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giovedì 30 Ottobre 2025

Nuova flat-tax italiana da 200.000 euro: vantaggi, requisiti e criticità

L’Italia rilancia la sua sfida nella competizione fiscale globale con una novità che fa discutere: il Decreto Legge n. 113/2024 ha raddoppiato a 200.000 euro l’imposta sostitutiva prevista per i redditi prodotti all’estero dai cosiddetti “nuovi residenti”, ovvero individui ad alto patrimonio che trasferiscono la propria residenza fiscale nel nostro Paese. La modifica, in vigore dal 10 agosto 2024, aggiorna il regime agevolato introdotto con l’art. 24-bis del TUIR, trasformandolo in un potente strumento di attrazione per i “paperoni” stranieri.

Contrariamente a quanto si poteva temere, il raddoppio dell’imposta non ha scoraggiato gli ingressi: anzi, i dati mostrano un aumento costante di soggetti facoltosi che scelgono l’Italia come nuova base fiscale. Il nostro Paese si piazza ora tra le mete più ambite dai milionari in fuga da sistemi fiscali più esosi, alle spalle solo di Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti.

Ma non mancano le ombre: secondo la Corte dei Conti, il regime solleva problemi di trasparenza e tracciabilità, con effetti controversi anche sul mercato immobiliare delle grandi città italiane.

L’articolo che segue analizza in dettaglio funzionamento, requisiti, opportunità e rischi di questa flat-tax rinnovata, cercando di rispondere a una domanda cruciale: si tratta di una misura efficace per attrarre capitali e investimenti, o di un privilegio poco sostenibile a vantaggio di pochi?

Nuova flat-tax italiana 

Il Decreto Legge n. 113 del 2024 ha segnato una svolta nella fiscalità italiana per gli stranieri ad alto reddito. Con la modifica dell’art. 24-bis del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), è stato raddoppiato a 200.000 euro l’importo dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero per i cosiddetti “nuovi residenti”, persone fisiche ad alto patrimonio che decidono di trasferire la propria residenza fiscale in Italia. La novità normativa è entrata in vigore a partire dal 10 agosto 2024, e si applica esclusivamente a chi ha effettuato il cambio di residenza dopo tale data.

La misura, fin dalla sua introduzione originaria nel 2017, ha avuto lo scopo di attrarre in Italia individui facoltosi – imprenditori internazionali, celebrities, grandi investitori – promettendo in cambio un sistema fiscale ultra-semplificato e agevolato. Oggi, con la soglia dell’imposta sostitutiva raddoppiata, il regime si rivolge ancor più marcatamente a una platea di ultra-ricchi, senza però che questo aumento abbia causato un calo negli ingressi: anzi, secondo i primi dati disponibili, il numero dei “paperoni” che scelgono l’Italia è in continua crescita.

Eppure, non mancano le critiche. La Corte dei Conti solleva preoccupazioni su trasparenza e tracciabilità dei benefici economici concreti derivanti da questa agevolazione fiscale.

L’incentivo, quindi, è davvero utile per l’economia reale o rischia di rimanere un favore a vantaggio di pochi privilegiati?

Chi può accedere 

Il regime di flat-tax per i nuovi residenti, introdotto nel 2017 e modificato dal decreto Omnibus n. 113/2024, rappresenta una soluzione estremamente vantaggiosa per i cosiddetti “paperoni” che intendono trasferire la propria residenza fiscale in Italia. Ma chi può effettivamente accedere a questo trattamento di favore?

La norma stabilisce che possono beneficiare dell’imposta sostitutiva le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’art. 2, comma 2, del TUIR, a condizione di non essere state fiscalmente residenti in Italia per almeno 9 dei 10 anni precedenti all’inizio del regime agevolato. Il nuovo importo della flat-tax è stato portato a 200.000 euro l’anno, applicabile esclusivamente sui redditi prodotti all’estero: i redditi di fonte italiana, infatti, continuano a essere tassati secondo le aliquote IRPEF ordinarie.

L’adesione al regime agevolato avviene nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di trasferimento della residenza fiscale in Italia, oppure in quella immediatamente successiva. In alternativa, è possibile presentare un’interpellanza all’Agenzia delle Entrate per verificare anticipatamente la sussistenza dei requisiti: una procedura consigliabile, data la complessità dei criteri da rispettare.

L’istanza di interpello va indirizzata alla Divisione Contribuenti dell’Agenzia delle Entrate e deve essere corredata da una dettagliata check-list e documentazione di supporto. Tra le informazioni richieste: i dati anagrafici del richiedente, la sua residenza pregressa, l’elenco dei Paesi in cui intende non applicare l’opzione, e la prova della sua non-residenza fiscale in Italia nei 9 anni precedenti.

Nuova flat-tax italiana da 200.000 euro- Commercialista.it

Flat-tax estendibile ai familiari

Una delle peculiarità più interessanti della flat-tax per i nuovi residenti riguarda la possibilità di estendere i benefici anche ai familiari, rendendo il trasferimento in Italia ancora più appetibile per gli individui ad alto patrimonio. A patto, ovviamente, che anche i familiari rispettino gli stessi requisiti di residenza fiscale: non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia per almeno 9 dei 10 anni precedenti.

Per ciascun familiare incluso nel regime, l’importo della flat-tax è fissato in 25.000 euro annui – una somma significativamente più bassa rispetto ai 200.000 euro previsti per il contribuente principale. L’estensione deve essere indicata nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il familiare trasferisce la residenza in Italia, oppure nella successiva.

Dal punto di vista operativo, l’imposta sostitutiva (sia quella da 200.000 euro, sia quella ridotta per i familiari) deve essere versata in un’unica soluzione entro il termine previsto per il pagamento del saldo IRPEF, utilizzando il modello F24 con elementi identificativi e il codice tributo “NRPP”. È importante sapere che non è ammesso il ravvedimento operoso: chi dimentica di versare l’imposta perde il beneficio del regime agevolato.

La flat-tax si rinnova automaticamente di anno in anno, salvo revoca, decadenza o cessazione volontaria. Tuttavia, non può durare più di 15 anni: trascorso questo periodo, il contribuente torna automaticamente al regime fiscale ordinario italiano. Un arco temporale che consente di pianificare con ampio margine investimenti, acquisti immobiliari o strategie successorie.

Investitori milionari

L’innalzamento a 200.000 euro della flat-tax per i nuovi residenti non è un caso isolato, ma fa parte di una strategia più ampia volta a rendere l’Italia competitiva sul piano internazionale nella “caccia ai milionari”. L’obiettivo dichiarato del legislatore è quello di incentivare l’arrivo di individui ad alto reddito, spingendoli a spostare anche i propri capitali e investimenti nel nostro Paese.

In un contesto in cui la mobilità fiscale internazionale è sempre più fluida, l’Italia cerca così di posizionarsi tra le giurisdizioni fiscalmente più attraenti, al pari di nazioni come Svizzera, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e Portogallo. E i primi numeri sembrano dare ragione al legislatore: secondo le previsioni aggiornate al 2025, oltre 142.000 milionari nel mondo cambieranno residenza fiscale, e di questi circa 3.600 sceglieranno proprio l’Italia. Solo Emirati Arabi Uniti (9.800) e Stati Uniti (7.500) attireranno più “High Net Worth Individuals”.

Questo successo si deve anche alla reputazione crescente del Belpaese: il nostro clima, il patrimonio artistico e culturale, l’enogastronomia e lo stile di vita costituiscono un potente elemento di attrattività. La flat-tax diventa quindi una leva fiscale che sfrutta un “brand Italia” già molto forte, fungendo da catalizzatore per la ricollocazione di ricchezze estere.

Tuttavia, se il raddoppio della tassa non ha scoraggiato i nuovi ingressi c’è chi ritiene che si sarebbe potuto osare ancora di più, magari introducendo meccanismi di incentivazione aggiuntiva per chi investe in imprese italiane o in asset produttivi.

Le critiche della Corte dei Conti

Nonostante il successo apparente del regime agevolato, la Corte dei Conti ha espresso forti perplessità sulla reale efficacia economica della flat-tax per i nuovi residenti. Il punto critico principale riguarda la mancanza di trasparenza e tracciabilità dei benefici per l’economia italiana: non esiste infatti un sistema di monitoraggio efficace che permetta di valutare quanti capitali effettivamente siano stati investiti in Italia, né l’impatto diretto sulle imprese, sull’occupazione o sull’innovazione.

Il rischio, secondo i magistrati contabili, è quello di aver creato un vantaggio fiscale molto generoso senza reali contropartite concrete, se non un incremento della domanda di beni di lusso e immobili di pregio. In effetti, uno degli effetti collaterali più visibili si è già manifestato nelle principali città italiane, con l’aumento vertiginoso dei prezzi immobiliari, in particolare a Milano. Qui l’arrivo di nuovi residenti ad alto reddito – spesso accompagnati da investitori internazionali – ha portato a un’impennata dei prezzi delle case e degli affitti, aggravando il fenomeno di esodo delle classi medie e dei residenti storici.

Il problema si amplifica ulteriormente perché Milano è anche oggetto di agevolazioni fiscali dedicate ai fondi immobiliari, creando un “doppio incentivo” che ha spinto alle stelle la speculazione immobiliare. L’effetto combinato del regime agevolato e della deregulation finanziaria locale ha portato a un crescente malcontento sociale e a un’evidente polarizzazione economica tra chi può permettersi di abitare in città e chi è costretto a spostarsi altrove.

In questo contesto, molti esperti chiedono una revisione più equilibrata del sistema, capace di attrarre investimenti esteri senza penalizzare il tessuto urbano e sociale locale.

Nuova flat-tax italiana da 200.000 euro- Commercialista.it

Durata del regime

Il regime opzionale della flat-tax per nuovi residenti, come previsto dall’art. 24-bis del TUIR, non è permanente: ha una durata massima prestabilita e può cessare anche anticipatamente in presenza di specifiche condizioni. In particolare, il beneficio può essere fruito per un massimo di 15 anni, decorrenti dal periodo d’imposta in cui ha effetto l’opzione. Superato questo limite temporale, il contribuente rientra automaticamente nel regime ordinario IRPEF, senza possibilità di rinnovo o proroga.

Tuttavia, la normativa contempla anche tre diverse ipotesi di interruzione anticipata del regime:

  1. Revoca volontaria da parte del contribuente, esercitabile in qualsiasi momento mediante apposita comunicazione.

  2. Decadenza automatica, ad esempio in caso di mancato pagamento dell’imposta sostitutiva entro i termini stabiliti (senza possibilità di ravvedimento).

  3. Cessazione per perdita dei requisiti, come il rientro effettivo in Italia prima del previsto periodo minimo di residenza all’estero o altre situazioni che modificano il presupposto giuridico dell’opzione.

In tutti questi casi, la fuoriuscita dal regime ha effetto immediato e implica l’assoggettamento a tassazione ordinaria, con tutte le conseguenze del caso in termini di accertamenti, adempimenti e controlli fiscali. Di conseguenza, è fondamentale che il contribuente pianifichi con attenzione la propria permanenza nel regime e rispetti scrupolosamente tutte le scadenze e condizioni previste dalla norma.

Inoltre, poiché l’adesione è tacitamente rinnovata di anno in anno, è necessario che anche gli obblighi documentali e di comunicazione siano gestiti con precisione, evitando omissioni che potrebbero costare molto caro.

Concorrenza fiscale tra Stati

L’introduzione (e il recente potenziamento) della flat-tax italiana per nuovi residenti non può essere letta solo in chiave nazionale: si inserisce infatti in un contesto di crescente competizione fiscale tra Stati, tutti alla ricerca di nuove entrate e investimenti attraverso l’attrazione di soggetti ad alto patrimonio. Non è un caso che molti Paesi abbiano strutturato regimi simili o addirittura più aggressivi.

Portogallo, Grecia, Regno Unito (con il vecchio regime dei “non-domiciled”) e Malta sono solo alcuni esempi di giurisdizioni che offrono trattamenti fiscali privilegiati per chi porta con sé ricchezza, asset finanziari e spese di lusso. La Svizzera, in particolare, ha da anni un sistema simile basato su forfettari e imposizione “per spesa”, che ha reso il Paese una delle mete fiscali più ambite in Europa. Gli Emirati Arabi Uniti, invece, offrono un’esenzione totale da imposte personali, condizione che li rende irresistibili per molti top manager e imprenditori globali.

In questo scenario, la flat-tax italiana da 200.000 euro si posiziona in una fascia intermedia: meno competitiva di alcune soluzioni a imposta zero, ma più solida e “giustificabile” in ottica europea. Il vantaggio competitivo dell’Italia sta nella combinazione tra lifestyle, fiscalità e accesso al mercato UE.

Va però detto che la competizione fiscale globale solleva anche problemi etici e di equità, dato che spesso si crea un dualismo tra contribuenti ordinari e super-ricchi, con trattamenti radicalmente diversi. Una sfida che l’Italia, come altri Paesi, dovrà affrontare, soprattutto sul piano dell’accettabilità sociale di questi regimi.

Conclusione

Il rafforzamento della flat-tax per i nuovi residenti rappresenta un tassello chiave della politica fiscale italiana degli ultimi anni. Con il raddoppio dell’imposta sostitutiva a 200.000 euro, il legislatore ha voluto consolidare l’attrattività dell’Italia verso gli individui ad alta capacità contributiva, puntando su un regime che favorisce lo spostamento di capitali, consumi di lusso e investimenti immobiliari.

I numeri danno ragione a questa strategia, almeno in termini di attrattività internazionale: l’Italia si posiziona tra le prime destinazioni mondiali scelte dai milionari che decidono di cambiare residenza fiscale. Tuttavia, le critiche sollevate dalla Corte dei Conti mettono in luce una mancanza strutturale di valutazione dell’impatto reale sull’economia produttiva, sui livelli occupazionali e sulla coesione sociale.

In parallelo, aumentano le disuguaglianze territoriali, specie nelle grandi città, dove l’incremento della domanda di immobili di lusso sta contribuendo a spingere fuori mercato le classi medie e i giovani lavoratori. In questo senso, se da un lato il regime rappresenta una leva efficace per attirare ricchezza estera, dall’altro lato pone interrogativi sulla sua sostenibilità sociale e fiscale a lungo termine.

Per il futuro, sarebbe auspicabile affiancare a questi strumenti di attrazione fiscale meccanismi di redistribuzione e controllo più stringenti, oltre a incentivi mirati per chi decide di investire concretamente nell’economia reale italiana, ad esempio in startup, PMI, infrastrutture e innovazione.

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