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giovedì 30 Ottobre 2025

Franchigia 15.000 euro e Partita IVA forfettaria per lavoratori sportivi: guida completa

Il mondo dello sport, non solo quello professionistico ma anche quello dilettantistico, sta attraversando una fase di profonda trasformazione normativa e fiscale. Una delle novità più rilevanti, entrata in vigore con il D.Lgs. 36/2021 e modificata successivamente dal D.Lgs. 120/2023, riguarda il regime fiscale applicabile ai lavoratori sportivi autonomi e ai professionisti sportivi con Partita IVA in regime forfettario. In particolare, desta grande interesse la cosiddetta “franchigia dei 15.000 euro”, un’esenzione fiscale che, se correttamente applicata, può garantire un significativo risparmio di imposta per chi opera nel settore sportivo.

Ma di cosa si tratta esattamente? Quali sono i vantaggi concreti per gli sportivi titolari di Partita IVA? E soprattutto, come possono i professionisti sportivi sfruttare questa opportunità senza incorrere in errori fiscali o interpretazioni sbagliate della normativa? In questo articolo approfondiremo nel dettaglio tutti gli aspetti chiave, con un linguaggio semplice ma preciso, per aiutare i professionisti sportivi e i loro consulenti a fare le scelte più vantaggiose in termini fiscali e contributivi.

L’interpretazione della normativa tributaria

Per comprendere appieno la portata della franchigia dei 15.000 euro per i professionisti sportivi titolari di Partita IVA forfettaria, è necessario fare una premessa cruciale: la normativa fiscale sul lavoro sportivo, introdotta dal D.Lgs. 36/2021 e successivamente modificata, è ancora oggi priva di chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate. A distanza di due anni dall’entrata in vigore di questa riforma, infatti, non è stata pubblicata alcuna circolare esplicativa e, con ogni probabilità, difficilmente arriverà nei prossimi mesi.

Questa assenza di indicazioni ufficiali crea una situazione di incertezza normativa che obbliga professionisti, consulenti fiscali e datori di lavoro sportivi a muoversi su un terreno poco definito. Come comportarsi dunque? L’unica strada percorribile è quella di adottare un’interpretazione letterale della norma, ovvero attribuire alle parole utilizzate dal legislatore il loro significato naturale, e un’interpretazione sistematica, tenendo conto del contesto normativo complessivo e degli obiettivi della riforma del lavoro sportivo.

A questo si aggiunge un secondo passaggio essenziale: cercare di anticipare quale potrebbe essere, in futuro, la posizione dell’Agenzia delle Entrate quando si troverà a esaminare i comportamenti adottati dai contribuenti. Non basta quindi essere convinti di avere interpretato correttamente la norma: bisogna anche considerare che l’Agenzia tende, per sua natura, a privilegiare le interpretazioni che garantiscono un maggior gettito fiscale.

Ogni decisione comporta quindi dei rischi: scegliere di adeguarsi a un’interpretazione prudente può evitare contenziosi, ma potrebbe anche significare rinunciare a benefici fiscali pienamente legittimi. Al contrario, optare per un’applicazione più favorevole al contribuente richiede consapevolezza: se l’Agenzia dovesse dissentire, ci si potrebbe trovare a dover affrontare lunghi e costosi contenziosi, anche quando si è nel giusto.

Tassazione

La questione centrale per i lavoratori sportivi con Partita IVA, in particolare per chi aderisce al regime forfettario, riguarda l’applicazione concreta della franchigia fiscale dei 15.000 euro. L’articolo 36, comma 6, del D.Lgs. 36/2021 è molto chiaro: i compensi percepiti nell’ambito del dilettantismo fino a 15.000 euro annui non costituiscono base imponibile ai fini fiscali. In altre parole, questi compensi non devono essere tassati.

Per i lavoratori autonomi — inclusi i titolari di Partita IVA e i collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.) — la norma sembra lasciare poco spazio ai dubbi: i primi 15.000 euro di compensi sportivi sono esenti da imposta, indipendentemente dal fatto che il lavoratore aderisca al regime ordinario o al regime forfettario. Tuttavia, alcuni interrogativi sono emersi a causa di un’interpretazione prudenziale basata su istruzioni e modulistica relative alla dichiarazione dei redditi. Va ricordato che queste istruzioni, pur importanti nella prassi, non hanno alcun valore normativo e sono posizionate all’ultimo gradino nella gerarchia delle fonti giuridiche.

Il punto critico nasce dal fatto che per i contribuenti in regime ordinario esiste una sezione specifica nei modelli dichiarativi (rigo RE21) che consente di indicare e sottrarre i compensi sportivi fino al limite dei 15.000 euro. Per i forfettari (che rappresentano la stragrande maggioranza dei lavoratori sportivi), invece, non esiste ad oggi nessuna casella equivalente nel Quadro LM, né le istruzioni forniscono chiarimenti al riguardo.

Da qui derivano due approcci possibili: quello più prudente suggerisce di includere i 15.000 euro nel reddito imponibile, accettando un maggiore carico fiscale (mediamente circa 585 euro di IRPEF in più), per evitare possibili contestazioni future. L’approccio più aderente alla lettera e alla ratio della legge, invece, ritiene legittimo applicare l’esenzione anche ai forfettari, nonostante l’assenza di istruzioni operative specifiche. Si tratta in sostanza di scegliere tra una tutela preventiva e un’applicazione più fedele ma potenzialmente esposta a verifica.

Infine, alcuni sostengono che i lavoratori sportivi debbano “scegliere” tra l’esenzione dei 15.000 euro e il regime forfettario, come se si trattasse di agevolazioni alternative e incompatibili. Questa tesi non ha alcun fondamento giuridico: l’esenzione riguarda il reddito lordo, mentre il regime forfettario disciplina la modalità di calcolo del reddito imponibile, due aspetti distinti e cumulabili.

Franchigia sportivi e Partita IVA - Commercialista.it

Lavoratori sportivi dipendenti

Un altro aspetto che sta generando dubbi tra addetti ai lavori, consulenti e lavoratori sportivi riguarda la possibile applicazione della franchigia dei 15.000 euro ai rapporti di lavoro dipendente. Il D.Lgs. 36/2021, come visto, stabilisce che “i compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo di 15.000 euro”. La norma, però, utilizza il termine “compensi”, e non “emolumenti” o “retribuzioni”, termini che caratterizzano classicamente il lavoro subordinato.

Sulla base di questa distinzione terminologica, la maggior parte degli esperti ritiene che la franchigia non sia applicabile ai lavoratori dipendenti. Tuttavia, questa interpretazione, sebbene prudente e maggioritaria, non può essere considerata del tutto certa. In primo luogo perché il legislatore fiscale italiano spesso utilizza i termini in modo impreciso e non sempre coerente; affidare il significato giuridico di una norma a una singola parola rischia di non cogliere la reale volontà del legislatore. In secondo luogo, questa esclusione penalizza proprio i lavoratori dipendenti, ossia coloro che il nuovo ordinamento del lavoro sportivo mira a tutelare maggiormente rispetto agli autonomi.

Infatti, se un lavoratore sportivo passa da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a un rapporto di lavoro subordinato, potrebbe vedersi negata la franchigia dei 15.000 euro e subire una tassazione nettamente più elevata, non solo per l’aliquota IRPEF ma anche per la perdita di detrazioni fiscali. Questo contrasta con la logica di premiare il lavoro stabile e sicuro, creando una disparità di trattamento poco coerente con la ratio complessiva della riforma.

Nella pratica, la quasi totalità dei consulenti del lavoro tende comunque a non applicare la franchigia ai lavoratori dipendenti per evitare contestazioni future, in assenza di indicazioni ufficiali dell’Agenzia delle Entrate. E difficilmente sarà l’Agenzia stessa a prendere una posizione favorevole al contribuente in questa materia. Chi volesse però aprire un ragionamento giuridico più approfondito, potrebbe certamente sostenere l’applicazione dell’esenzione anche ai dipendenti, proprio in virtù dell’ambiguità lessicale e dei principi generali del sistema tributario.

Regime forfettario e franchigia dei 15.000 euro

Un ulteriore tema di grande rilevanza per i lavoratori sportivi autonomi riguarda la presunta incompatibilità tra il regime fiscale forfettario e la franchigia dei 15.000 euro prevista per il lavoro sportivo dilettantistico. Alcuni sostengono che queste due agevolazioni non possano essere cumulate: in altre parole, il lavoratore sportivo titolare di Partita IVA sarebbe costretto a scegliere tra l’applicazione della franchigia o l’accesso al regime forfettario con i suoi benefici fiscali.

Questa tesi, però, non trova alcun fondamento normativo. Il regime forfettario non è, infatti, una vera e propria “agevolazione” nel senso classico del termine, ma rappresenta una modalità semplificata di determinazione del reddito imponibile, con una tassazione sostitutiva ridotta. La franchigia dei 15.000 euro, invece, è un’esenzione fiscale vera e propria, volta a sostenere economicamente il mondo dello sport dilettantistico. Si tratta di due strumenti differenti, che operano su piani distinti: il primo regola la modalità di calcolo del reddito, il secondo stabilisce quando quel reddito diventa imponibile.

Dal punto di vista logico e sistematico non esistono motivazioni per escludere la cumulabilità: anzi, negare questa possibilità significherebbe penalizzare in modo irragionevole i lavoratori sportivi in regime forfettario (che rappresentano oltre il 99% del settore), riservando il beneficio solo ai pochissimi che operano in regime ordinario. Va anche sottolineato che la prassi di modulistica fiscale e istruzioni ministeriali, per quanto carente e ambigua, non può in alcun modo prevalere sulla chiarezza della legge, che non distingue tra regimi fiscali.

In assenza di una circolare ufficiale, la scelta resta quindi al contribuente e al suo consulente: adottare un’interpretazione prudente e tassare comunque i primi 15.000 euro (rinunciando a un vantaggio fiscale legittimo) oppure applicare l’esenzione e, se necessario, essere pronti a difendere questa posizione in caso di eventuali controlli.

Franchigia sportivi e Partita IVA - Commercialista.it

Rischi fiscali e strategie operative

Alla luce di quanto esposto, i professionisti sportivi titolari di Partita IVA si trovano oggi di fronte a una scelta non semplice: da un lato, applicare la franchigia dei 15.000 euro così come prevista dalla legge, beneficiando di un importante vantaggio fiscale; dall’altro, scegliere un approccio più conservativo, rinunciando all’esenzione per evitare possibili contestazioni future da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il rischio concreto è che, in assenza di chiarimenti ufficiali, l’Amministrazione finanziaria possa adottare una propria interpretazione restrittiva, disconoscendo la cumulabilità della franchigia con il regime forfettario o escludendo del tutto la possibilità di non tassare i primi 15.000 euro. In tale scenario, il contribuente potrebbe trovarsi costretto a giustificare le proprie scelte davanti agli organi di controllo, con il rischio di dover affrontare accertamenti, sanzioni e contenziosi tributari.

Tuttavia, è importante ricordare che il diritto tributario si basa su principi di legalità e di gerarchia delle fonti. Finché la norma primaria — il D.Lgs. 36/2021 — stabilisce in modo chiaro l’esenzione fino a 15.000 euro senza distinguere tra contribuenti in regime ordinario o forfettario, il contribuente ha solide basi per sostenere la legittimità della propria scelta. La mancanza di modulistica adeguata o di istruzioni dettagliate non può di per sé annullare un diritto previsto da una legge dello Stato.

Per questo motivo, la decisione finale deve essere ponderata caso per caso. In alcuni contesti, un approccio prudente potrebbe essere giustificato, specialmente per chi preferisce la certezza fiscale a un risparmio potenziale. In altri, potrebbe essere più opportuno sfruttare appieno la normativa vigente, soprattutto per chi ha un reddito contenuto e vuole massimizzare il proprio margine di guadagno legale. In ogni caso, il supporto di un commercialista esperto in materia di fiscalità sportiva diventa cruciale per valutare rischi e opportunità con consapevolezza.

Vantaggi fiscali

Comprendere i vantaggi fiscali legati all’applicazione della franchigia dei 15.000 euro è essenziale per i lavoratori sportivi che intendono ottimizzare il proprio carico fiscale in modo pienamente legale. In termini pratici, questa agevolazione consente di escludere dal reddito imponibile ai fini IRPEF i primi 15.000 euro di compensi percepiti nell’ambito di attività sportive dilettantistiche. Si tratta, di fatto, di un risparmio che può arrivare a diverse centinaia di euro annui.

Per fare un esempio concreto: un lavoratore sportivo in regime forfettario, che percepisce compensi fino a 15.000 euro, potrebbe non versare affatto IRPEF su tale importo, beneficiando dell’esenzione totale prevista dalla norma. Considerando che nel regime forfettario l’aliquota sostitutiva è pari al 15% (o al 5% per le nuove attività), il risparmio fiscale teorico si aggira tra i 750 e i 2.250 euro annui, a seconda della situazione soggettiva e dell’eventuale superamento della soglia esente.

Inoltre, è importante sottolineare che la franchigia dei 15.000 euro non ha alcun impatto diretto sul versamento dei contributi previdenziali (che nel regime forfettario continuano ad essere calcolati sull’imponibile forfettario), ma incide esclusivamente sulla determinazione dell’imposta sul reddito. Questo consente, soprattutto ai giovani sportivi o a coloro che praticano attività sportive con compensi modesti, di avere un beneficio immediato in termini di liquidità disponibile.

Va evidenziato che l’applicazione corretta di questa agevolazione richiede comunque attenzione nella compilazione della dichiarazione dei redditi e nella conservazione della documentazione fiscale, per poter dimostrare l’effettiva natura “sportiva” dei compensi percepiti in caso di controlli. Il consiglio, anche in questo caso, è di affidarsi a un professionista esperto in fiscalità sportiva per evitare errori o interpretazioni errate che potrebbero vanificare il beneficio.

Conclusioni 

La riforma del lavoro sportivo introdotta con il D.Lgs. 36/2021, integrata e corretta dal D.Lgs. 120/2023, ha segnato una svolta profonda nel modo in cui le attività sportive dilettantistiche vengono gestite anche sotto il profilo fiscale. La previsione di una franchigia fino a 15.000 euro annui rappresenta un importante strumento di sostegno per i tanti professionisti che operano nel mondo dello sport, permettendo di alleggerire il carico fiscale in modo significativo.

Tuttavia, l’assenza di chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate, unita a una modulistica fiscale non ancora adeguata, genera incertezze operative che richiedono attenzione e prudenza da parte di contribuenti e consulenti. La questione centrale ruota attorno alla cumulabilità tra franchigia ed eventuale regime forfettario, alla corretta gestione dei rapporti di lavoro autonomo e alla distinzione con i rapporti di lavoro dipendente, per i quali la non applicabilità della franchigia resta ad oggi una prassi prudenziale ma non espressamente sancita dalla norma.

Il principio generale resta comunque quello della necessità di documentare correttamente i compensi e di adottare un approccio coerente e conforme ai principi del diritto tributario. I professionisti sportivi che vogliono beneficiare della franchigia devono verificare attentamente le proprie posizioni fiscali e scegliere il regime più vantaggioso senza trascurare i possibili rischi di interpretazioni restrittive da parte dell’Amministrazione finanziaria.

In questo scenario, il ruolo dei consulenti esperti in fiscalità sportiva diventa determinante per supportare lavoratori e società nella corretta applicazione della normativa, nella redazione dei contratti e nella gestione delle dichiarazioni fiscali, contribuendo a garantire la massima convenienza fiscale nel rispetto della legge.

Il futuro potrà forse chiarire alcuni degli aspetti ancora controversi, ma fin d’ora è possibile applicare in modo consapevole ed equilibrato le opportunità offerte dalla normativa, sfruttando la franchigia dei 15.000 euro come strumento di risparmio fiscale legale e trasparente.

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