Nel contesto economico e normativo italiano, le concessioni demaniali marittime rappresentano un elemento centrale per settori chiave come il turismo, la nautica da diporto, la pesca e le attività commerciali costiere. Ogni anno, la determinazione dei canoni da corrispondere allo Stato per l’utilizzo del demanio marittimo è oggetto di aggiornamenti, e per il 2025 arriva una novità rilevante con l’entrata in vigore del Decreto MIT del 18 settembre 2025, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22 ottobre.
Sommario
Il provvedimento stabilisce una riduzione dello 0,65% dei canoni, in seguito alla rilevazione degli indici ISTAT aggiornati, e introduce una nuova soglia minima, che impatterà in particolare le concessioni di piccole dimensioni o meno redditizie. Tuttavia, per le concessioni turistico-ricreative, come stabilimenti balneari e strutture ricettive, si applica un aumento del 10% rispetto ai valori standard. Una differenziazione che tiene conto della redditività di queste attività e della domanda crescente nel settore turistico nazionale.
Queste modifiche non sono solo un adempimento tecnico: hanno ricadute economiche, fiscali e strategiche per migliaia di imprese e per gli enti pubblici locali coinvolti nella gestione del demanio. Comprendere come vengono aggiornati i canoni, su quali parametri si basano, e quali attività sono maggiormente impattate da queste novità è oggi fondamentale per imprenditori, consulenti e amministrazioni pubbliche.
Cosa prevede il Decreto MIT 18 settembre 2025
Il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 18 settembre 2025, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 ottobre 2025, contiene importanti aggiornamenti in materia di canoni annui per le concessioni demaniali marittime. All’articolo 1, viene stabilita una riduzione dello 0,65% delle misure unitarie rispetto al 2024. Questo abbassamento si applica sia alle concessioni già in vigore, sia a quelle che verranno rilasciate o rinnovate a partire dal 1° gennaio 2025, rappresentando un alleggerimento, seppur minimo, per i titolari delle concessioni.
Un’altra novità riguarda la soglia minima del canone annuo, che viene adeguata da € 3.225,50 a € 3.204,53. Ciò significa che, anche se la riduzione generale dei canoni potrebbe portare a importi inferiori, nessuna concessione potrà pagare meno del nuovo minimo stabilito. Questa soglia, dunque, si applicherà automaticamente a tutte le concessioni per le quali il calcolo standard porterebbe a un importo più basso.
Di contro, per alcune categorie viene previsto un aumento: gli importi unitari dei canoni per le concessioni a uso turistico-ricreativo e per quelle lacuali o fluviali (come specificato all’art. 3, comma 1, del D.L. 400/1993), subiranno un incremento del 10% a partire dal 1° aprile 2025, come previsto dalla Legge sulla concorrenza 2021 (L. 118/2022). Un intervento che punta a valorizzare le concessioni più redditizie e a riequilibrare la spesa pubblica.
Infine, l’articolo 2 del decreto annulla il precedente aggiornamento del 2024 (Decreto n. 218/2024), esercitando il potere di autotutela ai sensi dell’art. 21-novies della Legge 241/1990.
Come si calcolano i canoni
Il calcolo dei canoni per le concessioni demaniali marittime è regolato dal D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito nella L. 4 dicembre 1993, n. 494, che costituisce il pilastro normativo di riferimento per tutte le concessioni che riguardano l’uso del demanio marittimo. Il sistema si basa su un meccanismo articolato, che tiene conto di diversi elementi oggettivi e soggettivi legati al tipo di concessione e all’area coinvolta.
I canoni vengono determinati partendo da una misura unitaria di base, aggiornata ogni anno tramite decreto ministeriale – come avvenuto con il Decreto MIT del 18 settembre 2025 per l’anno in corso. Su questa base si applicano:
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La superficie o il volume del bene concesso, espressi rispettivamente in metri quadrati (m²) o metri cubi (m³);
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Coefficienti correttivi, che variano in base a tre fattori:
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Tipologia d’uso della concessione, come ad esempio usi turistici, commerciali, industriali, cantieristici o per il diporto nautico;
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Valorizzazione dell’area, che dipende dalla categoria del comune costiero, dalla redditività potenziale della zona e dalla presenza o meno di infrastrutture rilevanti;
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Presenza di pertinenze, ovvero strutture fisse o amovibili che incidono sull’utilizzo dell’area concessa.
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Nel 2025, le misure unitarie calcolate per l’anno precedente (2024) sono state ridotte dello 0,65%, a seguito della rilevazione negativa degli indici ISTAT. Tuttavia, per le concessioni turistico-ricreative e lacuali/fluviali, a partire dal 1° aprile 2025, si applica un aumento del 10% come previsto dall’art. 4, comma 11, della Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (L. 118/2022).

Implicazioni economiche e fiscali
Le modifiche introdotte dal Decreto MIT del 18 settembre 2025 avranno ricadute significative sia per le imprese che operano sul demanio marittimo, sia per i Comuni costieri, che svolgono un ruolo centrale nella gestione delle concessioni. La riduzione dello 0,65% dei canoni può apparire marginale, ma rappresenta comunque un segnale positivo per i concessionari, in particolare per quelle attività a bassa redditività o soggette a stagionalità, come la piccola nautica o i chioschi balneari.
Tuttavia, l’introduzione di una soglia minima di € 3.204,53 potrà impattare negativamente su quelle micro-concessioni per le quali il canone effettivo, al netto dei coefficienti, risulterebbe inferiore. In questi casi, il canone minimo rischia di azzerare il beneficio della riduzione, comportando un costo fisso da sostenere a prescindere dal reale utilizzo economico del bene.
Per le concessioni turistico-ricreative, invece, l’aumento del 10% si traduce in un incremento diretto dei costi per stabilimenti balneari, campeggi, porti turistici e strutture ricettive sul mare. Questo impatto potrà riflettersi, a catena, sui prezzi finali per i consumatori e sulla pianificazione fiscale delle aziende, che dovranno tener conto di un aggravio nei propri bilanci, specialmente in vista della stagione 2025.
Anche i Comuni costieri dovranno adattarsi: da un lato, riceveranno proventi leggermente diversi dalla riscossione dei canoni; dall’altro, dovranno garantire la corretta applicazione dei nuovi parametri e gestire eventuali contenziosi o richieste di ricalcolo.
Evoluzione normativa
Il sistema delle concessioni demaniali marittime è regolato da una stratificazione normativa che si è sviluppata nell’arco di oltre trent’anni, con l’obiettivo di bilanciare l’interesse pubblico nella gestione del patrimonio statale e quello privato legato allo sviluppo economico delle coste italiane. La norma fondativa rimane il D.L. 400/1993, convertito dalla L. 494/1993, che ha introdotto criteri trasparenti e aggiornabili per la determinazione dei canoni.
A questa base si sono aggiunti, negli anni, numerosi provvedimenti di aggiornamento e interpretazione, molti dei quali hanno cercato di armonizzare la disciplina con il diritto europeo, in particolare con la direttiva Bolkestein (2006/123/CE). Quest’ultima impone agli Stati membri l’obbligo di rimettere a gara le concessioni pubbliche, in un’ottica di concorrenza e trasparenza. Tuttavia, l’Italia ha più volte prorogato automaticamente le concessioni in essere, generando un contenzioso interno e con l’Unione Europea.
La Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (L. 118/2022), citata anche nel decreto del 2025, ha segnato un importante punto di svolta, introducendo criteri per la revisione dei canoni e preparando il terreno per una riforma complessiva del settore, compreso l’avvio di gare pubbliche.
Il decreto MIT del 2025 si inserisce in questo contesto come misura tecnica ma strategica, che cerca di aggiornare i valori economici delle concessioni in modo coerente con l’evoluzione del mercato, evitando squilibri tra diverse tipologie d’uso e garantendo una migliore valorizzazione del patrimonio demaniale.
Vantaggi, criticità e impatti
L’aggiornamento dei canoni demaniali marittimi per il 2025 introduce elementi che possono generare opportunità per alcune categorie di operatori, ma anche criticità per altre. Sul piano operativo, la riduzione dello 0,65% rappresenta un vantaggio soprattutto per quelle imprese con ampie superfici in concessione, come cantieri nautici o imprese commerciali costiere, che vedranno un alleggerimento proporzionale dei canoni da versare allo Stato.
Per contro, la soglia minima fissata a € 3.204,53 rischia di penalizzare alcune micro-attività, come piccoli chioschi o concessioni stagionali, che in precedenza potevano beneficiare di canoni inferiori. In questi casi, l’effetto della riduzione viene completamente annullato e il canone resta comunque obbligatorio anche in assenza di redditività stagionale o marginale.
Sul fronte della fiscalità d’impresa, i nuovi importi vanno considerati nella pianificazione dei costi fissi: sia la riduzione che l’aumento dei canoni incideranno sui bilanci 2025. Gli imprenditori dovranno quindi adeguare i propri budget previsionali, soprattutto in vista dell’alta stagione. Per le imprese turistico-ricreative, che subiscono l’aumento del 10%, diventa fondamentale valutare strategie di ottimizzazione fiscale – ad esempio attraverso detrazioni, incentivi o una ristrutturazione delle voci di spesa.
Dal punto di vista gestionale, i Comuni costieri e le Autorità portuali dovranno aggiornare i propri sistemi di calcolo e i software gestionali entro il 1° gennaio 2025, per evitare errori nella determinazione dei canoni o ritardi nella fatturazione. Sarà inoltre necessario formare il personale tecnico-amministrativo sulle novità normative e sulla corretta applicazione delle nuove soglie.

Il ruolo dell’ISTAT
Uno degli aspetti più tecnici ma fondamentali dell’intero sistema di aggiornamento dei canoni demaniali marittimi è rappresentato dagli indici economici ISTAT, che fungono da parametro per adeguare annualmente le misure unitarie dei canoni. Storicamente, il riferimento era rappresentato da una media tra l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie e l’indice dei prezzi all’ingrosso. Tuttavia, quest’ultimo non viene più elaborato da parte dell’ISTAT da diversi anni.
Il Decreto MIT del 18 settembre 2025, in linea con quanto disposto dall’art. 6, comma 1, del D.L. 21 maggio 2025, n. 73, recepisce ufficialmente l’uso di un nuovo parametro: l’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali, che va ora a sostituire definitivamente il vecchio indice dei prezzi all’ingrosso. Si tratta di un passaggio tecnico ma importante, che consente al Ministero di mantenere una metodologia coerente e aggiornata, garantendo nel contempo la trasparenza e la verificabilità dei calcoli.
Per l’anno 2025, proprio l’andamento medio di questi indici ha determinato una variazione negativa dello 0,65%, da cui deriva la riduzione dei canoni stabilita dal decreto. Questo approccio parametrico permette al sistema di adattarsi all’andamento macroeconomico nazionale: in periodi di inflazione, i canoni aumenteranno; in fasi di deflazione o stagnazione, potranno diminuire.
Questa logica di adeguamento automatico permette di garantire equilibrio e sostenibilità per tutte le parti coinvolte: Stato, imprese e enti locali. Tuttavia, è fondamentale che i soggetti interessati conoscano e comprendano il funzionamento degli indici ISTAT, anche per poter verificare la correttezza dei calcoli e presentare eventuali istanze o osservazioni qualora emergano incongruenze.
Considerazioni finali
L’aggiornamento dei canoni previsto dal Decreto MIT del 18 settembre 2025 rappresenta un passaggio tecnico importante ma anche un indicatore strategico di come lo Stato intende gestire il delicato equilibrio tra uso economico del demanio e interesse pubblico. La riduzione dello 0,65% e la nuova soglia minima vanno lette in un contesto di revisione più ampia che, nei prossimi anni, potrebbe portare a riforme strutturali del sistema concessorio, con l’introduzione di gare pubbliche trasparenti in conformità alla direttiva Bolkestein.
Per le imprese concessionarie, in particolare nel settore turistico-ricreativo, diventa fondamentale iniziare una valutazione strategica dei propri asset e delle condizioni contrattuali, in vista di possibili cambiamenti normativi e procedurali. I professionisti fiscali e i commercialisti dovranno aggiornare le loro competenze e strumenti per offrire consulenza mirata sulla pianificazione dei costi, sul rispetto delle nuove soglie e sull’eventuale ottimizzazione fiscale dei canoni.
Anche i Comuni costieri e gli enti gestori del demanio sono chiamati a svolgere un ruolo attivo: da un lato devono garantire l’applicazione corretta delle nuove tariffe, dall’altro prepararsi alla digitalizzazione dei processi, alla trasparenza amministrativa e a un monitoraggio costante delle concessioni, anche alla luce delle verifiche richieste dalla Corte dei Conti e dagli organi europei.
In sintesi, il decreto non è solo una questione di numeri, ma un segnale di trasformazione: leggere oggi correttamente le norme, adeguarsi con anticipo e agire con consapevolezza può fare la differenza tra subire un cambiamento o coglierne le opportunità.

