8.7 C
Rome
sabato 13 Dicembre 2025
Home Blog Page 3

Sport Bonus 2025 seconda finestra: elenco ammessi, scadenze e come ottenere il credito d’imposta del 65%

0

Il Dipartimento per lo Sport ha pubblicato l’elenco dei soggetti ammessi alla seconda finestra dello Sport Bonus 2025, una misura fiscale che consente alle imprese di ottenere un credito d’imposta del 65% sulle erogazioni liberali effettuate per interventi su impianti sportivi pubblici o per la realizzazione di nuove strutture.

Le imprese selezionate dovranno effettuare i versamenti entro il 9 dicembre 2025, seguendo modalità precise e tracciabili, e trasmettere la documentazione richiesta attraverso la piattaforma online del Dipartimento.

La misura, rifinanziata con la Legge di Bilancio 2025 (art. 1, comma 246, L. n. 207/2024), si conferma come uno strumento di supporto alla riqualificazione dello sport pubblico, ma anche come opportunità di pianificazione fiscale per le aziende.

In questo articolo analizziamo cos’è lo Sport Bonus e a chi è rivolto, l’elenco degli ammessi nella seconda finestra 2025, come effettuare correttamente le erogazioni liberali, i benefici fiscali riconosciuti e soprattutto, come non perdere questa opportunità di risparmio legale e supporto al mondo sportivo.

Cos’è lo Sport Bonus

Lo Sport Bonus è un’agevolazione fiscale pensata per incentivare le erogazioni liberali a favore dell’impiantistica sportiva pubblica. Introdotto con l’art. 1, comma 621, della Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017), viene rifinanziato e aggiornato ogni anno per favorire la partecipazione di imprese e cittadini.

Nella sua forma attuale, lo Sport Bonus consente a:

  • Imprese (società di capitali e di persone);

  • Lavoratori autonomi;

  • Enti non commerciali

di ottenere un credito d’imposta pari al 65% delle somme donate, utilizzabile in compensazione tramite F24. Questo significa che, su 10.000 euro donati, ben 6.500 euro saranno recuperati tramite sconto fiscale.

Le donazioni devono essere finalizzate alla manutenzione, al restauro o alla realizzazione di impianti sportivi pubblici, anche gestiti da soggetti concessionari pubblici. Si tratta, dunque, di un’opportunità concreta per chi desidera coniugare responsabilità sociale d’impresa e ottimizzazione fiscale.

Elenco ammessi 

Il Dipartimento per lo Sport ha ufficialmente pubblicato l’elenco dei soggetti ammessi allo Sport Bonus 2025 – seconda finestra, ovvero coloro che possono effettuare donazioni in denaro per la manutenzione, riqualificazione o costruzione di impianti sportivi pubblici. Si tratta di un passaggio fondamentale del processo, che consente ai soggetti selezionati di proseguire con l’erogazione e ottenere il credito d’imposta del 65% previsto dalla normativa.

Scadenza cruciale: tutti gli ammessi dovranno effettuare le donazioni entro martedì 9 dicembre 2025. Il mancato rispetto della scadenza comporta la decadenza dal beneficio fiscale.

Le modalità di versamento ammesse sono rigorose e devono garantire la tracciabilità del pagamento. Ecco gli strumenti autorizzati:

  • Bonifico bancario;

  • Bollettino postale;

  • Carte di debito;

  • Carte di credito o prepagate;

  • Assegni bancari e circolari.

Dopo aver effettuato il pagamento, ogni beneficiario dovrà inviare un file unico tramite la piattaforma telematica del Dipartimento dello Sport, contenente:

  1. La quietanza di pagamento con causale “Sport Bonus 2025 seconda finestra”, completa di CRO o TRN;

  2. Il modulo che attesta la ricezione dell’erogazione da parte del soggetto destinatario.

Questa documentazione sarà poi trasmessa all’Agenzia delle Entrate, che provvederà a inserire il credito d’imposta nel cassetto fiscale del soggetto erogante.

Ricordiamo che l’estensione del beneficio allo Sport Bonus per l’anno 2025 è stata prevista dall’art. 1, comma 246, della Legge di Bilancio n. 207 del 30 dicembre 2024.

Il bonus è riservato esclusivamente alle imprese, che potranno godere del credito d’imposta in tre quote annuali di pari importo.

Sport Bonus 2025

Con la pubblicazione dell’avviso di apertura della seconda finestra il 15 ottobre 2025, prende ufficialmente il via la nuova fase dello Sport Bonus 2025, misura confermata e rifinanziata dalla Legge di Bilancio 2025 (art. 1, comma 246, L. n. 207/2024). La norma ricalca quanto previsto dalla precedente legge di bilancio 2019 (art. 1, commi da 621 a 626, L. 145/2018), consolidando una misura volta a favorire le erogazioni liberali da parte delle imprese italiane verso impianti sportivi pubblici.

Anche per il 2025, l’agevolazione è riservata esclusivamente alle imprese, che possono beneficiare di un credito d’imposta pari al 65% dell’importo erogato, da ripartire in tre quote annuali di pari valore.

Tuttavia, l’accesso al beneficio è subordinato al rispetto di alcune condizioni ben precise:

  • L’importo massimo che ciascuna impresa può destinare al bonus è pari al 10 per mille dei ricavi 2024;

  • L’ammontare complessivo dei crediti d’imposta concessi non può superare i 10 milioni di euro su base nazionale.

Come stabilito dal DPCM 30 aprile 2019, anche quest’anno il procedimento si articola in due finestre temporali, ciascuna della durata di 120 giorni:

  1. Prima finestra: aperta il 30 maggio 2025 (già conclusa);

  2. Seconda finestra: apertura il 15 ottobre 2025.

Le imprese interessate hanno 30 giorni di tempo dalla data di apertura (quindi fino al 14 novembre 2025) per presentare la domanda di ammissione tramite l’apposita piattaforma telematica del Dipartimento per lo Sport. Solo dopo l’approvazione sarà possibile procedere all’erogazione.

Una volta effettuata e certificata la donazione, il Dipartimento autorizzerà le imprese a fruire del credito d’imposta, trasmettendo i dati all’Agenzia delle Entrate per l’inserimento nel cassetto fiscale.

Procedura pratica

Una volta ammessi alla seconda finestra dello Sport Bonus 2025, le imprese beneficiarie devono prestare massima attenzione a rispettare le modalità e le scadenze previste per completare correttamente la procedura.

In particolare, le donazioni in denaro devono essere effettuate entro il 9 dicembre 2025 utilizzando strumenti di pagamento tracciabili e idonei secondo la normativa vigente.

Le forme di pagamento ammesse includono:

  • Bonifico bancario;

  • Bollettino postale;

  • Carte di debito, credito o prepagate;

  • Assegni bancari o circolari.

È obbligatorio inserire nella causale del versamento la dicitura: “Sport Bonus 2025 seconda finestra”, assicurandosi che siano visibili il CRO (Codice Riferimento Operazione) o il TRN (Transaction Reference Number).

Dopo il versamento, l’impresa dovrà caricare sulla piattaforma telematica del Dipartimento per lo Sport un file unico in formato PDF, contenente:

  1. La quietanza del pagamento effettuato;

  2. Il modulo di attestazione della ricezione della liberalità rilasciato dal soggetto destinatario della donazione.

Una volta completato l’invio, il Dipartimento per lo Sport trasmetterà i dati all’Agenzia delle Entrate, che provvederà a inserire nel cassetto fiscale dell’impresa il credito d’imposta spettante. Quest’ultimo potrà essere utilizzato in compensazione tramite modello F24, a partire dal periodo d’imposta successivo.

Attenzione: in assenza di uno dei documenti richiesti o di un errore nella causale del pagamento, il credito d’imposta potrebbe non essere riconosciuto. È quindi fondamentale farsi assistere da un professionista o da un consulente fiscale.

Vantaggi fiscali 

Aderire allo Sport Bonus 2025 non rappresenta solo un gesto di solidarietà verso il mondo dello sport pubblico, ma si traduce in un’importante opportunità di ottimizzazione fiscale per le imprese. Il principale beneficio è rappresentato dal credito d’imposta del 65%, che riduce significativamente l’onere fiscale in capo all’azienda.

Questo credito:

  • Non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile IRAP;

  • Può essere utilizzato in compensazione in tre quote annuali di pari importo;

  • È immediatamente visibile nel cassetto fiscale una volta completata la procedura con il Dipartimento per lo Sport e l’Agenzia delle Entrate.

Un aspetto particolarmente vantaggioso è la possibilità per le imprese di utilizzare questo strumento in un’ottica di pianificazione fiscale, specialmente in anni di utile elevato o di pressione fiscale significativa. Lo Sport Bonus, infatti, consente di trasformare una spesa in una leva fiscale, con un impatto positivo sul cash flow dell’azienda nei tre anni successivi.

Inoltre, c’è un importante ritorno in termini di responsabilità sociale d’impresa (CSR). Sostenere impianti sportivi pubblici significa contribuire attivamente al miglioramento del tessuto sociale e urbano, con riflessi positivi anche in termini di reputazione aziendale, marketing e posizionamento.

Infine, va sottolineato che lo Sport Bonus è un incentivo a capienza limitata: essendo il plafond nazionale pari a 10 milioni di euro, le imprese interessate farebbero bene a muoversi tempestivamente, per non rischiare di rimanere escluse una volta esaurite le risorse disponibili.

Guida operativa

Per ottenere correttamente il beneficio previsto dallo Sport Bonus 2025 – seconda finestra, ogni impresa deve seguire con precisione una serie di passaggi operativi, evitando errori formali che potrebbero compromettere il riconoscimento del credito d’imposta. Ecco una guida pratica in sei fasi fondamentali:

1. Verifica dei requisiti e dei limiti

L’impresa deve accertarsi di poter rientrare nel beneficio:

  • È riservato esclusivamente alle imprese;

  • L’importo massimo erogabile è pari al 10 per mille dei ricavi dell’anno 2024;

  • Il plafond complessivo nazionale è di 10 milioni di euro.

2. Domanda di ammissione

Dal 15 ottobre 2025 l’impresa ha 30 giorni di tempo (fino al 14 novembre 2025) per presentare la domanda di ammissione attraverso la piattaforma del Dipartimento per lo Sport.

3. Attesa dell’autorizzazione

Solo dopo la pubblicazione dell’elenco degli ammessi, sarà possibile effettuare la donazione. La procedura è selettiva e a graduatoria, quindi non tutte le domande potrebbero essere accolte.

4. Erogazione della liberalità

Effettuare il versamento entro il 9 dicembre 2025, con uno dei metodi ammessi (bonifico, bollettino, carte o assegni), inserendo correttamente la causale e conservando la ricevuta.

5. Invio documentazione

Caricare sulla piattaforma un file PDF unico contenente:

  • Quietanza di pagamento con CRO/TRN;

  • Attestazione della ricezione della liberalità da parte dell’ente beneficiario.

6. Fruizione del credito

Il Dipartimento trasmette i dati all’Agenzia delle Entrate, che inserisce l’importo nel cassetto fiscale dell’impresa. Il credito potrà essere compensato in tre rate annuali, utilizzando il modello F24.

È consigliato l’affiancamento da parte di un commercialista o consulente fiscale esperto, per evitare errori che possano causare l’inammissibilità del beneficio.

Conclusioni 

Lo Sport Bonus 2025, seconda finestra rappresenta una delle più interessanti agevolazioni fiscali attualmente a disposizione delle imprese italiane. Con un credito d’imposta del 65%, la possibilità di contribuire alla riqualificazione dello sport pubblico e un meccanismo di accesso definito e regolamentato, questa misura consente di trasformare un’erogazione liberale in un risparmio fiscale concreto e tracciabile.

Tuttavia, per beneficiare di questo incentivo è essenziale:

  • Effettuare la donazione entro e non oltre il 9 dicembre 2025;

  • Rispettare rigorosamente le modalità di pagamento e di invio della documentazione.

In un contesto economico dove ogni leva fiscale può fare la differenza, lo Sport Bonus offre vantaggi tangibili sia in termini finanziari che reputazionali. Partecipare significa supportare il sistema sportivo nazionale, ma anche fare una scelta fiscalmente intelligente.

Il consiglio, quindi, è quello di attivarsi subito, magari con l’assistenza del proprio consulente fiscale di fiducia, per non perdere una finestra temporale limitata e a capienza nazionale. Ricorda: i fondi si esauriscono e l’ordine cronologico conta.

Split Payment 2026: elenchi MEF pubblicati, novità FTSE MIB e scadenze da conoscere

0

Con l’avvicinarsi del 2026, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha ufficialmente pubblicato i nuovi elenchi dei soggetti tenuti all’applicazione del meccanismo dello split payment, aggiornando così imprese e professionisti sulle categorie coinvolte. Questa comunicazione, disponibile sulla pagina dedicata del sito del MEF, rinnova l’attenzione su un regime fiscale straordinario, spesso fonte di dubbi e complicazioni operative per chi emette fatture verso la Pubblica Amministrazione e altri soggetti obbligati.

Lo split payment, come noto, è un meccanismo speciale di versamento dell’IVA che scinde il pagamento del corrispettivo da quello dell’imposta: mentre il fornitore incassa il netto, è il committente pubblico (o soggetto indicato negli elenchi) a dover versare direttamente l’IVA all’Erario. Questo sistema, pensato per contrastare l’evasione fiscale, comporta però un impatto diretto sulla liquidità delle imprese coinvolte, oltre a dover rispettare una normativa tecnica piuttosto rigida, inclusa la corretta compilazione delle e-fatture con l’indicazione “S” nel campo “Esigibilità IVA”.

La recente Decisione UE n. 1552 del 25 luglio 2023 ha prorogato l’autorizzazione a utilizzare questo regime fino al 30 giugno 2026, introducendo però importanti novità. Tra queste, una modifica rilevante a partire dal 1° luglio 2025, quando le società quotate nell’indice FTSE MIB non saranno più soggette allo split payment, una svolta che potrebbe cambiare le dinamiche per molte aziende italiane di grandi dimensioni.

In questo articolo vedremo cosa prevede lo split payment 2026, quali soggetti sono coinvolti, le modifiche normative recenti, e soprattutto come prepararsi in modo corretto per evitare errori. In più, vedremo strategie legali per mitigare l’impatto di questo meccanismo sulla propria attività.

Elenchi ufficiali dal MEF

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha reso noti, con l’avviso del 20 ottobre 2025, i nuovi elenchi aggiornati per il 2026 dei soggetti tenuti ad applicare il meccanismo della scissione dei pagamenti (split payment). Questi elenchi, consultabili nella sezione dedicata sul sito del MEF, sono fondamentali per identificare con certezza i destinatari del regime speciale previsto dall’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972, come modificato dal D.L. 148/2017 e successivamente convertito in legge n. 172/2017.

Gli elenchi 2026 riguardano:

  • le società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri;

  • enti o società controllate dalle Amministrazioni Centrali;

  • enti o società controllate dalle Amministrazioni Locali;

  • gli enti o società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza;

  • le fondazioni, enti o società partecipate per almeno il 70% del capitale dalle Pubbliche Amministrazioni.

A differenza di queste categorie, le Pubbliche Amministrazioni in senso stretto (come definite dalla Legge n. 196/2009, art. 1, comma 2) non sono incluse negli elenchi del MEF, ma restano comunque soggette al meccanismo dello split payment ai sensi dell’art. 17-ter, comma 1, dello stesso DPR. Per queste, si fa riferimento all’elenco IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), disponibile sul sito ufficiale www.indicepa.gov.it.

Il MEF consente la verifica tramite codice fiscale della presenza negli elenchi di fondazioni, enti e società. Inoltre, i soggetti interessati (escluse le società quotate nell’indice FTSE MIB) possono segnalare errori o omissioni, inoltrando apposita richiesta corredata da documentazione, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

Cos’è lo Split Payment e come funziona

Il meccanismo dello split payment (in italiano “scissione dei pagamenti”) rappresenta una deroga al regime ordinario di versamento dell’IVA. Introdotto in Italia con l’art. 17-ter del D.P.R. 633/1972, questo sistema prevede che, in determinate operazioni, l’IVA non venga incassata dal fornitore, ma versata direttamente all’Erario dal soggetto pubblico o assimilato che riceve la prestazione o la cessione.

In pratica, quando un’impresa o un professionista emette una fattura elettronica verso un soggetto incluso negli elenchi MEF (o verso una Pubblica Amministrazione soggetta all’IPA), deve:

  1. Addebitare l’IVA in fattura, indicando comunque l’imposta come da regime ordinario;

  2. Compilare correttamente il campo “Esigibilità IVA” con il valore “S”, che segnala l’applicazione dello split payment;

  3. Ricevere soltanto l’importo al netto dell’IVA dal committente;

  4. Vedere l’IVA versata direttamente all’Agenzia delle Entrate da parte del soggetto acquirente/committente.

L’obiettivo dello split payment è contrastare l’evasione fiscale, impedendo che l’IVA riscossa non venga poi versata allo Stato. Tuttavia, questo sistema ha impatti significativi sulla liquidità delle imprese, che non percepiscono l’IVA incassata ma devono comunque pagarla sui propri acquisti.

Per mitigare l’effetto finanziario negativo, i soggetti passivi che operano in regime di split payment possono valutare l’opportunità di richiedere il rimborso trimestrale dell’IVA a credito, oppure compensare tali crediti in F24, ma solo rispettando precise condizioni.

Split Payment valido fino al 30 giugno 2026

Lo split payment, essendo una deroga alle regole generali sull’IVA previste dalla Direttiva 2006/112/CE, può essere applicato solo previa autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea. Attualmente, questa autorizzazione è stata prorogata fino al 30 giugno 2026 con la Decisione UE n. 1552 del 25 luglio 2023, che ha accolto la richiesta dell’Italia di estendere l’utilizzo di questo strumento per combattere l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto.

Nel testo della decisione si riconosce la necessità per l’Italia di mantenere attivo lo split payment per alcune categorie di soggetti pubblici e para-pubblici, considerando i risultati positivi ottenuti in termini di riduzione del rischio di frode. Tuttavia, la proroga ha introdotto una modifica significativa che entrerà in vigore dal 1° luglio 2025: le società quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana non saranno più soggette allo split payment.

Questa esclusione risponde all’obiettivo di semplificare gli adempimenti per le grandi società quotate, che sono già sottoposte a controlli e regole di trasparenza particolarmente rigorose. Di conseguenza, tutte le imprese che emettono fatture verso società FTSE MIB dovranno modificare il comportamento fiscale a partire da quella data.

Alla luce di questa scadenza e dell’orizzonte temporale definito al 2026, è essenziale per imprese, professionisti e consulenti monitorare eventuali ulteriori proroghe o l’adozione di nuovi meccanismi alternativi allo split payment, che potrebbero essere proposti dal legislatore italiano o europeo nei prossimi anni.

Errori da evitare e buone pratiche

Per le imprese e i professionisti che rientrano nel regime dello split payment, la corretta emissione delle fatture elettroniche è un aspetto cruciale per garantire la conformità fiscale e prevenire contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate o del committente. L’errore più frequente? Dimenticare di indicare il codice “S” nel campo “Esigibilità IVA” del tracciato XML.

Questa svista può comportare lo scarto della fattura oppure, peggio, l’applicazione errata dell’imposta, con il rischio di dover rifare la fatturazione o subire sanzioni. È fondamentale quindi che chi si occupa dell’emissione delle fatture, internamente o tramite software gestionale, abbia chiaro quando applicare lo split payment e quali clienti sono inclusi negli elenchi ufficiali del MEF o nell’elenco IPA.

Un’altra buona pratica è quella di effettuare periodicamente un controllo degli elenchi pubblicati dal MEF, disponibili dal 2018 al 2026, in modo da verificare eventuali modifiche nella qualifica del cliente. Le aziende dovrebbero anche archiviare in modo ordinato eventuali documenti giustificativi relativi alla corretta o errata inclusione negli elenchi, utili in caso di verifica.

Infine, si consiglia di informare i clienti soggetti allo split payment del regime applicato, soprattutto in caso di novità normative, come l’esclusione delle società FTSE MIB dal 2025. Un confronto preventivo può evitare errori di pagamento o contestazioni sui documenti fiscali.

L’organizzazione interna, la formazione del personale contabile e l’aggiornamento dei software gestionali sono quindi fattori decisivi per una corretta gestione delle operazioni IVA in split payment.

Split Payment e liquidità aziendale

Uno degli effetti più discussi dello split payment è senza dubbio l’impatto negativo sulla liquidità delle imprese. Dal momento che l’IVA non viene più incassata ma versata direttamente dal cliente all’Erario, le aziende fornitrici si ritrovano con un credito IVA strutturale, soprattutto se operano prevalentemente con soggetti pubblici o enti inseriti negli elenchi MEF.

In questi casi, l’impresa è costretta ad anticipare l’IVA sugli acquisti senza poterla compensare con l’IVA sulle vendite, generando un disallineamento di cassa che, nel tempo, può incidere sulla sostenibilità finanziaria dell’attività. Per ridurre questo squilibrio esistono però strumenti previsti dalla normativa fiscale.

Tra i principali:

  • Rimborso IVA trimestrale o annuale: le imprese con un credito IVA superiore a 2.582,28 euro e che rispettano determinati requisiti possono richiedere il rimborso con periodicità trimestrale o annuale. È fondamentale però rispettare i limiti di operazioni attive con split payment e utilizzare il modello IVA TR in modo corretto.

  • Compensazione in F24 del credito IVA: il credito maturato può essere utilizzato per compensare altre imposte o contributi tramite modello F24, ma solo entro i limiti fissati dalla legge (ad esempio 2 milioni di euro annui) e con obbligo di visto di conformità per importi superiori a 5.000 euro.

  • Adesione al regime IVA di gruppo (per grandi realtà aziendali): consente la compensazione tra debiti e crediti IVA tra società appartenenti allo stesso gruppo, favorendo una gestione più efficiente del saldo IVA complessivo.

Infine, è utile coinvolgere il proprio commercialista o consulente fiscale per analizzare con precisione i flussi IVA aziendali, al fine di strutturare una strategia che tenga conto del peso dello split payment e sfrutti al massimo le opzioni di rimborso o compensazione.

Responsabilità, controlli e rischi

L’applicazione corretta dello split payment non è solo un adempimento tecnico, ma comporta responsabilità concrete per le imprese, i professionisti e gli enti coinvolti, sia in qualità di cedenti che di committenti.

In particolare, il mancato rispetto delle regole può dare luogo a verifiche fiscali, recuperi d’imposta e sanzioni amministrative anche rilevanti.

Per il cedente/prestatore, ovvero chi emette la fattura, è fondamentale:

  • Verificare con precisione se il cliente rientra negli elenchi MEF o IPA;

  • Inserire correttamente in fattura il codice “S” nel campo Esigibilità IVA;

  • Accertarsi che l’imponibile e l’IVA siano calcolati correttamente e che la causale del documento sia chiara.

Dal lato del cessionario/committente, ovvero l’ente o soggetto che riceve la fattura, sussiste l’obbligo di:

  • Versare l’IVA all’Erario entro i termini previsti, con F24 intestato correttamente;

  • Conservare la documentazione comprovante l’avvenuto pagamento;

  • Rispettare gli obblighi di registrazione secondo le tempistiche stabilite.

Entrambe le parti possono essere oggetto di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, che può rilevare irregolarità sia sull’emissione della fattura sia sul versamento dell’imposta. Le sanzioni previste, in caso di errori o omissioni, possono arrivare fino al 100% dell’imposta non versata, oltre agli interessi legali.

Inoltre, per i soggetti che scoprono incongruenze negli elenchi pubblicati dal MEF, è prevista la possibilità di segnalare la situazione mediante apposito modulo e con idonea documentazione, evitando così di incorrere in errori formali o sostanziali che potrebbero avere impatti fiscali.

Una gestione attenta e documentata è quindi essenziale per evitare rischi, soprattutto in vista delle continue modifiche normative e dei controlli incrociati sempre più frequenti da parte dell’amministrazione finanziaria.

Cosa cambia per imprese e fornitori

Tra le novità più rilevanti introdotte dalla Decisione del Consiglio dell’UE n. 1552/2023, vi è l’esclusione dallo split payment delle società quotate nell’indice FTSE MIB, a partire dal 1° luglio 2025. Questa modifica segna un importante cambiamento nel panorama operativo e fiscale italiano, con impatti immediati per migliaia di imprese fornitrici che operano abitualmente con questi grandi gruppi societari.

Le società FTSE MIB, che rappresentano le aziende a maggiore capitalizzazione della Borsa Italiana, sono state inizialmente incluse nello split payment per via del loro legame diretto o indiretto con la finanza pubblica e la loro partecipazione azionaria pubblica.

Tuttavia, la decisione europea ha riconosciuto che, grazie all’alto livello di trasparenza e agli obblighi di controllo già in essere per questi soggetti, la loro esclusione non comporterebbe rischi significativi in termini di evasione IVA.

Cosa significa questo per i fornitori di società FTSE MIB?

  • A partire dalle operazioni fatturate dal 1° luglio 2025, l’IVA tornerà ad essere incassata direttamente dal fornitore, secondo le regole ordinarie;

  • Le imprese dovranno modificare la configurazione dei propri software di fatturazione, rimuovendo l’indicazione “S” nel campo “Esigibilità IVA” per questi clienti;

  • Cambieranno anche le strategie di gestione della liquidità, in quanto si tornerà ad incassare l’IVA su queste operazioni.

Dal lato delle società quotate, l’eliminazione dello split payment semplificherà le procedure contabili e i versamenti IVA, riducendo così anche il rischio di errori formali.

È però fondamentale che tutte le imprese coinvolte si preparino con anticipo alla scadenza del 30 giugno 2025, aggiornando le proprie anagrafiche clienti, effettuando test sul software gestionale e, se necessario, formando il personale amministrativo.

Come prepararsi al futuro del regime IVA

Con la scadenza fissata al 30 giugno 2026, il futuro dello split payment in Italia resta ancora incerto. Sebbene fino a quella data il meccanismo sarà pienamente operativo per le categorie previste, non è detto che l’Italia otterrà un’ulteriore proroga dall’Unione Europea. Le istituzioni europee, infatti, vedono il regime di split payment come una misura eccezionale, da limitare nel tempo e applicare solo in casi di necessità assoluta.

In questo contesto, le imprese devono iniziare fin da ora a pensare in modo strategico alla gestione del post-split payment, valutando:

  • l’impatto del ritorno al regime ordinario sull’equilibrio finanziario;

  • la possibilità di rivedere le politiche commerciali e contrattuali con i clienti pubblici;

  • l’adeguamento dei software gestionali e dei processi interni.

Nel frattempo, per tutto il 2025 e la prima metà del 2026, sarà cruciale continuare a monitorare le pubblicazioni degli elenchi MEF, aggiornare le anagrafiche clienti, e verificare regolarmente che le fatture elettroniche siano compilate correttamente in base alla tipologia del destinatario.

Chi fornisce beni o servizi alla Pubblica Amministrazione, agli enti partecipati o controllati, e alle fondazioni pubbliche dovrà mantenere alta l’attenzione e affidarsi a professionisti fiscali qualificati per non incorrere in errori formali o inadempienze.

Infine, non si esclude che nei prossimi anni possano essere introdotti nuovi strumenti o alternative allo split payment, magari legati all’evoluzione digitale del sistema fiscale (es. versamento diretto tramite e-fattura o sistemi di pagamento tracciato automatizzati). In ogni caso, restare aggiornati e flessibili sarà l’unico vero vantaggio competitivo.

Conclusione

Lo split payment si conferma, anche nel 2026, come un adempimento fiscale complesso ma fondamentale per chi lavora con la Pubblica Amministrazione o con soggetti pubblici e partecipati. La pubblicazione degli elenchi aggiornati da parte del MEF e le novità introdotte dalla Decisione UE n. 1552/2023 richiedono massima attenzione da parte di imprese e professionisti.

Con l’imminente esclusione delle società FTSE MIB a partire dal 1° luglio 2025, e l’orizzonte normativo attualmente fissato al 30 giugno 2026, è essenziale non solo rispettare gli obblighi formali, ma anche pianificare con lungimiranza l’impatto sul piano finanziario, operativo e fiscale.

Affidarsi a uno studio esperto in materia tributaria è oggi più che mai un vantaggio competitivo: consente di evitare errori, ottimizzare la gestione IVA e accedere agli strumenti fiscali disponibili per compensare gli effetti negativi sulla liquidità.

Chi è ben informato, anticipa i cambiamenti e adatta i propri processi contabili, sarà pronto non solo a gestire lo split payment, ma anche ad affrontare le future evoluzioni normative in tema di IVA e digitalizzazione fiscale.

Credito ZES Mezzogiorno 2025: come inviare la comunicazione integrativa entro il 2 dicembre e ottenere il bonus fiscale

0

Il Credito d’Imposta ZES per il Mezzogiorno torna al centro dell’attenzione con una scadenza importante: dal 18 novembre fino al 2 dicembre 2025, le imprese che hanno presentato domanda per usufruire dell’incentivo possono inviare la comunicazione integrativa richiesta dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta di un adempimento cruciale, volto a correggere o aggiornare dati già trasmessi, ed è necessario per non perdere il beneficio fiscale. Questo credito, riservato alle aziende che investono nelle regioni del Sud Italia comprese nella ex Zona Economica Speciale (ZES), rappresenta un vantaggio competitivo concreto, ma richiede precisione e attenzione nella fase amministrativa.

In questo articolo spiegheremo chi può beneficiarne, come funziona la procedura di integrazione, quali sono gli errori da evitare e i benefici fiscali ottenibili. Inoltre, analizzeremo le norme di riferimento, compreso il Decreto-legge 124/2023, e forniremo indicazioni pratiche su come gestire correttamente l’adempimento con un occhio sempre attento al risparmio fiscale legale.

Chi deve inviarla e come funziona

Tutte le imprese che hanno trasmesso la comunicazione originaria per il Credito d’Imposta ZES Unica 2025 devono completare l’iter inviando, entro il 2 dicembre 2025, la comunicazione integrativa all’Agenzia delle Entrate. Questo adempimento è fondamentale perché attesta gli investimenti effettivamente realizzati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2025, in una delle aree ammesse: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Abruzzo.

Per effettuare l’invio, è obbligatorio utilizzare il modello approvato con Provvedimento n. 25972 del 31 gennaio 2025, disponibile sul sito dell’Agenzia, insieme al software dedicato “ZESUNICAINTEGRATIVA2025”, scaricabile gratuitamente. La trasmissione deve avvenire esclusivamente per via telematica, direttamente da parte dell’impresa beneficiaria o tramite un intermediario abilitato (ai sensi dell’art. 3, commi 2-bis e 3 del DPR 322/1998).

Attenzione: anche se la comunicazione viene scartata nei quattro giorni precedenti la scadenza, sarà considerata valida se correttamente ritrasmessa entro cinque giorni solari dal termine. Durante la finestra (18 novembre – 2 dicembre), è anche possibile sostituire o annullare comunicazioni già inviate, ma l’annullamento comporta la decadenza dall’agevolazione. Inoltre, fuori termine non saranno accolte nuove comunicazioni, salvo rettifiche del quadro C nei casi soggetti a controllo antimafia.

Credito ZES Unica 

Il Credito d’Imposta ZES Unica 2025, introdotto dal Decreto-legge n. 124/2023, rappresenta una delle misure più significative per incentivare gli investimenti produttivi nelle regioni del Sud Italia e dell’Abruzzo. L’obiettivo del legislatore è quello di sostenere lo sviluppo economico del Mezzogiorno attraverso un’agevolazione fiscale concreta, riservata a chi acquista beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nei territori rientranti nella ex Zona Economica Speciale (ZES).

Per accedere al beneficio, gli investimenti devono rispettare due condizioni principali:

  1. Essere effettivamente realizzati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2025;

  2. Rientrare in una soglia economica compresa tra 200.000 euro e 100 milioni di euro per ciascun progetto d’investimento.

Sono ammissibili al credito beni materiali nuovi, come macchinari, impianti, attrezzature, e immobili strumentali all’attività d’impresa. È fondamentale che tali beni siano direttamente collegati all’attività produttiva svolta nell’area ZES e che vengano acquisiti o realizzati nel periodo previsto dalla normativa.

Dopo la fase di comunicazione integrativa, l’Agenzia delle Entrate, con un successivo provvedimento del Direttore, determinerà la percentuale effettiva del credito d’imposta riconosciuto a ciascun beneficiario. Questa percentuale sarà calcolata in base all’ammontare complessivo delle richieste ricevute rispetto al limite di spesa massimo stanziato, pari a 2,2 miliardi di euro.

L’accesso al credito, quindi, non è automatico: sarà riconosciuto in proporzione alle richieste, con possibili tagli in caso di sovra-istanza rispetto ai fondi disponibili.

Vantaggi fiscali 

Il principale vantaggio del Credito d’Imposta ZES Mezzogiorno è rappresentato dalla possibilità di compensare direttamente il credito maturato con altri debiti tributari e contributivi, utilizzando il modello F24, senza necessità di attendere rimborsi o ulteriori autorizzazioni. Il credito può essere utilizzato in compensazione orizzontale, come previsto dall’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997, e diventa utilizzabile a partire dal quinto giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento che comunica la percentuale di fruizione spettante.

Per le imprese, questo si traduce in un concreto risparmio fiscale, che può incidere direttamente sulla liquidità aziendale, alleggerendo il carico fiscale corrente. È un incentivo particolarmente utile in un contesto economico incerto, come quello che caratterizza ancora alcune zone del Mezzogiorno, e può aiutare a finanziare investimenti produttivi e ammodernamenti tecnologici senza dover ricorrere (o ricorrendo in misura minore) al credito bancario.

Importante sottolineare che il credito:

  • Non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile IRAP (ai sensi dell’art. 1, comma 106, L. 208/2015);

  • Non è soggetto a tassazione;

  • Non incide sui parametri per l’accesso ad altri regimi agevolati, se correttamente indicato in dichiarazione.

Tuttavia, è fondamentale rispettare tutte le condizioni previste per non incorrere in revoche o recuperi da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tra queste: il mantenimento degli investimenti, la corretta destinazione dei beni e il rispetto delle soglie minime e massime previste.

Guida pratica 

Per sfruttare al meglio il Credito d’Imposta ZES Unica 2025, le imprese devono muoversi con precisione e tempestività. La comunicazione integrativa, da inviare entro il 2 dicembre 2025, è l’ultimo passaggio per ottenere l’agevolazione, ma anche il più delicato, perché qualunque errore potrebbe comportare la perdita definitiva del beneficio. Ecco i passaggi da seguire:

  1. Verifica degli investimenti: occorre accertarsi che i beni acquistati o realizzati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2025 rientrino tra quelli ammissibili e siano stati effettivamente localizzati in una struttura produttiva situata in una delle regioni ZES.

  2. Compilazione del modello ufficiale: bisogna utilizzare esclusivamente il modulo approvato con il provvedimento n. 25972 del 31 gennaio 2025, disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, da compilare con attenzione, senza incongruenze rispetto alla comunicazione originaria.

  3. Trasmissione telematica: l’invio va effettuato tramite il software “ZESUNICAINTEGRATIVA2025”, entro il termine del 2 dicembre. Si può inviare direttamente o tramite un intermediario abilitato (commercialista o CAF), come previsto dal DPR 322/1998.

  4. Eventuali correzioni: se ci si accorge di errori dopo l’invio, è possibile trasmettere una nuova comunicazione integrativa che sostituisce la precedente, purché entro il termine. In alternativa, si può anche procedere all’annullamento, che però fa decadere l’intera richiesta.

  5. Conservazione della documentazione: è fondamentale archiviare contratti, fatture, pagamenti, perizie e ogni altro documento utile a dimostrare la veridicità dell’investimento in caso di controlli fiscali o antimafia.

Solo con una corretta gestione amministrativa e una documentazione solida sarà possibile evitare recuperi d’imposta, sanzioni o, nei casi più gravi, la decadenza totale dal credito.

Strategie fiscali 

Il Credito d’Imposta ZES Unica non deve essere considerato solo come un bonus isolato, ma come uno strumento centrale di pianificazione fiscale per tutte le imprese che operano o intendono operare nel Sud Italia. Una corretta gestione dell’agevolazione permette non solo di ridurre la pressione fiscale nel breve termine, ma anche di programmare investimenti produttivi in modo efficiente, sfruttando al massimo le potenzialità dell’incentivo.

Ecco alcune strategie fiscali da considerare:

  • Programmazione degli F24: dal momento in cui il credito diventa utilizzabile, è utile pianificare la compensazione con imposte, contributi previdenziali, IVA o ritenute, in modo da ridurre subito il carico fiscale. Importante è monitorare i flussi di cassa e coordinare il credito con altre agevolazioni (es. credito beni 4.0, Sabatini, ecc.) per evitare sovrapposizioni non ammesse.

  • Ottimizzazione del periodo d’investimento: è consigliabile concentrare gli investimenti nel periodo utile (1° gennaio – 15 novembre), in modo da sfruttare per intero la finestra agevolata e includere il massimo importo possibile nella comunicazione integrativa.

  • Documentazione tecnica e peritale: laddove vi siano dubbi sull’ammissibilità dei beni (es. immobili strumentali), è opportuno avvalersi di una perizia tecnica asseverata, utile in caso di controlli futuri e fondamentale per evitare contestazioni.

  • Integrazione con la gestione del bilancio: il credito può migliorare gli indici di redditività aziendale e aumentare la capacità di autofinanziamento. Questo può essere utile anche in sede di rapporti con banche e investitori, che guardano positivamente a un’impresa che beneficia di incentivi pubblici ben gestiti.

Sfruttare il Credito ZES in modo strategico significa trasformare un incentivo fiscale in un vantaggio competitivo, rafforzando la presenza nel territorio e migliorando la struttura finanziaria dell’azienda.

Controlli e rischi

Il Credito d’Imposta ZES rappresenta un’opportunità concreta per le imprese, ma come ogni agevolazione fiscale, è soggetto a rigidi controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate e, in alcuni casi, anche delle Prefetture, soprattutto per quanto riguarda la documentazione antimafia. Errori, omissioni o comportamenti negligenti nella compilazione o nella trasmissione delle comunicazioni possono comportare la decadenza dal beneficio o addirittura il recupero delle somme già compensate, con interessi e sanzioni.

Vediamo gli errori più frequenti da evitare:

  • Dati incoerenti tra comunicazione originaria e integrativa: qualsiasi difformità tra quanto dichiarato inizialmente e quanto comunicato nella fase integrativa (es. importi, tipologia di investimento, localizzazione) può far scattare il blocco del credito.

  • Investimenti fuori ambito temporale o territoriale: il credito è valido solo per beni acquistati o realizzati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2025, e solo se destinati a strutture produttive site in regioni ammesse. Investimenti fuori da questi limiti non sono agevolabili, anche se per errore inclusi nella comunicazione.

  • Utilizzo del credito prima del via libera dell’Agenzia: la compensazione è consentita solo dopo il provvedimento che stabilisce la percentuale spettante. Qualsiasi utilizzo anticipato è considerato indebita compensazione, con tutte le conseguenze sanzionatorie del caso.

  • Documentazione carente: in caso di controlli, la mancanza di contratti, fatture, prove di pagamento o documentazione tecnica può compromettere la validità dell’investimento. In presenza di controlli antimafia, inoltre, è necessario fornire anche tracciabilità degli assetti societari.

Ricordiamo che la normativa (art. 1, comma 486 della L. 311/2004, come modificata dal DL 124/2023) prevede la decadenza automatica dal credito in caso di comunicazione integrativa non inviata nei termini o annullata. L’attenzione ai dettagli è quindi fondamentale per evitare spiacevoli sorprese fiscali.

Cosa aspettarsi nel 2026

Sebbene il Credito d’Imposta ZES Unica 2025 sia una misura a termine, sono già in corso riflessioni, sia a livello ministeriale che europeo, su un possibile prolungamento o rifinanziamento dell’incentivo per il 2026 e oltre. Le ZES – Zone Economiche Speciali – rappresentano un modello ormai consolidato a livello internazionale per incentivare lo sviluppo di aree economicamente svantaggiate attraverso agevolazioni fiscali, semplificazioni burocratiche e incentivi agli investimenti. In Italia, il loro successo è strettamente legato alla capacità di attrarre capitali e imprese nel Mezzogiorno, stimolando occupazione, innovazione e crescita locale.

Con il Decreto-legge 124/2023 e la creazione della ZES Unica per il Mezzogiorno, il Governo ha centralizzato e uniformato il sistema delle agevolazioni, ma si guarda già oltre. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede infatti ulteriori interventi per la coesione territoriale e lo sviluppo sostenibile delle regioni del Sud, e alcune misure potrebbero essere integrate con le ZES green, cioè aree produttive incentivate con vincoli ambientali e orientate alla transizione ecologica.

Le imprese devono quindi prepararsi non solo a cogliere le opportunità attuali, ma anche a pianificare gli investimenti futuri in funzione delle nuove politiche di sviluppo. In quest’ottica, il credito ZES non è solo una misura spot, ma parte di una strategia più ampia di rilancio industriale del Sud Italia, dove gli incentivi fiscali sono il punto di partenza per costruire una competitività strutturale nel medio-lungo periodo.

Un prolungamento del credito per il 2026 è possibile, ma dipenderà dai risultati ottenuti e dalla capacità delle imprese di utilizzare correttamente le risorse assegnate.

Conclusioni

Il Credito d’Imposta ZES Unica 2025 è una misura concreta, potente e strategica per tutte le imprese che investono nel Mezzogiorno e in Abruzzo. Non si tratta solo di un incentivo fiscale, ma di uno strumento in grado di sostenere lo sviluppo economico reale, migliorare la competitività e alleggerire il peso fiscale con modalità dirette e trasparenti. Tuttavia, per beneficiarne in pieno, è fondamentale non commettere errori e rispettare rigorosamente la procedura, a partire dall’invio della comunicazione integrativa entro il 2 dicembre 2025.

Le imprese devono essere pronte, organizzate e ben assistite da professionisti esperti per:

  • raccogliere e documentare correttamente gli investimenti effettuati;

  • trasmettere puntualmente la comunicazione usando i canali ufficiali;

  • pianificare l’utilizzo del credito all’interno della propria gestione fiscale.

In un contesto economico ancora incerto, sfruttare ogni agevolazione disponibile in modo legale e strategico è non solo un’opportunità, ma una necessità per restare competitivi. Il credito ZES rappresenta una leva importante per investire, crescere e risparmiare, contribuendo allo stesso tempo allo sviluppo dei territori del Sud.

Il consiglio è uno solo: non aspettare l’ultimo giorno. Pianifica oggi, verifica gli investimenti, raccogli la documentazione e affidati a un professionista per assicurarti di non perdere una delle misure più vantaggiose del 2025.

Bando Marchi+ 2025: contributi a fondo perduto per la registrazione di marchi UE e internazionali

0

Con il decreto direttoriale del 23 novembre 2025, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha ufficializzato le modalità e i termini per la presentazione delle domande relative al Bando Marchi+ 2024, una misura agevolativa destinata alle micro, piccole e medie imprese italiane.

A partire dal 4 dicembre 2025, le imprese interessate potranno presentare richiesta per accedere agli incentivi previsti dal bando, che rientra nell’ambito del più ampio progetto nazionale volto a sostenere la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale. L’iniziativa si inserisce in un contesto normativo e operativo che comprende anche i bandi Brevetti+e Disegni+, già attivi nel corso dell’anno, a conferma della volontà istituzionale di promuovere l’innovazione e la competitività delle PMI italiane, anche attraverso la tutela dei marchi a livello internazionale.

Il Bando Marchi+ è finalizzato al rimborso parziale delle spese sostenute dalle imprese per la registrazione di marchi dell’Unione Europea presso l’EUIPO e di marchi internazionali presso l’OMPI. La gestione operativa è affidata a Unioncamere, soggetto attuatore incaricato dal Ministero.

Nel presente articolo verranno analizzati nel dettaglio i requisiti di accesso, le spese ammissibili, la procedura per la presentazione delle domande, le principali novità rispetto alle edizioni precedenti, nonché i vantaggi economici e strategici derivanti dalla partecipazione al bando.

Cos’è il Bando Marchi+

Il Bando Marchi+ 2025 rappresenta una delle misure agevolative promosse dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) per sostenere le imprese italiane nei processi di tutela dei marchi all’estero. Si tratta di un’iniziativa che si colloca all’interno del Piano strategico nazionale per la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, e si rivolge espressamente a imprese di micro, piccola e media dimensione (PMI).

L’obiettivo del bando è favorire la registrazione dei marchi a livello europeo e internazionale, incentivando l’acquisto di servizi specialistici finalizzati alla protezione dei segni distintivi dell’impresa nei mercati esteri. In particolare, il bando si articola in due misure:

  • Misura A: agevolazioni per la registrazione di marchi dell’Unione europea presso l’EUIPO (Ufficio dell’Unione europea per la Proprietà Intellettuale), attraverso il ricorso a servizi specialistici esterni.

  • Misura B: agevolazioni per la registrazione di marchi internazionali presso l’OMPI (Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale), sempre mediante l’acquisto di servizi specialistici esterni.

Le agevolazioni sono concesse nella forma di contributo in conto capitale, a copertura parziale delle spese sostenute dalle imprese. Per l’annualità 2025, la dotazione finanziaria complessiva del bando ammonta a 2 milioni di euro, cifra che verrà erogata fino a esaurimento delle risorse disponibili, secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande.

Come e quando presentare la domanda

Le domande per accedere alle agevolazioni previste dal Bando Marchi+ 2025 possono essere presentate a partire dalle ore 12:00 del 4 dicembre 2025, esclusivamente tramite procedura informatica, secondo modalità operative che saranno dettagliate da Unioncamere, soggetto gestore della misura.

L’intervento è soggetto a una procedura valutativa a sportello, come previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, che disciplina le modalità di concessione degli incentivi pubblici. Ciò significa che le domande saranno esaminate nell’ordine cronologico di arrivo, fino ad esaurimento dei fondi disponibili. La dotazione finanziaria, per il 2025, è pari a 2 milioni di euro: una cifra limitata, che rende strategico l’invio tempestivo della richiesta.

La finestra per la presentazione della domanda rimane aperta il giorno 4 dicembre 2025 dalle 12:00 alle 18:00, ma sarà possibile inoltrare ulteriori domande anche nei giorni successivi, dal lunedì al venerdì, sempre nella fascia oraria 12:00-18:00. Tuttavia, l’esperienza delle precedenti edizioni del bando suggerisce che le risorse vengono esaurite in poche ore, rendendo fondamentale la preparazione anticipata della documentazione necessaria e l’accesso puntuale alla piattaforma.

La presentazione della domanda fuori dai canali ufficiali, o in modalità diverse da quella telematica, comporta l’automatica esclusione dal bando.

Requisiti soggettivi

Il Bando Marchi+ 2025 è riservato esclusivamente alle imprese di micro, piccola e media dimensione (PMI), come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea. Tali imprese devono avere sede legale e operativa in Italia, e devono essere regolarmente costituite, iscritte e attive nel Registro delle Imprese.

Sono esclusi dal bando i soggetti che si trovino in stato di liquidazione, fallimento, concordato preventivo o che siano sottoposti ad altre procedure concorsuali. Inoltre, non possono accedere alle agevolazioni le imprese che abbiano già beneficiato delle misure Marchi+ per le medesime spese o per le stesse domande di registrazione, evitando così il doppio finanziamento.

Altro requisito essenziale riguarda il rispetto del Regolamento (UE) n. 1407/2013 sugli aiuti “de minimis”: l’importo complessivo degli aiuti ricevuti dall’impresa nell’arco di tre esercizi finanziari (quello in corso e i due precedenti) non deve superare la soglia di 200.000 euro.

È necessario, inoltre, che le spese per le quali si richiede il contributo siano già state sostenute alla data di presentazione della domanda, in quanto il bando non finanzia spese future ma rimborsa parzialmente quelle già effettuate, a partire dal 1° gennaio 2020.

La comprovata titolarità o disponibilità del marchio oggetto della domanda e la documentazione attestante l’avvenuta registrazione o la richiesta presso l’EUIPO o l’OMPI costituiscono parte integrante dei requisiti documentali.

Spese ammissibili

Le agevolazioni concesse dal Bando Marchi+ 2025 consistono in contributi a fondo perduto (contributi in conto capitale), destinati a rimborsare parzialmente le spese sostenute dalle PMI per la registrazione di marchi europei e internazionali. L’intervento si articola in due misure distinte – Misura A e Misura B – con ambiti di applicazione e massimali differenti.

Misura A – Marchi UE (EUIPO)

Riguarda i costi sostenuti per la registrazione di marchi presso l’Ufficio dell’Unione europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO). Le spese rimborsabili includono:

  • Progettazione del marchio (consulenza e studi di fattibilità);

  • Assistenza per la presentazione della domanda e gestione delle fasi successive;

  • Ricerche di anteriorità;

  • Assistenza legale per la tutela del marchio in caso di opposizione, rilievi o contenziosi;

  • Tasse ufficiali di registrazione.

L’importo massimo rimborsabile per ciascuna domanda è pari a 6.000 euro.

Misura B – Marchi internazionali (OMPI)

Questa misura riguarda la registrazione dei marchi a livello internazionale tramite l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (OMPI). Le spese agevolabili comprendono:

  • Consulenza specialistica per l’estensione internazionale;

  • Traduzioni asseverate;

  • Assistenza legale nei procedimenti di opposizione;

  • Tasse di registrazione versate agli uffici esteri tramite il sistema OMPI.

In questo caso, l’importo massimo concedibile può arrivare fino a 9.000 euro.

Entrambe le misure prevedono un intensità di aiuto fino all’80% delle spese ammissibili, nei limiti dei massimali stabiliti. Gli importi vengono liquidati a rimborso, previa verifica della documentazione presentata.

Documentazione necessaria

Per accedere alle agevolazioni del Bando Marchi+ 2025, le imprese devono allegare alla domanda una serie di documenti obbligatori, il cui contenuto consente la verifica del possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi e la corretta imputabilità delle spese dichiarate.

Documentazione da allegare

L’elenco dettagliato sarà reso disponibile da Unioncamere, ma sulla base degli avvisi precedenti è ragionevole prevedere che la documentazione richiesta comprenda:

  • Visura camerale aggiornata dell’impresa richiedente;

  • Documentazione fiscale attestante le spese sostenute (fatture e relativi pagamenti tracciabili);

  • Copia della domanda di registrazione del marchio presso EUIPO o OMPI e relativa ricevuta di deposito;

  • Certificato di registrazione (se già rilasciato) o altra documentazione che attesti l’avvio del procedimento;

  • Relazioni tecniche o contratti con consulenti e professionisti incaricati (ad es. studi di progettazione del marchio, ricerche di anteriorità, pareri legali);

  • Dichiarazione sul rispetto del regime de minimis;

  • Dichiarazioni sostitutive e modulistica firmata digitalmente dal legale rappresentante.

Procedura valutativa

Come stabilito dall’art. 5 del D.lgs. 123/1998, le domande saranno esaminate con procedura valutativa a sportello. Questo significa che non è previsto un punteggio qualitativo, ma una verifica della completezza e correttezza formale della domanda, in ordine cronologico di arrivo. L’erogazione del contributo avverrà fino a esaurimento delle risorse disponibili.

È quindi essenziale che la documentazione sia completa e conforme già al momento dell’invio: domande con documenti mancanti o non correttamente compilati saranno escluse senza possibilità di integrazione successiva.

Le novità rispetto alle edizioni precedenti

Il Bando Marchi+ 2025, pur mantenendo l’impianto generale delle precedenti edizioni, presenta alcune novità operativee puntualizzazioni normative che è importante tenere in considerazione per evitare errori o esclusioni in fase di domanda.

Una delle principali conferme riguarda la suddivisione in due misure distinte (A e B), ciascuna con un tetto massimo di contributo e una propria articolazione delle spese ammissibili. Tuttavia, rispetto ad anni passati, la dotazione finanziaria complessiva è stata ridotta a 2 milioni di euro, segnale che potrebbe rendere la competizione per l’accesso ai fondi ancora più serrata e selettiva.

Un’altra importante novità riguarda il periodo di ammissibilità delle spese, che è stato confermato a partire dal 1° gennaio 2020. Questo ampliamento temporale permette alle imprese che abbiano sostenuto spese in anni precedenti, ma non abbiano potuto partecipare alle passate edizioni del bando, di presentare ora domanda per ottenere un rimborso.

Inoltre, il MIMIT ha ribadito in modo più stringente l’obbligo di utilizzare esclusivamente la piattaforma informaticadedicata alla compilazione e all’invio delle istanze, precisando che eventuali domande trasmesse in modalità differenti saranno automaticamente escluse, senza possibilità di sanatoria.

Infine, per l’edizione 2025 si conferma l’obbligo di documentare in modo puntuale ogni servizio specialistico esterno acquistato, con riferimento esplicito alle attività svolte e alla loro connessione diretta con la registrazione del marchio.

Conclusione

Il Bando Marchi+ 2025 si conferma come una misura concreta e strategica per le micro, piccole e medie imprese italiane che intendono valorizzare e tutelare i propri segni distintivi sui mercati esteri. In un contesto competitivo sempre più globalizzato, il marchio rappresenta non solo un elemento di identità aziendale, ma anche un asset immateriale ad alto valore aggiunto, capace di incidere sul posizionamento e sulla riconoscibilità del brand.

L’agevolazione, sotto forma di contributo a fondo perduto, offre l’opportunità di recuperare fino all’80% delle spese sostenute per la registrazione dei marchi a livello europeo e internazionale. La misura favorisce, inoltre, l’accesso a servizi specialistici di consulenza, rafforzando la struttura legale e strategica dell’impresa nei mercati target.

Tuttavia, la limitata dotazione finanziaria e la procedura valutativa a sportello impongono alle imprese di agire con tempestività e precisione, predisponendo in anticipo tutta la documentazione necessaria. Il coinvolgimento di consulenti esperti in proprietà industriale e in agevolazioni pubbliche può fare la differenza tra un contributo ottenuto e una domanda respinta.

In sintesi, il Bando Marchi+ non è solo un’occasione di risparmio economico, ma anche uno strumento strategico per rafforzare la competitività e l’internazionalizzazione delle PMI italiane. Un’opportunità da cogliere con consapevolezza, metodo e preparazione.

Credito d’imposta ZLS: nuovo modello per Marche e Umbria e scadenza al 2 dicembre 2025

0

Il 19 novembre 2025 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il Provvedimento n. 503079, con il quale viene approvato il nuovo modello per la comunicazione integrativa del credito d’imposta riconosciuto alle imprese situate nelle Zone Logistiche Speciali (ZLS). L’aggiornamento si è reso necessario in seguito all’estensione del beneficio anche alle Regioni Marche e Umbria, che, come stabilito da recenti disposizioni normative, sono ufficialmente entrate a far parte delle ZLS. Le imprese operanti in queste aree potranno dunque accedere a importanti agevolazioni fiscali per investimenti in beni strumentali nuovi, ma per farlo sarà necessario presentare una comunicazione integrativa entro il 2 dicembre 2025, secondo le nuove modalità stabilite dall’Agenzia.

Questa novità rappresenta una significativa opportunità di risparmio fiscale per gli operatori economici del Centro Italia, i quali potranno beneficiare di un credito d’imposta in grado di supportare la crescita, la digitalizzazione e la competitività aziendale. Tuttavia, per accedere a tali agevolazioni sarà fondamentale comprendere il funzionamento della comunicazione integrativa, i requisiti richiesti e i termini di presentazione previsti.

In questo articolo analizziamo in dettaglio le caratteristiche del nuovo modello, i benefici fiscali ottenibili, e le implicazioni operative per le imprese coinvolte.

Credito d’imposta ZLS

L’estensione del credito d’imposta per le Zone Logistiche Speciali (ZLS) alle imprese delle Regioni Marche e Umbria trova fondamento nell’articolo 3 della Legge 18 novembre 2025, n. 171, che integra le precedenti disposizioni previste dal Decreto-Legge 27 dicembre 2024, n. 202, convertito con modificazioni dalla Legge 21 febbraio 2025, n. 15. Il credito d’imposta è riservato agli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025, in beni strumentali nuovi, da parte di imprese operanti in aree ammissibili agli aiuti a finalità regionale, ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. c), del TFUE.

Per accedere all’agevolazione, le imprese interessate devono presentare una comunicazione integrativa all’Agenzia delle Entrate nel periodo compreso tra il 20 novembre 2025 e il 2 dicembre 2025, attestando l’ammontare delle spese sostenute nel periodo di riferimento. Il modello aggiornato di comunicazione è stato approvato inizialmente con il Provvedimento n. 153474 del 27 marzo 2025 e successivamente modificato con il Provvedimento n. 503079 del 19 novembre 2025, proprio per includere anche Marche e Umbria tra le zone agevolate.

In ossequio a quanto stabilito dall’art. 5, comma 1, della Legge 212/2000 (Statuto del contribuente), l’Agenzia delle Entrate ha inoltre messo a disposizione dei contribuenti un testo coordinato dei provvedimenti, con finalità ricognitiva e divulgativa, per agevolare la piena comprensione della normativa e facilitare la corretta compilazione della comunicazione. Questo strumento si inserisce in un quadro di trasparenza amministrativa e tutela dei diritti del contribuente, elementi oggi più che mai fondamentali nel rapporto fisco-impresa.

Chi può accedere 

Il credito d’imposta ZLS è riservato alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive situate nelle Zone Logistiche Semplificate. Con l’estensione alle Regioni Marche e Umbria, il beneficio è ora accessibile anche a quelle imprese che, dal 1° gennaio al 15 novembre 2025, hanno sostenuto spese ammissibili nei territori rientranti nella mappatura degli aiuti a finalità regionale (art. 107, paragrafo 3, lettera c) TFUE).

Possono accedere al credito:

  • Tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, settore economico o regime contabile, ad eccezione di quelle operanti nei settori esclusi dalla normativa UE sugli aiuti di Stato (come la siderurgia, la produzione di energia, i trasporti e le imprese in difficoltà);

  • Le imprese che abbiano strutture operative ubicate nei territori ammissibili;

  • I soggetti che non si trovino in stato di liquidazione o fallimento e che siano in regola con gli obblighi contributivi e previdenziali.

I beni agevolabili devono essere strumentali all’attività d’impresa, nuovi e acquisiti secondo i criteri dell’ammortizzabilità fiscale. Sono esclusi dal beneficio i beni a noleggio o in leasing operativo, i mezzi di trasporto e quelli a uso promiscuo. L’investimento deve inoltre essere effettivamente realizzato e non può riguardare semplici attività di manutenzione o riparazione.

L’ammontare del credito varia in funzione della dimensione dell’impresa (piccola, media o grande) e può arrivare fino al 45% dell’investimento, nel rispetto delle intensità massime previste dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale 2022–2027.

Come e quando

La comunicazione integrativa per il credito d’imposta ZLS è un passaggio obbligatorio per tutte le imprese che intendono beneficiare dell’agevolazione fiscale relativa agli investimenti effettuati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2025 nelle aree agevolate di Marche e Umbria. Secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, della Legge n. 171/2025, la comunicazione va trasmessa esclusivamente in via telematica all’Agenzia delle Entrate nel periodo compreso tra il 20 novembre e il 2 dicembre 2025.

Per facilitare l’adempimento, l’Agenzia ha messo a disposizione sul proprio sito istituzionale:

  • Il nuovo modello aggiornato di comunicazione integrativa, approvato con il provvedimento n. 503079 del 19 novembre 2025;

  • Le istruzioni dettagliate per la compilazione;

  • Il software di controllo e trasmissione, utilizzabile tramite i canali Entratel o Fisconline.

Il modello deve essere compilato inserendo i seguenti dati principali:

  • Dati identificativi dell’impresa e della sede oggetto dell’investimento;

  • Periodo e importo complessivo degli investimenti realizzati;

  • Importo del credito d’imposta richiesto, calcolato secondo le intensità di aiuto previste;

  • Dichiarazione di sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla normativa.

È importante sottolineare che la comunicazione integrativa non è una semplice formalità, ma rappresenta l’unico canale per rendere effettivamente fruibile il credito. La mancata trasmissione nel termine indicato comporta l’impossibilità di usufruire dell’agevolazione.

Vantaggi fiscali

Il credito d’imposta ZLS rappresenta un importante strumento di politica economica e fiscale, pensato per incentivare gli investimenti produttivi in specifiche aree del Paese, con l’obiettivo di rafforzare la competitività, l’occupazione e la coesione territoriale. L’estensione di tale beneficio alle imprese di Marche e Umbria consente ora a un numero ancora più ampio di operatori economici di ridurre in modo significativo il carico fiscale e migliorare i propri flussi di cassa.

Tra i principali vantaggi fiscali derivanti dalla fruizione del credito d’imposta ZLS, troviamo:

  • Riduzione diretta delle imposte da versare, poiché il credito è utilizzabile in compensazione tramite modello F24;

  • Miglioramento della liquidità aziendale, grazie al recupero parziale e immediato degli investimenti sostenuti;

  • Beneficio cumulabile con altre agevolazioni, purché nel rispetto dei limiti massimi di intensità di aiuto stabiliti dalla normativa europea;

  • Nessuna incidenza sul reddito imponibile, in quanto il credito non concorre alla formazione della base imponibile ai fini IRES/IRPEF e IRAP.

Il credito può essere utilizzato a partire dal periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione dell’investimento, fino a esaurimento dell’importo riconosciuto. Inoltre, trattandosi di una misura automatica (una volta completata correttamente la comunicazione integrativa), non è subordinata a valutazioni discrezionali da parte dell’amministrazione finanziaria.

Per molte imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, il credito ZLS può rappresentare una leva fiscale strategica per pianificare nuovi investimenti, innovare i processi produttivi o digitalizzare le attività, contribuendo concretamente allo sviluppo economico locale.

Errori da evitare 

Anche se il credito d’imposta ZLS è una misura automatica, ciò non significa che sia priva di controlli. Al contrario, l’Agenzia delle Entrate può effettuare verifiche su quanto dichiarato nella comunicazione integrativa, sia in fase successiva alla trasmissione sia in sede di controllo formale o sostanziale. Per questo motivo, è fondamentale evitare errori nella compilazione e trasmissione del modello, pena la perdita totale o parziale dell’agevolazione.

Gli errori più frequenti che possono compromettere l’accesso al beneficio sono:

  • Inserimento di dati errati o incompleti, come il codice fiscale dell’impresa o i dati catastali della sede operativa;

  • Indicazione di spese non ammissibili, come beni usati, beni a uso promiscuo o investimenti in leasing operativo;

  • Calcolo errato del credito spettante, in particolare per quanto riguarda l’applicazione delle corrette aliquote in base alla dimensione d’impresa;

  • Trasmissione fuori dai termini, anche per un solo giorno di ritardo (oltre il 2 dicembre 2025), che rende la comunicazione inefficace.

L’Agenzia delle Entrate può inoltre incrociare i dati dichiarati nella comunicazione con altre banche dati (es. bilanci, dichiarazioni IVA, CU, INPS) per accertare la veridicità degli investimenti e la corretta fruizione del credito. In caso di irregolarità o dichiarazioni mendaci, oltre alla revoca del beneficio, sono previste sanzioni amministrative e penali, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 471/1997 e dal Codice Penale in caso di frode.

Per questo motivo, si consiglia di affidarsi a un commercialista esperto o a un consulente fiscale che conosca bene la normativa ZLS, per evitare errori materiali o interpretativi e tutelarsi da eventuali contenziosi con il fisco.

Pianificazione fiscale 

L’introduzione del credito d’imposta ZLS per le Regioni Marche e Umbria offre alle imprese un’opportunità concreta per ripensare la propria pianificazione fiscale in chiave strategica. L’agevolazione, infatti, non è solo un incentivo “a consuntivo” sugli investimenti già effettuati, ma può e deve essere utilizzata come strumento di programmazione, capace di guidare le decisioni su dove, come e quando investire.

Inserire il credito ZLS all’interno di un piano di sviluppo aziendale significa:

  • Anticipare investimenti che erano stati previsti per gli anni successivi, per massimizzare il beneficio nel periodo agevolato;

  • Localizzare nuove strutture produttive o filiali all’interno dei territori ZLS ammessi al beneficio;

  • Ottimizzare il budget aziendale riducendo il fabbisogno finanziario tramite la compensazione del credito maturato;

  • Integrare l’agevolazione con altri strumenti fiscali o contributivi, come il credito per investimenti in beni 4.0, la Nuova Sabatini, o i bandi regionali per l’innovazione.

Dal punto di vista operativo, questa misura può anche rappresentare una leva di attrattività per gli investitori, poiché migliora i principali indicatori economico-finanziari dell’impresa: dal ROI al cash flow operativo, fino al tax rate effettivo.

Per le aziende strutturate, la collaborazione tra ufficio fiscale, area finanza e consulenti esterni è fondamentale per simulare scenari, calcolare benefici cumulativi e pianificare correttamente la compensazione del credito, evitando sprechi o errori nella gestione dell’agevolazione.

In sintesi, il credito ZLS non va visto come un semplice bonus fiscale, ma come uno strumento evoluto di pianificazione aziendale, in grado di contribuire alla sostenibilità e alla crescita del business nel medio-lungo termine.

Conclusione

Il credito d’imposta ZLS rappresenta una delle misure fiscali più interessanti del 2025 per le imprese italiane, soprattutto per quelle situate o operative nelle regioni Marche e Umbria, appena entrate a far parte delle Zone Logistiche Semplificate. La possibilità di recuperare fino al 45% degli investimenti in beni strumentali nuovi è un incentivo concreto alla crescita, alla modernizzazione e all’attrattività del territorio.

Tuttavia, per accedere al beneficio, è essenziale rispettare le scadenze e le modalità previste dalla normativa vigente. Le imprese interessate devono infatti inviare la comunicazione integrativa all’Agenzia delle Entrate entro il 2 dicembre 2025, utilizzando il nuovo modello approvato con il Provvedimento del 19 novembre.

Non si tratta di un semplice adempimento formale: è una procedura strategica, che può avere un impatto rilevante sulla pianificazione fiscale, sulla liquidità e sulla redditività aziendale. Ecco perché è fondamentale affidarsi a un consulente fiscale esperto, che sappia interpretare correttamente la norma, compilare la comunicazione e pianificare l’uso del credito d’imposta nel modo più vantaggioso possibile.

In un contesto economico sempre più competitivo, cogliere per tempo queste opportunità può fare la differenza tra un’azienda che subisce il mercato e una che lo anticipa, anche sul piano fiscale.

Rottamazione Quater: scadenza 30 novembre e tolleranza fino al 9 dicembre

0

Sta per scadere una delle più importanti opportunità per i contribuenti italiani che hanno aderito alla Rottamazione Quater: la prossima rata va pagata entro il 30 novembre 2025. Tuttavia, grazie alla tolleranza prevista per legge, sarà possibile saldare l’importo fino al 9 dicembre 2025 senza perdere i benefici dell’agevolazione. Una scadenza cruciale che interessa centinaia di migliaia di contribuenti e imprese, impegnati nella regolarizzazione dei propri debiti fiscali.

Con l’avvicinarsi della data, cresce l’interesse e  anche la confusione su scadenze, modalità di pagamento, sanzioni e possibili decadenze. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha appena reso disponibile un nuovo servizio online per chi ha piani di dilazione con più di 10 rate, offrendo uno strumento utile per scaricare facilmente i modelli di pagamento (moduli RAV) in caso di smarrimento o mancata ricezione.

In questo articolo approfondiremo quali sono le scadenze reali e come funziona la tolleranza fino al 9 dicembre, cosa succede in caso di mancato pagamento, come usare il nuovo servizio dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, come risparmiare legalmente grazie alla Rottamazione Quater, quali vantaggi fiscali ed economici derivano dall’adesione e infine, cosa prevede la normativa di riferimento e quali sentenze recenti rafforzano il quadro.

Moduli online per chi ha più di 10 rate

Un’importante novità interessa i contribuenti che hanno aderito alla Rottamazione Quater scegliendo un piano di pagamento con più di 10 rate. A partire da novembre 2025, infatti, è possibile accedere a un nuovo servizio messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, pensato per chi necessita dei moduli di pagamento dall’undicesima rata in poi, da utilizzare a partire dal 2026.

Nella comunicazione delle somme dovute, ricevuta dopo l’adesione alla Rottamazione, erano inclusi solo i moduli relativi alle prime dieci rate. Per questo motivo, chi ha scelto un piano più lungo si è trovato sprovvisto dei moduli necessari per i pagamenti successivi. Il nuovo servizio online risolve questo problema, permettendo di scaricare i modelli RAV direttamente dal sito, oppure di riceverli via PEC o in forma cartacea, a seconda del domicilio comunicato.

È bene sapere che questi moduli sono disponibili solo per i contribuenti in regola con tutti i versamenti precedenti e non sono destinati a chi ha già ricevuto i modelli tramite il servizio “ContiTu”, che consente di ottenere in anticipo tutti i bollettini.

In vista della scadenza del 30 novembre 2025 per la decima rata, è necessario utilizzare il modulo di pagamento già presente nella comunicazione originaria, sempre reperibile nell’area riservata del sito oppure tramite il servizio “Copia comunicazione”.

Quest’ultimo offre due modalità:

  1. Accesso con credenziali (SPID, CIE, CNS o Entratel per intermediari), per scaricare direttamente i moduli dalla sezione “Definizione agevolata”.

  2. Richiesta senza credenziali, tramite form pubblico e allegando i documenti per il riconoscimento, con ricezione via e-mail.

Intanto, il Governo valuta l’introduzione della “rottamazione quinquies” nella prossima Legge di Bilancio 2026, confermando l’interesse politico verso ulteriori misure di alleggerimento fiscale.

Scadenza del 30 novembre

Il prossimo 30 novembre 2025 rappresenta una scadenza fondamentale per chi ha aderito alla Rottamazione Quater: entro questa data va infatti effettuato il pagamento della decima rata del piano agevolato. Tuttavia, la normativa prevede una tolleranza di 5 giorni, durante i quali il pagamento è ancora considerato valido: in concreto, ciò significa che sarà possibile saldare l’importo fino a lunedì 9 dicembre 2025, senza incorrere in sanzioni o decadenze.

Questa finestra di tolleranza non va assolutamente confusa con una proroga ufficiale: è una franchigia prevista per legge, introdotta per consentire ai contribuenti di fronteggiare eventuali ritardi tecnici, come problemi bancari, disguidi postali o difficoltà nei pagamenti elettronici. Trascorso il termine del 9 dicembre, anche un solo giorno di ritardocomporta la decadenza automatica dal beneficio della rottamazione, con conseguente perdita di tutti i vantaggi legati all’agevolazione.

Cosa succede in caso di decadenza? Il contribuente:

  • perde la riduzione su sanzioni e interessi;

  • torna a dover versare l’intero importo originariamente dovuto;

  • può essere nuovamente soggetto ad azioni esecutive da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (come fermi amministrativi, pignoramenti, ecc.);

  • non ha diritto a rateizzazioni agevolate sulla stessa posizione.

Per questo è fondamentale non attendere l’ultimo giorno utile, verificare per tempo la disponibilità del modulo di pagamento corretto e assicurarsi che il pagamento venga contabilizzato entro i termini di legge.

I vantaggi della Rottamazione Quater

La Rottamazione Quater, introdotta con la Legge di Bilancio 2023 (Legge n. 197/2022, art. 1, commi da 231 a 252), ha rappresentato un’opportunità concreta di alleggerimento del carico fiscale per milioni di contribuenti. Il principale vantaggio? La possibilità di pagare solo il debito residuo per imposte, tributi e contributi affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, escludendo interamente sanzioni, interessi di mora e aggio.

Chi ha aderito alla definizione agevolata ha quindi potuto:

  • ottenere un forte risparmio fiscale sul totale dovuto;

  • dilazionare il debito fino a 18 rate in 5 anni, con un piano sostenibile;

  • sospendere le azioni esecutive (pignoramenti, fermi, ipoteche);

  • evitare l’attivazione di nuove procedure cautelari o esecutive.

Inoltre, uno degli aspetti più apprezzati è la trasparenza del calcolo: l’Agenzia ha inviato ai contribuenti una comunicazione chiara con l’importo complessivo agevolato, suddiviso per rate, inclusi gli estremi dei moduli di pagamento.

Va sottolineato che la rottamazione non comporta la cancellazione del debito originario ai fini contabili, ma ha effetti solo sul piano della riscossione: il debito viene estinto per l’amministrazione finanziaria, ma potrebbe restare rilevante per altri fini (ad esempio, nei rapporti con le banche).

La convenienza è dunque evidente: rispetto a una normale rateizzazione, la Rottamazione Quater taglia le voci accessorie, riducendo il costo complessivo anche del 40-50% in molti casi.

Come usare il servizio online

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha messo a disposizione dei contribuenti un sistema efficiente e accessibile per recuperare i moduli di pagamento della Rottamazione Quater, utile in particolare per chi ha perso la documentazione inviata o per chi necessita dei modelli dall’undicesima rata in poi.

Il servizio, disponibile sul sito istituzionale www.agenziaentrateriscossione.gov.it, può essere utilizzato con due modalità diverse, in base al livello di accesso:

1. Accesso all’area riservata (con SPID, CIE, CNS o Entratel)

Questa è la modalità più completa. Dopo l’autenticazione, è possibile accedere alla sezione “Definizione agevolata” e scaricare direttamente:

  • la copia della comunicazione delle somme dovute;

  • i moduli di pagamento ancora da saldare;

  • lo stato dei versamenti effettuati.

Questa modalità è consigliata per chi vuole tenere traccia di tutti i pagamenti ed evitare errori nella gestione del proprio piano rateale.

2. Richiesta nella sezione pubblica (senza credenziali)

È possibile accedere anche senza autenticazione, compilando un form online con i propri dati anagrafici e allegando documentazione identificativa (es. copia di un documento di identità). In questo caso, la copia della comunicazione viene inviata via e-mail, generalmente entro pochi giorni.

Questa seconda opzione è utile per chi non ha dimestichezza con SPID o altri sistemi di accesso digitale, ma comporta tempi leggermente più lunghi.

Attenzione: i moduli non vengono rinviati automaticamente. È responsabilità del contribuente verificare per tempo la disponibilità dei bollettini, soprattutto in vista della scadenza del 30 novembre. In caso di pagamenti errati o fuori termine, la decadenza è automatica, e non sono previste proroghe.

Cosa succede in caso di decadenza 

Il mancato pagamento di una rata della Rottamazione Quater, anche solo per un giorno oltre il termine di tolleranza, comporta la decadenza automatica dal beneficio. Questo significa che il contribuente perde tutti i vantaggi derivanti dall’adesione alla definizione agevolata e si riattiva l’intera procedura di riscossione, con effetti potenzialmente gravi sul piano fiscale, economico e anche patrimoniale.

Ecco cosa comporta la decadenza:

  • Perdita delle agevolazioni fiscali: tornano dovute le sanzioni, gli interessi di mora e l’aggio della riscossione, annullando il risparmio ottenuto con l’adesione.

  • Ritorno all’importo originario del debito, con l’aggiunta degli interessi maturati nel frattempo.

  • Ripresa delle azioni esecutive e cautelari da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione: si riattivano pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche.

  • Iscrizione a ruolo delle somme residue, con conseguenze negative su eventuali richieste di finanziamento, mutui o affidamenti bancari.

Inoltre, il contribuente non può più rientrare nella Rottamazione Quater, anche se volesse saldare successivamente. A oggi, non è prevista alcuna possibilità di riammissione, salvo l’introduzione di nuove misure nella prossima Legge di Bilancio 2026.

Tuttavia, resta possibile chiedere una rateizzazione del debito residuo secondo le regole standard (massimo 72 rate, salvo casi di comprovata difficoltà). Ma si tratta di una soluzione meno conveniente, poiché non prevede alcun abbattimento delle sanzioni e degli interessi.

Per questo motivo, è essenziale rispettare con precisione le scadenze e monitorare costantemente la propria posizione sul sito della Riscossione, evitando qualsiasi errore formale o ritardo.

In arrivo la Rottamazione Quinquies

Mentre i contribuenti sono alle prese con le ultime scadenze della Rottamazione Quater, il Governo lavora già alla prossima fase della strategia di definizione agevolata: si parla sempre più insistentemente dell’introduzione di una “Rottamazione Quinquies” nella Legge di Bilancio 2026, al momento allo studio dei tecnici del MEF e dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo le prime indiscrezioni, la nuova misura potrebbe ricalcare lo schema già adottato con le precedenti rottamazioni, consentendo ai contribuenti di sanare i debiti affidati alla riscossione entro una certa data (verosimilmente il 31 dicembre 2023 o 2024) beneficiando della cancellazione di sanzioni e interessi. Non è escluso che la Rottamazione Quinquies possa anche includere ulteriori forme di flessibilità, come la possibilità di dilazioni più lunghe o meccanismi premiali per chi paga in unica soluzione.

L’obiettivo politico è duplice:

  1. Da un lato, alleggerire il carico fiscale di famiglie e imprese, duramente colpite da inflazione, alti tassi di interesse e costi crescenti dell’energia.

  2. Dall’altro, consentire allo Stato di recuperare in modo efficace una parte significativa dei crediti “inesigibili”, che ammontano a centinaia di miliardi di euro nei bilanci pubblici.

Se confermata, la nuova rottamazione potrebbe rappresentare un’ulteriore chance per chi è decaduto dalla Quater, o per chi non ha fatto in tempo ad aderire. Ma attenzione: al momento non esiste ancora un testo normativo ufficiale, e tutto dipenderà dalle scelte del Governo in sede di approvazione della Manovra 2026.

Conviene quindi monitorare con attenzione gli sviluppi legislativi nelle prossime settimane.

Conclusioni

La scadenza del 30 novembre 2025 rappresenta un vero spartiacque per i contribuenti che hanno scelto di regolarizzare i propri debiti con il Fisco grazie alla Rottamazione Quater. Grazie alla tolleranza fino al 9 dicembre, c’è ancora una finestra utile per mettersi in regola, ma attenzione: oltre quella data, il rischio di decadenza è concreto e irreversibile.

Chi ha piani con più di 10 rate deve accedere quanto prima al nuovo servizio online dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione per ottenere i moduli di pagamento mancanti, così da non trovarsi impreparato. In parallelo, è importante verificare lo stato dei versamenti effettuati finora e scaricare le comunicazioni ufficiali, per non incorrere in errori formali che possono costare molto caro.

La definizione agevolata rimane, ad oggi, uno degli strumenti più efficaci per risparmiare legalmente sulle tasse, evitare sanzioni e riprendere il controllo della propria situazione fiscale. Tuttavia, richiede precisione, tempestività e conoscenza degli strumenti digitali disponibili.

Nel frattempo, l’ipotesi di una Rottamazione Quinquies nella prossima Legge di Bilancio 2026 apre nuovi scenari per chi non ha potuto aderire finora o è decaduto. Ma fino a quando non ci sarà una norma ufficiale, l’unica certezza è rispettare le scadenze attuali.

Agisci ora: perché nel fisco, la differenza tra risparmiare e pagare tutto sta spesso in pochi giorni.

Bonus nuovi nati 2025 e aiuti per le famiglie: guida completa INPS, requisiti e novità

0

Nel 2025 diventare genitori potrà offrire qualche beneficio in più: lo Stato, attraverso la Legge di Bilancio 2025, ha confermato e rafforzato alcune misure economiche a sostegno della natalità, tra cui il tanto discusso Bonus nuovi nati da 1.000 euro. Un’agevolazione che ha fatto molto parlare di sé nelle ultime settimane, soprattutto per il recente promemoria dell’INPS, che ha riepilogato le regole d’accesso e la platea dei beneficiari. Ma non solo: nel pacchetto per le famiglie ci sono anche incentivi per il nido, detrazioni per i figli a carico, e potenziamenti sull’assegno unico universale.

Ma come funziona esattamente questo bonus da 1.000 euro? Chi può riceverlo e in quali tempi? E, soprattutto, come si lega alle altre misure già attive per le famiglie? In questo articolo analizzeremo punto per punto le novità introdotte dalla Manovra 2025, i requisiti per accedere al bonus nascita, le indicazioni dell’INPS e i possibili risvolti fiscali per le famiglie italiane.

L’obiettivo è chiarire in modo semplice e professionale come sfruttare al meglio i benefici fiscali legati alla genitorialità, rispondendo a domande frequenti e offrendo uno sguardo completo su tutte le misure in vigore.

Bonus Nascita 2025

Con la Legge di Bilancio 2025, all’articolo 1, commi 206-208, viene introdotto un nuovo contributo economico destinato alle famiglie: si tratta del Bonus nascita 2025, noto anche come Carta nuovi nati, un’erogazione una tantum del valore di 1.000 euro. L’obiettivo è sostenere economicamente le famiglie con figli neonati o adottati a partire dal 1° gennaio 2025. Il bonus sarà erogato nel mese successivo alla nascita o all’adozione del minore.

Un dettaglio fondamentale riguarda l’ISEE, che costituisce uno dei criteri principali per l’accesso al bonus: il limite massimo è fissato a 40.000 euro annui, ma con una specifica importante. Per il calcolo dell’ISEE utile a questa misura, non si tiene conto dell’Assegno Unico e Universale percepito per altri figli a carico. Questo rappresenta un vantaggio tecnico per molte famiglie, che potrebbero rientrare nei requisiti anche se già ricevono altri benefici.

Il contributo non concorrerà alla formazione del reddito imponibile, quindi non influirà sulla dichiarazione dei redditi o sul calcolo delle imposte. La platea dei beneficiari include cittadini italiani, cittadini UE, familiari di cittadini UE con regolare diritto di soggiorno e cittadini extra UE in possesso di permessi di soggiorno di lungo periodo o legati a motivi di lavoro o ricerca, purché residenti in Italia.

Il Governo ha stanziato 330 milioni di euro per il 2025, che saliranno a 360 milioni annui dal 2026, a conferma della volontà di rendere la misura strutturale.

Bonus asilo nido 2025

La Legge di Bilancio 2025 introduce importanti novità anche sul fronte del Bonus Asilo Nido, rendendolo più generoso e accessibile a una platea più ampia di famiglie. Le modifiche, previste ai commi 208-211 dell’articolo 1, hanno un duplice obiettivo: da un lato semplificare l’accesso all’agevolazione, dall’altro potenziare l’importo massimo erogabile, arrivando fino a 2.100 euro annui per i nuclei con specifici requisiti.

Come per il Bonus nuovi nati, anche in questo caso il calcolo dell’ISEE familiare subirà una modifica favorevole: l’Assegno Unico per i figli non verrà più considerato nel calcolo dell’indicatore economico. Questo dettaglio tecnico, apparentemente secondario, ha invece un impatto significativo: molte famiglie potranno rientrare nelle fasce ISEE più basse, accedendo così ai massimi benefici previsti.

Un’altra novità rilevante riguarda la soppressione del requisito della presenza di un figlio con meno di 10 anni per beneficiare della maggiorazione. Fino al 2024, infatti, l’importo potenziato del bonus era condizionato alla presenza di almeno un minore under 10 nel nucleo familiare. Dal 2025 questa limitazione non sarà più valida, ampliando così il numero dei potenziali beneficiari.

In sostanza, il Bonus Nido 2025 punta a semplificare le regole, aumentare la portata del beneficio e incentivare concretamente la frequenza agli asili nido, contribuendo a una più equilibrata gestione della vita familiare e lavorativa, soprattutto per le madri lavoratrici.

Per rafforzare ulteriormente il Bonus Asilo Nido e renderlo una misura più strutturata e sostenibile nel tempo, la Legge di Bilancio 2025 ha previsto anche un significativo incremento delle risorse finanziarie destinate a questa agevolazione. La spesa autorizzata viene così aumentata di 97 milioni di euro per il 2025, 131 milioni per il 2026, 194 milioni per il 2027, 197 milioni per il 2028, e si attesterà a 200 milioni di euro annui a partire dal 2029. Un impegno economico che testimonia la volontà del Governo di investire sul welfare familiare.

Va però ricordato che, nonostante le novità, restano valide le soglie ISEE differenziate già applicate negli anni precedenti. Già nel 2023, ad esempio, il contributo spettante variava in base alla situazione economica della famiglia:

  • Fino a 3.000 euro annui per chi ha un ISEE minorenni fino a 25.000,99 euro;

  • Fino a 2.500 euro annui per ISEE compreso tra 25.001 e 40.000 euro;

  • 1.500 euro per ISEE superiore a 40.000 euro o per assenza/difformità dell’ISEE.

Una maggiorazione è stata introdotta dal 2024 per i nuovi nati con fratelli minori di 10 anni:

  • 3.600 euro con ISEE valido fino a 40.000 euro;

  • 1.500 euro per ISEE superiore o assente/difforme.

Con le modifiche 2025, si elimina la condizione dell’età dei figli per accedere a queste soglie maggiorate, estendendo la possibilità del contributo massimo a un numero maggiore di famiglie.

Istruzioni INPS e come fare domanda 

Con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2025, l’INPS ha pubblicato le istruzioni ufficiali per accedere al Bonus nascita da 1.000 euro, noto anche come Carta nuovi nati. Le indicazioni operative sono state rese note con la circolare del 14 aprile 2025, mentre con il messaggio n. 1303 del 16 aprile l’Istituto ha annunciato l’attivazione della piattaforma per la presentazione delle domande, a partire dal 17 aprile 2025.

Il servizio è disponibile online sul sito ufficiale dell’INPS, all’indirizzo www.inps.it, all’interno della sezione “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche”.

Il percorso da seguire è:

Sostegni, Sussidi e Indennità → Esplora Sostegni, Sussidi e Indennità → Vedi tutti → Bonus nuovi nati.
Per l’accesso è necessario disporre di SPID di livello 2 o superiore, CIE 3.0, CNS o eIDAS, ossia una delle identità digitali riconosciute.

In alternativa alla modalità online, la domanda può essere presentata anche tramite il Contact Center Multicanale(chiamando l’INPS) o rivolgendosi agli Istituti di patronato, che offrono supporto gratuito nella compilazione.

Importante novità del 2025 è l’ampliamento del termine per la presentazione della domanda, che passa da 60 a 120 giorni dalla data della nascita o dell’ingresso del minore nel nucleo familiare in caso di adozione. Un cambiamento rilevante che offre più tempo ai genitori per raccogliere la documentazione necessaria e inoltrare correttamente la richiesta.

Servizio MyINPS

Dal novembre 2025, l’INPS ha attivato un nuovo strumento di supporto per i genitori: si tratta del servizio MyINPS proattivo, pensato per facilitare l’accesso alle prestazioni legate alla nascita di un figlio, come il Bonus nuovi nati e l’Assegno Unico Universale. In pratica, in occasione della registrazione della nascita, i genitori ricevono una comunicazione automatica via email contenente l’invito a presentare la domanda per entrambe le misure.

Il sistema, che punta a semplificare l’interazione tra cittadino e Pubblica Amministrazione, invia il promemoria esclusivamente a coloro che hanno prestato il consenso alla ricezione di comunicazioni dall’INPS. L’obiettivo è quello di ridurre il rischio di perdita dei termini per la domanda, garantendo un accesso tempestivo ai benefici disponibili.

Per attivare i servizi personalizzati MyINPS, è necessario accedere al portale www.inps.it, entrare nell’area personale “MyINPS” e seguire il percorso:
I tuoi dati > Contatti e consensi > Adesione ai servizi proattivi.
In questa sezione, basta spuntare la casella “Acconsento” per ricevere comunicazioni automatiche personalizzate, promemoria e aggiornamenti relativi ai bonus e sussidi disponibili per il proprio nucleo familiare.

Questa nuova modalità di notifica è particolarmente utile per le famiglie con ISEE inferiore a 40.000 euro, che potrebbero non sapere di avere diritto al Bonus nuovi nati, oppure non essere ancora beneficiarie dell’Assegno Unico per figli già a carico.

Guida pratica INPS

La circolare INPS n. 76 del 14 aprile 2025 fornisce tutte le istruzioni operative per accedere al Bonus nuovi nati da 1.000 euro, introdotto dalla Legge di Bilancio 2025. Il beneficio è riservato a famiglie con ISEE minorenni fino a 40.000 euro annui, con esclusione dell’Assegno Unico dal calcolo, e riguarda figli nati o adottati dal 1° gennaio 2025 in poi.

I beneficiari devono rispettare precisi requisiti di cittadinanza e residenza: il bonus spetta a cittadini italiani, dell’Unione Europea, familiari di cittadini UE, cittadini extracomunitari con permessi validi da almeno un anno, rifugiati, apolidi, titolari di protezione internazionale e cittadini britannici residenti in Italia prima del 31 dicembre 2020.

La domanda va presentata entro 120 giorni dalla data dell’evento (nascita, adozione o affido preadottivo), ma per le nascite precedenti all’attivazione della piattaforma e fino al 24 luglio, la scadenza è stata prorogata al 22 settembre 2025.

I canali per presentare domanda sono:

  • Portale www.inps.it, con SPID, CIE, CNS o eIDAS;

  • App INPS Mobile;

  • Contact Center (803.164 da fisso, 06.164.164 da mobile);

  • Patronato.

L’erogazione segue l’ordine cronologico di presentazione, fino a esaurimento delle risorse stanziate: 330 milioni di euro per il 2025 e 360 milioni a partire dal 2026. L’INPS effettuerà un monitoraggio mensile e, se necessario, potrà proporre modifiche ai requisiti o all’importo.

Infine, il bonus non concorre alla formazione del reddito IRPEF: è totalmente esente da tassazione, offrendo un vantaggio economico netto e immediato.

Vantaggi fiscali 

Il 2025 si conferma un anno strategico per le politiche di sostegno alla natalità e alla famiglia. Il Bonus nuovi nati da 1.000 euro, il Bonus asilo nido potenziato, l’Assegno Unico Universale e le detrazioni fiscali rappresentano un sistema articolato di interventi economici a favore dei nuclei con figli, che se ben gestiti, possono generare un concreto risparmio fiscale legale.

L’Assegno Unico Universale (AUU) resta il pilastro centrale, garantendo un contributo mensile a tutti i nuclei con figli a carico fino a 21 anni, con importi variabili in base all’ISEE e al numero di figli. A questo si aggiungono maggiorazioniper figli con disabilità, genitori entrambi lavoratori, famiglie numerose o madri giovani. Nel 2025, l’Assegno Unico continua ad essere non imponibile fiscalmente, come il Bonus nuovi nati.

In parallelo, le detrazioni IRPEF per figli a carico sono ancora previste per i figli con più di 21 anni e in alcuni casi per le spese scolastiche, sanitarie o sportive. Se ben coordinate con l’ISEE aggiornato e una corretta gestione delle dichiarazioni, queste agevolazioni possono abbattere l’imposizione fiscale complessiva.

Per le famiglie con figli piccoli, il Bonus asilo nido offre un sostegno concreto al pagamento delle rette, con un impatto diretto sulla gestione quotidiana. La possibilità di accedere a più strumenti cumulabili, unita al supporto dei patronati o dei professionisti, rappresenta un’opportunità per ottimizzare le risorse familiari senza violare la normativa.

Il consiglio, quindi, è di pianificare ogni anno l’aggiornamento ISEE e verificare la propria situazione fiscale per ottenere il massimo da ogni incentivo disponibile.

Esempio pratico

Per capire l’impatto reale dei bonus figli 2025, vediamo un esempio pratico. Consideriamo una famiglia composta da due genitori lavoratori dipendenti con un ISEE minorenni pari a 28.000 euro, due figli a carico (uno di 3 anni e uno nato a maggio 2025), residenti in Italia.

In questo scenario, la famiglia può beneficiare di:

  • Bonus nuovi nati da 1.000 euro una tantum per il figlio nato nel 2025, perché l’ISEE è sotto i 40.000 euro;

  • Assegno Unico Universale mensile per entrambi i figli, con un importo base di circa 190 euro al mese per figlio, maggiorato grazie al secondo figlio e al doppio reddito;

  • Bonus asilo nido fino a 2.500 euro annui per il figlio di 3 anni, essendo sotto la soglia dei 40.000 euro ISEE (fino a 3.600 euro se il figlio più piccolo entra all’asilo nel 2026);

  • Detrazioni IRPEF per figli a carico superiori a 21 anni o per spese scolastiche, sanitarie, attività sportive, detraibili nella dichiarazione dei redditi.

Totale dei benefici stimati in un anno:

  • Circa 3.500 euro di AUU (190x2x12 mesi + maggiorazioni);

  • Fino a 2.500 euro di Bonus nido;

  • 1.000 euro di Bonus nuovi nati;

  • Ulteriori detrazioni fiscali variabili.

In totale, una famiglia tipo può arrivare a superare 7.000 euro annui di aiuti diretti e indiretti, completamente legali e cumulabili, a patto di presentare un ISEE aggiornato e rispettare le scadenze.

Conclusione

Il Bonus nuovi nati 2025 rappresenta una misura concreta di sostegno alle famiglie italiane, parte di una strategia più ampia che mira a contrastare il calo demografico e supportare i genitori nei primi anni di vita del bambino. Integrato con strumenti come il Bonus asilo nido e l’Assegno Unico Universale, può costituire un pacchetto economico rilevante, capace di alleggerire sensibilmente i costi legati alla genitorialità.

Ma per accedere a questi benefici è fondamentale non commettere errori: aggiornare per tempo l’ISEE, rispettare le scadenze di domanda, controllare di aver prestato il consenso ai servizi proattivi INPS tramite MyINPS e, se necessario, affidarsi a un patronato o a un consulente fiscale.

In un sistema che tende alla semplificazione digitale e all’automatismo nei pagamenti, essere informati e preparati fa la differenza tra ottenere il massimo possibile o perdere un’opportunità importante.

Per ogni dubbio o per pianificare al meglio la tua strategia familiare, ti consigliamo di consultare un commercialista esperto in fiscalità familiare o un CAF abilitato, così da non lasciare nulla al caso e massimizzare il risparmio fiscale in modo legale e sicuro.

Transizione 5.0: credito d’imposta fino al 45%. Domande entro il 27 novembre 2025

0

Il 2025 si prospetta come un anno cruciale per l’innovazione sostenibile delle imprese italiane: il piano Transizione 5.0rappresenta un’opportunità unica per ottenere incentivi fiscali legati alla digitalizzazione e alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Ma il tempo stringe: la scadenza per l’invio delle domande preliminari è fissata al 27 novembre 2025. Un termine ravvicinato che ha già fatto scattare l’allarme tra imprese, consulenti e associazioni di categoria.

Il nuovo Decreto-legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 novembre 2025, introduce misure urgenti per accelerare gli investimenti sostenibili in linea con il piano nazionale per la transizione ecologica e digitale. Ma cosa prevede nel dettaglio il decreto? Chi può accedere agli incentivi? E, soprattutto, quali sono i passaggi fondamentali per non perdere questa occasione fiscale?

In questo articolo analizziamo in modo chiaro e dettagliato i contenuti del provvedimento, i vantaggi fiscali, le criticità da evitare e le mosse concrete da fare prima della scadenza.

Scadenza anticipata 

Il Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 novembre 2025 rappresenta un passaggio cruciale per il Piano Transizione 5.0, fissando una nuova e anticipata scadenza per l’invio delle prenotazioni per l’accesso ai crediti d’imposta: non più il 31 dicembre, ma entro le ore 18:00 del 27 novembre 2025. La misura riguarda le comunicazioni previste all’articolo 38, comma 10 del DL 19/2024, convertito con modificazioni dalla Legge 56/2024. L’obiettivo è accelerare la raccolta dei dati per definire il reale fabbisogno di risorse e consentire una pianificazione finanziaria precisa.

Le imprese che hanno già inviato la comunicazione o che la trasmetteranno entro il termine stabilito, pur in assenza di fondi attualmente disponibili, rientreranno comunque in un meccanismo di garanzia, secondo quanto affermato dai Ministeri coinvolti. In sostanza, se in possesso di tutti i requisiti e con progetti validi, le imprese in lista verranno finanziate, previa verifica e determinazione del fabbisogno complessivo. I fondi mancanti verranno coperti con un emendamento alla Legge di Bilancio, da discutere in Parlamento a dicembre.

Dal 7 al 27 novembre, in caso di errori nella compilazione o documentazione incompleta, sarà possibile integrare le domande su richiesta del GSE, ma comunque entro e non oltre il 6 dicembre 2025, termine perentorio indicato nelle comunicazioni ufficiali. Si tratta quindi di un’operazione a tempo, dove ogni errore o ritardo potrebbe compromettere l’accesso al credito d’imposta.

Come funziona la lista d’attesa

Nonostante il comunicato ufficiale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) del 7 novembre 2025 abbia annunciato l’esaurimento dei fondi PNRR destinati al Piano Transizione 5.0, la piattaforma per l’invio delle domande è rimasta attiva, permettendo la formazione di una lista d’attesa. Un’anomalia solo apparente, perché la strategia del Governo è chiara: raccogliere tutte le istanze entro il 27 novembre, per poi fotografare il fabbisogno reale e garantire le risorse con strumenti alternativi.

In cifre, secondo i dati aggiornati dal MIMIT, sono state inviate circa 15.700 richieste per un valore complessivo di 3,9 miliardi di euro, ben 1,4 miliardi oltre il tetto raggiunto prima del 7 novembre. Di queste, circa 1 miliardo riguarda investimenti già completati, segno di un interesse tangibile da parte delle imprese e di un impegno concreto sul fronte della transizione digitale ed energetica. Il Ministro Urso ha dichiarato che l’obiettivo del Governo è non lasciare nessuno indietro, e ha promesso che tutti coloro che avranno completato correttamente la domanda entro il termine, con progetti validi e requisiti in regola, verranno coperti finanziariamente.

La chiusura definitiva della piattaforma GSE il 27 novembre permetterà, entro metà dicembre, di avere una stima esatta delle risorse necessarie, dando così il via alla fase politica di allocazione dei fondi tramite emendamento alla Legge di Bilancio. Per le imprese questo significa che non è il momento di rallentare, ma al contrario, è fondamentale completare e inviare le domande nei tempi e con la massima precisione.

Soggetti e spese ammissibili

Il Piano Transizione 5.0 si rivolge a tutte le imprese residenti in Italia, indipendentemente dalla forma giuridica, settore economico o dimensione, purché effettuino investimenti innovativi volti a migliorare l’efficienza energetica, digitalizzare i processi produttivi e ridurre l’impatto ambientale. Si tratta quindi di una misura trasversale, pensata per accompagnare il sistema produttivo italiano verso un modello più sostenibile e tecnologicamente avanzato.

Gli investimenti devono però rispettare precisi requisiti tecnici per essere ammissibili al credito d’imposta. In particolare:

  • Devono essere nuovi beni strumentali materiali o immateriali funzionali alla digitalizzazione (Industria 4.0);

  • Devono portare a una riduzione certificata dei consumi energetici;

  • Devono essere completati entro specifici termini temporali (ad oggi fissati al 31 dicembre 2025, salvo proroghe future);

  • Devono essere accompagnati da una certificazione ex ante e una certificazione ex post da parte di soggetti abilitati, per verificare il reale miglioramento in termini di risparmio energetico.

Rientrano nel piano, ad esempio, macchinari connessi, sistemi di automazione industriale, software gestionali evoluti, impianti fotovoltaici, sistemi di monitoraggio dei consumi, storage energetico e molto altro, purché vi sia l’integrazione con sistemi digitali e la misurabilità dei benefici energetici.

In sintesi, non basta acquistare nuovi macchinari: è necessario dimostrare concretamente il salto di qualità in termini di efficienza e sostenibilità, anche attraverso apposite perizie tecniche. Questo punto è fondamentale per evitare contestazioni e recuperi futuri da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Come presentare la domanda

Le domande per accedere al credito d’imposta previsto dal Piano Transizione 5.0 devono essere inviate esclusivamente tramite la piattaforma telematica del GSE (Gestore dei Servizi Energetici), soggetto incaricato di raccogliere, validare e monitorare le richieste. Il termine ultimo per l’invio è fissato alle ore 18:00 del 27 novembre 2025. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che non è sufficiente trasmettere una domanda generica o incompleta: ogni comunicazione deve essere precisa, corretta e accompagnata dalla documentazione richiesta.

In particolare, tra il 7 e il 27 novembre, qualora le domande presentino errori nei dati caricati, documenti non leggibili o informazioni mancanti, il GSE potrà inviare una richiesta di integrazione. A quel punto, l’impresa dovrà completare la domanda entro il termine perentorio indicato nella comunicazione, e comunque non oltre il 6 dicembre 2025. Il mancato rispetto di tale scadenza comporterà l’esclusione automatica dalla possibilità di accedere al beneficio fiscale.

Il processo prevede inoltre due momenti di verifica: una certificazione ex ante, necessaria al momento della domanda, per dimostrare la stima del risparmio energetico, e una certificazione ex post, da presentare a conclusione del progetto per confermare i risultati raggiunti. Entrambe le certificazioni devono essere redatte da professionisti abilitati, come ingegneri o tecnici iscritti agli albi professionali.

Per le imprese è quindi essenziale affidarsi a consulenti esperti e preparare la documentazione con largo anticipo, evitando il rischio di intoppi procedurali che, in una finestra così breve, potrebbero rivelarsi fatali. La precisione nella compilazione è oggi più importante del tempismo stesso.

Credito d’imposta fino al 45%

Il principale incentivo previsto dal Piano Transizione 5.0 è rappresentato da un credito d’imposta modulare, riconosciuto alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi e ad alta efficienza energetica.

L’importo del beneficio varia in funzione della percentuale di risparmio energetico ottenuto grazie all’investimento, secondo una logica a scaglioni progressivi:

  • 35% per una riduzione dei consumi compresa tra il 3% e il 6%;

  • 40% se il risparmio è tra il 6% e il 10%;

  • 45% per un risparmio superiore al 10% (o superiore al 30% se si tratta di processi complessivi).

Il beneficio si applica sulla quota di spesa agevolabile, fino a un massimo di:

  • 2,5 milioni di euro per il primo scaglione,

  • 10 milioni per il secondo,

  • 50 milioni per il terzo.

Questo significa che, ad esempio, un’azienda che investe 1 milione di euro in un impianto con efficienza migliorata oltre il 10%, potrebbe beneficiare di un credito d’imposta di 450.000 euro da compensare in F24. Il credito può essere utilizzato in compensazione in 5 quote annuali e, nel caso delle PMI, può anche essere oggetto di cessione a terzi (banche o intermediari finanziari), generando liquidità immediata.

Un incentivo concreto e rilevante, che consente alle imprese di modernizzare gli impianti, ridurre i costi energetici e abbattere il carico fiscale. Il piano diventa quindi uno strumento di doppio risparmio: da un lato l’efficientamento energetico, dall’altro il credito fiscale diretto.

Transizione 5.0 vs Transizione 4.0

Molte imprese, soprattutto quelle già coinvolte in precedenti cicli di innovazione, si chiedono se la Transizione 5.0 sia una mera evoluzione della Transizione 4.0 o un nuovo piano con caratteristiche distinte. La risposta è chiara: la Transizione 5.0 rappresenta un salto di qualità, non solo in termini di requisiti ma soprattutto di obiettivi. Se il Piano Transizione 4.0 puntava sull’innovazione tecnologica e la digitalizzazione dei processi, il nuovo piano integra in modo sistemico anche la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico.

La differenza sostanziale è dunque l’elemento energetico, diventato vincolante: per accedere ai crediti 5.0 è necessario dimostrare un risparmio effettivo nei consumi energetici, con certificazioni ex ante ed ex post. Non si tratta più solo di acquistare macchinari “intelligenti”, ma di utilizzarli in modo da ridurre l’impatto ambientale.

Inoltre, mentre il piano 4.0 prevedeva aliquote più basse e una struttura standard, il piano 5.0 premia gli investimenti più virtuosi, con aliquote che arrivano fino al 45%. E, soprattutto, non sono cumulabili: chi aderisce al 5.0 non potrà accedere ai benefici del 4.0 per gli stessi beni.

La Transizione 5.0 segna quindi un nuovo paradigma per l’industria italiana: non più solo “più tecnologia”, ma “più tecnologia con meno sprechi”. Per le imprese che vogliono posizionarsi sul mercato come sostenibili, moderne e competitive, non aderire significherebbe restare indietro.

Criticità e rischi da evitare

Nonostante il Piano Transizione 5.0 rappresenti una grande opportunità fiscale e strategica, sono molte le insidie operative che possono compromettere l’accesso al credito d’imposta. Le problematiche più frequenti riguardano la corretta compilazione della domanda sulla piattaforma GSE, la documentazione tecnica e la certificazione energetica.

Una delle principali criticità emerse nelle ultime settimane è la frequente incompletezza delle comunicazioni: errori nei dati anagrafici, documenti non leggibili, allegati mancanti o certificazioni non conformi alle disposizioni tecniche. Tali irregolarità espongono le imprese al rischio di esclusione, soprattutto se non si rispettano i tempi previsti per le eventuali integrazioni richieste dal GSE.

Un altro punto critico riguarda la scelta dei fornitori e dei professionisti incaricati della certificazione energetica. I tecnici devono essere abilitati e in grado di redigere una perizia dettagliata e coerente con gli standard richiesti dal Decreto, sia in fase ex ante che ex post. Un errore tecnico nella stima del risparmio energetico o una valutazione non suffragata da dati verificabili può portare al decadimento del beneficio anche dopo l’avvenuta concessione.

Infine, attenzione alle tempistiche di realizzazione degli investimenti: se non si rispettano i termini previsti per l’ultimazione e la messa in esercizio dei beni, si perde il diritto all’incentivo. E l’Agenzia delle Entrate, in fase di controllo, può procedere al recupero delle somme indebitamente fruite, con sanzioni e interessi.

In conclusione, per cogliere realmente i vantaggi del piano, è fondamentale affidarsi a consulenti esperti e strutturare un piano documentale preciso e completo sin dal primo giorno.

Conclusione

La Transizione 5.0 rappresenta oggi la misura più avanzata e ambiziosa tra gli strumenti fiscali dedicati all’innovazione e alla sostenibilità. A differenza delle precedenti agevolazioni, questo piano integra tecnologia, risparmio energetico e digitalizzazione in un unico pacchetto di incentivi concreti. Tuttavia, la finestra temporale per aderire è strettissima: il termine ultimo per inviare le prenotazioni è fissato al 27 novembre 2025 alle ore 18:00, senza alcuna proroga annunciata.

Le imprese che riusciranno a rispettare questa scadenza, presentando progetti completi, validi e ben documentati, potranno beneficiare di crediti d’imposta fino al 45% su investimenti strategici per il proprio futuro. Un risparmio reale e tangibile, che può liberare risorse finanziarie da reinvestire nella crescita e nella competitività.

Al contrario, chi sottovaluterà l’importanza di una compilazione corretta o attenderà l’ultimo momento, rischia di restare fuori da un’agevolazione unica, destinata a trasformarsi in un pilastro delle politiche industriali italiane. Il Governo ha promesso che nessuno sarà escluso, ma solo a condizione che i requisiti siano rispettati e le domande trasmesse nei tempi e nei modi previsti.

Ora è il momento di agire. Se non hai ancora completato la tua domanda o se non sei sicuro della documentazione, rivolgiti subito a un commercialista esperto in finanza agevolata. Il tempo per intervenire è limitato, ma i vantaggi possono essere decisivi.

DDL Semplificazioni 2025: meno burocrazia per imprese, fisco più semplice e autorizzazioni veloci

0

In un contesto economico sempre più complesso, fatto di adempimenti burocratici, vincoli amministrativi e rallentamenti normativi, il nuovo Disegno di Legge Semplificazioni 2025 rappresenta un punto di svolta per le imprese italiane. Approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 4 agosto e ora in attesa della bollinatura ufficiale da parte della Ragioneria dello Stato, questo provvedimento interviene su quattro macro-aree fondamentali: fisco, lavoro, ambiente e attività economiche.

L’obiettivo è ambizioso ma chiaro: ridurre il peso della burocrazia, velocizzare i procedimenti amministrativi e rendere più efficiente e sostenibile l’operatività delle imprese, dalle micro-realtà alle grandi aziende. Non si tratta solo di alleggerire gli obblighi documentali, ma anche di ridefinire i rapporti tra imprese e Pubblica Amministrazione, semplificando iter autorizzativi, dichiarativi e normativi.

Il DDL, nella versione attualmente disponibile, promette interventi concreti e operativi in tempi rapidi, destinati ad avere un impatto tangibile su professionisti, imprenditori e lavoratori.

In questo articolo analizziamo nel dettaglio le principali misure previste, con un’attenzione particolare agli effetti fiscali, alle semplificazioni sul lavoro, alle agevolazioni per l’attività economica e ai risvolti ambientali, evidenziando quali vantaggi concreti ne potranno derivare per chi opera quotidianamente nel tessuto produttivo italiano.

Semplificazioni fiscali

Il nuovo DDL Semplificazioni 2025 porta una ventata di innovazione sul fronte fiscale, con misure pensate per ridurre gli oneri documentali e velocizzare le procedure. Tra le novità più rilevanti figura l’introduzione di un codice identificativo per gli investimenti in Transizione 4.0 e 5.0. Con l’articolo 1, infatti, non sarà più necessario indicare in fattura il riferimento normativo per ottenere i relativi crediti d’imposta. Basterà riportare un semplice codice identificativo, definito con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, valido per gli investimenti effettuati successivamente alla pubblicazione del provvedimento stesso. Un passo in avanti concreto verso la digitalizzazione e la chiarezza operativa.

Un’altra misura importante riguarda le dichiarazioni fiscali scartate (art. 2): se una dichiarazione viene inviata nei termini ma respinta dal sistema, non sarà più soggetta a sanzione, a patto che venga ritrasmessa correttamente entro cinque giorni. Il termine esatto verrà stabilito con un decreto del MEF. Questa novità si estende anche al Testo Unico sulle violazioni tributarie, riducendo il rischio di penalità per meri errori tecnici.

Sul fronte IVA, l’articolo 3 introduce una semplificazione per i premi in beni e servizi, considerati ora non imponibili ai fini IVA, ma soggetti a un’imposta sostitutiva del 20%. Il versamento dovrà avvenire entro il 16 del mese successivo al pagamento o all’emissione della fattura, semplificando la gestione finanziaria per le imprese che utilizzano premi come incentivo.

Infine, con l’articolo 4, viene ampliata la possibilità di ridurre le sanzioni attraverso l’acquiescenza. In caso di rinuncia totale o parziale all’impugnazione dell’atto, le sanzioni potranno essere ridotte a un terzo, a patto che non si tratti di violazioni gravi, come quelle con uso di documentazione falsa o fatture inesistenti. Si tratta di una misura che favorisce la chiusura delle controversie e la riduzione del contenzioso.

Lavoro

Il Disegno di Legge Semplificazioni 2025 interviene con decisione anche in materia di lavoro, proponendo modifiche che mirano a snellire le procedure amministrative e a valorizzare la formazione tecnica e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Una delle novità principali è l’introduzione dell’obbligo di comunicazione per i lavoratori in CIG (Cassa Integrazione Guadagni) che intendano intraprendere un’altra attività lavorativa (art. 5). Questi lavoratori dovranno informare il proprio datore di lavoro in modo preventivo o contestuale all’avvio della nuova attività. L’obiettivo è evitare abusi e garantire maggiore trasparenza nei rapporti di lavoro.

Un’altra importante novità riguarda gli ITS Academy (art. 6), che avranno maggiore flessibilità nella selezione del corpo docente. Grazie alla possibilità di stipulare protocolli con le imprese, potranno coinvolgere professionisti con comprovata esperienza, favorendo un più stretto collegamento tra formazione e mondo del lavoro. Questo favorirà la qualità dell’insegnamento e l’occupabilità degli studenti.

In tema di sicurezza sul lavoro, il DDL modifica l’articolo 45 del D.Lgs. 81/2008 introducendo un nuovo comma (1-bis) che permette al medico competente di avvalersi, anche per la parte teorica della formazione, della collaborazione di personale infermieristico o di altri esperti qualificati, ampliando così il ventaglio delle figure professionali coinvolte nella formazione dei lavoratori (art. 7).

Infine, una delle misure più attese e concrete in termini di riduzione degli oneri burocratici è la modifica dell’articolo 16, comma 1, del D.Lgs. 151/2015: le amministrazioni pubbliche non potranno più richiedere alle aziende documenti già in loro possesso o archiviati in banche dati pubbliche. Questo principio di “once only” è un passo decisivo per limitare la duplicazione degli adempimenti e semplificare i rapporti tra impresa e Pubblica Amministrazione, liberando tempo e risorse per attività più produttive.

Attività economiche

Il DDL Semplificazioni 2025 introduce un pacchetto articolato di misure per agevolare l’avvio e la gestione delle attività economiche, intervenendo su autorizzazioni, tempi procedurali e adempimenti tecnici. Tra le modifiche più significative vi è la semplificazione dei contratti di sviluppo (art. 16), dove un decreto del MIMIT potrà stabilire regole accelerate per la concessione delle agevolazioni, riducendo tempi e incertezze per le imprese che intendono investire.

Sul fronte dell’urbanistica commerciale, l’articolo 17 conferma che, fino alla riforma del Codice della Strada, l’installazione di insegne di esercizio richiederà soltanto la SCIA al SUAP, corredata da asseverazione tecnica. È prevista inoltre una modulistica nazionale unica, per garantire uniformità su tutto il territorio.

Molto interessante la riforma della Conferenza di servizi (art. 18), che prevede una procedura “fast track”: 30 giorni per la risposta delle PA (45 per ambientale e sanitaria), riunione telematica entro 15 giorni e dissenso motivato obbligatorio, pena il silenzio-assenso. Ciò accelera in modo significativo i tempi per ottenere permessi e autorizzazioni, anche in settori complessi come quelli ambientali e sanitari.

Ulteriori semplificazioni riguardano specifici settori tecnici, come le autorizzazioni per opere in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale (art. 19), dove è introdotto il meccanismo del silenzio-assenso da parte dell’Agenzia delle Dogane dopo 30 giorni.

Per le microimprese con meno di cinque dipendenti, l’articolo 20 prevede una procedura dedicata per la notifica dei data breach, che sarà definita dal Garante della Privacy: un aiuto concreto per le realtà più piccole, spesso sopraffatte da adempimenti complessi.

Importanti anche le novità sulla circolazione stradale e la guida (art. 21), con l’ammissione dei medici pensionati qualificati nelle commissioni per l’idoneità alla guida, criteri più chiari per la gestione dei rifiuti dopo incidenti e semplificazioni per i test su veicoli in R&S (ricerca e sviluppo).

Nel settore marittimo, l’articolo 22 fornisce un’interpretazione autentica sul trasbordo del personale: non si considera disarmo dell’unità di provenienza se quest’ultima è ormeggiata e sotto custodia, rendendo più flessibili le operazioni degli armatori.

In ambito energetico e professionale, viene riformata la formazione per gli installatori FER (fonti di energia rinnovabile – art. 23): i corsi di aggiornamento saranno di almeno 24 ore e gli attestati trasmessi telematicamente alle Camere di Commercio, con modulistica standardizzata.

Infine, nel settore agricolo, l’articolo 24 agevola l’accesso alla qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP): nei primi 5 anni dalla domanda non sarà richiesto il requisito reddituale, favorendo l’ingresso di nuove generazioni nel settore primario e stimolando la nascita di nuove iniziative imprenditoriali in ambito rurale.

Vantaggi per le imprese

L’impatto delle semplificazioni previste dal DDL 2025 non si limita a un alleggerimento formale degli adempimenti: le misure disegnano un nuovo ecosistema normativo in cui le imprese possono operare con maggiore efficienza, riducendo costi occulti e rischi sanzionatori. La semplificazione fiscale – a partire dalla riforma del credito d’imposta Transizione 4.0 e 5.0 – libera risorse tecniche e amministrative, evitando errori formali che finora potevano compromettere l’accesso alle agevolazioni. L’introduzione del codice identificativo in fattura, ad esempio, sostituisce il complesso obbligo di citazione normativa e si traduce in meno contestazioni e meno incognite interpretative.

La gestione dei rapporti di lavoro sarà più fluida: niente più documenti duplicati da presentare alle PA, obblighi informativi più chiari (come per chi è in CIG) e una formazione professionale più integrata con il mondo produttivo, grazie all’ingresso di professionisti d’impresa negli ITS Academy. Queste misure incidono positivamente su due fronti: riducono i tempi di risposta della Pubblica Amministrazione e aumentano il livello di coerenza tra formazione e reali esigenze aziendali.

L’effetto più tangibile riguarda però le attività economiche e le autorizzazioni, dove la conferenza di servizi “fast track” e la SCIA per le insegne costituiscono un chiaro esempio di semplificazione a vantaggio di chi vuole aprire o rinnovare un’attività senza perdere mesi in iter amministrativi. Le microimprese, spesso le più penalizzate dalla burocrazia, avranno infine una corsia preferenziale anche nella gestione della privacy, grazie a procedure dedicate per i data breach.

Questi interventi, se attuati con coerenza e supportati da provvedimenti attuativi tempestivi, possono innescare un cambio di paradigma nel modo in cui l’impresa dialoga con lo Stato: da vincolo a partnership, con una PA che diventa alleata e non più ostacolo alla crescita.

Semplificazioni e PMI

Le piccole e medie imprese (PMI) rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo italiano e sono tra i soggetti più penalizzati dalla complessità normativa e dagli adempimenti ripetitivi. Il DDL Semplificazioni 2025 sembra finalmente cogliere questa criticità, proponendo una serie di misure calibrate proprio sulle esigenze delle realtà più agili, ma meno strutturate sul piano amministrativo.

Un primo esempio concreto è l’introduzione di una procedura dedicata per la notifica dei data breach (art. 20), pensata specificamente per le microimprese con meno di cinque dipendenti. Questa semplificazione, che sarà definita dal Garante per la Privacy, permette a molte attività di ridurre drasticamente i costi di consulenza e i rischi derivanti da errori nella gestione della sicurezza dei dati, spesso gestita internamente senza risorse IT dedicate.

Anche sul fronte delle autorizzazioni, i benefici per le PMI sono evidenti: la SCIA unica per l’installazione delle insegne, accompagnata da modulistica nazionale standard, consente un iter uniforme e più rapido su tutto il territorio, evitando differenze interpretative tra Comuni. In più, la conferenza di servizi accelerata permetterà anche alle aziende di piccole dimensioni di ottenere permessi in tempi certi, evitando di restare bloccate per settimane o mesi in attesa di un parere da parte delle amministrazioni coinvolte.

La semplificazione fiscale (codice identificativo per il credito Transizione 4.0 e 5.0, riduzione delle sanzioni per dichiarazioni scartate) riduce i margini d’errore e la dipendenza da consulenze esterne, mentre l’eliminazione dell’obbligo di presentare documenti già in possesso della PA (modifica art. 16, D.Lgs. 151/2015) rappresenta un passo concreto verso l’efficienza.

Per le PMI agricole, la deroga quinquennale al requisito reddituale per ottenere la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) è un’opportunità strategica: consente l’avvio di nuove attività senza le tradizionali barriere economiche iniziali, stimolando il ricambio generazionale e l’innovazione nei territori rurali.

In sintesi, questo DDL segna un vero cambio di passo per le PMI, spesso considerate nelle parole ma trascurate nei fatti. Se le misure annunciate saranno applicate in modo coerente, potremmo assistere a un reale snellimento delle procedure e a un rafforzamento del ruolo delle piccole imprese come motore dell’economia nazionale.

Provvedimenti attuativi

Se le intenzioni del Disegno di Legge Semplificazioni 2025 sono senza dubbio apprezzabili e le misure delineate promettono un cambiamento tangibile, resta però un punto critico: la tempestiva adozione dei provvedimenti attuativi. È infatti noto che molte riforme annunciate negli anni passati sono rimaste inattuate o applicate a metà proprio per la mancata emissione di decreti, circolari e regolamenti applicativi, spesso rinviati sine die.

Nel DDL, diverse misure fondamentali – come ad esempio il codice identificativo per gli investimenti in Transizione 4.0 e 5.0, o il termine dei 5 giorni per la ritrasmissione delle dichiarazioni fiscali scartate – sono subordinate all’adozione di provvedimenti da parte del MEF o dell’Agenzia delle Entrate. Senza questi atti esecutivi, le norme restano sulla carta e le imprese non potranno godere dei benefici promessi.

Lo stesso vale per le procedure semplificate per le microimprese in tema di privacy, che dovranno essere definite dal Garante per la protezione dei dati personali, oppure per la formazione FER degli installatori, la cui piena attuazione dipende dalla predisposizione dei nuovi corsi e della modulistica digitale.

Anche il decreto MIMIT per i contratti di sviluppo è un elemento chiave: da esso dipenderà la reale accelerazione dei tempi nei procedimenti per le agevolazioni industriali. In mancanza di tempi certi e vincolanti, il rischio è che le semplificazioni si trasformino in un nuovo strato normativo che si aggiunge, piuttosto che sostituirsi, a quello esistente.

In conclusione, per evitare che il DDL si risolva in una riforma parziale o disattesa, sarà indispensabile che i ministeri coinvolti, insieme alle agenzie competenti, agiscano con celerità e trasparenza, garantendo l’adozione puntuale di tutti gli strumenti operativi necessari. Solo così sarà possibile passare dalle promesse alla pratica e costruire un nuovo modello di rapporto tra Stato e impresa.

Conclusione

Il Disegno di Legge Semplificazioni 2025, appena approvato dal Consiglio dei Ministri e in attesa della bollinatura definitiva, si presenta come una riforma organica, concreta e attesa da anni da tutto il mondo imprenditoriale italiano. Intervenendo su quattro macro-aree strategiche, il DDL punta a liberare le imprese dal peso di una burocrazia che troppo spesso ha frenato innovazione, crescita e competitività.

Le misure previste non sono solo annunci: molte di esse introducono strumenti operativi immediati, come la SCIA unica, la conferenza di servizi accelerata, l’eliminazione della duplicazione documentale, la semplificazione dei crediti d’imposta e delle dichiarazioni fiscali. In particolare, le PMI e le microimprese, che costituiscono l’ossatura dell’economia italiana, potranno beneficiare in modo diretto di una serie di semplificazioni pensate su misura per le loro esigenze.

Tuttavia, la sfida vera inizia adesso. Affinché queste riforme non restino solo “buoni propositi”, sarà fondamentale l’impegno delle istituzioni nel rendere operative tutte le misure attraverso decreti attuativi rapidi, chiari e facilmente applicabili. Se questo passaggio sarà gestito con la dovuta attenzione, il DDL potrà rappresentare un cambio di paradigma, favorendo un clima di fiducia tra impresa e Pubblica Amministrazione e restituendo finalmente all’Italia un contesto normativo più moderno, efficiente e favorevole agli investimenti.

Per chi fa impresa oggi, questa potrebbe essere una vera occasione di ripartenza, soprattutto in un momento storico in cui la semplificazione non è più solo una scelta politica, ma una necessità economica e strategica.

Conto Termico 3.0: guida completa agli incentivi per privati, imprese e PA dal 25 dicembre 2025

0

Dal 25 dicembre 2025, entra ufficialmente in vigore il Conto Termico 3.0, una misura attesa da tempo per incentivare la riqualificazione energetica degli edifici e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Destinato a privati, pubbliche amministrazioni e enti del terzo settore, questo nuovo incentivo si propone come una versione potenziata e più accessibile del precedente Conto Termico 2.0, con un’attenzione particolare alla semplificazione delle procedure e all’incremento dei massimali di spesa ammessi.

Il tema è particolarmente rilevante perché unisce risparmio energetico, vantaggi economici e benefici fiscali. In un periodo in cui i costi dell’energia e le spese di gestione degli immobili sono in continua crescita, poter contare su un incentivo rapido, diretto e cumulabile con altre misure rappresenta un’opportunità concreta per famiglie, enti e amministrazioni locali. Ma come funziona il nuovo Conto Termico 3.0? Chi può accedervi? E soprattutto, come si presenta la domanda?

In questo articolo analizzeremo passo dopo passo chi può beneficiare dell’incentivo, quali sono gli interventi ammessi, come fare domanda, i vantaggi economici e fiscali, le novità introdotte rispetto alla versione precedente, normativa e riferimenti ufficiali.

Cos’è 

Il Conto Termico 3.0 rappresenta la nuova misura di incentivazione prevista dal Decreto 7 agosto 2025, pensata per sostenere gli interventi di piccole dimensioni finalizzati a migliorare l’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Il provvedimento aggiorna l’attuale Conto Termico 2.0 secondo principi di semplificazione, efficacia e innovazione tecnologica, rispondendo agli obiettivi ambientali indicati nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC).

Il nuovo schema di incentivi entrerà in vigore il 25 dicembre 2025, esattamente 90 giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, come previsto dall’articolo 31 del decreto. Fino a quella data, le domande per gli incentivi continueranno a essere regolate dal precedente Conto Termico 2.0, in base al DM 16 febbraio 2016.

Il Conto Termico 3.0 punta in particolare a stimolare la decarbonizzazione del settore civile, offrendo incentivi economici a pubbliche amministrazioni, privati cittadini ed enti del Terzo Settore. È previsto un aggiornamento periodico del meccanismo, che sarà definito con decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, d’intesa con la Conferenza Unificata.

I soggetti beneficiari possono accedere a due principali categorie di interventi:

  • Efficienza energetica degli edifici (es. isolamento termico, infissi, illuminazione, domotica, ricarica veicoli elettrici, fotovoltaico e accumulo)

  • Produzione di energia termica da fonti rinnovabili (es. sostituzione caldaie, solare termico)

È importante notare che per i privati, gli interventi incentivati riguardano solo la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, e non l’efficientamento degli edifici residenziali. Diversamente, per le PA e gli enti del Terzo Settore, entrambi i tipi di intervento sono incentivabili su edifici residenziali e non.

Chi può accedere 

Il Conto Termico 3.0, in vigore dal 25 dicembre 2025, introduce importanti novità anche in termini di platea di beneficiari per quanto riguarda gli interventi di efficienza energetica sugli edifici, limitatamente a quelli di piccole dimensioni, come previsto dall’articolo 5 del decreto attuativo.

Sono ammessi ai benefici:

  • Le amministrazioni pubbliche, comprese le scuole, gli enti locali e le strutture della sanità pubblica.

  • Gli enti del Terzo Settore, assimilati alle amministrazioni pubbliche solo se non svolgono attività economica. Questo passaggio è fondamentale: solo le organizzazioni non lucrative, come associazioni riconosciute o fondazioni che operano senza finalità commerciali, possono beneficiare dell’incentivo su edifici pubblici o assimilabili.

  • I soggetti privati, esclusivamente per immobili appartenenti all’ambito terziario, come previsto dall’art. 2, lettera b del decreto. In pratica, possono accedere agli incentivi per interventi di efficienza energetica le imprese o professionisti che operano in edifici adibiti ad attività terziarie (uffici, negozi, studi professionali, alberghi, ecc.), ma non su edifici residenziali.

Resta quindi escluso, per i privati cittadini, il diritto a ricevere incentivi per il miglioramento energetico degli edifici a uso abitativo. Una distinzione importante, che rende il Conto Termico 3.0 più orientato al settore pubblico e produttivo, almeno per questa categoria di interventi.

Questa differenziazione permette di concentrare le risorse pubbliche su interventi strategici, promuovendo la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e produttivo, con effetti positivi sull’ambiente e sull’economia.

Conto Termico 3.0

Il Conto Termico 3.0 consente di accedere a un sistema di incentivi economici diretti per una vasta gamma di interventi di riqualificazione energetica su edifici esistenti, parti di edifici o singole unità immobiliari, a condizione che siano dotati di impianto di climatizzazione invernale. Le spese ammissibili sono ben definite dal decreto e coprono sia le tecnologie più tradizionali che le soluzioni innovative orientate all’automazione e alla sostenibilità.

Gli interventi incentivabili comprendono:

  • Isolamento termico delle superfici opache (muri, tetti, solai) che delimitano il volume climatizzato, anche con l’eventuale installazione di ventilazione meccanica controllata (VMC).

  • Sostituzione di infissi e finestre (chiusure trasparenti) che confinano con l’ambiente climatizzato.

  • Installazione di schermature solari (fisse o mobili, non trasportabili) su finestre esposte da Est-Sud-Est a Ovest, utili per ridurre il surriscaldamento estivo e migliorare il comfort termico.

  • Trasformazione dell’edificio in edificio a energia quasi zero (nZEB), secondo le normative europee.

  • Sostituzione degli impianti di illuminazione interni ed esterni con sistemi ad alta efficienza.

  • Installazione di sistemi di building automation, compresi termoregolazione, contabilizzazione del calore e gestione intelligente dei consumi energetici.

  • Colonnine di ricarica per veicoli elettrici, anche ad uso pubblico, ma solo se abbinate alla sostituzione dell’impianto di climatizzazione con uno dotato di pompa di calore elettrica.

  • Impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo, sempre a condizione che siano installati insieme alla sostituzione dell’impianto di climatizzazione invernale con pompa di calore elettrica.

Questa struttura di spese incentivate riflette un approccio integrato alla riqualificazione energetica, dove l’obiettivo non è solo risparmiare energia, ma anche favorire la digitalizzazione degli edifici e l’integrazione con la mobilità elettrica.

Regole, limiti e modalità di accesso 

Il nuovo Conto Termico 3.0, che entrerà in vigore il 25 dicembre 2025, introduce regole precise e uniformi per l’accesso agli incentivi economici. Tali regole riguardano sia i limiti di spesa ammissibili che le modalità operative per la presentazione della domanda.

Quanto si può ottenere: massimali e deroghe

In linea generale, l’incentivo non può superare il 65% delle spese sostenute dal soggetto responsabile per l’intervento. Tuttavia, è prevista un’importante deroga per i comuni con meno di 15.000 abitanti e per gli edifici pubblici di ogni categoria catastale (ai sensi dell’art. 48-ter del DL 104/2020): in questi casi, l’incentivo può arrivare fino al 100% delle spese ammissibili, rispettando comunque i limiti previsti per potenza, superficie e importo massimo per ciascun intervento.

Modalità di erogazione degli incentivi

Gli interventi ammessi vengono incentivati attraverso rate annuali costanti, secondo quanto indicato nella Tabella 1 del decreto e negli allegati tecnici. Questo sistema garantisce una distribuzione equa degli importi nel tempo e consente una gestione più sostenibile delle risorse pubbliche.

Come presentare la domanda

Per accedere agli incentivi, il soggetto responsabile deve utilizzare esclusivamente il Portaltermico del GSE, compilando l’apposita scheda-domanda online. Sono previste due modalità di accesso:

  1. Accesso diretto: la domanda va presentata entro 90 giorni dalla conclusione dell’intervento. Sono previste deroghe sui tempi di pagamento, soprattutto per i soggetti privati, purché l’ultima quota versata copra almeno il 10% dell’intero importo dell’intervento.

  2. Prenotazione dell’incentivo: riservata a PA ed enti equivalenti. Può essere richiesta prima dell’inizio dei lavori, se:

    • esiste una diagnosi energetica con un atto amministrativo che attesti l’impegno a eseguire l’intervento;

    • è stato stipulato un contratto di prestazione energetica con una ESCO (Energy Service Company);

    • è stato assegnato l’appalto dei lavori, corredato dal verbale di consegna redatto dal direttore dei lavori.

La prenotazione è uno strumento fondamentale per garantire certezza di accesso al finanziamento prima dell’avvio dell’intervento, molto utile soprattutto per enti pubblici con vincoli di bilancio.

Misure per le imprese 

Il Conto Termico 3.0 introduce una serie di misure dedicate in modo specifico alle imprese, con l’obiettivo di incentivare interventi reali ed efficaci di efficientamento energetico. Le aziende, per accedere ai contributi, devono dimostrare un concreto risparmio di energia primaria, misurabile e certificato.

Condizioni per ottenere l’incentivo

Per essere ammessi, gli interventi devono garantire una riduzione dei consumi di energia primaria pari ad almeno:

  • 10% per singoli interventi;

  • 20% in caso di multi-intervento.

Il miglioramento delle prestazioni deve essere dimostrato attraverso due Attestati di Prestazione Energetica (APE) – uno ante intervento e uno post intervento – redatti da un tecnico abilitato con dichiarazione asseverata.

Sono esclusi dagli incentivi tutti gli interventi che prevedano l’uso di combustibili fossili, incluso il gas naturale, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione nazionale.

Requisiti e limitazioni

Le imprese devono presentare una richiesta preliminare prima dell’avvio dei lavori, contenente:

  • Nome e dimensioni dell’impresa;

  • Descrizione dettagliata del progetto;

  • Ubicazione, cronoprogramma e costi;

  • Tipologia e importo dell’incentivo richiesto.

Inoltre, non possono beneficiare degli incentivi:

  • Le imprese in difficoltà economica (secondo le linee guida UE);

  • Le imprese soggette a ordini di recupero per incentivi dichiarati illegittimi dalla Commissione Europea.

Misure specifiche per il settore agricolo e forestale

Una deroga importante riguarda le aziende agricole e le imprese del settore forestale, per le quali sono ammessi:

  • Impianti a biomassa per climatizzazione invernale, serre, fabbricati rurali e processi produttivi;

  • Sistemi ibridi o bivalenti a pompa di calore;

  • Obbligo di contabilizzazione del calore per impianti oltre i 200 kW.

Spese ammissibili per le imprese

  • Sono finanziabili solo i costi direttamente connessi al miglioramento energetico o ambientale.

  • Per PMI, sono ammessi anche i costi per la redazione degli APE.

  • Il GSE pubblicherà un elenco dettagliato delle spese ammissibili nelle Regole Applicative.

Queste disposizioni mirano a garantire che l’incentivo sia effettivamente rivolto a interventi che generano un risparmio energetico concreto e misurabile, con l’obiettivo di supportare la transizione energetica anche nel comparto industriale.

Vantaggi fiscali

Il Conto Termico 3.0 non rappresenta solo un incentivo tecnico per la riqualificazione energetica, ma è anche una leva economica e fiscale strategica per imprese, pubbliche amministrazioni e soggetti del Terzo Settore. I vantaggi concreti si misurano sotto diversi aspetti: riduzione dei costi, maggiore efficienza e sostenibilità ambientale.

Vantaggi economici immediati

A differenza di altri bonus fiscali, il Conto Termico offre contributi diretti erogati in tempi certi dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici), spesso entro 90-120 giorni dalla presentazione della domanda. Questo consente una liquidità immediata per sostenere l’investimento, evitando di dover attendere detrazioni su più anni.

  • Gli incentivi possono arrivare fino al 65% delle spese sostenute, e in alcuni casi al 100% per i comuni sotto i 15.000 abitanti o per specifici edifici pubblici.

  • È cumulabile con altri incentivi, a patto che non si superi il costo totale dell’investimento.

Risparmio sui consumi e ritorno sull’investimento

Gli interventi ammessi, soprattutto quelli legati alla building automation, all’isolamento termico o all’installazione di impianti fotovoltaici con accumulo, consentono una riduzione consistente delle bollette. Il tempo di ritorno dell’investimento (payback period) si abbrevia sensibilmente grazie alla combinazione tra incentivo e risparmio energetico.

Benefici ambientali e competitività

Contribuendo a ridurre il fabbisogno energetico e le emissioni di CO₂, il Conto Termico 3.0 si inserisce pienamente negli obiettivi di transizione ecologica previsti dal PNIEC e dalle direttive europee sul clima.
Per le imprese, migliorare la performance ambientale significa anche accedere più facilmente a fondi europei, bandi regionali e linee di finanziamento agevolato (ESG).

Infine, la riqualificazione degli edifici migliora anche il valore immobiliare, un aspetto spesso sottovalutato ma fondamentale nel medio-lungo periodo.

Come presentare la domanda

Per accedere agli incentivi previsti dal Conto Termico 3.0, il Soggetto Responsabile deve inoltrare una domanda al GSE (Gestore dei Servizi Energetici), utilizzando esclusivamente l’apposita piattaforma digitale denominata Portaltermico, già attiva per il Conto Termico 2.0 e aggiornata alle nuove disposizioni.

Portaltermico GSE: cosa serve per iniziare

Prima di accedere al portale, è necessario disporre di:

  • SPID o CNS per l’autenticazione;

  • Codice fiscale e dati anagrafici del soggetto responsabile;

  • Documentazione tecnica e amministrativa dell’intervento;

  • Copia delle fatture e delle quietanze di pagamento;

  • A.P.E. ante e post intervento (se richiesto).

La procedura è interamente digitale, e si svolge in modo guidato tramite la scheda-domanda che consente di caricare le informazioni richieste in base alla tipologia di intervento (art. 5 o 8 del decreto).

Due modalità di accesso agli incentivi

Il meccanismo prevede due opzioni distinte:

  1. Accesso diretto
    Riservato a tutti i soggetti (privati, PA, imprese). La domanda deve essere inviata entro 90 giorni dalla fine dei lavori, pena l’esclusione. Per i soggetti privati, è ammessa una dilazione dei pagamenti fino a 120 giorni, purché l’ultima quota versata superi il 10% della spesa complessiva.

  2. Prenotazione dell’incentivo
    Accessibile per PA ed enti assimilati, anche tramite ESCO. La prenotazione può essere presentata prima dell’inizio dei lavori, ma solo in presenza di specifica documentazione:

    • Diagnosi energetica con atto amministrativo che attesti l’impegno a realizzare gli interventi;

    • Contratto di prestazione energetica o di fornitura integrata con importi dettagliati;

    • Verbale di assegnazione dei lavori e consegna da parte del direttore dei lavori.

Una volta inoltrata la domanda, il GSE avvia la valutazione tecnico-amministrativa. Se l’esito è positivo, viene comunicata la concessione dell’incentivo e, nel caso dell’accesso diretto, parte il calendario dei pagamenti annuali, secondo le regole stabilite nel decreto e nei suoi allegati tecnici.

Conclusione

Il Conto Termico 3.0, in vigore dal 25 dicembre 2025, rappresenta un’evoluzione importante nell’ambito degli incentivi per la riqualificazione energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. A differenza di molti altri strumenti fiscali, si distingue per la rapidità di erogazione, la trasparenza delle regole e la concretezza dei vantaggi sia economici che ambientali.

Grazie a un meccanismo digitale collaudato (Portaltermico GSE) e a criteri chiari, il nuovo schema consente a pubbliche amministrazioni, imprese, enti del terzo settore e privati (per le rinnovabili) di ottenere incentivi fino al 65% per interventi che generano risparmio reale, valorizzazione immobiliare e sostenibilità ambientale.

Per i piccoli comuni, le PMI e le aziende agricole, si aprono prospettive di sviluppo concrete grazie alla possibilità di investire in impianti innovativi, building automation, illuminazione efficiente, impianti fotovoltaici con accumulo, sistemi di ricarica elettrica e molto altro.

Allo stesso tempo, l’adozione di criteri di cumulabilità e la possibilità di prenotare gli incentivi prima dell’intervento rendono il Conto Termico 3.0 un vero e proprio strumento strategico di pianificazione energetica e finanziaria.

In un contesto in cui la transizione energetica non è più una scelta ma una necessità, il Conto Termico 3.0 si presenta come un alleato fondamentale per innovare, risparmiare e rispettare l’ambiente.

Articoli più letti

Iscriviti

Iscriviti alla nostra newsletter per rimanere aggiornato sul mondo delle normative e legge per il fisco e tributi!

No grazie!