Nel panorama fiscale italiano del 2024, un tema particolarmente rilevante e attuale riguarda la tassazione delle cripto-attività e la possibilità di richiedere il rimborso delle eccedenze di imposta sostitutiva versata nel 2023. Questa possibilità nasce da un’errata interpretazione da parte dell’Agenzia delle Entrate circa il meccanismo di calcolo previsto nel modello Redditi Persone Fisiche 2024, che ha portato numerosi contribuenti a versare somme superiori al dovuto.
Sommario
Una novità che potrebbe trasformarsi in una vera e propria opportunità di risparmio fiscale per migliaia di investitori in criptovalute, specie per chi ha adempiuto correttamente agli obblighi dichiarativi, ma ha seguito le istruzioni errate del modello.
Nel corso di questo articolo approfondiremo non solo i contorni normativi della vicenda, ma anche come presentare la richiesta di rimborso, quali documenti allegare, i riferimenti giurisprudenziali e normativi più rilevanti, e i possibili sviluppi futuri.
Un contenuto essenziale per chi ha effettuato investimenti in crypto nel 2022-2023 e si è trovato a dover affrontare la nuova disciplina fiscale del 2023, introdotta con la Legge di Bilancio 2023 e regolata dal D.Lgs. 209/2023.
La soglia dei 2.000 euro
Il nodo centrale che ha generato confusione e che oggi permette, in alcuni casi, di richiedere il rimborso delle eccedenze versate, riguarda l’interpretazione e l’applicazione della cosiddetta “franchigia” dei 2.000 euro introdotta dal legislatore. Secondo quanto previsto dall’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies del TUIR, per gli anni d’imposta 2023 e 2024, le plusvalenze da cripto-attività risultavano imponibili solo per la parte eccedente i 2.000 euro, introducendo di fatto una franchigia di esenzione su base annuale.
Tuttavia, la prassi applicativa e le istruzioni operative dei modelli dichiarativi hanno generato un effetto paradossale. Nel modello Redditi PF 2024, relativo al 2023, l’Agenzia delle Entrate ha interpretato i 2.000 euro non come franchigia, ma come soglia: ciò ha significato che, una volta superato tale limite, l’intero importo delle plusvalenze veniva assoggettato a tassazione, non solo la parte eccedente. Un trattamento che si è rivelato più penalizzante per i contribuenti e in contrasto con l’apparente volontà normativa.
Nel 2024, per l’anno d’imposta 2024, la situazione si è ribaltata: lo stesso limite è stato correttamente considerato franchigia, quindi solo l’importo eccedente i 2.000 euro risultava imponibile. Questa incongruenza applicativa tra i due anni, pur non esplicitamente chiarita da circolari o interpelli, si evince chiaramente dalle istruzioni dei modelli Redditi e ha portato numerosi contribuenti ad aver versato nel 2023 più imposte di quanto realmente dovuto.
Come richiedere il rimborso
Stabilito che, per effetto di un’errata interpretazione nel modello Redditi PF 2024, molti contribuenti hanno versato più imposta sostitutiva del dovuto sulle plusvalenze da cripto-attività, ci si domanda ora quale sia la via praticabile per ottenere il rimborso. Ed è proprio su questo aspetto che si scontrano teoria e realtà amministrativa.
In un contesto ordinario, la soluzione più semplice e lineare sarebbe quella di presentare una dichiarazione integrativa a favore, correggendo quanto erroneamente dichiarato e chiedendo il rimborso diretto o la compensazione tramite modello F24. Tuttavia, questa via al momento non è percorribile, poiché le specifiche tecniche del modello Redditi PF 2024 obbligano ancora il contribuente ad applicare il meccanismo errato: vale a dire, a considerare la soglia dei 2.000 euro come limite oltre il quale l’intera plusvalenza è imponibile.
Alla luce di ciò, l’unica possibilità realmente attuabile consiste nel presentare un’istanza cartacea di rimborso, redatta in carta semplice e da depositare presso gli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate. L’istanza dovrà contenere tutte le informazioni utili a dimostrare l’eccedenza di imposta versata, comprese le operazioni effettuate, i calcoli delle plusvalenze, e i versamenti effettuati. Trattandosi di una procedura non standardizzata e lasciata alla discrezionalità dei singoli uffici, le tempistiche di risposta potrebbero variare notevolmente, anche in base alla mole di richieste ricevute e ai tempi di verifica interna.
Chiarimento ufficiale dell’ADE
A fare finalmente chiarezza su una questione rimasta per mesi ambigua e potenzialmente dannosa per i contribuenti è intervenuta direttamente l’Agenzia delle Entrate, con la pubblicazione di una FAQ datata 30 aprile 2025 e consultabile sul sito istituzionale. Il tema affrontato è proprio quello della “Tassazione sostitutiva delle plusvalenze derivanti da cripto-attività”, e il chiarimento offerto risulta di grande rilevanza pratica.
La FAQ riconosce ufficialmente che per i redditi derivanti da cripto-attività è applicabile una franchigia di 2.000 euro. Questo significa, come già desumibile dalle istruzioni del modello Redditi PF 2025, che solo la parte eccedente tale cifra è soggetta a tassazione. Di conseguenza, viene anche affermato che “nel caso in cui il contribuente non abbia potuto tener conto di tale franchigia nella dichiarazione dei redditi 2024 (relativa all’anno d’imposta 2023), può richiedere il rimborso della maggior imposta sostitutiva versata”.
Questo passaggio è tutt’altro che secondario: in virtù delle specifiche tecniche vincolanti del modello Redditi PF 2024, tutti i contribuenti che nel 2023 hanno realizzato plusvalenze superiori ai 2.000 euro, sono stati obbligati a portare a tassazione l’intero importo, e non solo la parte eccedente, come invece avrebbe dovuto essere secondo una corretta lettura normativa. Ora, con questo riconoscimento formale, si apre finalmente la strada per una procedura di rimborso fondata su un documento ufficiale dell’Agenzia, con valore anche in fase di eventuale contenzioso.
Implicazioni pratiche
Alla luce del recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate e della discrepanza tra l’impianto normativo e la struttura dichiarativa vigente per l’anno d’imposta 2023, il contribuente si trova oggi in una posizione anomala, ma anche di potenziale vantaggio. Da un lato, ha subìto un’ingiusta imposizione a causa di istruzioni tecniche errate o incomplete; dall’altro, ha ora a disposizione strumenti normativi e interpretativi per far valere i propri diritti, in primis il diritto al rimborso dell’imposta versata in eccesso.
Sul piano pratico, è essenziale agire tempestivamente. La presentazione dell’istanza cartacea presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate rappresenta oggi l’unica via concreta, anche se non priva di ostacoli: non esiste infatti una modulistica ufficiale per questo specifico caso, e l’esito potrebbe variare in funzione del comportamento dell’ufficio territorialmente competente. In questo scenario, è consigliabile allegare tutta la documentazione utile: copia della dichiarazione, prospetto delle plusvalenze, calcoli, quietanze di pagamento, nonché un riferimento esplicito alla FAQ del 30 aprile 2025 e alla franchigia dei 2.000 euro ex art. 67, comma 1, lettera c-sexies TUIR.
Il rischio di contenzioso tributario non può essere escluso. In caso di rifiuto esplicito o silenzio dell’Agenzia, il contribuente potrà valutare il ricorso alla giustizia tributaria entro i termini di legge. Tuttavia, proprio la presenza della FAQ potrebbe costituire un elemento fondamentale in favore del contribuente, come “prassi amministrativa favorevole” rilevante ai sensi dell’art. 10 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000).
Da un punto di vista strategico, è fortemente consigliato agire con l’assistenza di un professionista fiscalista, che possa anche valutare l’opportunità di presentare una richiesta di autotutela preventiva all’Agenzia, oppure anticipare eventuali rilievi dell’amministrazione.
Opportunità fiscali future
L’esperienza del 2023 ha mostrato in modo lampante quanto sia importante, per i contribuenti che operano con cripto-attività, essere aggiornati non solo sulle norme di legge, ma anche sulle interpretazioni e sui modelli dichiarativi. L’incoerenza tra testo normativo e specifiche tecniche ha generato un cortocircuito applicativo che ora può essere corretto, ma che rappresenta anche un campanello d’allarme per il futuro.
Dal 2025 in poi, la franchigia dei 2.000 euro è stata eliminata (art. 1, commi 23-25 della Legge di Bilancio 2025 – Legge 207/2024), rendendo l’intero ammontare delle plusvalenze da cripto-attività immediatamente imponibile. Si tratta di un cambiamento radicale che impone una revisione delle proprie strategie fiscali: sarà quindi cruciale monitorare costantemente le plusvalenze realizzate, utilizzare strumenti di tracciamento delle operazioni e valutare, dove possibile, la compensazione con minusvalenze pregresse.
Un’altra opportunità riguarda l’adeguata documentazione delle operazioni crypto, inclusi wallet, transazioni e report delle piattaforme. I contribuenti possono trarre vantaggio anche da una corretta scelta tra regime dichiarativo e regime amministrato, soprattutto se si affidano a intermediari esteri (exchange) che non operano come sostituti d’imposta. La consulenza preventiva con un commercialista esperto in fiscalità digitale diventa dunque fondamentale non solo per risparmiare sulle imposte, ma anche per evitare sanzioni.
Cripto-attività vs altri strumenti finanziari
Per comprendere meglio l’anomalia vissuta nel 2023, è utile confrontare il regime fiscale delle cripto-attività con quello applicabile ad altri strumenti finanziari, come ETF, azioni e forex. In questi ambiti, il sistema tributario italiano prevede da tempo meccanismi chiari: ad esempio, la tassazione delle plusvalenze è definita al 26%, con la possibilità di dedurre minusvalenze realizzate nello stesso periodo d’imposta o nei quattro successivi.
A differenza delle cripto-attività, però, questi strumenti beneficiano di un regime amministrato tramite intermediari finanziari (banche, SIM), che agiscono da sostituti d’imposta. Questo consente all’investitore di non dover effettuare alcuna dichiarazione autonoma. Al contrario, per le cripto-attività — salvo rare eccezioni — vige ancora oggi il regime dichiarativo, con obbligo di indicazione nel quadro RT del modello Redditi e l’autonoma determinazione dell’imposta sostitutiva.
Nel 2023, l’assenza di un sistema centralizzato di calcolo e verifica, unita all’interpretazione errata della soglia dei 2.000 euro, ha reso ancora più incerto il panorama per chi investe in criptovalute. Questo rafforza l’idea che una riforma più organica della fiscalità crypto sia auspicabile, eventualmente con l’introduzione di un regime opzionale semplificato o il riconoscimento di intermediari crypto autorizzati.
Considerazioni finali
L’evoluzione normativa e dichiarativa sulla fiscalità delle cripto-attività in Italia ha dimostrato, ancora una volta, quanto sia fragile il confine tra norma, prassi e interpretazione tecnica. L’errata gestione della franchigia di 2.000 euro per l’anno d’imposta 2023 ha costretto molti contribuenti a versare più del dovuto, generando una situazione iniqua che solo a posteriori – con la FAQ del 30 aprile 2025 – ha trovato un principio di equità e rettifica.
Oggi, però, non si tratta solo di reclamare ciò che è stato versato in eccesso. È il momento per tutti gli investitori in crypto di imparare da questa esperienza, strutturare una gestione fiscale più accurata e adottare strategie consapevoli per affrontare i cambiamenti introdotti con la Legge di Bilancio 2025, che ha eliminato la franchigia, imponendo un carico fiscale pieno e diretto. La chiave sarà l’organizzazione preventiva, la consulenza professionale, e un monitoraggio continuo dell’evoluzione normativa.
In un settore così volatile e innovativo come quello delle criptovalute, l’educazione finanziaria e fiscale è un asset tanto prezioso quanto il portafoglio digitale. Conoscere i propri diritti, reagire tempestivamente agli errori delle istituzioni e costruire un rapporto strategico con il proprio consulente può fare la differenza tra una semplice dichiarazione dei redditi e una vera e propria ottimizzazione fiscale legale ed efficace.