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venerdì 6 Dicembre 2024

Impresa familiare per coppie gay e coppie di fatto 2017: i partner come partecipano agli utili?

Come ormai noto, la Legge Cirinnà (Legge 20 maggio 2016 n°76 rubricata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”) introduce nell’ordinamento italiano la regolamentazione delle unioni civili e la disciplina delle convivenze, e concerne in generale tutte le coppie di fatto a prescindere dal genere: sia omosessuali sia eterosessuali. Con questa guida pratica esaminiamo come funziona l’impresa familiare in entrambe le fattispecie e quali regole trovano applicazione in materia di partecipazione agli utili.  

Come ormai noto, la Legge Cirinnà (Legge 20 maggio 2016 n°76 rubricata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”) introduce nell’ordinamento italiano la regolamentazione delle unioni civili e la disciplina delle convivenze, e concerne in generale tutte le coppie di fatto a prescindere dal genere: sia omosessuali sia eterosessuali.  

In particolare, l’equiparazione delle due figure del compagno e del coniuge, con relativi diritti e doveri, scandisce in termini legali, fiscali e previdenziali tutta una serie di casistiche fino a poco tempo fa lasciate in un limbo normativo. Dedichiamo un focus all’impresa familiare in queste due fattispecie.

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In via preliminare occorre sottolineare che:

a) in caso di unioni civili (costituite di fronte ad un ufficiale di stato civile) si applicano le stesse disposizioni del codice civile previste per i coniugi nell’ambito dell’impresa familiare (articolo 230 bis codice civile);

b) per le convivenze delle coppie di fatto (sancita con un contratto di convivenza, o patto di convivenza, ricevuto da un notaio) è stata inserita nella legge una specifica norma che disciplina la partecipazione agli utili (art 230 ter codice civile).  

Impresa familiare nelle unioni civili

All’interno dell’unione civile, anche se riguardante persone dello stesso sesso, si applicano le stesse regole previste per i coniugi sposati: lo statuisce l’articolo 13, che riguarda il regime patrimoniale applicabile il quale, nell’ultimo capoverso prevede l’applicazione delle “disposizioni di cui alle sezioni II, III, IV, V e VI del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile”. Fra queste, è compreso l’articolo 230 bis, che regolamenta appunto l’impresa familiare in base al quale: “salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato”.

Imprese familiare nelle coppie di fatto

Con riferimento alle convivenze di fatto, che possono riguardare persone dello stesso sesso oppure eterosessuali, interviene l’articolo 46 della legge, il quale introduce l’articolo 230 ter al codice civile, in base al quale: “al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato”.

Soluzione

In conclusione, in entrambi i casi si configura il diritto alla partecipazione agli utili e nel secondo caso è specificato espressamente che ciò vale salvo che fra i conviventi esista già un altro tipo di contratto all’interno dell’impresa stessa.

Nell’ipotesi di unioni civili però, si applica in toto l’articolo 230 bis sopra citato, che prevede anche una serie di altre disposizioni relative al diritto di voto, alle modalità di trasferimento del diritto di partecipazione, alla divisione ereditaria, al caso di vendita dell’impresa. Si assiste in tali ipotesi ad una piena assimilazione tra diritti delle unioni civili e quelle dei familiari ed in particolare:

1) il partner partecipa alle decisioni su impiego degli utili, gestione straordinaria, indirizzi produttivi, cessazione dell’impresa, che per legge sono adottate a maggioranza dai familiari;

2) il diritto di partecipazione è intrasferibile, a meno che non avvenga a favore di altri familiari con il consenso di tutti i partecipi ed è liquidabile in denaro in caso di cessazione della prestazione di lavoro o di vendita dell’azienda;

3) in caso di divisione ereditaria o trasferimento d’azienda, il partner in quanto partecipante fa parte dei familiari con diritto alla prelazione. Se vuole vendere la quota sulla quale ha diritto di prelazione, applica le disposizioni previste dall’articolo 732 del codice civile: notificazione della proposta agli altri eredi, indicazione del prezzo, diritto di prelazione agli altri eredi esercitabile entro due mesi. In mancanza di notificazione, gli altri eredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente; 

Per le convivenze di fatto le uniche regole previste sono quelle contenute nel nuovo articolo 230 ter sulla partecipazione agli utili nel caso in cui il convivente lavori all’interno dell’impresa.

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