistiche che coinvolgano i mercati come luoghi centrali della vita cittadina.

Inoltre, sono spesso considerate spese ammissibili anche quelle relative a:

  • Progettazione e consulenza tecnica;

  • Oneri per autorizzazioni o adeguamenti normativi;

  • Spese di comunicazione e promozione.

Le percentuali di copertura variano a seconda dei singoli bandi regionali, ma in molti casi si parla di contributi a fondo perduto fino al 70-80% delle spese ammissibili, con un tetto massimo stabilito dalla Regione. È importante sottolineare che i progetti dovranno essere realizzati entro i tempi previsti nei bandi per evitare la revoca dei fondi.

Vantaggi per le imprese

Partecipare ai progetti finanziati con il sostegno del MIMIT rappresenta per le micro, piccole e medie imprese dei mercati rionali un’opportunità concreta di sviluppo e modernizzazione. I benefici sono molteplici, sia in termini economici sia in termini di posizionamento competitivo.

In primo luogo, l’accesso a contributi a fondo perduto permette alle imprese di ridurre drasticamente i costi di investimento per l’ammodernamento dei propri spazi, l’acquisto di attrezzature innovative o la partecipazione ad attività promozionali. In un periodo in cui il credito bancario è difficile da ottenere e costoso, questo tipo di agevolazione pubblica si traduce in un risparmio fiscale e finanziario immediato.

In secondo luogo, partecipare a un progetto di riqualificazione finanziato comporta spesso una maggiore visibilità a livello locale e nazionale. I mercati coinvolti diventano destinatari di campagne pubblicitarie, eventi promozionali, iniziative turistiche e culturali che attraggono nuovi clienti e fidelizzano quelli esistenti. Questo si traduce in un potenziale aumento del fatturato e della clientela.

Dal punto di vista fiscale, le imprese beneficiarie che investono in beni strumentali o tecnologie potrebbero anche accedere ad altri bonus cumulabili, come il credito d’imposta per l’innovazione o per la digitalizzazione (se attivi). Inoltre, la partecipazione a progetti pubblici può facilitare l’accesso a future gare, bandi o incentivi per lo sviluppo d’impresa.

In sintesi, chi decide di cogliere questa opportunità potrà beneficiare di:

  • Agevolazioni economiche dirette;

  • Maggiore attrattività e clientela;

  • Vantaggi fiscali indiretti e cumulo con altri incentivi;

  • Consolidamento della propria presenza nel territorio.

Conclusione

Il sostegno ai mercati rionali promosso dal MIMIT per il biennio 2025-2026 rappresenta una delle iniziative più concrete degli ultimi anni per il rilancio del commercio locale e di prossimità. Attraverso un’azione congiunta tra Stato e Regioni, vengono messe a disposizione risorse importanti per modernizzare le strutture, migliorare i servizi offerti ai cittadini, aumentare l’attrattività turistica e sostenere l’identità culturale dei territori.

Questa misura non è solo una risposta alle difficoltà economiche post-pandemia, ma anche un segnale di visione strategica: investire nei mercati rionali significa infatti valorizzare il tessuto imprenditoriale locale, rafforzare l’economia circolare e promuovere un modello sostenibile di consumo e produzione.

Per le imprese, le associazioni e gli enti coinvolti, è il momento di attivarsi tempestivamente, monitorando i bandi regionali e predisponendo progetti coerenti con le linee guida. L’accesso ai fondi pubblici può fare davvero la differenza, non solo per rinnovare le strutture, ma anche per affrontare con più forza le sfide del mercato contemporaneo.

Ravvedimento CPB 2025-2026: tempi, modalità e vantaggi della regolarizzazione agevolata

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La scadenza per aderire al Concordato Preventivo Biennale (CPB) è ormai imminente: il termine ultimo è fissato al 30 settembre 2025. Ma oltre alla possibilità di fissare in anticipo il reddito imponibile per il biennio 2025-2026, c’è un’ulteriore opportunità da non perdere: il nuovo ravvedimento speciale, introdotto con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 19 settembre 2025, operativo dal 1° gennaio 2026.

Questo strumento consente ai soggetti che hanno aderito al CPB di regolarizzare le imposte pregresse in modo agevolato, beneficiando di sanzioni ridotte, pagamento rateale e, soprattutto, della protezione da futuri accertamenti fiscali. Un’occasione concreta per sistemare la propria posizione con il Fisco, evitando contenziosi e approfittando di un meccanismo di compliance fiscale che guarda al futuro.

In questo articolo analizzeremo chi può aderire, quali imposte possono essere oggetto del ravvedimento, come e quando si paga, e soprattutto quali vantaggi fiscali e strategici offre questa misura.

Chi può aderire

Il ravvedimento speciale previsto per gli aderenti al Concordato Preventivo Biennale (CPB) rappresenta una misura straordinaria pensata per incentivare la regolarizzazione fiscale da parte di contribuenti con una posizione trasparente e conforme ai criteri di affidabilità.

Possono accedervi solo coloro che hanno presentato regolarmente domanda di adesione al CPB entro i termini di legge, ovvero:

  • Entro il 30 settembre 2025, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare;

  • Entro l’ultimo giorno del nono mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta, per chi ha esercizi non coincidenti.

Inoltre, è necessario che nelle annualità oggetto del ravvedimento i soggetti abbiano:

  • applicato gli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità fiscale);

  • oppure, dichiarato una causa di esclusione dagli ISA legata alla pandemia da COVID-19, secondo quanto previsto dall’articolo 148 del Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni nella L. n. 77/2020);

  • oppure, indicato condizioni di non normale svolgimento dell’attività, come da art. 9-bis, comma 6, lett. a), del D.L. n. 50/2017;

  • oppure, dichiarato l’esercizio di più attività di impresa non rientranti nel medesimo ISA, con ricavi da attività non prevalente superiori al 30% del totale.

Per i soggetti misti (con redditi da impresa e da lavoro autonomo), l’adesione al ravvedimento speciale è consentita solo se l’opzione viene esercitata per entrambe le categorie reddituali.

Infine, la base imponibile su cui calcolare le imposte sostitutive va determinata utilizzando i dati delle dichiarazioni fiscali già presentate, come precisato nell’Allegato n. 1 del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 19 settembre 2025.

Modalità operative

L’adesione al ravvedimento speciale per gli aderenti al CPB 2025-2026 avviene in maniera formalmente semplice ma fiscalmente vincolante: l’opzione si esercita tramite il versamento, tramite modello F24, dell’intera imposta sostitutiva dovuta o della prima rata (in caso di pagamento rateale). È fondamentale che, nel campo “Anno di riferimento” del modello F24, venga indicata una delle annualità cui il pagamento si riferisce, insieme al numero totale delle rate previste e ai codici tributo che verranno istituiti con apposita risoluzione dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso di soggetti “trasparenti” – come le società di persone o le società di capitali che applicano il regime di trasparenza fiscale (artt. 5, 115 e 116 del TUIR) – l’opzione per il ravvedimento si perfeziona attraverso:

  • Il versamento dell’imposta sostitutiva IRAP da parte della società o associazione;

  • Il versamento delle imposte sostitutive sui redditi e relative addizionali da parte dei soci o associati. In alternativa, queste ultime possono essere versate direttamente dalla società stessa, ai sensi dell’art. 12-ter, comma 11 del D.L. 73/2022.

Nel caso si opti per il pagamento rateale, l’adesione si considera perfezionata solo con il pagamento di tutte le rate dovute. Tuttavia, se una rata diversa dalla prima viene pagata in ritardo ma comunque entro la scadenza della rata successiva, il beneficio della rateazione non decade.

Attenzione: il ravvedimento non si perfeziona se il pagamento – sia in unica soluzione sia della prima rata – viene effettuato dopo la notifica di processi verbali di constatazione, schemi di atti di accertamento o atti di recupero di crediti d’imposta inesistenti, ai sensi dell’art. 6-bis della L. 212/2000.

Imposte oggetto del ravvedimento

Il ravvedimento speciale CPB 2025-2026 si configura come uno strumento efficace per la regolarizzazione agevolata di imposte dovute sulle annualità oggetto del Concordato Preventivo Biennale.

Le imposte interessate dal ravvedimento sono:

  • Imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF);

  • Imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle società (IRES);

  • Addizionali regionali e comunali all’IRPEF;

  • Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) – in particolare nei casi di soggetti passivi IRAP, come società e imprese;

  • Eventuali altri tributi individuati nell’Allegato n. 1 del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 19 settembre 2025.

La regolarizzazione avviene tramite imposte sostitutive, che si applicano sulla base imponibile calcolata in base ai dati delle dichiarazioni fiscali già trasmesse, anche ai fini dell’applicazione degli ISA. Non sono quindi richiesti nuovi accertamenti o ricostruzioni della posizione fiscale, il che garantisce certezza e semplicità operativa.

Tra i vantaggi principali per i contribuenti che aderiscono, si segnalano:

  • Riduzione delle sanzioni rispetto al ravvedimento ordinario, con aliquote agevolate;

  • Esclusione automatica da accertamenti futuri relativi alle annualità oggetto del CPB, salvo casi di frode o dichiarazioni mendaci;

  • Possibilità di pagamento rateale con mantenimento dei benefici anche in caso di lieve ritardo (entro la rata successiva);

  • Maggiore certezza del carico fiscale per il biennio oggetto del concordato.

In sostanza, il ravvedimento speciale non solo consente di regolarizzare la propria posizione in modo vantaggioso, ma anche di blindare la propria fiscalità futura, evitando il rischio di contenziosi o accertamenti imprevisti.

Decorrenza dei pagamenti e scadenze

Il ravvedimento speciale per gli aderenti al CPB 2025-2026 diventa operativo a partire dal 1° gennaio 2025, data dalla quale sarà possibile effettuare il primo versamento delle imposte sostitutive dovute. Tale versamento rappresenta l’atto formale con cui si esercita l’opzione per il ravvedimento.

Il pagamento può avvenire in unica soluzione oppure in rate mensili di pari importo. Le scadenze specifiche per ogni rata saranno comunicate ufficialmente dall’Agenzia delle Entrate, ma seguono regole simili a quelle già adottate in altri istituti di ravvedimento speciale.

Modalità di versamento:

  • Unica soluzione: da effettuare entro una scadenza prefissata che sarà indicata nel provvedimento attuativo definitivo;

  • Pagamento rateale: in un numero massimo di rate stabilite (verosimilmente tra le 4 e le 6), con la prima rata entro il 31 gennaio 2025, e le successive a cadenza mensile.

Il pagamento avviene sempre tramite modello F24, utilizzando i codici tributo che saranno istituiti con apposita risoluzione.

Cosa succede in caso di inadempimento?

Se il contribuente non versa l’unica soluzione o la prima rata entro i termini previsti, il ravvedimento si considera non perfezionato. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate potrà procedere con attività di controllo e accertamento secondo le modalità ordinarie.

Tuttavia, come già anticipato, in caso di ritardo nel pagamento di una rata successiva alla prima, purché la stessa venga versata entro la scadenza della rata immediatamente successiva, non si decade dalla rateazione né dal beneficio del ravvedimento speciale.

Il rispetto del calendario è dunque essenziale per mantenere la validità dell’adesione e godere della protezione da controlli fiscali per le annualità concordate

Vantaggi strategici e fiscali

L’adesione al Concordato Preventivo Biennale (CPB), rafforzata dalla possibilità di accedere al ravvedimento speciale, non rappresenta solo un’opportunità per “sanare” eventuali posizioni fiscali pregresse, ma costituisce una leva strategica di pianificazione fiscale e finanziaria per imprese e professionisti.

Tra i principali vantaggi, spiccano:

Certezza fiscale per due anni

Con il CPB, il contribuente conosce in anticipo il livello di reddito imponibile che sarà oggetto di imposizione per due esercizi consecutivi. Questo consente una pianificazione accurata del carico fiscale e dell’impatto sulla liquidità aziendale o personale.

Protezione da accertamenti

L’adesione al CPB, unita al ravvedimento speciale, garantisce la preclusione dell’accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate per le annualità interessate, salvo casi di frode, dichiarazioni false o infedeli. Questo riduce l’incertezza e il rischio di contenziosi tributari, con evidenti vantaggi anche in termini di serenità gestionale.

Immagine e rating fiscale

Un contribuente che aderisce volontariamente al CPB e si mette in regola attraverso il ravvedimento speciale dimostra affidabilità e trasparenza fiscale, fattori che possono incidere positivamente sul rating di affidabilità (ISA), ma anche su rapporti bancari, accesso al credito e partecipazione a gare pubbliche.

Benefici anche in ottica di compliance 231

Per le imprese più strutturate, l’adesione al CPB e il ravvedimento rappresentano anche un segnale di attenzione alla compliance fiscale, aspetto sempre più integrato nei modelli 231 e nei sistemi di governance aziendale.

In sintesi, chi aderisce a questo strumento non fa solo una scelta tattica, ma anche una scelta strategica di trasparenza e di posizionamento fiscale sul medio-lungo termine.

Documenti e operazioni necessarie

Per aderire correttamente al ravvedimento speciale collegato al CPB 2025-2026, i contribuenti interessati devono intraprendere una serie di passaggi concreti e prestare particolare attenzione agli aspetti formali. Il primo requisito essenziale è, ovviamente, l’adesione valida e nei termini al CPB, che deve avvenire entro il 30 settembre 2025, o entro il nono mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare.

Una volta confermata l’adesione al CPB, il contribuente dovrà:

  1. Verificare la propria posizione fiscale relativa alle annualità oggetto del ravvedimento (2023 e/o 2024);

  2. Analizzare i dati delle dichiarazioni fiscali già presentate, in particolare quelli utilizzati per l’applicazione degli ISA e rilevanti per la determinazione delle imposte sostitutive;

  3. Calcolare l’importo dovuto per ciascuna imposta oggetto del ravvedimento (IRPEF, IRES, addizionali, IRAP);

  4. Predisporre il modello F24, indicando:

    • il corretto “Anno di riferimento”;

    • il numero di rate (se si opta per la rateazione);

    • i codici tributo che saranno comunicati a breve dall’Agenzia delle Entrate con apposita risoluzione.

È consigliabile affidarsi a un commercialista esperto, in grado di assistere non solo nel calcolo preciso delle imposte dovute, ma anche nella gestione corretta dell’adempimento in tutte le sue fasi. Ricordiamo inoltre che, in caso di adesione da parte di società trasparenti, sarà necessario coordinare anche il versamento da parte dei soci o associati (salvo versamento effettuato direttamente dalla società).

Infine, è utile monitorare costantemente le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate, per verificare eventuali aggiornamenti o chiarimenti operativi (inclusa la pubblicazione dei codici tributo o delle istruzioni aggiornate sul modello F24).

Quadro normativo

Il ravvedimento speciale riservato ai contribuenti che aderiscono al Concordato Preventivo Biennale (CPB) 2025-2026 è disciplinato da una serie di disposizioni normative e atti amministrativi che ne definiscono struttura, condizioni di accesso, limiti e modalità operative. Comprendere il quadro normativo è essenziale per garantire un’adesione conforme e priva di rischi.

La base giuridica dell’istituto si fonda su:

  • Articolo 12-ter del Decreto-Legge n. 73/2022 (c.d. “Decreto Semplificazioni”), convertito nella Legge n. 122/2022, che ha introdotto il meccanismo del Concordato Preventivo Biennale;

  • Articolo 148 del Decreto-Legge n. 34/2020, convertito con modificazioni nella Legge n. 77/2020, relativo alle esclusioni ISA per motivi legati alla pandemia COVID-19;

  • Articolo 9-bis, comma 6, lett. a) del D.L. n. 50/2017, che disciplina le condizioni di non normale svolgimento dell’attività ai fini dell’applicazione degli ISA;

  • Articolo 6-bis della Legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), che individua gli atti ostativi alla possibilità di accesso al ravvedimento in caso di accertamenti già avviati.

Il riferimento pratico principale è però il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 19 settembre 2025, che fornisce tutte le istruzioni operative per l’esercizio dell’opzione, i criteri di calcolo, le modalità di versamento, i casi di esclusione e le specifiche tecniche per la compilazione del modello F24. In allegato al provvedimento è presente anche l’Allegato n. 1, che individua con precisione i campi delle dichiarazioni fiscali rilevanti per il calcolo delle imposte sostitutive.

Va inoltre ricordato che saranno adottate a breve specifiche risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate per l’istituzione dei codici tributo necessari al versamento. Questi codici saranno essenziali per garantire la corretta imputazione dei pagamenti ai fini del perfezionamento del ravvedimento.

Per una corretta interpretazione e applicazione delle norme, è fortemente consigliato tenere monitorato il sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate e le circolari esplicative che verranno presumibilmente pubblicate nelle prossime settimane.

Conclusioni

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB) è una delle principali novità fiscali del biennio 2025-2026. Pensato per imprese e professionisti, permette di bloccare per due anni l’imponibile da dichiarare, offrendo certezza e stabilità nella pianificazione fiscale. Ma non solo: l’adesione al CPB consente anche di accedere a un’importante misura agevolativa, ovvero il ravvedimento speciale, operativo dal 1° gennaio 2026.

Il termine per aderire al CPB era fissato al 30 settembre 2025 per i soggetti il cui esercizio coincide con l’anno solare. Tuttavia, chi ha un periodo d’imposta non allineato all’anno solare è ancora in tempo: in questi casi, la scadenza è entro il nono mese successivo alla chiusura dell’esercizio.

Si tratta quindi di un’occasione ancora aperta per numerose imprese, che possono beneficiare sia della definizione anticipata del reddito imponibile, sia della possibilità di sanare eventuali irregolarità fiscali a condizioni più favorevoli, evitando contenziosi e incertezze.

Imprese agricole 2025: tutti gli incentivi per investimenti innovativi e sostenibili

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In un contesto economico sempre più orientato alla sostenibilità, alla digitalizzazione e all’innovazione, le imprese agricole italiane si trovano oggi di fronte a un’importante opportunità: accedere a nuovi incentivi per investimenti innovativi, grazie alle modifiche introdotte dal Decreto Direttoriale del 4 settembre 2023, pubblicato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Questo intervento aggiorna il precedente Decreto del 2 maggio 2022, introducendo significative novità normative e procedurali in linea con quanto previsto dal nuovo Regolamento ABER II (UE 2022/2472), entrato in vigore il 14 dicembre 2022.

L’obiettivo principale del nuovo assetto normativo è quello di semplificare le procedure per l’accesso agli aiuti di Stato in ambito agricolo e forestale, eliminando la necessità di autorizzazione preventiva da parte della Commissione Europea. Il risultato? Una maggiore rapidità nell’erogazione degli incentivi, con vantaggi concreti in termini di tempistiche, liquidità e pianificazione finanziaria per le aziende del settore primario.

Questo articolo approfondisce i contenuti della normativa aggiornata, analizza quali investimenti rientrano tra quelli agevolabili, e fornisce indicazioni su come le imprese agricole possono sfruttare queste misure in modo legale e vantaggioso per sostenere la transizione ecologica e digitale.

Destinatari e requisiti

Il Fondo per gli investimenti innovativi delle imprese agricole, istituito con la Legge di Bilancio 2020 e successivamente disciplinato dal Decreto del 2 maggio 2022, rappresenta una misura concreta per supportare le imprese agricole che intendono digitalizzare e innovare i propri processi produttivi. Il recente Decreto Direttoriale del 4 settembre 2023 non modifica i criteri di accesso, ma conferma e chiarisce chi può realmente beneficiare degli aiuti previsti, in coerenza con il nuovo Regolamento UE 2022/2472 (ABER II).

I soggetti beneficiari sono micro, piccole e medie imprese agricole (PMI) regolarmente iscritte al Registro delle Imprese, con sede operativa o unità locale in Italia, in regola con gli obblighi fiscali e contributivi, e che non si trovino in situazioni di difficoltà economica o soggette a procedure concorsuali. È esclusa la partecipazione di aziende sanzionate, con amministratori coinvolti in irregolarità o che non abbiano rimborsato finanziamenti pubblici precedenti.

Le attività ammesse sono ampie e variegate, comprendendo:

  • produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli;

  • attività non agricole in zone rurali;

  • interventi ambientali in ambito agricolo;

  • tutela del patrimonio culturale e naturale nelle aziende agricole e forestali;

  • ripristino danni da calamità naturali;

  • progetti di ricerca e sviluppo;

  • attività forestali connessi.

Questo ampliamento permette a un ventaglio più ampio di imprese agricole di accedere agli incentivi, favorendo investimenti concreti in tecnologia, sostenibilità e innovazione, coerentemente con le linee guida europee sullo sviluppo rurale e l’agricoltura 4.0.

Cosa cambia per le imprese agricole

In seguito all’entrata in vigore del Regolamento UE 2022/2472 (ABER II), operativo dal 1° gennaio 2023, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ritenuto necessario adeguare la normativa nazionale alle nuove disposizioni europee in materia di aiuti di Stato per i settori agricolo e forestale. A tal fine, con il Decreto Direttoriale del 4 settembre 2023, sono state apportate modifiche puntuali ma rilevanti al Decreto originario del 2 maggio 2022, tuttora in vigore anche nel 2025.

Le modifiche sostanziali riguardano:

  • Art. 1, comma 1, lettera a: è stata aggiornata la definizione di “Ministero”, ora correttamente indicato come Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in linea con la ridenominazione ministeriale ormai consolidata.

  • Art. 1, comma 1, lettera m: aggiornato il riferimento al “regolamento ABER”, che diventa “regolamento ABER II”, recependo integralmente il Regolamento (UE) n. 2022/2472 della Commissione del 14 dicembre 2022.

In aggiunta a questi aggiornamenti testuali, sono stati rivisti due allegati fondamentali:

  • Allegato 2 – Modulo di richiesta erogazione: aggiornato per rendere la domanda conforme alle nuove disposizioni;

  • Allegato 8 – Oneri informativi: modificato per semplificare la trasparenza amministrativa richiesta alle imprese.

Tutti i documenti aggiornati sono accessibili nel 2025 attraverso il portale ufficiale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nella sezione “Normativa”. Le imprese interessate a presentare domanda sono tenute a utilizzare esclusivamente i modelli aggiornati, pena l’inammissibilità delle richieste.

Spese ammissibili

Nel 2025, il Fondo per gli investimenti innovativi delle imprese agricole continua a rappresentare un’importante leva di sviluppo per tutte le aziende che vogliono rendere più efficiente, sostenibile e digitale la propria attività. Ma quali sono le spese effettivamente agevolabili?

Il decreto prevede la possibilità di ottenere contributi per investimenti in beni strumentali nuovi di fabbrica, sia materiali che immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle imprese agricole.

Tra gli investimenti ammissibili rientrano:

  • Macchinari e attrezzature per la lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli;

  • Soluzioni digitali e strumenti tecnologici per l’agricoltura di precisione (es. droni, sensori, sistemi di monitoraggio);

  • Software gestionali, piattaforme di tracciabilità e sistemi informatici per il controllo delle operazioni agricole;

  • Tecnologie green e sostenibili, come impianti per il risparmio idrico, pannelli solari o sistemi di gestione energetica;

  • Brevetti, licenze e know-how connessi all’innovazione tecnologica e produttiva.

È importante sottolineare che il contributo non è cumulabile con altre agevolazioni pubbliche concesse per gli stessi costi, ad eccezione di alcune deroghe previste dalla normativa europea sugli aiuti di Stato. Inoltre, le spese devono essere sostenute e quietanzate entro i termini stabiliti dal bando, e documentate in modo preciso e verificabile.

L’agevolazione, in forma di contributo a fondo perduto, può arrivare a coprire fino al 65% dell’investimento, elevabile al 80% nel caso di giovani agricoltori, come definito dal Regolamento UE.

Come presentare la domanda

Per accedere alle agevolazioni previste dal Fondo per gli investimenti innovativi delle imprese agricole, le aziende devono seguire una procedura telematica, gestita attraverso i canali ufficiali del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Anche nel 2025, le modalità restano digitali, con una piattaforma dedicata disponibile sul sito istituzionale del Ministero o tramite il portale di Invitalia, soggetto gestore operativo per molte misure nazionali.

Ecco i principali passaggi da seguire:

  1. Verifica dei requisiti: l’impresa deve essere in regola con tutti gli obblighi fiscali e contributivi, ed essere iscritta al Registro delle Imprese come impresa agricola.

  2. Preparazione della documentazione: occorre predisporre i preventivi dei beni da acquistare, le planimetrie (se necessarie), la descrizione del progetto innovativo e la documentazione amministrativa (DURC, visura camerale, ecc.).

  3. Compilazione della domanda: si utilizza l’allegato 2 – modulo di richiesta erogazione, aggiornato secondo le modifiche introdotte nel 2023. La domanda deve essere firmata digitalmente dal legale rappresentante.

  4. Invio telematico: l’invio avviene esclusivamente via PEC o tramite l’apposita piattaforma, secondo le istruzioni pubblicate sul sito ministeriale.

  5. Valutazione e graduatoria: le domande vengono valutate in ordine cronologico o attraverso una procedura a sportello, con pubblicazione della graduatoria degli ammessi al contributo.

È essenziale monitorare le scadenze: il bando 2025 stabilisce una finestra temporale per la presentazione delle domande, oltre la quale non sarà più possibile partecipare. In caso di errori nella compilazione o documentazione incompleta, la domanda può essere rigettata.

Per evitare imprecisioni, è fortemente consigliato affidarsi a un consulente fiscale o a un commercialista esperto in agevolazioni per il settore agricolo, capace di seguire passo dopo passo l’intero iter.

Vantaggi fiscali 

Accedere agli incentivi per investimenti innovativi in agricoltura nel 2025 non significa soltanto ottenere un contributo a fondo perduto: significa rafforzare in modo strutturale la competitività dell’impresa agricola, migliorandone efficienza, sostenibilità e capacità di adattamento alle sfide del mercato.

Ma quali sono i vantaggi fiscali ed economici concreti?

1. Contributi a fondo perduto

Il vantaggio immediato è ovviamente di tipo finanziario: il contributo può coprire fino all’80% del costo dell’investimento (in caso di giovani agricoltori), riducendo in modo considerevole l’esborso iniziale e facilitando l’accesso a tecnologie altrimenti non sostenibili.

2. Innovazione e posizionamento sul mercato

L’introduzione di macchinari di ultima generazione, software gestionali, tecnologie green e digitali consente alle aziende agricole di migliorare la qualità dei prodotti, la tracciabilità, e ridurre i costi operativi. Tutto ciò si traduce in maggiore competitività sul mercato, anche in vista di certificazioni ambientali o di filiera.

3. Valore patrimoniale e accesso al credito

Un’azienda che investe in innovazione rafforza il proprio attivo patrimoniale e migliora il rating bancario, facilitando l’accesso a futuri finanziamenti, mutui agrari e linee di credito.

In sintesi, investire oggi con il supporto degli incentivi pubblici significa preparare l’azienda agricola al futuro, sfruttando strumenti legali e vantaggiosi anche dal punto di vista fiscale.

Transizione digitale ed ecologica

Gli incentivi per gli investimenti innovativi nelle imprese agricole non vanno letti come misure isolate, ma come parte integrante di un percorso strategico nazionale e comunitario, che punta a trasformare il settore agricolo in chiave digitale, sostenibile e resiliente. Il Fondo agevolato, aggiornato nel 2023 e attivo nel 2025, si inserisce perfettamente nelle linee guida del Green Deal europeo e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevedono fondi e riforme specifiche per la modernizzazione dell’agricoltura.

La trasformazione agricola si gioca oggi su quattro fronti fondamentali:

  1. Digitalizzazione dei processi produttivi, grazie all’utilizzo di tecnologie IoT, droni, sensori, gestione da remoto e sistemi predittivi;

  2. Sostenibilità ambientale, con investimenti in impianti per l’energia rinnovabile, tecnologie per l’efficienza idrica ed energetica, riduzione degli input chimici;

  3. Valorizzazione della filiera agroalimentare, anche attraverso l’introduzione di sistemi di tracciabilità e blockchain;

  4. Sviluppo delle competenze, grazie alla formazione continua degli operatori agricoli sulle nuove tecnologie e modelli di gestione.

L’agricoltura di oggi non può più permettersi di essere “tradizionale” nel senso limitante del termine: l’innovazione è una necessità per la sopravvivenza competitiva. E con l’aiuto dei contributi statali e comunitari, le imprese agricole italiane hanno finalmente gli strumenti per affrontare il cambiamento.

Nel prossimo futuro, i settori più premiati saranno quelli capaci di coniugare redditività, tecnologia e tutela dell’ambiente, diventando veri protagonisti della nuova economia circolare rurale.

Conclusioni

Nel 2025, le imprese agricole italiane si trovano davanti a una finestra concreta e vantaggiosa per investire in innovazione, digitalizzazione e sostenibilità, sfruttando le agevolazioni previste dal Fondo per gli investimenti innovativi. Le modifiche normative introdotte dal Decreto Direttoriale del 4 settembre 2023, in risposta al Regolamento UE ABER II, hanno semplificato le procedure, reso più accessibili gli strumenti e ampliato il perimetro degli investimenti ammissibili.

Parliamo di contributi a fondo perduto fino all’80%, per l’acquisto di beni materiali e immateriali, tecnologie digitali e soluzioni green che non solo riducono i costi, ma migliorano radicalmente l’efficienza aziendale. Tutto questo, senza trascurare i vantaggi fiscali derivanti dalla deducibilità e dalla possibilità di cumulo, laddove previsto.

Chi si muove ora ha più possibilità di posizionarsi in modo competitivo sul mercato, accedere a ulteriori linee di credito e creare valore a lungo termine per la propria azienda agricola. L’innovazione non è più un’opzione per pochi: è una necessità strategica per tutti.

Non aspettare l’ultimo momento: verifica oggi stesso se la tua impresa agricola possiede i requisiti, pianifica l’investimento e presenta domanda seguendo i nuovi modelli disponibili sul sito del Ministero. E se hai dubbi, affidati a un commercialista esperto per non sbagliare.

Autoproduzione di energia da rinnovabili per le PMI: incentivi fotovoltaico prorogati al 10 novembre 2025

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Nel pieno di una transizione ecologica sempre più urgente e sostenuta da incentivi pubblici, le piccole e medie imprese italiane (PMI) hanno davanti a sé un’occasione unica per abbattere i costi energetici, diventare più sostenibili e aumentare la loro competitività. Il Governo, tramite il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), ha prorogato al 10 novembre 2025 il termine per accedere ai finanziamenti previsti a sostegno dell’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, con un focus particolare sull’impianto fotovoltaico.

La misura, inserita nel quadro degli interventi finanziati dal PNRR (Missione 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica), prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto per le PMI che decidono di dotarsi di impianti per la produzione di energia pulita, in particolare nei settori energivori come manifatturiero, tessile, alimentare e chimico. Una scelta strategica non solo per risparmiare sulle bollette, ma anche per tutelarsi da future fluttuazioni di mercato e aumentare la resilienza energetica dell’azienda.

In questo articolo vedremo nel dettaglio quali sono le nuove regole per accedere ai contributi, cosa prevede la proroga al 10 novembre, chi può beneficiare degli incentivi, quali sono i vantaggi fiscali ed economici per le PMI, come fare domanda e quali errori evitare.

Cosa prevede il decreto del MIMIT

Con il Decreto Direttoriale del 29 settembre 2025, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha ufficializzato la proroga del termine per la presentazione delle domande di accesso alla misura agevolativa per la produzione di energia da fonti rinnovabili nelle PMI. La nuova scadenza è fissata al 10 novembre 2025, posticipando di oltre un mese la precedente deadline, inizialmente prevista per il 30 settembre.

La misura rientra nel quadro del PNRR – Missione 2, Componente 2, Investimento 16, e trova le sue basi normative nel Decreto del 30 giugno 2025, che ha stabilito i criteri, le modalità e i modelli da utilizzare per l’accesso ai contributi. Si tratta di un intervento fortemente orientato a sostenere programmi di investimento delle PMI volti all’autoproduzione e autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili, in particolare attraverso l’installazione di impianti fotovoltaici, ma anche altre tecnologie ammesse.

Secondo quanto previsto dal MIMIT, le risorse disponibili ammontano a 178.668.093 euro, e sono suddivise in maniera strategica:

  • Il 40% è riservato alle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia);

  • Un altro 40% è destinato specificamente alle micro e piccole imprese, favorendo così chi ha minori possibilità di accesso al credito o all’autofinanziamento.

Il decreto disciplina inoltre gli schemi di domanda, la documentazione necessaria per l’istruttoria e i criteri di ammissibilità, offrendo così una guida chiara e dettagliata per le imprese che intendono cogliere questa occasione di efficienza energetica e risparmio economico.

Chi può accedere agli incentivi

La misura agevolativa per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili è rivolta a tutte le piccole e medie imprese (PMI) attive sul territorio nazionale, con alcune eccezioni settoriali e ambientali.

In particolare, non possono accedere agli incentivi le imprese che operano nei seguenti settori:

  • Settore carbonifero (estrazione e lavorazione del carbone);

  • Produzione primaria di prodotti agricoli;

  • Settore della pesca e dell’acquacoltura.

Queste esclusioni sono in linea con i principi ambientali stabiliti a livello europeo e con gli obiettivi del PNRR, che intende premiare solo progetti realmente sostenibili e in linea con la transizione ecologica.

Inoltre, tutte le imprese richiedenti devono garantire il rispetto del cosiddetto principio DNSH (“Do No Significant Harm”, ovvero “non arrecare danni significativi all’ambiente”), previsto dall’art. 17 del Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento Europeo e del Consiglio. Questo principio impone che l’attività d’impresa non comprometta gli obiettivi ambientali dell’Unione, come la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’uso sostenibile delle risorse idriche e marine, e la protezione della biodiversità.

Tutte le PMI interessate devono quindi verificare con attenzione il codice ATECO, la conformità ambientale e il rispetto delle condizioni previste dal regolamento europeo, prima di procedere alla presentazione della domanda.

Interventi ammessi e spese agevolabili

La misura “Sostegno per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle PMI – FER” si concretizza in contributi a fondo perduto erogati in conto impianti, destinati a supportare i programmi di investimento delle PMI volti all’autoproduzione di energia elettrica.

In particolare, sono ammessi i progetti che prevedano l’installazione di:

  • Impianti solari fotovoltaici;

  • Impianti minieolici;

  • Sistemi di accumulo/stoccaggio dell’energia “dietro il contatore”, ovvero destinati all’autoconsumo differito.

I progetti devono avere come obiettivo l’autoconsumo, quindi la produzione non finalizzata alla vendita, ma all’utilizzo diretto dell’energia nell’ambito dei processi produttivi aziendali.

L’accesso al contributo è subordinato a una procedura valutativa a graduatoria, e le agevolazioni sono concesse solo per progetti che presentino:

  • Spese ammissibili comprese tra 30.000 euro e 1.000.000 euro.

Le percentuali di contributo sono così differenziate:

  • 30% per le medie imprese;

  • 40% per le micro e piccole imprese;

  • 30% aggiuntivo per l’investimento in sistemi di accumulo/stoccaggio;

  • Fino al 50% per le spese legate alla diagnosi energetica, qualora inserita nel progetto.

Questa struttura premiale favorisce soprattutto le realtà più piccole, incentivando al contempo interventi ad alto valore tecnologico ed energetico, capaci di generare un risparmio concreto nel medio-lungo termine.

Come presentare la domanda

Le PMI interessate a ottenere il contributo per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili devono presentare la domanda di agevolazione esclusivamente in formato elettronico, attraverso la piattaforma informatica dedicata sul sito di Invitalia (www.invitalia.it), soggetto attuatore della misura.

Le istanze possono essere inoltrate dalle ore 12:00 dell’8 luglio 2025 fino alle ore 12:00 del 10 novembre 2025, data recentemente prorogata con Decreto Direttoriale MIMIT del 29 settembre (la scadenza originaria era fissata al 30 settembre).

Invitalia, in collaborazione con il MIMIT, ha predisposto una sezione informativa dedicata, dove è possibile scaricare:

  • I modelli di domanda aggiornati;

  • Le istruzioni per la compilazione;

  • L’elenco completo della documentazione da allegare.

L’accesso alla piattaforma digitale è subordinato a una procedura di autenticazione sicura, che prevede l’utilizzo di:

  • SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale);

  • Carta Nazionale dei Servizi (CNS);

  • Carta di Identità Elettronica (CIE).

La domanda deve essere compilata e sottoscritta digitalmente dal rappresentante legale dell’impresa o da un soggetto delegato con idonea procura. La delega, naturalmente, deve essere formalmente conferita e correttamente documentata.

Vista la natura valutativa a graduatoria della procedura, è fortemente consigliato inviare la domanda il prima possibile, in modo da evitare errori last minute o rallentamenti tecnici che possano compromettere l’ammissibilità della richiesta.

Vantaggi per le PMI

Investire nell’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili non rappresenta solo una scelta etica o ambientale, ma una strategia economica concreta per le PMI italiane. I benefici, infatti, si estendono su più fronti: fiscale, finanziario, operativo ed energetico.

1. Risparmio sulle bollette energetiche

Il primo e più immediato vantaggio è la riduzione significativa dei costi energetici. Grazie all’autoconsumo dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici o minieolici, le imprese possono abbattere i costi dell’elettricità fino al 60-70%, soprattutto nei settori ad alto consumo. Questo si traduce in un miglioramento diretto del margine operativo e della competitività sul mercato.

2. Agevolazioni fiscali e contributi a fondo perduto

Oltre al contributo in conto impianti, le PMI possono accedere ad altre forme di vantaggio fiscale, come:

  • La detrazione del 110% (per le imprese che rientrano in specifici interventi trainanti, se compatibili con le normative aggiornate);

  • L’ammortamento accelerato o super ammortamento degli impianti, ove previsto;

  • L’esenzione da accise o imposte sull’energia autoprodotta e autoconsumata (secondo i casi e i volumi di produzione).

3. Maggiore indipendenza e protezione dalle fluttuazioni di mercato

Produrre energia in proprio significa tutelarsi dalle oscillazioni dei prezzi dell’energia, che negli ultimi anni hanno colpito duramente le imprese italiane. Si tratta di una forma di autonomia strategica, che consente una programmazione più stabile dei costi operativi.

4. Miglioramento dell’immagine aziendale

Un’impresa sostenibile è anche più attrattiva per clienti, fornitori, investitori e bandi pubblici. L’adozione di soluzioni green rappresenta oggi un vantaggio competitivo anche dal punto di vista reputazionale e commerciale.

In sintesi, l’autoproduzione di energia da rinnovabili rappresenta un investimento intelligente, che si ripaga nel tempo e prepara l’azienda a una crescita sostenibile e resiliente.

Checklist operativa per le PMI

Per accedere con successo alla misura di sostegno per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, le PMI devono affrontare una preparazione accurata, sia dal punto di vista tecnico che documentale. Sebbene la procedura sia interamente digitale, non è priva di complessità.

Ecco una checklist operativa utile per aumentare le probabilità di successo.

1. Verifica dei requisiti soggettivi e oggettivi

Prima di tutto, è necessario assicurarsi che:

  • L’impresa rientri nella definizione di PMI secondo i parametri europei (fatturato, numero di dipendenti, autonomia finanziaria);

  • Non operi in settori esclusi (carbone, pesca, agricoltura primaria);

  • Rispetti il principio DNSH e abbia una situazione di regolarità contributiva e fiscale.

2. Analisi energetica preliminare

È fondamentale stimare il fabbisogno energetico aziendale e identificare con precisione quanta energia può essere coperta con l’impianto da installare. In molti casi, è consigliata (e in parte finanziabile) una diagnosi energetica professionale, che aiuti a pianificare l’investimento con dati reali.

3. Progetto tecnico e preventivo dei costi

Serve predisporre un progetto tecnico dettagliato dell’impianto (fotovoltaico o minieolico), con indicazione della potenza prevista, sistema di accumulo, tempi di realizzazione e costi stimati. Le spese devono rientrare nei limiti di ammissibilità: minimo 30.000 euro, massimo 1.000.000 euro.

4. Preparazione documentazione amministrativa

Oltre alla domanda, occorre allegare:

  • Atto costitutivo e statuto;

  • Visura camerale aggiornata;

  • Bilanci e documenti fiscali recenti;

  • Dichiarazioni sostitutive e modulistica firmata digitalmente.

5. Pianificazione della tempistica

Anche se il termine è stato prorogato al 10 novembre 2025, è consigliabile caricare i documenti con largo anticipo, per evitare errori tecnici, problemi con SPID o CNS e imprevisti nella piattaforma Invitalia.

Un eventuale supporto da parte di un consulente fiscale o energetico può fare la differenza, sia per accelerare i tempi che per massimizzare le probabilità di ottenere il contributo.

Valutazione, graduatorie e tempi di erogazione

Una volta presentata la domanda, questa viene valutata secondo una procedura a graduatoria, non automatica, ma basata su criteri qualitativi e quantitativi. L’intero iter è gestito dal Soggetto Attuatore Invitalia, che svolge l’istruttoria tecnico-amministrativa sulla base della documentazione allegata e dei punteggi assegnati ai progetti.

1. Criteri di valutazione

I principali elementi considerati per l’attribuzione del punteggio sono:

  • La coerenza del progetto con le finalità della misura (autoproduzione e autoconsumo);

  • Il grado di efficienza energetica e innovazione tecnologica dell’impianto proposto;

  • La qualità tecnica del progetto e la sua cantierabilità;

  • L’impatto ambientale positivo dell’intervento (in termini di riduzione delle emissioni, uso di materiali riciclati, ecc.);

  • Il valore economico dell’investimento, in relazione alla dimensione e alla capacità produttiva dell’impresa;

  • L’eventuale presenza di diagnosi energetica, che dà diritto a punteggio aggiuntivo.

2. Pubblicazione della graduatoria

Una volta conclusa la fase di valutazione, Invitalia pubblica la graduatoria delle domande ammesse, ordinata in base al punteggio ottenuto fino a esaurimento dei fondi disponibili. Come già visto, le risorse totali sono pari a 178.668.093 euro, con riserve per il Mezzogiorno e per micro e piccole imprese.

È importante notare che non esiste automatismo: anche se la domanda è completa, solo i progetti con punteggio più alto riceveranno il contributo. Questo impone la massima attenzione nella qualità della proposta progettuale.

3. Tempi di erogazione del contributo

Una volta ammessa, l’impresa beneficiaria riceverà una comunicazione formale con l’importo concesso e le modalità operative. Il contributo può essere erogato:

  • In un’unica soluzione, a saldo, dopo la conclusione dell’intervento e la rendicontazione delle spese;

  • Oppure con anticipazione e successivo saldo, se previsto e documentato.

I tempi medi di erogazione possono variare, ma l’obiettivo del MIMIT e di Invitalia è garantire la massima celerità, anche in coerenza con i vincoli del PNRR, che impone tempistiche stringenti.

Conclusione

La proroga al 10 novembre 2025 rappresenta un’opportunità imperdibile per le PMI italiane che vogliono ridurre i costi energetici, migliorare la propria sostenibilità ambientale e accedere a contributi a fondo perduto per impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo. L’iniziativa, finanziata dal PNRR e gestita da Invitalia, è pensata per supportare la transizione energetica nel tessuto produttivo nazionale, valorizzando l’efficienza e l’autonomia energetica.

Investire oggi significa guadagnare domani: minori spese per l’energia, maggiore protezione dalle fluttuazioni di mercato, migliore reputazione e maggiore competitività. Non si tratta solo di un contributo economico, ma di un vero e proprio salto di qualità per il business.

Alle PMI non resta che agire con tempestività: analizzare i propri consumi, strutturare un progetto ben documentato e procedere alla presentazione della domanda attraverso la piattaforma Invitalia. Il tutto, prima che si esauriscano le risorse disponibili.

Per ogni passaggio è consigliabile affidarsi a professionisti esperti in finanza agevolata ed energia, per massimizzare i vantaggi ed evitare errori che possono compromettere l’accesso ai fondi.

Il fotovoltaico per le PMI non è più un’opzione: è una strategia vincente.

Artigiani e Commercianti: come ottenere lo sconto INPS del 50% sui contributi nel 2025

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Agevolazioni contributive, novità INPS e nuove opportunità per artigiani e commercianti che iniziano l’attività nel 2025. Chi decide di mettersi in proprio nel settore dell’artigianato o del commercio nel nuovo anno potrà beneficiare di un importante sgravio contributivo: la riduzione del 50% dei contributi previdenziali. Una misura pensata per alleggerire il carico fiscale nei primi anni di attività e incentivare l’avvio di nuove imprese.

La possibilità di accedere a questa agevolazione non è nuova, ma con il Messaggio INPS n. 2954 del 6 ottobre 2025, sono state aggiornate e ampliate le istruzioni operative, introducendo importanti novità soprattutto in tema di modalità di presentazione della domanda e soggetti abilitati a inoltrarla. Tra le novità più rilevanti, l’estensione dell’accesso anche alle associazioni di categoria, che potranno ora presentare istanza per conto dei propri associati. Un passo avanti significativo verso una maggiore semplificazione burocratica.

In questo articolo analizzeremo nel dettaglio i requisiti per ottenere lo sconto contributivo del 50%, le modalità di accesso e presentazione delle domande, le novità introdotte dalla legge di bilancio 2024 e dai successivi messaggi INPS e infine, i vantaggi economici e fiscali per gli artigiani e commercianti che iniziano l’attività nel 2025.

Beneficiari

La Legge di Bilancio 2025 (Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, comma 186) ha introdotto una nuova agevolazione contributiva per sostenere i lavoratori autonomi che avviano una nuova attività nel corso del 2025. Il beneficio consiste in una riduzione del 50% dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti alla gestione INPS Artigiani e Commercianti, per un periodo di 36 mesi consecutivi, ovvero tre anni.

I destinatari della misura sono tutti i soggetti che si iscrivono per la prima volta a queste gestioni nel 2025.

Più precisamente, possono accedere:

  • i titolari di imprese individuali, comprese quelle in regime forfettario;

  • i soci di società di persone (come SNC o SAS) o di società di capitali (come SRL);

  • i collaboratori familiari, definiti come coadiuvanti o coadiutori.

Un punto chiave riguarda i tempi di iscrizione: per beneficiare dello sconto, è necessario che l’attività venga avviata e formalmente iscritta entro il 31 dicembre 2025.

Tuttavia, rientrano nel beneficio anche coloro che iniziano l’attività a fine anno ma rispettano il termine di 30 giorni per l’iscrizione, come previsto dalla normativa (ad esempio, chi inizia il 20 dicembre 2025 ha tempo fino al 19 gennaio 2026).

Una novità importante riguarda i collaboratori familiari che iniziano a lavorare nel 2025 all’interno di imprese già esistenti: anche loro possono accedere all’agevolazione, a patto che l’attività lavorativa sia effettivamente avviata nel corso dell’anno.

Tutti i dettagli operativi

La riduzione contributiva INPS 2025 per artigiani e commercianti non si applica all’intero importo dei contributi, ma esclusivamente all’aliquota IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti), che rappresenta la quota più rilevante degli oneri previdenziali.

Restano invece dovuti per intero:

  • il contributo di maternità, pari a 7,44 euro annui;

  • l’aliquota aggiuntiva dello 0,48% destinata all’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale (obbligatoria solo per i commercianti).

L’agevolazione ha una durata fissa di 36 mesi, calcolata a partire dalla data di iscrizione alla gestione previdenziale INPS. Non è quindi legata all’anno solare, ma decorre dalla data di avvio dell’attività o di iscrizione alla gestione autonoma.

È importante sapere che la riduzione resta valida anche in caso di:

  • passaggio da impresa individuale a società (o viceversa);

  • cambio dell’attività (da artigiano a commerciante, o il contrario);

  • variazioni anagrafiche o cambi di sede, a condizione che non ci sia interruzione dell’iscrizione INPS.

Se invece l’iscrizione viene interrotta anche solo per un mese, il beneficio si perde definitivamente, senza possibilità di recupero dei mesi residui.

Per comprendere l’impatto economico:

Un risparmio importante, soprattutto nei primi anni di attività, quando ogni euro conta.

Compatibilità con altri regimi agevolativi

Un aspetto cruciale da valutare prima di presentare domanda per la riduzione del 50% dei contributi INPS 2025 riguarda la compatibilità con altri regimi agevolativi. Secondo quanto chiarito dalla Circolare INPS n. 83 del 24 aprile 2025, la nuova agevolazione non è cumulabile con altre misure che comportano riduzioni contributive.

In particolare, non è compatibile con:

  • la riduzione del 50% per artigiani e commercianti over 65 pensionati, che continua a restare in vigore per chi già riceve una pensione diretta e prosegue l’attività in forma autonoma;

  • il regime contributivo agevolato per i forfettari, introdotto dalla Legge n. 190/2014, che consente una contribuzione ridotta (su base facoltativa) per chi adotta il regime fiscale forfettario.

Tuttavia, l’INPS ha fornito un importante chiarimento interpretativo: chi, all’inizio del 2025, ha aderito al regime forfettario con contributi agevolati, ma desidera ora usufruire della nuova agevolazione, potrà farlo a condizione di rinunciare al regime contributivo forfettario. In questo caso, la rinuncia non compromette la possibilità di tornare a beneficiarne in futuro: una volta conclusi i 36 mesi di riduzione contributiva del 50%, sarà possibile rioptare per il regime forfettario agevolato.

Questa flessibilità permette ai nuovi iscritti di valutare con attenzione quale agevolazione risulti più vantaggiosa nei primi anni di attività, tenendo conto del carico contributivo complessivo e delle prospettive di crescita dell’impresa.

Sconto contributivo e limiti “de minimis”

Anche se la riduzione del 50% dei contributi INPS rappresenta un’importante agevolazione per chi avvia una nuova attività nel 2025, è fondamentale sapere che questa misura rientra tra gli aiuti di Stato in regime “de minimis”, come previsto dal Regolamento UE 2023/2831, in vigore dal 1° gennaio 2024.

Secondo quanto stabilito dal regolamento, il beneficio potrà essere concesso solo nel rispetto di un tetto massimo di aiuti pubblici ricevibili, che per il periodo 2025-2027 è stato innalzato a 300.000 euro per ciascuna impresa unica (concetto che include anche eventuali società controllate o collegate).

In altre parole:

  • il totale degli aiuti pubblici percepiti non deve superare 300.000 euro nell’arco di tre anni;

  • nel calcolo devono essere considerati tutti gli altri contributi, esenzioni fiscali o agevolazioni ricevuti a vario titolo, anche da enti diversi (es. contributi regionali, crediti d’imposta, sgravi INAIL, ecc.).

A fini di trasparenza e monitoraggio, l’INPS provvederà alla registrazione automatica dello sconto contributivo nel Registro Nazionale degli Aiuti di Stato (RNA), consultabile online da chiunque. Questo meccanismo serve a evitare il superamento del plafond e garantire il rispetto delle normative comunitarie.

Va sottolineato che il Regolamento UE 2023/2831 ha aumentato il massimale rispetto al precedente limite di 200.000 euro, rendendo la nuova misura ancora più accessibile e vantaggiosa rispetto al passato.

Come presentare domanda

Per richiedere la riduzione del 50% dei contributi INPS riservata ai nuovi iscritti alla Gestione Artigiani e Commercianti nel 2025, è necessario compilare un’apposita domanda telematica tramite il Portale delle Agevolazioni INPS (ex DiResCo).

L’accesso al portale è consentito, nella fase iniziale, esclusivamente ai seguenti profili:

  • Cittadino (cioè il titolare della posizione aziendale);

  • Consulente o commercialista delegato.

L’accesso tramite associazioni di categoria sarà attivato in un secondo momento, come indicato dall’INPS nel Messaggio n. 2954 del 6 ottobre 2025.

Per accedere al modulo, è necessario autenticarsi con credenziali SPID, CIE o CNS, e seguire questo percorso:

“Imprese e Liberi Professionisti” > “Esplora Imprese e Liberi Professionisti” > sezione “Strumenti” > “Vedi tutti” > “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)” > “Utilizza lo strumento”.

Una volta all’interno del portale, occorre selezionare il modulo “Riduzione 50% ART-COM 2025”, che prevede:

  • l’autocertificazione dei requisiti (prima iscrizione, ambito soggettivo, rispetto delle condizioni);

  • la dichiarazione di rispetto dei limiti “de minimis”, in base al Regolamento UE 2023/2831.

La riduzione opera per 36 mesi continuativi dalla data di iscrizione. In caso di variazione del codice aziendale (es. per cambio di sede o passaggio tra gestioni autonome), non è necessaria una nuova domanda, a condizione che la continuità contributiva non venga interrotta.

Per evitare ritardi nell’attivazione dell’agevolazione, è consigliabile presentare la domanda appena completata l’iscrizione INPS, avendo cura di conservare la ricevuta digitale.

Vantaggi economici e fiscali 

La riduzione contributiva del 50% per artigiani e commercianti rappresenta una delle agevolazioni più rilevanti introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 per sostenere le nuove attività imprenditoriali. Ma quanto si traduce concretamente in termini di risparmio economico?

Considerando che l’aliquota ordinaria IVS per il 2025 è del 24% sul reddito minimale di € 18.555, il contributo annuo da versare sarebbe pari a € 4.453,20. Con l’applicazione della riduzione, l’importo viene dimezzato a € 2.226,60 annui. Su un orizzonte di 36 mesi, il risparmio potenziale complessivo è pari a circa € 6.680, al netto del contributo di maternità e, per i commercianti, dell’aliquota per la cessazione attività (che non sono soggette a sconto).

Inoltre, questa agevolazione:

  • non comporta penalizzazioni previdenziali, perché il contributo ridotto continua a garantire l’accredito pieno dell’anzianità assicurativa;

  • è automaticamente riconosciuta per tre anni senza necessità di rinnovo;

  • è cumulabile con vantaggi fiscali come la deducibilità dei contributi INPS (anche se ridotti) dal reddito imponibile IRPEF.

Per i soggetti in regime forfettario che decidono di rinunciare temporaneamente alla contribuzione agevolata per aderire a questa misura, il vantaggio è soprattutto in termini di liquidità nei primi anni, quando il flusso di incassi è ancora instabile.

In sintesi, lo sconto contributivo può generare un importante beneficio finanziario, che consente di investire in sviluppo, marketing o formazione, con un impatto immediato sul bilancio della nuova impresa.

Criticità e errori da evitare

Nonostante la procedura per richiedere la riduzione contributiva del 50% sia ormai semplificata e interamente telematica, ci sono alcune criticità operative e formali che è importante conoscere per non compromettere l’accesso all’agevolazione.

1. Tempistiche: iscrizione e presentazione della domanda

Il beneficio è riservato ai soggetti che si iscrivono per la prima volta nel 2025 alla Gestione Artigiani o Commercianti. Tuttavia, molti sbagliano a calcolare la data effettiva di iscrizione: ciò che conta è la data di presentazione della domanda di apertura attività all’INPS, non solo quella dell’avvio presso il Registro Imprese. La domanda per la riduzione va quindi presentata il prima possibile, idealmente entro pochi giorni dall’iscrizione, per evitare ritardi che potrebbero compromettere l’attivazione del beneficio.

2. Dichiarazione “de minimis” incompleta o errata

Un errore frequente è la mancata o errata dichiarazione del rispetto dei limiti previsti dal Regolamento UE 2023/2831. È essenziale verificare se l’impresa (o il gruppo di imprese collegate) ha ricevuto negli ultimi tre anni altri aiuti pubblici. In caso di superamento del massimale da 300.000 euro, lo sconto non può essere concesso.

3. Profilo errato per l’accesso

Solo il titolare dell’impresa o il commercialista delegato possono accedere al Portale delle Agevolazioni per presentare la domanda. In caso di accesso con profilo non abilitato (es. collaboratore familiare senza delega), la pratica risulterà non valida.

4. Interruzione dell’iscrizione INPS

Anche un’interruzione temporanea o involontaria (es. cessazione e nuova apertura con codice differente) comporta la decadenza dell’agevolazione, che non potrà più essere recuperata. La continuità è un requisito essenziale.

Conclusione

La riduzione contributiva del 50% per artigiani e commercianti rappresenta una misura concreta di sostegno all’imprenditoria, pensata per agevolare l’avvio e la stabilizzazione delle attività nei primi tre anni. Grazie all’estensione della possibilità di presentare la domanda anche tramite consulenti e, a breve, associazioni di categoria, e con una procedura interamente digitale, l’agevolazione è oggi più accessibile che mai.

Attenzione però a non sottovalutare gli aspetti tecnici e normativi: la corretta presentazione della domanda, il rispetto delle tempistiche e dei limiti “de minimis”, e la gestione della continuità contributiva sono elementi essenziali per non perdere il diritto al beneficio.

Per chi sta pianificando di aprire una partita IVA nel 2025 come artigiano o commerciante, oppure per i collaboratori familiari che inizieranno a lavorare in attività già esistenti, questa misura può tradursi in oltre 6.000 euro di risparmio in tre anni.

Se hai dubbi su come accedere all’agevolazione, se ti trovi in una situazione particolare (es. passaggi tra gestioni, società, collaboratori) o se vuoi valutare la convenienza rispetto al regime forfettario, un confronto con un commercialista esperto è fortemente consigliato.

Resto al Sud: sportello chiuso dal 15 ottobre 2025. Cosa prevede la Circolare 37/2025 e quali sono le nuove misure in arrivo

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Il 15 ottobre 2025 segna una data importante per l’imprenditoria nel Mezzogiorno: lo sportello dell’incentivo “Resto al Sud” chiuderà ufficialmente, come stabilito dalla Circolare n. 37/2025 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 228 del 3 ottobre 2025. Una notizia che interessa migliaia di aspiranti imprenditori e startup del Sud Italia, le cui possibilità di accedere a finanziamenti agevolati per avviare attività produttive si stanno esaurendo.

L’incentivo, gestito da Invitalia, ha sostenuto per anni la nascita di nuove imprese nel Meridione, rappresentando un volano fondamentale per l’economia di regioni come Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, ma anche Abruzzo, Molise, Sardegna e alcune aree del Lazio. Ora, con la chiusura dello sportello, molte opportunità rischiano di svanire, se non si interviene con nuove misure di sostegno.

L’articolo che segue analizza i motivi della chiusura, i dati aggiornati sulle richieste e le approvazioni, e soprattutto quali sono le conseguenze concrete per chi vuole fare impresa nel Sud Italia dopo il 15 ottobre.

Origine e finalità della misura “Resto al Sud”

La misura “Resto al Sud” è stata introdotta con il Decreto-Legge 91/2017, convertito con modificazioni dalla Legge n. 123 del 3 agosto 2017, con l’obiettivo di promuovere la crescita economica e l’occupazione giovanile nelle regioni del Mezzogiorno. In particolare, il provvedimento si rivolgeva a giovani imprenditori tra i 18 e i 35 anni (poi estesi fino a 55), incentivando la nascita di nuove attività produttive in settori strategici come agricoltura, artigianato, turismo, industria e servizi.

Il finanziamento dell’iniziativa è stato reso possibile grazie alle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC), programmazione 2014-2020, per un totale di 1.250 milioni di euro, suddivisi in tranche annuali secondo una ripartizione stabilita dalla delibera CIPE n. 74 del 7 agosto 2017. L’allocazione dei fondi ha seguito un andamento decrescente nel tempo, partendo da 462 milioni nel 2019 fino a 17 milioni nel 2025, segnale evidente di una progressiva riduzione delle risorse disponibili.

Nel corso degli anni, “Resto al Sud” ha permesso il finanziamento di oltre 13.000 progetti, contribuendo in modo significativo alla nascita di nuove imprese e all’inclusione lavorativa di categorie svantaggiate. Tuttavia, con una nota ufficiale del 19 settembre 2025, Invitalia ha comunicato l’esaurimento imminente dei fondi disponibili, determinando così la chiusura dello sportello a partire dal 15 ottobre 2025, come previsto dalla normativa vigente.

Chiusura dello sportello

La chiusura dello sportello “Resto al Sud”, resa ufficiale dalla Circolare n. 37/2025 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è diretta conseguenza dell’esaurimento dei fondi destinati alla misura. La comunicazione, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 228 del 3 ottobre 2025, prende atto della nota di Invitalia del 19 settembre 2025, che ha certificato l’impossibilità di accogliere nuove domande per carenza di risorse.

Come stabilito dall’art. 2, comma 3 del D. Lgs. 123/1998, a partire dal 15 ottobre 2025 non sarà più possibile presentare richieste di accesso alle agevolazioni “Resto al Sud”. Tuttavia, le domande già inviate prima di tale data mantengono il diritto a essere esaminate, purché rientrino nei limiti delle disponibilità finanziarie residue, come precisato anche all’art. 1, comma 6 del D.L. 91/2017.

La Circolare fornisce inoltre un dettaglio delle risorse impiegate negli anni, evidenziando una progressiva riduzione delle dotazioni annuali: da 462 milioni nel 2019 si è passati a soli 17 milioni nel 2025. Questa pianificazione in calo è indice di un ciclo di agevolazione ormai in fase conclusiva. Il decreto specifica anche che, a partire dalla stessa data del 15 ottobre 2025, verranno attivati nuovi strumenti di sostegno imprenditoriale: lo sportello per la ricezione delle domande relative alle misure “ACN” e “Resto al Sud 2.0”, previste dal D.L. 60/2024, sarà operativo.

In sintesi, la chiusura dello sportello non rappresenta una fine assoluta, ma una transizione verso nuove forme di agevolazione, presumibilmente più mirate e aggiornate alle esigenze del tessuto economico attuale.

I numeri di “Resto al Sud”

Dal lancio ufficiale nel 2018 fino alla data di chiusura del 15 ottobre 2025, la misura “Resto al Sud” ha rappresentato una delle politiche pubbliche più incisive a sostegno dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno. I dati forniti da Invitalia testimoniano un successo significativo, soprattutto nei primi anni di operatività, con numeri che hanno superato ogni previsione iniziale.

Secondo l’ultima rilevazione aggiornata a settembre 2025, sono state presentate oltre 35.000 domande, con più di 13.400 progetti finanziati, per un totale complessivo di circa 650 milioni di euro erogati. L’investimento medio per singolo progetto si è attestato intorno ai 48.000 euro, tra contributo a fondo perduto e finanziamento bancario garantito.

Il programma ha generato un impatto concreto anche in termini occupazionali: si stima la creazione di circa 48.000 nuovi posti di lavoro, diretti e indiretti, soprattutto in ambiti a basso tasso di industrializzazione. Le regioni che hanno beneficiato maggiormente dell’incentivo sono Campania, Sicilia e Calabria, seguite da Puglia, Sardegna e Abruzzo.

Nonostante alcune criticità iniziali, come la lentezza nelle erogazioni e la difficoltà di accesso al credito bancario per i beneficiari, la misura si è dimostrata efficace nel contrastare lo spopolamento giovanile e nell’attivare processi di micro-imprenditorialità in territori spesso privi di alternative occupazionali. Con la chiusura dello sportello, si conclude una fase importante di questa strategia di rilancio del Sud, ma si apre al contempo una riflessione su come rinnovare e potenziare tali strumenti in futuro.

Diritti, limiti e restituzione documentale

Con la chiusura ufficiale dello sportello “Resto al Sud” a partire dal 15 ottobre 2025, non sarà più possibile inoltrare nuove domande di agevolazione, come previsto dall’art. 2, comma 3, del D. Lgs. 123/1998. Tuttavia, i soggetti che hanno già presentato richiesta prima di tale data potranno ancora accedere ai benefici, ma solo entro il limite delle risorse finanziarie residue disponibili, come stabilito dall’art. 1, comma 16, del D.L. 91/2017.

Questo significa che non è garantita l’approvazione automatica delle domande presentate in extremis. La valutazione seguirà l’ordine cronologico di presentazione, fino a completo esaurimento dei fondi. Coloro la cui richiesta non potrà essere finanziata, secondo quanto indicato nella Circolare n. 37/2025, riceveranno indietro la documentazione trasmessa, ma a proprie spese.

È importante sottolineare che l’esame delle pratiche in corso non si interrompe, ma prosegue regolarmente fino alla definizione finale. Tuttavia, la tempistica potrebbe dilatarsi, vista la fase di transizione verso le nuove misure “ACN” e “Resto al Sud 2.0”.

Per chi ha già ricevuto l’approvazione del finanziamento, restano invariati gli obblighi previsti dal contratto di agevolazione: avvio dell’attività, rendicontazione delle spese, e monitoraggio dei risultati. In altre parole, la chiusura riguarda solo le nuove richieste, non gli interventi già in corso.

Questa fase di chiusura richiede quindi attenzione: sarà fondamentale, per i professionisti e per i potenziali beneficiari, monitorare costantemente lo stato della propria domanda e valutare le tempistiche di subentro delle nuove misure agevolative.

Arriva “Resto al Sud 2.0”

Mentre la prima versione di “Resto al Sud” chiude i battenti, il Governo ha già messo in campo nuove misure per garantire la continuità del sostegno all’imprenditorialità nelle regioni del Mezzogiorno. Dal 15 ottobre 2025, contestualmente alla chiusura dello sportello precedente, sarà infatti attivo il nuovo sportello per la presentazione delle domande relative a “Resto al Sud 2.0” e alla misura “ACN”, entrambe istituite dal Decreto-Legge n. 60/2024.

Sebbene al momento manchino i decreti attuativi definitivi, le linee guida trapelate indicano che “Resto al Sud 2.0” sarà un’evoluzione della misura originaria, con maggiore attenzione all’innovazione tecnologica, alla digitalizzazione, alla sostenibilità ambientale e all’imprenditoria femminile. Saranno incentivati progetti ad alto valore aggiunto, anche in collaborazione con università, incubatori e reti di impresa, per favorire la crescita di un ecosistema imprenditoriale moderno e competitivo.

Un’altra novità rilevante riguarda i beneficiari: potrebbero essere ammessi anche professionisti già attivi, a differenza della misura precedente che si concentrava solo su chi non aveva partita IVA attiva nei 12 mesi precedenti. Inoltre, si ipotizza l’introduzione di un fondo rotativo e di un credito d’imposta automatico per le nuove imprese nei primi tre anni di attività.

Parallelamente, la misura “ACN” dovrebbe offrire un ulteriore canale di finanziamento per le aree interne e i territori a rischio di spopolamento, con l’obiettivo di contrastare la desertificazione imprenditoriale.

Il passaggio da “Resto al Sud” a “Resto al Sud 2.0” segna dunque una fase di rinnovamento più che di interruzione, e rappresenta un’opportunità concreta per rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno, tenendo conto delle nuove sfide economiche e ambientali.

Vantaggi fiscali 

Uno degli aspetti più apprezzati del programma “Resto al Sud” è stato il mix di agevolazioni a fondo perduto e finanziamenti agevolati, che ha reso l’avvio di nuove imprese molto più accessibile rispetto agli strumenti tradizionali di credito bancario. In particolare, il contributo a fondo perduto copriva fino al 50% delle spese ammissibili, mentre la restante parte veniva finanziata tramite prestito a tasso zero, con garanzia pubblica, senza richiesta di garanzie personali da parte del beneficiario.

Dal punto di vista fiscale, i beneficiari non hanno dovuto inserire i contributi ricevuti nel proprio reddito imponibile, grazie al regime agevolato previsto per i contributi pubblici non soggetti a tassazione. Inoltre, le imprese neocostituite potevano accedere al regime forfettario, con aliquota al 5% per i primi 5 anni, ottenendo così un duplice vantaggio: meno tasse e più liquidità per investire.

Ora che si affacciano all’orizzonte le nuove misure “Resto al Sud 2.0” e “ACN”, è fondamentale pianificare in anticipo, anche con l’assistenza di un commercialista esperto, per valutare:

  • La compatibilità tra la propria idea imprenditoriale e i nuovi requisiti attesi;

  • La preparazione della documentazione, business plan, statuti societari, e contratti;

  • L’eventuale adeguamento della forma giuridica, per poter accedere al massimo delle agevolazioni disponibili;

  • L’ottimizzazione fiscale dell’impresa, sfruttando i nuovi crediti d’imposta previsti dal D.L. 60/2024.

Chi si prepara oggi potrà trovarsi in una posizione di vantaggio quando gli sportelli riapriranno, evitando corse dell’ultimo minuto e aumentando sensibilmente le probabilità di ottenere il finanziamento.

Settori e nuovi incentivi 

Con l’arrivo delle nuove misure “Resto al Sud 2.0” e “ACN”, sarà fondamentale scegliere con attenzione il settore in cui avviare l’attività imprenditoriale, tenendo conto non solo del potenziale di crescita economica, ma anche dell’allineamento con le priorità strategiche del legislatore. Le esperienze pregresse mostrano chiaramente che alcuni comparti hanno registrato maggiore successo in termini di approvazione delle domande e impatto economico.

Tra i settori più promettenti per il Sud nei prossimi anni troviamo:

  • Turismo esperienziale e sostenibile: il turismo resta il motore trainante di molte regioni del Sud, ma l’interesse crescente verso esperienze autentiche, a basso impatto ambientale e legate al territorio apre la strada a nuove formule di business.

  • Agroalimentare innovativo e filiere corte: trasformazione di prodotti locali, agricoltura biologica, agritech e valorizzazione dei prodotti DOP/IGP sono ambiti che coniugano tradizione e innovazione, rispondendo anche a esigenze ambientali.

  • Green economy ed energia rinnovabile: con i nuovi obiettivi europei sul clima e la transizione energetica, le imprese che operano in settori come fotovoltaico, bioedilizia, mobilità sostenibile e gestione dei rifiuti avranno un accesso privilegiato ai fondi.

  • Servizi digitali e innovazione tecnologica: sviluppo software, e-commerce, cybersecurity, digital marketing, intelligenza artificiale e blockchain sono comparti in crescita anche nel Sud, grazie a smart working e banda larga sempre più diffusa.

  • Welfare territoriale e servizi alla persona: con l’invecchiamento della popolazione e la carenza di servizi pubblici in molte aree interne, crescono le opportunità per imprese sociali, centri assistenziali, servizi educativi e sanitari.

Chi saprà orientarsi tra queste tendenze e costruire un progetto credibile, scalabile e coerente con gli obiettivi della politica economica nazionale, avrà maggiori probabilità di ottenere i nuovi fondi e consolidare un’attività sostenibile nel tempo.

Pianificazione e consulenza

Il successo di un progetto imprenditoriale, soprattutto quando legato a finanziamenti pubblici come “Resto al Sud”, non dipende solo dall’idea, ma dalla capacità di pianificare ogni aspetto operativo e fiscale con precisione e professionalità. Le nuove misure in arrivo, come “Resto al Sud 2.0” e “ACN”, porteranno con sé bandi complessi, tempistiche strette e requisiti tecnici aggiornati. In questo scenario, improvvisare significa esporsi a errori costosi o, peggio, all’esclusione dalla misura.

Una consulenza esperta è fondamentale per:

  • Verificare la fattibilità fiscale e finanziaria del progetto;

  • Predisporre correttamente il business plan, uno degli elementi centrali della valutazione da parte di Invitalia e degli enti preposti;

  • Ottimizzare la forma giuridica della futura impresa (es. ditta individuale, SRL, cooperativa, ecc.) in base ai vantaggi fiscali e contributivi previsti;

  • Assistere nella raccolta e corretta presentazione della documentazione, evitando ritardi o rigetti per vizi formali;

  • Impostare una gestione fiscale coerente, fin dalla fase di avvio, sfruttando bonus, crediti d’imposta e regimi agevolati (forfettario, start-up innovative, ecc.);

  • Monitorare costantemente l’evoluzione normativa, dato che le disposizioni attuative possono cambiare anche dopo l’apertura degli sportelli.

Molti degli errori più comuni nei progetti “Resto al Sud” sono derivati da mancanze di tipo formale, errori nel piano finanziario o da una gestione superficiale dei rapporti con le banche partner. Affidarsi a un commercialista esperto nel settore delle agevolazioni per il Sud è oggi più che mai una scelta strategica, non un costo.

Conclusione

La chiusura dello sportello “Resto al Sud” dal 15 ottobre 2025 rappresenta la fine di un ciclo che ha profondamente segnato l’imprenditorialità meridionale negli ultimi sette anni. Grazie a questa misura, migliaia di giovani e professionisti hanno potuto trasformare le proprie idee in imprese concrete, generando occupazione e valorizzando i territori più svantaggiati del Paese.

Tuttavia, non si tratta di una battuta d’arresto, ma di un passaggio verso un nuovo modello di agevolazione pubblica, più moderno, digitale e orientato a settori ad alto valore aggiunto. Le misure “Resto al Sud 2.0” e “ACN” promettono di raccogliere l’eredità della precedente iniziativa, ampliando la platea dei beneficiari e introducendo strumenti fiscali e finanziari più avanzati.

Chi intende avviare un’impresa nel Mezzogiorno deve guardare al 2026 con spirito strategico: prepararsi oggi, con un’adeguata consulenza tecnica e fiscale, può fare la differenza tra ottenere il contributo o restare esclusi. In un contesto di risorse limitate e concorrenza crescente, la competenza e la pianificazione sono le chiavi per accedere con successo a queste nuove opportunità.

Il Sud Italia ha ancora molto da offrire, e con il giusto supporto professionale può diventare davvero un laboratorio di innovazione, sviluppo sostenibile e rilancio economico. Il momento di agire è adesso.

Rimborso accise gasolio autotrazione 3° trimestre 2025: scadenze, importi e istruzioni ADM

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Ogni trimestre si ripresenta l’opportunità, per le imprese di trasporto merci e persone, di recuperare parte delle accise pagate sul gasolio utilizzato per l’autotrazione. Un beneficio fiscale concreto, pensato per sostenere economicamente un settore strategico e spesso colpito dai rincari dei carburanti. Anche per il 3° trimestre 2025 (luglio – settembre) è possibile richiedere il rimborso accise sul gasolio, ma attenzione: la scadenza è fissata al 31 ottobre 2025.

Chi può accedere all’agevolazione? Qual è l’importo riconosciuto? E soprattutto, quali sono le modalità pratiche per compilare e inviare la dichiarazione?

In questo articolo analizzeremo passo dopo passo le regole aggiornate, i documenti richiesti, i criteri di ammissibilità e le modalità di fruizione del credito, anche in compensazione tramite F24.

Approfondiremo anche le ultime novità normative e le circolari dell’Agenzia delle Dogane che chiariscono alcuni aspetti tecnici, spesso causa di errori o ritardi nelle istanze. Infine, vedremo perché conviene non rimandare l’invio della dichiarazione e come trasformare questo adempimento in un’opportunità di risparmio fiscale legale e ricorrente.

Scadenza 31 ottobre 2025

Il rimborso delle accise sul gasolio per autotrazione relativo al terzo trimestre 2025 (1° luglio – 30 settembre) è un’opportunità fiscale concreta per le imprese di trasporto. Come stabilito dall’art. 24-ter del D.Lgs. n. 504/95, le aziende possono recuperare parte delle accise versate, a condizione che presentino la dichiarazione telematica all’Agenzia delle Dogane nel periodo compreso tra il 1° e il 31 ottobre 2025. A confermare la finestra temporale è la Nota n. 0611759 del 26 settembre 2025, emanata proprio dalle Dogane, che disciplina tempi, modalità e riferimenti normativi per la fruizione del beneficio.

A fronte di un aumento dell’accisa ordinaria sul gasolio – introdotto con il Decreto interministeriale del 14 maggio 2025 e operativo dal 15 maggio 2025 – che ha portato l’aliquota da 617,40 a 632,40 euro per 1.000 litri, la misura rappresenta una forma di compensazione fiscale strategica per contenere l’impatto economico dell’incremento. Tuttavia, l’agevolazione non è automatica: è necessario rispettare criteri tecnici e presentare l’istanza nei tempi previsti.

Va sottolineato che l’aumento dell’accisa non coinvolge direttamente gli autotrasportatori, che continuano a beneficiare dell’aliquota agevolata di 403,22 euro per 1.000 litri, prevista per i soggetti ammessi ai rimborsi. Ciononostante, l’importo del rimborso varia in base al tipo di carburante utilizzato (tradizionale o HVO) e all’accisa effettivamente pagata all’immissione in consumo.

Chi ha diritto al rimborso accise gasolio 

Non tutte le imprese possono accedere al rimborso delle accise sul gasolio: la norma individua in modo preciso i soggetti beneficiari, in base al tipo di attività svolta e alla conformità ai requisiti previsti dalla legge. Per il periodo 1° luglio – 30 settembre 2025, il credito di accisa spetta a tre categorie principali:

1. Imprese di trasporto merci su strada

Rientrano tra i beneficiari:

  • Le persone fisiche o giuridiche iscritte all’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi;

  • Le imprese in conto proprio, munite di licenza di esercizio e iscritte all’elenco speciale previsto per tali soggetti;

  • Le imprese estere (con sede in uno Stato membro UE) che soddisfano i requisiti stabiliti dalla normativa comunitaria per l’attività di trasporto merci su strada.

Un requisito tecnico da non sottovalutare: il beneficio si applica solo ai veicoli con massa complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, escludendo quindi furgoni leggeri o mezzi al di sotto di questa soglia.

2. Imprese ed enti che svolgono trasporto persone

Tra i beneficiari ci sono anche:

  • Gli enti pubblici o imprese locali che effettuano servizi di trasporto secondo quanto previsto dal D.Lgs. 422/1997 e dalle relative leggi regionali;

  • Le imprese che svolgono autoservizi interregionali statali (D.Lgs. 285/2005);

  • Le aziende di trasporto pubblico locale o regionale;

  • Le imprese che effettuano servizi regolari in ambito comunitario, secondo il Regolamento (CE) 1073/2009.

3. Imprese esercenti trasporti a fune

Anche gli enti pubblici o imprese che svolgono servizi di trasporto a fune in ambito pubblico (funivie, cabinovie, seggiovie) rientrano tra i soggetti ammessi al beneficio.

L’accesso al rimborso, dunque, è strettamente legato alla regolarità dell’attività di trasporto, sia sotto il profilo normativo che tecnico. Un controllo accurato della documentazione è fondamentale per evitare rigetti o contestazioni da parte dell’Agenzia delle Dogane.

Come presentare la dichiarazione 

Per ottenere il rimborso delle accise sul gasolio relative al 3° trimestre 2025, è fondamentale seguire con attenzione le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Dogane.

La dichiarazione va presentata entro il 31 ottobre 2025, utilizzando i canali messi a disposizione sul sito ufficiale dell’Agenzia (www.adm.gov.it). Nella sezione dedicata a “Accise – Prodotti energetici – Benefici gasolio autotrazione 3° trimestre 2025”, è già disponibile il software aggiornato per la compilazione e stampa del file “.dic”, necessario per completare l’istanza.

Presentazione tramite Servizio Telematico Doganale (EDI)

Per le imprese abilitate, la via principale è l’utilizzo del Servizio Telematico Doganale – E.D.I., che garantisce una trasmissione rapida e tracciabile. Le modalità tecniche sono indicate nel paragrafo V della Circolare n. 11/2025.

Presentazione tramite PEC

In alternativa, per chi non utilizza il canale E.D.I., la dichiarazione può essere inviata via PEC all’Ufficio delle Dogane competente per territorio. In questo caso, occorre:

  • compilare e firmare la dichiarazione ai sensi degli artt. 47 e 48 del D.P.R. 445/2000;

  • allegare il file “.dic” generato dal software;

  • seguire le regole tecniche indicate nella Circolare n. 11/2025 del 26 maggio 2025.

Invio cartaceo (soluzione residuale)

Solo in casi eccezionali, in assenza di PEC, è possibile trasmettere la dichiarazione in formato cartaceo, allegando il file digitale su CD-ROM, DVD o chiavetta USB. I modelli sono disponibili in formato .xlsx e .ods.

A quale Ufficio delle Dogane inviare la dichiarazione?

  • Per imprese italiane: l’ufficio competente è quello relativo alla sede operativa o legale.

  • Per imprese UE con obblighi fiscali in Italia: si fa riferimento alla sede di rappresentanza.

  • Per imprese UE senza obblighi fiscali in Italia: si segue la tabella Stato per Stato (vedi Nota 34315/RU del 28 gennaio 2020).

L’Agenzia mette a disposizione anche un elenco aggiornato degli uffici doganali per facilitare l’individuazione di quello corretto. È importante inviare la dichiarazione all’ufficio giusto per evitare rigetti o ritardi.

Importi rimborsabili e aliquote

L’importo effettivamente rimborsabile per il gasolio consumato tra luglio e settembre 2025 dipende dalla tipologia di carburante utilizzato e dalla conformità ai requisiti ambientali stabiliti dalla normativa europea.

L’Agenzia delle Dogane, con i calcoli aggiornati all’aumento dell’accisa introdotto dal D.Lgs. 43/2025, ha definito due importi di rimborso distinti:

  • € 229,18 per 1.000 litri: applicabile ai consumi di gasolio tradizionale oppure di HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) non certificato secondo i criteri di sostenibilità previsti dalla Direttiva UE 2018/2001.

  • € 214,18 per 1.000 litri: spettante nel caso in cui l’HVO utilizzato sia conforme ai requisiti ambientali, oppure in assenza di informazioni complete da parte del fornitore.

Il calcolo nasce dalla differenza tra:

  • l’accisa agevolata per il gasolio commerciale (403,22 €/1.000 litri),

  • e l’accisa effettiva gravante sul carburante, che può essere 632,40 €/1.000 litri (gasolio standard) o 617,40 €/1.000 litri (HVO certificato o considerato tale per mancanza di dati).

Problemi pratici nella distinzione dei carburanti HVO

Uno degli aspetti più critici, sollevato anche dalle associazioni di categoria, riguarda la difficoltà di identificare con certezza il tipo di HVO acquistato. La documentazione fornita dai distributori non è sempre chiara, e ciò può generare incertezze nel calcolo del rimborso.

Per evitare errori e tutelare il contribuente, l’ADM ha stabilito che, in assenza di prove certe sulla sostenibilità del carburante, si applica l’aliquota più favorevole (617,40 €/1.000 litri). Questa misura ha l’obiettivo di garantire uniformità di trattamento e ridurre il rischio di rigetti o sanzioni in caso di controlli.

Compensazione o rimborso diretto

Una volta presentata regolarmente la dichiarazione, e accertata la spettanza del beneficio, le imprese di autotrasporto possono fruire del credito spettante per il rimborso accise secondo due diverse modalità, entrambe previste dalla normativa vigente. La scelta della modalità di fruizione va indicata direttamente nella dichiarazione inviata all’Ufficio delle Dogane.

1. Compensazione tramite modello F24

La modalità più diffusa e immediata è quella della compensazione del credito tramite modello F24, utilizzando il codice tributo 6740. Questo codice è stato introdotto e disciplinato con la nota RU-57015 del 14 maggio 2015 e deve essere utilizzato per portare in compensazione i crediti maturati per il rimborso delle accise sul gasolio.

Un aspetto importante da sottolineare è che tale credito può essere compensato anche se l’importo annuo complessivo dei crediti d’imposta supera i 250.000 euro, limite normalmente previsto per altri tipi di agevolazioni. Tuttavia, sarà comunque necessario inserire il relativo importo nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.

2. Richiesta di rimborso in denaro

In alternativa, le imprese possono richiedere il rimborso diretto in denaro, secondo quanto stabilito dal D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277. In questo caso, il contributo sarà accreditato direttamente sul conto corrente indicato nella domanda. Se il conto corrente è aperto in un Paese dell’Unione Monetaria Europea, è necessario fornire anche il codice BIC e l’IBAN corretti, al fine di garantire la corretta esecuzione del pagamento.

Questa opzione può risultare vantaggiosa per quelle imprese che non hanno crediti da compensare o preferiscono disporre di liquidità immediata.

Utilizzo dei crediti pregressi e novità operative

Oltre alla gestione dei rimborsi per il 3° trimestre 2025, le imprese devono monitorare attentamente anche i crediti maturati nei trimestri precedenti, per non rischiare di perdere il diritto al beneficio. In particolare, per i consumi relativi al secondo trimestre 2025, il credito potrà essere utilizzato in compensazione tramite F24 fino al 31 dicembre 2026.

Superata tale data, il credito non utilizzato potrà comunque essere richiesto a rimborso in denaro, ma solo presentando apposita istanza entro il 30 giugno 2027, come previsto dall’art. 4, comma 3, del D.P.R. n. 277/2000. È quindi essenziale che le imprese tengano traccia dei crediti ancora in essere e rispettino le scadenze per non incorrere in decadenze.

Novità per gli uffici ADM Emilia-Romagna e Marche

Con la Determinazione Direttoriale n. 233570 del 17 aprile 2025, è stata inoltre ufficializzata l’attivazione, dal 1° maggio 2025, di nuovi uffici locali ADM nelle regioni Emilia-Romagna e Marche, che ora operano sotto la Direzione Territoriale ADM regionale.

Gli uffici attivi sono:

  • Uffici ADM Emilia: Emilia 1, Emilia 2, Emilia 3, Emilia 4

  • Uffici ADM Romagna: Romagna 1, Romagna 2

  • Uffici ADM Marche: Marche 1, Marche 2

Per tutti i trasportatori operanti nei territori di competenza di questi uffici, non sarà più possibile, dal 1° maggio 2025, inviare dichiarazioni utilizzando i vecchi codici ufficio.

Chi presenta istanze riferite a trimestri ancora validi, dovrà assicurarsi di:

  • utilizzare i software aggiornati per autotrasportatori disponibili sul sito ADM;

  • oppure predisporre le dichiarazioni manualmente secondo i nuovi tracciati record, scaricabili dal portale a partire dalla stessa data.

La legenda aggiornata dei codici degli uffici è consultabile nel file “Tracciato Record.xlsx”, anch’esso disponibile online. Nulla cambia, invece, per le dichiarazioni già trasmesse prima del 1° maggio 2025, che restano valide.

Aspetti e vantaggi fiscali

Il rimborso delle accise sul gasolio non rappresenta soltanto un recupero di costo per le imprese di trasporto, ma è anche un efficace strumento di ottimizzazione fiscale. Si tratta infatti di un credito d’imposta riconosciuto legalmente, che può essere utilizzato per compensare altri tributi (IVA, IRAP, INPS, INAIL, ecc.), con vantaggi diretti sulla liquidità aziendale.

A differenza di altri crediti d’imposta soggetti a plafond, quello relativo al gasolio per autotrazione – ai sensi dell’art. 24-ter del D.Lgs. n. 504/1995 – non è soggetto al limite dei 250.000 euro annui, purché venga correttamente indicato nel quadro RU della dichiarazione dei redditi. Questo significa che le grandi flotte aziendali possono accumulare crediti anche significativi senza incorrere in limitazioni.

Un credito “sicuro” e ricorrente

Dal punto di vista fiscale, si tratta di un credito:

  • tracciabile e documentato, grazie ai registri dei consumi e alle fatture di acquisto carburante;

  • non soggetto ad autorizzazione preventiva;

  • costantemente rinnovato ogni trimestre, il che lo rende programmabile a livello di gestione finanziaria.

Inoltre, per chi sceglie la richiesta di rimborso in denaro, l’importo riconosciuto non costituisce reddito imponibile, in quanto restituisce un’imposta già versata in eccesso. Questo lo rende neutro fiscalmente, ma altamente vantaggioso in termini di cash flow.

Infine, in contabilità, il credito può essere iscritto tra le attività per imposte anticipate o crediti verso l’erario, migliorando in alcuni casi anche gli indici di bilancio e il rating bancario.

Consigli pratici

La procedura per ottenere il rimborso delle accise sul gasolio, pur essendo formalizzata e supportata da software ufficiali, presenta numerose insidie burocratiche e tecniche che possono portare al rigetto dell’istanza o, peggio, a sanzioni in caso di controlli successivi. Ecco i principali errori riscontrati negli invii telematici e cartacei, e i modi per evitarli.

1. Errore nella scelta del codice ufficio competente

Con l’attivazione dei nuovi Uffici ADM (soprattutto in Emilia-Romagna e Marche), molte imprese continuano a usare i vecchi codici ufficio, rendendo le dichiarazioni irricevibili. È fondamentale scaricare sempre l’ultima versione del file “Tracciato Record.xlsx”, che contiene la legenda aggiornata dei codici.

2. Compilazione errata del file .dic

Il file “.dic” è generato dal software ADM e rappresenta la versione digitale della dichiarazione. Tuttavia, errori come dati anagrafici incompleti, targhe non aggiornate, o carburanti non dichiarati correttamente, portano a errori di sistema o rigetto da parte dell’Ufficio. Verifica sempre la coerenza tra documentazione cartacea, file elettronico e registri carburante.

3. Mancata indicazione della modalità di fruizione del credito

Uno degli errori più banali ma frequenti è non specificare se il credito sarà usato in compensazione o richiesto a rimborso. Questa omissione può rallentare l’istruttoria o bloccare l’iter di accreditamento.

4. Fatture carburante non coerenti con i consumi dichiarati

Le quantità dichiarate devono essere supportate da documentazione fiscale (fatture elettroniche) e registrazioni coerenti. Eventuali discrepanze tra il consumo dichiarato e i litri acquistati possono generare anomalie e attivare controlli da parte dell’Agenzia delle Dogane.

5. Utilizzo di software obsoleti o tracciati superati

Molte imprese utilizzano ancora vecchie versioni del software ADM o tracciati non aggiornati. Ogni trimestre può prevedere aggiornamenti tecnici, pertanto è necessario scaricare sempre la versione più recente disponibile sul sito ufficiale.

Conclusione

Il rimborso delle accise sul gasolio per autotrazione relativo al terzo trimestre 2025 è un’opportunità concreta per le imprese di trasporto che vogliono recuperare liquidità, alleggerire il carico fiscale e ottimizzare la gestione finanziaria.

Tuttavia, per fruire correttamente del beneficio, è indispensabile:

  • rispettare le scadenze (entro il 31 ottobre 2025),

  • presentare la dichiarazione con i tracciati aggiornati,

  • e indicare correttamente i dati fiscali e tecnici, evitando gli errori più comuni.

In un contesto di caro carburanti, pressione fiscale e transizione ecologica, il rimborso accise rappresenta una leva di competitività e un aiuto strutturale per le aziende del settore, a condizione che si conoscano e si applichino correttamente le regole. Affidarsi a un professionista o a un consulente esperto in materia doganale e fiscale può fare la differenza.

Approfittare di questa misura significa non solo risparmiare sulle imposte, ma anche valorizzare ogni litro di gasolio acquistato, in un’ottica di efficienza e sostenibilità.

Scadenze fiscali ottobre 2025: calendario completo per imprese, professionisti e contribuenti

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Ottobre 2025 si preannuncia come uno dei mesi più impegnativi dell’anno sul fronte fiscale, con un calendario fitto di scadenze che riguardano tanto i contribuenti privati quanto imprese, professionisti e sostituti d’imposta. Tra dichiarazioni da presentare, versamenti da effettuare e comunicazioni obbligatorie, la parola d’ordine è organizzazione. L’attenzione deve rimanere alta per non rischiare dimenticanze o ritardi, che potrebbero trasformarsi in sanzioni pecuniarie anche rilevanti.

Dalla presentazione del Modello 770 alla trasmissione dei dati delle liquidazioni IVA, passando per i versamenti delle imposte sui redditi, i contributi INPS, le ritenute e le comunicazioni delle opzioni fiscali, ogni soggetto deve verificare con precisione le proprie scadenze. Non mancano, inoltre, obblighi specifici per chi aderisce a regimi agevolati o per chi ha in corso dilazioni di pagamento.

Per affrontare questo periodo senza stress, è utile preparare con anticipo tutta la documentazione necessaria, affidarsi a strumenti di reminder automatici e avvalersi della consulenza di un professionista.

In questo articolo ti offriamo una panoramica dettagliata e aggiornata delle principali scadenze fiscali del mese di ottobre 2025, con riferimenti normativi e consigli pratici per non farti cogliere impreparato.

10 ottobre 2025

Una delle prime scadenze da segnare in agenda per il mese di ottobre 2025 è venerdì 10 ottobre, termine entro il quale i contribuenti che si avvalgono dell’assistenza fiscale e hanno presentato il modello 730/2025 possono comunicare al proprio sostituto d’imposta la volontà di non versare, o di versare in misura ridotta, il secondo o unico acconto IRPEF. Questa comunicazione deve essere effettuata per iscritto, ed è riferita agli importi riportati nel prospetto di liquidazione (modello 730-3).

Questa opportunità si rivela particolarmente vantaggiosa per i contribuenti che prevedono di ottenere, nell’anno d’imposta in corso, un reddito inferiore rispetto a quello dichiarato o stimato in sede di compilazione del modello 730. In tal caso, è possibile evitare un versamento eccessivo e quindi migliorare la gestione della liquidità, senza rischiare di pagare imposte non dovute.

Va però prestata la massima attenzione: una stima errata, che porti a versare un acconto troppo basso rispetto al dovuto, può comportare interessi e sanzioni al momento del conguaglio. Per questo motivo, è sempre consigliabile consultare il proprio commercialista o CAF prima di inviare la richiesta, valutando attentamente l’andamento dei redditi e la posizione fiscale complessiva.

15 e 16 ottobre 2025

Le giornate centrali di ottobre 2025, in particolare il 15 e il 16 del mese, rappresentano un vero e proprio nodo critico del calendario fiscale. In queste due date si concentra un’elevata mole di adempimenti obbligatori, che coinvolgono diversi soggetti fiscali: professionisti, imprese, associazioni, contribuenti in regime ordinario e agevolato.

15 ottobre

Scade il termine per l’emissione e registrazione delle fatture differite relative a operazioni effettuate nel mese di settembre 2025, così come la registrazione dei corrispettivi da parte delle associazioni sportive dilettantistiche e delle Pro Loco che operano in regime agevolato ex Legge 398/1991. Si ricorda che questo regime rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2025, in vista della sua sostituzione con regimi di semplificazione alternativi.

16 ottobre

Questa è una delle scadenze più complesse del mese e prevede numerosi versamenti periodici e rateizzazioni:

  • Imposte sui redditi: 4ª o 5ª rata per le persone fisiche e i soggetti IRES, a seconda della data del primo versamento effettuato.

  • Soggetti ISA: scadenza della 3ª o 4ª rata dei versamenti prorogati (saldo 2024 e acconto 2025 di IRPEF, IRES e IVA), come stabilito dal Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio.

  • Versamento IVA mensile per il mese di settembre, anche per i soggetti che operano tramite piattaforme elettroniche.

  • Ritenute fiscali e contributi INPS: da versare quelli relativi a lavoratori dipendenti e collaboratori in gestione separata.

  • Tobin Tax, imposta sostitutiva su premi di produttività, ritenute OICR, ritenute su locazioni brevi e adempimenti fiscali per condomini in qualità di sostituti d’imposta.

  • Modello 770 semplificato: scade l’invio del prospetto dati aggiuntivi e il versamento delle ritenute da parte dei sostituti che utilizzano le nuove modalità di invio.

La giornata del 16 ottobre è quindi da considerarsi ad alto rischio di omissioni, proprio per la densità di adempimenti, motivo per cui si consiglia fortemente l’uso di software gestionali aggiornati o l’assistenza di un commercialista per monitorare tutte le posizioni attive.

31 ottobre 2025

Il 31 ottobre 2025 rappresenta uno degli appuntamenti fiscali più importanti dell’intero anno. Si tratta di una super scadenza che coinvolge contribuenti, imprese, professionisti e sostituti d’imposta, con l’obbligo di chiudere diverse pratiche relative all’anno d’imposta 2024. Per effetto del D.lgs. n. 108/2024, molte delle scadenze tradizionalmente fissate al 30 settembre o al 15 ottobre sono state posticipate al 31 ottobre, accorpando in un’unica giornata una grande mole di adempimenti.

Dichiarazioni Redditi e IRAP 2025

Scade il termine per la trasmissione telematica delle dichiarazioni dei redditi e IRAP per il periodo d’imposta 2024. Devono adempiere:

  • Le persone fisiche;

  • Le società di persone e le associazioni ex art. 5 del TUIR;

  • I soggetti IRES (società di capitali con esercizio coincidente con l’anno solare);

  • Gli eredi di contribuenti deceduti nel 2024 o entro il 30 giugno 2025.

Modello 770/2025

È il giorno ultimo per l’invio del Modello 770, la dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta, che include dati su ritenute, compensi, conguagli e versamenti. Da segnalare l’introduzione di semplificazioni per i sostituti minori, che possono utilizzare un nuovo sistema agevolato per la trasmissione, in linea con il processo di digitalizzazione della PA.

Adempimenti IVA e regimi speciali

  • Dichiarazioni OSS e IOSS: obbligo di trasmissione per i soggetti aderenti ai regimi speciali IVA europei (e-commerce e servizi digitali), con il relativo versamento dell’imposta dovuta.

  • Elenchi Intrastat mensili e trimestrali da inviare per le operazioni intracomunitarie.

Altri adempimenti del 31 ottobre

  • Versamento quarta rata del canone RAI trimestrale.

  • Opzione per il regime di trasparenza fiscale 2025-2027, da parte delle società che intendono adottare tale regime a partire dal nuovo triennio.

  • Dichiarazione per benefici sulle accise sul gasolio per il terzo trimestre 2025, riservata agli autotrasportatori.

  • Invio certificazioni uniche “esenti” o non rilevanti ai fini della dichiarazione dei redditi.

  • Versamento del superbollo e del bollo auto per i veicoli con scadenza di pagamento a settembre.

Con una tale concentrazione di scadenze, è fondamentale non lasciare nulla al caso: una checklist dettagliata e l’assistenza di un consulente fiscale possono fare la differenza tra una gestione efficiente e sanzioni per omissioni.

Soggetti

Le scadenze fiscali di ottobre 2025 coinvolgono un’ampia gamma di soggetti, ma ci sono alcune categorie di contribuenti per cui questo mese rappresenta un vero e proprio stress test amministrativo. Prestare la giusta attenzione è fondamentale non solo per rispettare i termini, ma anche per evitare errori costosi in termini di sanzioni, interessi o perdita di benefici fiscali.

Tra i soggetti più coinvolti:

  • Liberi professionisti e ditte individuali: spesso optano per il pagamento rateale delle imposte e devono tenere d’occhio la 4ª o 5ª rata di IRPEF, addizionali e acconti. Non va dimenticata l’eventuale trasmissione della dichiarazione dei redditi.

  • Società di capitali e soggetti IRES: hanno più adempimenti da gestire, tra cui liquidazioni IVA, versamenti, dichiarazioni Redditi e IRAP e il modello 770.

  • Sostituti d’imposta: sono tra i più colpiti dalle scadenze del 16 e del 31 ottobre, tra ritenute, comunicazioni e invio del modello 770. Le novità sul 770 semplificato richiedono ulteriore attenzione.

  • Associazioni sportive dilettantistiche e pro loco: devono rispettare le regole del regime 398/1991, ancora in vigore, ma in fase di transizione normativa.

  • E-commerce e servizi digitali: chi opera in ambito UE tramite regimi OSS/IOSS è obbligato a trasmettere correttamente le dichiarazioni trimestrali e versare l’IVA.

Questa mappa dei contribuenti “a rischio scadenze” aiuta a comprendere che ogni soggetto ha un calendario specifico e che una corretta identificazione della propria posizione fiscale è il primo passo per una gestione efficace.

Sanzioni per ritardi o omissioni

Mancare anche una sola scadenza può costare caro. Il sistema sanzionatorio tributario italiano è complesso e prevede sanzioni differenziate in base al tipo di inadempimento. La buona notizia è che esiste il ravvedimento operoso, che consente di regolarizzare spontaneamente pagando sanzioni ridotte, ma il risparmio si applica solo se si agisce prima dell’avvio di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Sanzioni più comuni da conoscere:

  • Omessa o tardiva dichiarazione dei redditi: sanzione da 250 a 1.000 euro; se la dichiarazione è omessa per più di 90 giorni, si applicano le sanzioni penali e fiscali come da art. 5 del D.lgs. 471/1997.

  • Mancato versamento di imposte: sanzione fissa del 30% dell’importo non versato, riducibile al 1% entro 15 giorni, o al 1,5%-3% entro 30 giorni, tramite ravvedimento.

  • Dichiarazioni IVA OSS/IOSS: sanzioni elevate, anche in ambito europeo, in caso di omessa trasmissione o ritardato versamento dell’IVA (in alcuni casi, da 250 a 2.000 euro per ogni trimestre).

  • Errori o omissioni nel modello 770: sanzioni da 100 a 2.000 euro per irregolarità nei dati o nei versamenti, anche se non rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta.

Il ravvedimento operoso (art. 13 D.lgs. 472/1997) resta la via consigliata per rimediare, ma è importante agire rapidamente. Ogni giorno di ritardo può aumentare l’importo complessivo da versare.

Consigli utili 

La gestione delle scadenze fiscali richiede pianificazione, metodo e strumenti adeguati. A ottobre 2025, per via dell’alto numero di adempimenti, una mancata organizzazione può trasformarsi facilmente in sanzioni, richieste di ravvedimento o tensioni con fornitori e collaboratori. Ecco alcune strategie pratiche per affrontare al meglio il mese:

Strumenti utili:

  • Calendario fiscale digitale: molti software contabili e siti istituzionali offrono scadenziari aggiornati con possibilità di sincronizzazione con Google Calendar o Outlook.

  • Reminder automatici: è utile impostare promemoria almeno 10 giorni prima della scadenza, con doppia notifica.

  • Gestione documentale cloud: utilizzare strumenti come Google Drive o Dropbox per raccogliere fatture, modelli F24 e ricevute in un archivio condiviso col commercialista.

Buone pratiche:

  • Check settimanale delle scadenze: soprattutto nei mesi “caldi” come ottobre, fare il punto ogni lunedì sulle scadenze imminenti è una pratica vincente.

  • Pianificazione dei versamenti rateali: tenere traccia delle rate ancora da pagare aiuta a evitare errori e dimenticanze.

  • Delegare a professionisti: affidarsi a un commercialista o a uno studio strutturato permette non solo di rispettare le scadenze, ma anche di sfruttare eventuali ottimizzazioni fiscali.

La parola chiave è automazione: meno adempimenti vengono gestiti “manualmente”, minore è il rischio di dimenticanze.

Novità normative 2025

Il panorama fiscale italiano nel 2025 è interessato da importanti novità normative, molte delle quali incidono direttamente sulle scadenze di ottobre. Il legislatore ha introdotto diverse semplificazioni e proroghe per alleggerire il carico amministrativo e favorire la compliance fiscale, specialmente per le piccole imprese e i sostituti d’imposta.

Le principali novità da segnalare:

  • Dichiarazioni dei redditi e IRAP prorogate al 31 ottobre: grazie al D.lgs. n. 108/2024, i termini sono stati unificati e semplificati.

  • Modello 770 semplificato: i sostituti “minori” possono ora accedere a una modalità agevolata per la compilazione e trasmissione, con meno dati da inserire manualmente.

  • Estensione regime 398/1991 fino al 31 dicembre 2025: le associazioni sportive possono ancora usufruire della contabilità semplificata, in attesa della completa attuazione della riforma del Terzo Settore.

  • Aggiornamenti al regime OSS/IOSS: la normativa europea ha introdotto modifiche operative e nuove modalità di versamento dell’IVA da parte dei marketplace digitali.

  • Versamenti modulari per soggetti ISA e IRES: introdotta la possibilità di differenziare le scadenze delle rate, aumentando la flessibilità finanziaria per le imprese.

Il trend è chiaro: digitalizzazione, semplificazione e maggiore flessibilità, ma è necessario rimanere aggiornati, perché le modifiche possono incidere sulle modalità operative già dal trimestre successivo.

Conclusione

Le scadenze fiscali di ottobre 2025 impongono una pianificazione rigorosa e una gestione attenta di tutte le posizioni tributarie. Con adempimenti che spaziano dai versamenti periodici alle dichiarazioni annuali, passando per regimi IVA europei, agevolazioni e modelli dichiarativi, questo mese rappresenta una sfida organizzativa per imprese, professionisti e contribuenti privati.

Rispettare i termini non è solo una questione di dovere fiscale, ma anche di tutela del patrimonio personale e aziendale: evitare sanzioni, ottimizzare i flussi di cassa e cogliere eventuali opportunità di risparmio sono obiettivi concreti raggiungibili con gli strumenti giusti.

Il consiglio per tutti è quello di:

  • Monitorare costantemente il calendario fiscale, specialmente in periodi intensi come questo;

  • Digitalizzare la gestione contabile, adottando soluzioni automatizzate o affidandosi a uno studio professionale;

  • Verificare con attenzione tutte le comunicazioni e i documenti ricevuti da sostituti d’imposta, Agenzia delle Entrate e enti previdenziali;

  • Pianificare eventuali ravvedimenti operosi, se necessari, per limitare i danni da dimenticanze o ritardi.

Con le giuste precauzioni, anche un mese complesso come ottobre può essere gestito in modo efficace, riducendo rischi e pressioni. Se hai dubbi o necessiti di supporto per affrontare una specifica scadenza, un commercialista esperto può aiutarti a non commettere errori e ottimizzare la tua posizione fiscale.

Pignoramenti INPS 2025: regole aggiornate per NASpI, malattia, maternità e altre prestazioni

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Con la pubblicazione della Circolare n. 130 del 30 settembre 2025, l’INPS ha fornito un aggiornamento organico e dettagliato sulla disciplina relativa ai pignoramenti delle prestazioni previdenziali non pensionistiche, come NASpI, indennità di malattia, maternità, congedi parentali, trattamenti integrativi al reddito e assegni di solidarietà.

La finalità del documento è duplice: da un lato garantire uniformità di applicazione tra le diverse strutture territoriali dell’Istituto; dall’altro offrire strumenti interpretativi chiari ai soggetti coinvolti nelle procedure esecutive, come datori di lavoro, consulenti del lavoro e creditori.

Il quadro normativo di riferimento è infatti articolato e stratificato, composto da norme del Codice di procedura civile, disposizioni speciali e numerose pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno progressivamente ridefinito i limiti di pignorabilità delle prestazioni INPS.

La circolare interviene in questo contesto per chiarire quali prestazioni possono essere pignorate e in che misura, come calcolare correttamente le trattenute, le modalità operative da seguire in presenza di più creditori o di recuperi per indebiti e il trattamento fiscale delle somme assegnate.

In questo articolo analizziamo i punti principali della circolare, spiegando in modo sistematico le novità introdotte e fornendo una guida pratica per chi opera nel settore del contenzioso esecutivo e della gestione del personale.

Quadro normativo

Alla base del sistema dei pignoramenti troviamo l’art. 2740 del Codice Civile, che stabilisce un principio generale: il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, salvo diversa disposizione di legge. Tuttavia, quando si tratta di prestazioni assistenziali e previdenziali erogate dall’INPS, la normativa prevede significative eccezioni e limitazioni, disciplinate in particolare dall’art. 545 del Codice di Procedura Civile.

La legge distingue chiaramente tra crediti assolutamente impignorabili, come i sussidi per maternità, malattia, funerali o assistenza e crediti parzialmente pignorabili, che includono stipendi, salari, indennità sostitutive della retribuzione e prestazioni previdenziali non pensionistiche (come la NASpI).

In questi casi, si applica la regola generale del limite di pignorabilità pari a un quinto dell’importo netto, salvo che il giudice disponga diversamente nei casi di crediti alimentari, dove la quota può essere più alta, fino alla metà del totale in caso di concorso tra più pignoramenti.

Un’eccezione importante è rappresentata dalla trattenuta diretta degli indebiti INPS, prevista dall’art. 69 della Legge 153/1969, che consente all’Istituto di recuperare direttamente le somme erogate indebitamente, senza passare per l’autorizzazione del giudice.

Attenzione, inoltre, alla NASpI in forma anticipata: se richiesta in unica soluzione come incentivo per l’autoimprenditorialità, questa somma non rientra nei limiti di impignorabilità e può essere aggredita integralmente dai creditori. Un dettaglio fondamentale per chi intende avviare un’attività autonoma sfruttando questo strumento.

Trattenute INPS 2025

Una delle parti più importanti della Circolare INPS n. 130/2025 riguarda le modalità operative per l’applicazione delle trattenute sulle prestazioni previdenziali non pensionistiche. L’INPS chiarisce che, salvo eccezioni, le trattenute per pignoramento vanno calcolate sulla prestazione netta, ovvero dopo l’applicazione delle ritenute fiscali. Questo criterio rispetta il principio secondo cui il pignoramento deve avvenire su ciò che il beneficiario effettivamente incassa.

Tuttavia, fa eccezione il caso degli assegni periodici al coniuge in caso di separazione o divorzio: qui la base di calcolo è il lordo, poiché tali somme rappresentano oneri deducibili per il debitore e redditi assimilati per chi li riceve. Questa distinzione è importante, perché incide direttamente sull’importo trattenibile e sulle valutazioni da fare in sede di esecuzione.

Nel caso in cui più creditori agiscano sullo stesso trattamento INPS, l’Istituto deve rispettare rigorosamente l’ordine cronologico delle notifiche ricevute. Se le notifiche arrivano nello stesso giorno, la somma disponibile per il pignoramento va ripartita proporzionalmente tra i creditori, salvo che non vi sia un provvedimento del giudice che stabilisca una diversa modalità.

Infine, la circolare richiama anche le regole di verifica previste dall’art. 48-bis del DPR 602/1973: per importi superiori a 5.000 euro, l’INPS è tenuto a sospendere il pagamento e segnalare l’inadempienza all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Dal 2026, questa soglia sarà ridotta a 2.500 euro per stipendi e prestazioni assimilate. Per la NASpI anticipata in un’unica soluzione, invece, non si applica il limite e l’importo può essere trattenuto per intero, fino a copertura del debito.

Trattamento fiscale

Un aspetto meno noto ma fondamentale nelle procedure di pignoramento delle prestazioni INPS è il trattamento fiscale delle somme assegnate al creditore. La Circolare INPS n. 130/2025 chiarisce che, in qualità di sostituto d’imposta, l’Istituto è tenuto ad applicare una ritenuta IRPEF del 20% a titolo di acconto, quando le somme vengono versate a un creditore persona fisica soggetta a imposizione fiscale. Ciò significa che il creditore riceverà l’importo al netto della ritenuta fiscale, che sarà poi scomputata in sede di dichiarazione dei redditi.

Esistono però delle eccezioni importanti. Le somme pignorate destinate al mantenimento dei figli sono escluse dalla ritenuta, in quanto non costituiscono reddito imponibile. Diverso invece il caso degli assegni versati al coniuge: in questo caso, la ritenuta del 20% si applica, in quanto si tratta di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi del TUIR.

A partire dal 1° gennaio 2026, entrerà in vigore una nuova disciplina organica contenuta nel D.lgs. 33/2025, il nuovo Testo Unico in materia di versamenti e riscossione. Questo intervento normativo ha l’obiettivo di uniformare il regime fiscale dei pignoramenti, estendendo l’applicazione della ritenuta del 20% anche ai pagamenti effettuati tramite ordinanza di assegnazione da parte del giudice. Una semplificazione importante, che mira a ridurre le incertezze operative e garantire un trattamento fiscale omogeneo su tutto il territorio nazionale.

Recupero di prestazioni indebite

Uno degli aspetti più delicati trattati dalla Circolare INPS n. 130/2025 riguarda le compensazioni e le trattenute effettuate direttamente dall’Istituto per il recupero di prestazioni indebite. In questo ambito, la disciplina ordinaria dei pignoramenti (art. 545 c.p.c.) non si applica, perché prevale la normativa speciale contenuta nell’art. 69 della Legge 153/1969.

Secondo questa norma, l’INPS è autorizzato a recuperare direttamente fino a un quinto dell’importo netto delle prestazioni non pensionistiche, anche senza intervento del giudice e senza le garanzie previste per le pensioni (come la salvaguardia del minimo vitale).

Questo potere si applica a una vasta gamma di trattamenti, tra cui:

  • NASpI e DIS-COLL;

  • ISCRO (l’indennità straordinaria per i lavoratori autonomi);

  • indennità di malattia e maternità;

  • congedi parentali;

  • integrazioni salariali (CIG);

  • assegni di solidarietà.

Restano invece esclusi da questa possibilità gli assegni per il nucleo familiare (ANF), sui quali è consentita una compensazione solo per indebiti della stessa natura. In altre parole, l’INPS può recuperare un ANF pagato indebitamente solo da futuri ANF, e non da altre prestazioni.

Questa impostazione rafforza la posizione creditoria dell’Istituto, che può agire in autonomia, applicando direttamente la trattenuta, e riduce al minimo i margini di contestazione da parte del beneficiario.

Prestazioni INPS non pensionistiche

La Circolare INPS n. 130/2025 elenca in maniera puntuale le prestazioni previdenziali non pensionistiche che possono essere soggette a pignoramento, precisando per ciascuna le modalità di applicazione delle trattenute. Queste prestazioni non godono della totale impignorabilità come alcune forme di assistenza sociale, ma sono sottoposte a limiti precisi, generalmente entro un quinto dell’importo netto percepito.

1. NASpI e DIS-COLL

Le indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL sono pignorabili nei limiti di un quinto, dopo le trattenute fiscali, come previsto dall’art. 545 c.p.c. Tuttavia, se si tratta di NASpI anticipata in un’unica soluzione per l’avvio di un’attività autonoma, l’importo è pignorabile per intero, non rientrando nel regime ordinario di tutela.

2. Indennità di malattia

Anche le indennità di malattia sono pignorabili entro un quinto, in quanto considerate trattamenti sostitutivi della retribuzione. Fanno eccezione i sussidi una tantum a carattere assistenziale, che restano impignorabili.

3. Maternità e congedi parentali

Le indennità di maternità, paternità e congedo parentale sono anch’esse pignorabili nei limiti di legge, seppur con una maggiore attenzione alla natura del trattamento (sostitutiva del reddito o assistenziale). Alcuni sussidi legati a maternità a rischio o assistenza al minore disabile possono ricadere nel regime di impignorabilità assoluta.

4. CIG e assegni di solidarietà

Trattandosi di sostegni al reddito in costanza di rapporto di lavoro, le integrazioni salariali sono pignorabili entro un quinto, esattamente come la retribuzione ordinaria.

Queste distinzioni sono essenziali per valutare il margine di aggredibilità delle somme da parte dei creditori e per gestire correttamente eventuali procedure esecutive.

L’impatto della giurisprudenza

Il quadro attuale dei limiti di pignorabilità delle prestazioni INPS non può essere compreso appieno senza considerare il ruolo fondamentale della giurisprudenza costituzionale e di legittimità. La Circolare INPS n. 130/2025 recepisce infatti non solo le norme vigenti, ma anche gli orientamenti consolidati delle Corti italiane, che negli ultimi anni hanno contribuito a precisare i confini tra tutela del creditore e salvaguardia della dignità del debitore.

Una delle pronunce più rilevanti è la sentenza n. 85/2015 della Corte Costituzionale, che ha stabilito il principio secondo cui ogni procedura di pignoramento deve garantire al debitore la disponibilità di mezzi adeguati di sussistenza, imponendo limiti all’aggressione anche per crediti normalmente pignorabili. Da qui è derivata l’applicazione generalizzata del principio del “minimo vitale”, che impone un’attenzione particolare nei confronti delle prestazioni che sostituiscono il reddito da lavoro.

In ambito di legittimità, la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 1822/2020) ha confermato che anche le somme accreditate su conto corrente, derivanti da trattamenti previdenziali, godono di tutela parziale se sono chiaramente identificabili come provenienti da fonti impignorabili o limitatamente pignorabili. È dunque essenziale distinguere le somme a seconda della loro natura e destinazione.

Le sentenze hanno contribuito a spostare l’attenzione non solo sulla fonte del credito, ma anche sull’effettiva finalità sociale delle prestazioni: non tutte sono uguali, e il trattamento esecutivo deve rispettare questa differenza.

Esecuzioni presso terzi

Un punto di particolare attenzione affrontato dalla Circolare INPS n. 130/2025 riguarda la corretta gestione delle procedure esecutive presso terzi, che coinvolgono prestazioni previdenziali non pensionistiche. Quando un soggetto terzo – ad esempio il datore di lavoro o un ente erogatore – riceve un atto di pignoramento per somme che transitano tramite l’INPS (come NASpI, malattia o maternità), è essenziale rispettare precise regole operative.

In primo luogo, il datore di lavoro o il consulente del lavoro incaricato deve verificare la natura della prestazione oggetto del pignoramento: se si tratta di un trattamento assistenziale impignorabile (come un assegno per il nucleo familiare), il pignoramento non può essere eseguito. Se invece la somma è pignorabile entro i limiti di legge (ad esempio NASpI o CIG), occorre applicare la trattenuta prevista, generalmente pari a un quinto del netto.

Un errore frequente è considerare come pignorabile l’intero importo lordo o agire in assenza di autorizzazione giudiziale, soprattutto in presenza di crediti alimentari o di plurimi pignoramenti. La circolare chiarisce che l’INPS, come sostituto d’imposta e soggetto erogatore, è responsabile del rispetto dell’ordine cronologico delle notifiche e dell’eventuale ripartizione proporzionale delle somme quando più creditori agiscono contemporaneamente.

I consulenti del lavoro hanno dunque un ruolo cruciale nel garantire la corretta applicazione delle norme e nel supportare i datori di lavoro nella gestione operativa delle trattenute, anche attraverso il dialogo diretto con le sedi INPS competenti per territorio.

Conclusione

La Circolare INPS n. 130 del 30 settembre 2025 rappresenta un intervento tanto atteso quanto necessario, che mette finalmente ordine in una materia complessa come quella della pignorabilità delle prestazioni previdenziali non pensionistiche. Con un linguaggio tecnico ma accessibile, il documento fornisce indicazioni operative precise che permettono di superare incertezze interpretative e applicative che hanno generato, in passato, numerosi contenziosi.

Per lavoratori, consulenti del lavoro, datori di lavoro, operatori giudiziari e professionisti del settore legale, la circolare diventa uno strumento fondamentale per gestire in modo corretto le procedure di pignoramento e recupero crediti. Il chiarimento delle regole su limiti di trattenuta, trattamento fiscale, recupero di indebiti, ripartizione tra creditori e trattamento differenziato delle varie prestazioni consente una gestione più trasparente e uniforme su tutto il territorio nazionale.

In un contesto in cui è sempre più importante conciliare la tutela dei creditori con la salvaguardia dei diritti essenziali del debitore, il documento INPS offre finalmente una base normativa e operativa coerente, allineata anche ai più recenti orientamenti giurisprudenziali.

Un passo avanti concreto per garantire certezza del diritto e tutela del reddito nei procedimenti esecutivi che coinvolgono prestazioni come NASpI, maternità, malattia e altre forme di sostegno al reddito.

Fondo Dote Famiglia 2025: come richiedere il Bonus Sport da 300€ per figli tra 6 e 14 anni

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Con l’avvio del nuovo anno scolastico e sportivo, le famiglie italiane con figli tra i 6 e i 14 anni possono contare su un importante sostegno economico: il Fondo Dote Famiglia, introdotto con la Legge di Bilancio 2025. Si tratta di un bonus fino a 300 euro per ogni figlio, erogato per sostenere i costi legati ad attività sportive e ricreative extrascolastiche. Ma attenzione: la piattaforma per presentare la domanda resta aperta solo fino a esaurimento fondi, e in molte regioni i contributi stanno andando a ruba.

Questo contributo non viene versato direttamente alle famiglie, ma trasferito all’associazione o ente sportivo presso cui il minore svolge l’attività. Un’opportunità importante, pensata per alleggerire i bilanci familiari e incentivare uno stile di vita attivo tra i più giovani. Tuttavia, come spesso accade con le misure pubbliche, è fondamentale muoversi con consapevolezza: capire chi può fare domanda, quali documenti sono necessari, come evitare errori che porterebbero alla perdita del beneficio, e soprattutto rispettare tutte le scadenze previste.

In questa guida pratica ti accompagniamo passo dopo passo nella compilazione della domanda per il Bonus Sport, con consigli utili, riferimenti normativi e i criteri da rispettare.

Scadenze e compilazione domande

Il Bonus Sport previsto dal Fondo Dote Famiglia segue un calendario preciso, diviso in due fasi distinte: una riservata agli enti erogatori delle attività sportive, l’altra alle famiglie richiedenti. Comprendere bene queste due fasi è fondamentale per evitare errori che potrebbero compromettere l’ottenimento del contributo.

Fase 1: Registrazione degli enti sportivi

Le associazioni sportive dilettantistiche (ASD/SSD), gli enti del Terzo Settore (ETS) iscritti al RUNTS e le ONLUS che operano in ambito sportivo hanno avuto tempo fino all’8 settembre 2025 per segnalare la propria adesione al programma, inserendo i corsi attivabili e le relative informazioni nella piattaforma dedicata. Solo gli enti che hanno completato correttamente questa procedura possono ricevere il contributo per conto delle famiglie.

Fase 2: Presentazione delle domande da parte delle famiglie

A partire dalle ore 12:00 del 29 settembre 2025, i genitori dei minori interessati possono compilare e inviare la domanda online tramite il portale predisposto. Non è prevista una scadenza fissa, ma l’accesso alla piattaforma sarà consentito fino a esaurimento delle risorse disponibili. Proprio per questo motivo è essenziale agire tempestivamente: i fondi sono limitati e vengono assegnati in ordine cronologico di presentazione delle richieste complete.

È consigliabile quindi preparare tutta la documentazione in anticipo e monitorare costantemente lo stato della domanda, per evitare di rimanere esclusi da questa importante agevolazione pensata per il benessere dei più piccoli.

Come compilare la domanda 

Per ottenere il Bonus Sport fino a 300 euro per ciascun figlio, la domanda deve essere compilata e inviata esclusivamente online sulla piattaforma ufficiale: avvisibandi.sport.governo.it.

La procedura è intuitiva ma richiede attenzione: anche un piccolo errore o un documento mancante può compromettere la richiesta. Ecco una guida passo passo per non sbagliare.

1. Accesso con SPID

Il primo requisito indispensabile è possedere un’identità digitale SPID. L’accesso alla piattaforma è consentito solo al genitore (o tutore legale) che presenta la domanda, utilizzando le proprie credenziali SPID personali. L’identità SPID serve per autenticare in modo sicuro il richiedente e collegarlo correttamente al nucleo familiare e al minore beneficiario.

2. Scelta del corso

Una volta entrati nel portale, è necessario scegliere il corso tra quelli disponibili nel catalogo degli enti sportivi aderenti. Ogni corso è identificato da un codice univoco, che andrà annotato e inserito correttamente nella domanda. Solo i corsi approvati dalla piattaforma sono validi ai fini del bonus.

3. Compilazione dei dati

Nella fase successiva, vanno inseriti i dati anagrafici del genitore/tutore e del minore, specificando l’attività scelta con il relativo codice identificativo.

4. Caricamento dei documenti

È necessario allegare i documenti richiesti in formato PDF (vedi paragrafo successivo). Il sistema non accetta altri formati e rifiuta documenti illeggibili o incompleti.

5. Invio della domanda

Dopo aver verificato tutti i dati, si può procedere con l’invio. La piattaforma rilascia una ricevuta elettronica e un numero di protocollo, che dovranno essere conservati come prova dell’avvenuta presentazione.

Documentazione 

Uno degli errori più comuni nella presentazione della domanda per il Bonus Sport figli 6-14 anni riguarda proprio la documentazione. Anche se la procedura online è piuttosto semplice, la mancanza o l’errato caricamento di un documento può causare il rigetto della richiesta. Per questo è fondamentale preparare tutto prima di accedere alla piattaforma. Ecco l’elenco completo dei documenti richiesti:

Documenti obbligatori per la domanda:

  • Attestazione ISEE minorenni in corso di validità, con valore non superiore a 15.000 euro. È fondamentale che si tratti dell’ISEE “minorenni” (non ordinario), poiché considera la composizione specifica del nucleo familiare in presenza di figli.

  • Documento di identità del genitore (o tutore legale) che presenta la domanda.

  • Dati anagrafici del minore a carico per cui si richiede il contributo.

  • Dichiarazione di non cumulabilità, in cui il richiedente attesta di non beneficiare di altri contributi o agevolazioni per la stessa attività da parte di enti regionali, provinciali o comunali.

  • Eventuali moduli aggiuntivi richiesti in base al corso o all’ente sportivo scelto. Alcuni enti possono prevedere dichiarazioni integrative o documenti specifici.

Consigli utili:

  • Tutti i documenti vanno caricati in formato PDF, leggibile e ben scannerizzato. Evita fotografie o file illeggibili.

  • Prepara i documenti in anticipo e verifica che siano aggiornati e completi.

  • Controlla che i dati riportati nei documenti corrispondano a quelli inseriti nella domanda, in particolare codice fiscale e nominativi.

  • Salva una copia della ricevuta e del numero di protocollo: sono essenziali in caso di controlli o contestazioni.

Una corretta preparazione della documentazione è il primo passo per ottenere il bonus senza intoppi e senza rischi di esclusione.

Valutazione e contributo

Una volta completata e inviata correttamente la domanda sulla piattaforma, l’istruttoria segue un criterio strettamente cronologico: vengono prese in considerazione le richieste in ordine di arrivo, fino all’esaurimento dei fondi disponibili. Non sono previsti punteggi o graduatorie: è quindi essenziale agire rapidamente per non rischiare di rimanere esclusi.

L’esito della domanda può essere monitorato direttamente dalla propria area personale sul portale.

In caso di approvazione, il contributo non viene versato alla famiglia, ma erogato direttamente all’ente sportivo che gestisce l’attività selezionata, secondo una modalità ben definita in tre tranche:

  • 30% alla partenza del corso, come acconto iniziale;

  • 40% a metà percorso, una volta verificata la continuità del servizio e la presenza del minore;

  • 30% a conclusione del corso, subordinato alla verifica della frequenza minima.

Attenzione alla frequenza

Un elemento critico da tenere presente è che il minore deve frequentare almeno il 70% delle lezioni. In caso di assenze superiori al 30%, l’ente è obbligato a restituire il contributo ricevuto, e di conseguenza la famiglia perde il beneficio. È quindi consigliabile scegliere un’attività compatibile con gli impegni del minore, per evitare rinunce o sospensioni che possano compromettere l’intero incentivo.

Questa struttura a tranche garantisce un uso corretto dei fondi pubblici e incentiva gli enti sportivi a monitorare con precisione la partecipazione dei ragazzi alle attività.

Requisiti per accedere al bonus

Il Fondo Dote Famiglia 2025 è stato pensato per sostenere economicamente le famiglie con figli minori che praticano attività sportive o ricreative extrascolastiche, ma l’accesso al contributo è subordinato al rispetto di alcuni requisiti ben precisi, sia da parte della famiglia che dell’attività scelta.

Requisiti della famiglia richiedente:

  • Figli a carico di età compresa tra 6 e 14 anni (compiuti entro il 31 dicembre 2025).

  • ISEE minorenni in corso di validità con valore non superiore a 15.000 euro.

  • Non essere beneficiari di altre agevolazioni economiche per la stessa attività, come voucher regionali, comunali o sgravi fiscali specifici.

  • Ogni nucleo familiare può richiedere il contributo per un massimo di due figli.

Attività ammesse al contributo:

  • Devono essere attività sportive o ricreative organizzate in orario extrascolastico.

  • La durata minima del corso deve essere di almeno 6 mesi, con frequenza di due volte a settimana.

  • Il corso deve avere inizio entro il 15 dicembre 2025 e concludersi entro il 30 giugno 2026.

  • L’attività deve essere erogata da:

    • ASD o SSD (Associazioni/Società Sportive Dilettantistiche);

    • ETS (Enti del Terzo Settore) iscritti al RUNTS;

    • ONLUS con finalità sportive o educative.

È essenziale verificare che l’ente organizzatore sia presente nell’elenco degli aderenti alla misura sulla piattaforma ufficiale. Se il corso scelto non è tra quelli registrati, la domanda sarà automaticamente respinta.

Consigli operativi

Il Bonus del Fondo Dote Famiglia 2025 è un’opportunità concreta per sostenere economicamente le famiglie italiane, ma ottenere il contributo richiede attenzione, precisione e soprattutto tempismo. Di seguito una serie di consigli pratici per aumentare le possibilità di accesso al beneficio e prevenire gli errori più comuni nella fase di domanda.

1. Prepara in anticipo l’ISEE minorenni

Il documento ISEE deve essere quello specifico per i minorenni, e non l’ISEE ordinario. Per ottenerlo è necessario rivolgersi a un CAF o accedere autonomamente al portale INPS. Prepararlo in anticipo evita intoppi e lunghe attese. Ricorda: l’ISEE deve essere in corso di validità e non deve superare i 15.000 euro.

2. Verifica l’accreditamento dell’ente

Prima di scegliere un corso, è fondamentale controllare che l’ente organizzatore (ASD, SSD, ETS, ONLUS) sia effettivamente accreditato nella piattaforma ufficiale. Solo i corsi presenti nel catalogo approvato possono ricevere il contributo. Un errore in questa fase rende nulla l’intera richiesta.

3. Agisci subito: il tempo è fondamentale

Non esiste una scadenza ufficiale, ma il bonus viene assegnato in ordine cronologico di presentazione, fino all’esaurimento dei fondi. Per questo motivo è fortemente consigliato inviare la domanda appena possibile, preferibilmente nei primissimi giorni di apertura della piattaforma.

4. Collegati alla piattaforma ufficiale

Tutta la procedura di domanda si svolge online su: avvisibandi.sport.governo.it

All’interno del sito sono disponibili i moduli aggiornati, le FAQ, le istruzioni operative e l’elenco completo degli enti aderenti. È bene consultare attentamente le guide ufficiali prima di compilare il modulo.

Seguendo questi consigli è possibile evitare ritardi, rigetti e perdite di tempo. Un piccolo sforzo organizzativo oggi può tradursi in 300 euro risparmiati per ogni figlio domani.

Aspetti e vantaggi fiscali 

Anche se il Bonus Sport del Fondo Dote Famiglia non è una detrazione fiscale in senso classico, rappresenta a tutti gli effetti un risparmio economico diretto che alleggerisce il carico delle spese familiari. Non incide sul reddito imponibile, ma può liberare risorse che altrimenti verrebbero impiegate per l’attività sportiva dei figli, con un impatto positivo sulla gestione del bilancio familiare.

Non è un bonus fiscale, ma un contributo a fondo perduto

È importante precisare che si tratta di un contributo economico diretto, non soggetto a tassazione e non da dichiarare nel modello 730. Non genera credito d’imposta, ma non fa nemmeno reddito. Questo lo rende totalmente esentasse, a differenza di alcune altre forme di sostegno economico.

Possibile cumulabilità con detrazioni fiscali per sport (solo se su attività diverse)

Come previsto dalla normativa, il bonus non è cumulabile con altri contributi pubblici (regionali, comunali o statali) per la stessa attività. Tuttavia, se si sostengono altre spese sportive per lo stesso figlio – ad esempio per una seconda attività svolta in un altro periodo dell’anno – è possibile usufruire della detrazione IRPEF del 19% prevista per le attività sportive dei minori (art. 15, comma 1, lett. i-quinquies, TUIR), fino a 210 euro per figlio.

In sintesi: vantaggi fiscali indiretti

  • Risparmio immediato fino a 600 euro a nucleo familiare (2 figli);

  • Detrazione IRPEF del 19% cumulabile su spese sportive differenti, se rispettati i limiti normativi;

  • Contributo esente da imposte e non dichiarabile ai fini fiscali.

Un vantaggio economico concreto, quindi, che non grava sul bilancio statale a livello fiscale, ma aiuta direttamente le famiglie con redditi più bassi a garantire l’accesso allo sport ai propri figli.

Conclusione

Il Bonus Sport del Fondo Dote Famiglia 2025 rappresenta un aiuto concreto e intelligente per tante famiglie italiane con figli tra i 6 e i 14 anni.

In un periodo storico in cui i costi legati allo sport e alle attività extrascolastiche sono sempre più alti, questa misura permette di alleggerire le spese familiari fino a 600 euro (nel caso di due figli), senza obblighi fiscali e senza impatti sul reddito.

Oltre al risparmio immediato, l’iniziativa promuove uno stile di vita attivo, sano e inclusivo per i più giovani, facilitando l’accesso allo sport anche per i nuclei con redditi più bassi. Ma attenzione: non c’è una scadenza fissa. La piattaforma per la presentazione delle domande resterà aperta solo fino ad esaurimento delle risorse disponibili, e in molte regioni i fondi vanno esauriti in pochi giorni.

Il consiglio è quindi uno solo: preparare subito i documenti, scegliere con cura l’attività idonea e inviare quanto prima la domanda sulla piattaforma ufficiale.

Una procedura semplice, ma che può fare una grande differenza per le tasche della tua famiglia e per la crescita dei tuoi figli.

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