Con l’arrivo del modello 730/2025, tornano sotto i riflettori le novità sul regime fiscale agevolato dei cosiddetti “impatriati”, ovvero quei lavoratori che, dopo un periodo all’estero, decidono di trasferire la propria residenza fiscale in Italia.
Sommario
Un tema di grande interesse sia per chi si sta organizzando per rientrare, sia per chi è già rientrato e vuole comprendere come massimizzare i vantaggi fiscali previsti. Ma attenzione: le regole stanno cambiando, e il 2025 segna una svolta importante.
In questo articolo analizzeremo chi può accedere al regime, quali sono i benefici, le modifiche introdotte con il Decreto Legislativo n. 209/2023 e infine come evitare errori nella dichiarazione dei redditi. Un approfondimento completo pensato per professionisti, manager, ricercatori e tutti coloro che vogliono risparmiare legalmente sulle tasse sfruttando le opportunità offerte dalla normativa.
Chi sono gli impatriati
Il regime degli impatriati è stato introdotto per attrarre capitale umano in Italia, incentivando il rientro di lavoratori qualificati attraverso importanti benefici fiscali. In sostanza, chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia può godere di una riduzione dell’imponibile IRPEF fino al 50%, che può salire al 70% o addirittura al 90% in casi specifici.
Queste percentuali si applicano al reddito da lavoro dipendente, autonomo o d’impresa generato in Italia, e sono esenti da tassazione IRPEF nella misura prevista, per una durata che, nella versione classica del regime, può arrivare fino a cinque anni, prorogabili in alcuni casi fino a dieci.
I requisiti per l’accesso sono stringenti: il lavoratore deve non essere stato residente fiscalmente in Italia nei due anni precedenti al trasferimento, deve impegnarsi a rimanere almeno per due anni e svolgere la propria attività prevalentemente sul territorio italiano. Il regime è stato negli anni molto apprezzato dai lavoratori italiani rientrati dall’estero, ma anche da professionisti stranieri attratti dalla possibilità di ottimizzare il carico fiscale. Tuttavia, dal 2024, e ancor più con il modello 730/2025, le cose stanno cambiando.
Novità 2025
A partire dal periodo d’imposta 2024, il regime fiscale per i lavoratori impatriati viene profondamente modificato dall’art. 5 del D.Lgs. 209/2023, pubblicato il 27 dicembre 2023 ed entrato in vigore il 29 dicembre. Il nuovo impianto normativo si applica a tutti coloro che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia a partire dal 2024 e introduce criteri più selettivi ma anche agevolazioni specifiche legate alla situazione familiare del lavoratore.
La nuova versione del regime stabilisce che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo soltanto per il 50% del loro ammontare, ma entro un limite massimo di 600.000 euro annui.
Questo tetto rappresenta una delle novità più significative rispetto al regime precedente, che non prevedeva un limite così specifico. L’agevolazione è pensata per essere più selettiva, ma lascia comunque margini interessanti di risparmio per chi rientra nei criteri.
Inoltre, è prevista un’ulteriore riduzione al 40% dell’imponibile, in due casi particolari:
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se il lavoratore si trasferisce con un figlio minore;
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se durante il periodo di fruizione del regime avviene la nascita o l’adozione di un minore.
Questa ulteriore agevolazione si applica a condizione che il minore risieda in Italia durante l’intero periodo di fruizione. Un dettaglio cruciale da non trascurare in fase di dichiarazione dei redditi.
Durata e requisiti
Il nuovo regime per gli impatriati si applica a partire dal periodo d’imposta in cui il lavoratore trasferisce la propria residenza fiscale in Italia e continua a valere per i quattro anni successivi, per un totale di cinque anni di agevolazioni fiscali. Questo periodo è valido sia per il trattamento base (imponibilità al 50%) sia per l’agevolazione maggiorata al 40%, se si verificano le condizioni familiari previste.
Per poter accedere a questo regime, il lavoratore deve rispettare quattro condizioni fondamentali:
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Impegno alla residenza fiscale in Italia per almeno quattro anni: il soggetto deve dimostrare di voler stabilire la propria vita nel Paese, anche con l’intento di radicamento professionale e personale.
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Assenza di residenza fiscale in Italia nei tre anni precedenti al trasferimento: ciò evita che chi ha avuto solo brevi esperienze all’estero possa rientrare beneficiando indebitamente dell’agevolazione.
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Svolgimento dell’attività lavorativa prevalentemente in Italia: almeno metà del periodo d’imposta deve essere dedicato ad attività lavorativa sul territorio nazionale.
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Possesso di un profilo professionale qualificato o altamente specializzato, secondo i criteri del D.Lgs. 108/2012 e del D.Lgs. 206/2007, che recepiscono la normativa UE in materia di mobilità dei lavoratori altamente qualificati e riconoscimento delle qualifiche professionali.
Questi requisiti non sono solo formali: il mancato rispetto di anche uno solo di essi può comportare la decadenza dal regime agevolato e la conseguente riliquidazione delle imposte con sanzioni e interessi.
Vecchio vs nuovo regime
Uno degli aspetti più delicati della riforma introdotta dal D.Lgs. 209/2023 riguarda il passaggio tra il vecchio e il nuovo regime degli impatriati. Fino al periodo d’imposta 2023, i benefici erano molto più ampi e meno selettivi: la percentuale di esenzione IRPEF arrivava al 70% o 90%, senza limiti reddituali specifici, e non erano richieste qualifiche particolari, né limiti così stringenti in termini di residenza pregressa.
Con le nuove disposizioni applicabili dal 2024, la logica cambia profondamente: il legislatore ha deciso di restringere l’ambito soggettivo e di limitare l’accesso ai soli lavoratori altamente qualificati o specializzati, introducendo anche un tetto massimo di 600.000 euro di reddito agevolabile. Questo implica che i professionisti con redditi elevati o profili non in possesso delle qualifiche richieste rischiano di non accedere più alle stesse agevolazioni.
Tuttavia, la normativa fa salvi i regimi preesistenti per chi ha già trasferito la propria residenza in Italia entro il 31 dicembre 2023. In questi casi, continua ad applicarsi il vecchio regime, purché vengano mantenuti i requisiti originari. Inoltre, è bene ricordare che le modifiche non si applicano retroattivamente: chi ha già ottenuto l’agevolazione prima del 2024 potrà continuare a beneficiarne alle stesse condizioni.
La differenziazione netta tra vecchio e nuovo regime impone un’attenta valutazione fiscale e strategica per chi sta considerando il rientro in Italia: tempi, modalità di trasferimento e status professionale sono diventati determinanti per accedere al beneficio.
Compilazione Modello 730/2025
Uno degli aspetti più critici per i lavoratori impatriati che desiderano usufruire delle agevolazioni fiscali è la corretta compilazione del Modello 730, in particolare del Quadro C – Redditi di lavoro dipendente e assimilati. Qui è fondamentale prestare attenzione a due sezioni chiave: il rigo C1 e il rigo C14.
Nel rigo C1, all’interno della casella “Casi Particolari”, occorre indicare il codice “4” per segnalare che il contribuente sta beneficiando del regime agevolato per i lavoratori impatriati, previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 147/2015 e dall’art. 1, commi 150 e 151, della Legge n. 232/2016. Questo codice attiva il calcolo automatico della riduzione del 50% del reddito da lavoro dipendente nella determinazione dell’IRPEF, laddove sussistano i requisiti di legge.
Inoltre, i redditi agevolabili devono essere riportati nella Sezione V del Quadro C. Particolare attenzione va poi posta al rigo C14, colonna 4 – Esenzione impatriati, dove occorre trascrivere l’importo del reddito agevolato indicato nella Certificazione Unica (CU), punto 463, solo se nel punto 462 sono presenti determinati codici (4, 6, 8, 9, 13, 14, 16 o 17).
Nel caso in cui le annotazioni della CU riportino uno dei codici BD, CQ, CR, CS, CT, CU, GA, GB, bisogna inserire l’importo dell’agevolazione. Se tali annotazioni non sono presenti, si deve indicare la quota di reddito da lavoro dipendente che non è stata riportata nei righi da C1 a C3.
Una compilazione corretta è fondamentale per evitare errori, controlli e richieste di documentazione integrativa da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Strategie fiscali
Alla luce della riforma entrata in vigore con il periodo d’imposta 2024, è evidente che per accedere al regime degli impatriati non basta semplicemente tornare in Italia: è necessaria una pianificazione accurata, sia dal punto di vista temporale, sia sotto il profilo professionale e personale.
Il primo elemento da valutare riguarda la tempistica del trasferimento: chi ha trasferito la propria residenza entro il 31 dicembre 2023 potrà continuare a beneficiare del vecchio regime, più favorevole e meno selettivo. Per questo motivo, per chi è ancora all’estero ma con prospettive di rientro, è essenziale valutare la data effettiva di trasferimento ai fini fiscali, considerando anche i criteri dell’art. 2 del TUIR sulla residenza.
Il secondo aspetto chiave riguarda la tipologia di attività lavorativa da svolgere in Italia: solo chi è in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, secondo i decreti legislativi di recepimento delle normative UE, potrà accedere al nuovo regime. Questo comporta la necessità di valutare con attenzione il contratto di lavoro o la forma di collaborazione professionale che si intende attivare, per verificare la conformità alla normativa.
Infine, per chi ha figli minori o prevede una nascita o un’adozione, il nuovo regime può offrire un’agevolazione ulteriore (40% imponibile), ma solo se il minore è residente in Italia. Pianificare il rientro tenendo conto di queste condizioni può rappresentare una leva fiscale molto vantaggiosa, in particolare per famiglie giovani e professionisti expat.
Rischi ed errori comuni
Con le nuove regole introdotte a partire dal 2024, il regime degli impatriati 2025 impone maggiore attenzione e rigore nella gestione fiscale. La maggiore complessità normativa, combinata alla presenza di requisiti soggettivi più stringenti, espone i contribuenti a rischi di decadenza e controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Uno degli errori più frequenti riguarda l’errata valutazione della residenza fiscale: molti lavoratori ritengono che basti tornare in Italia per essere considerati residenti, ma in realtà la residenza fiscale ai fini IRPEF si determina sulla base dell’art. 2 del TUIR, che considera presenza anagrafica, domicilio e centro degli interessi per almeno 183 giorni all’anno. Un trasferimento mal pianificato può quindi escludere l’accesso al regime, anche se formalmente effettuato nel periodo corretto.
Altro errore critico riguarda il mancato possesso dei requisiti di qualificazione o specializzazione professionale previsti dal D.Lgs. 108/2012 e dal D.Lgs. 206/2007. In sede di controllo, l’Agenzia può chiedere documentazione che attesti tali qualifiche, e la loro assenza può comportare la revoca del beneficio e l’emissione di avvisi di accertamento con recupero dell’imposta ordinaria, interessi e sanzioni.
Infine, un errore spesso sottovalutato riguarda la compilazione errata del modello 730: l’omissione del codice “4” nel rigo C1 o della quota esente nel rigo C14 può invalidare la richiesta del beneficio, rendendo necessaria una rettifica o addirittura il ricorso.
Nel 2025 è quindi fondamentale affidarsi a professionisti qualificati per valutare l’effettiva applicabilità del regime, evitare errori e predisporre la documentazione necessaria, specie in caso di eventuali controlli o accertamenti.
Vantaggi concreti
Il regime degli impatriati 2025, se ben pianificato e correttamente fruito, può rappresentare una delle leve più potenti di risparmio fiscale legale per professionisti e lavoratori qualificati che decidono di trasferire la propria vita e la propria attività in Italia.
Ecco un esempio pratico per comprendere la portata del beneficio:
Un manager italiano residente a Londra rientra in Italia nel 2025 con un contratto da 120.000 euro lordi annui. Rientrando nei requisiti del nuovo regime, potrà dichiarare solo il 50% di questo reddito, ovvero 60.000 euro, su cui sarà calcolata l’IRPEF. Ciò si traduce in un risparmio fiscale di circa 20.000 euro all’anno, che moltiplicato per 5 anni significa un vantaggio cumulato di oltre 100.000 euro.
Se lo stesso lavoratore ha anche un figlio minore residente in Italia, il reddito imponibile si riduce al 40%, ovvero a 48.000 euro: il vantaggio fiscale complessivo può così superare i 120.000 euro in cinque anni.
Oltre al risparmio IRPEF, il regime può influire positivamente anche su contributi INPS volontari o agevolati, investimenti in attività imprenditoriali italiane, e persino sulla determinazione dell’ISEE, con impatti positivi su accesso a benefici sociali o università.
Per questo motivo, chi sta valutando il rientro in Italia nel 2025 o negli anni successivi dovrebbe affidarsi a un consulente fiscale specializzato, capace di pianificare ogni aspetto del rientro – dai tempi, al contratto, alla composizione familiare – per massimizzare i vantaggi e ridurre al minimo i rischi.
Considerazioni finali
Il regime degli impatriati continua a rappresentare, anche nel 2025, uno strumento importante per attrarre competenze qualificate in Italia e per agevolare il rientro dei cittadini italiani che hanno maturato esperienze professionali all’estero. Tuttavia, le modifiche normative introdotte con il Decreto Legislativo n. 209/2023 impongono una maggiore attenzione sia nella valutazione dei requisiti soggettivi, sia nella pianificazione del rientro e nella compilazione della dichiarazione dei redditi.
La disciplina attuale è più selettiva rispetto al passato e richiede una conoscenza approfondita delle condizioni di accesso, delle tempistiche, delle modalità dichiarative e delle possibili criticità. In un contesto normativo in continua evoluzione, la corretta applicazione del regime agevolativo può garantire un risparmio fiscale rilevante, ma è fondamentale evitare errori che potrebbero portare a contestazioni, rettifiche e perdita del beneficio.
Per questo motivo, chi intende usufruire del regime impatriati nel 2025 dovrebbe documentarsi con precisione, affidarsi a fonti ufficiali e, se necessario, consultare un professionista esperto in materia fiscale internazionale.