Dal 1° gennaio 2025 è entrato ufficialmente in vigore una delle novità fiscali più attese per le microimprese europee: la franchigia IVA transfrontaliera, un regime pensato per semplificare la vita alle piccole imprese che operano oltre confine nell’Unione Europea. La misura, prevista dalla Direttiva (UE) 2020/285, rappresenta una vera svolta nel panorama fiscale comunitario, introducendo per la prima volta la possibilità di beneficiare dell’esenzione IVA anche in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento, entro limiti ben precisi.
Sommario
L’Agenzia delle Entrate italiana ha recentemente pubblicato una serie di chiarimenti ufficiali con la circolare n. 32/E del 27 dicembre 2023, che spiegano come applicare concretamente il nuovo regime “cross-border” e quali siano gli adempimenti necessari per accedervi. Tra soglie da rispettare, comunicazioni preventive e identificazione con il nuovo suffisso “EX”, la normativa europea apre opportunità interessanti ma impone anche una rigorosa osservanza di regole per evitare errori e sanzioni.
In questo articolo ti guideremo passo dopo passo alla scoperta della franchigia IVA transfrontaliera, illustrando chi può beneficiarne, quali sono le soglie da rispettare (85.000 euro in Italia e 100.000 euro negli altri Paesi UE), come funziona il meccanismo di comunicazione preventiva, e quali sono gli adempimenti trimestrali richiesti. Un approfondimento completo, utile per risparmiare legalmente sulle tasse e sfruttare al meglio il nuovo regime europeo.
Come funziona la franchigia
Il nuovo regime transfrontaliero di franchigia IVA rappresenta un’evoluzione del regime nazionale di esenzione già previsto per le piccole imprese, estendendolo a livello europeo. La sua logica di base è semplice ma rigorosa: le imprese che rientrano nei requisiti possono non addebitare l’IVA sulle operazioni effettuate in altri Stati membri, a patto che non superino determinate soglie di fatturato e che rispettino le condizioni previste dalla normativa.
Cosa succede alle operazioni attive e passive?
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Operazioni attive: le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in un altro Stato UE, dove si applica la franchigia, non sono assoggettate a IVA. L’impresa, quindi, emette fattura senza applicare l’imposta, godendo di un vantaggio in termini di semplificazione e competitività.
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Operazioni passive: l’impresa non ha diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti correlati alle operazioni esenti. Tuttavia, per alcune tipologie di acquisti (come quelli intracomunitari o soggetti a reverse charge), restano gli obblighi IVA ordinari, compresa l’eventuale identificazione IVA nello Stato membro interessato.
Attenzione: non si può “spezzare” il regime
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non è possibile adottare contemporaneamente il regime di franchigia e quello ordinario nello stesso Stato UE: la scelta deve essere univoca per ciascun Paese. Tuttavia, l’impresa può scegliere liberamente in quali Stati membri avvalersi della franchigia e in quali mantenere il regime ordinario. Questa flessibilità permette una pianificazione strategica e fiscale su misura.
Soglie e requisiti
Per beneficiare della franchigia IVA transfrontaliera, le imprese devono rispettare due soglie fondamentali, una a livello europeo complessivo e una specifica per ciascun Stato membro in cui si intende applicare l’esenzione.
Le due soglie da rispettare:
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Soglia UE: non bisogna superare i 100.000 euro annui di volume d’affari generato complessivamente nell’intera Unione europea, calcolato al netto dell’IVA.
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Soglia nazionale: ogni Stato può fissare un proprio limite interno (fino a un massimo di 85.000 euro). In Italia il limite è fissato proprio a 85.000 euro, in linea con la soglia prevista dal regime forfettario.
Chi può aderire?
Il regime è riservato esclusivamente a soggetti stabiliti nell’UE. Le imprese extra-UE, anche se operano tramite stabili organizzazioni nel territorio comunitario, non possono accedere alla franchigia. La definizione di “stabilimento” fa riferimento ai criteri armonizzati previsti dalla normativa IVA europea.
Come si calcola il volume d’affari?
La circolare dell’Agenzia delle Entrate sottolinea l’importanza del corretto calcolo del volume d’affari per ciascuno Stato membro. Nel conteggio concorrono:
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Cessioni e servizi imponibili realizzati nell’UE;
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Esportazioni e cessioni intracomunitarie;
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Operazioni imputabili territorialmente a ogni singolo Stato.
Esclusi dal calcolo: cessioni di beni strumentali (materiali o immateriali) e alcune operazioni esenti ai sensi dell’art. 10 del DPR 633/72, salvo che siano accessorie a operazioni imponibili.
Anche le vendite a distanza sono da considerare con attenzione: se non superano i 10.000 euro e non vi è opzione per l’imposizione nello Stato di destinazione, rientrano nel volume d’affari italiano; altrimenti, vanno attribuite al Paese di destinazione.

Come accedere alla franchigia estera
Le imprese italiane che desiderano beneficiare del regime di franchigia IVA in altri Stati membri dell’UE devono seguire una procedura formale ben definita, disciplinata dalla Circolare 32/E dell’Agenzia delle Entrate. Il processo, strutturato ma digitalizzato, ha lo scopo di garantire un controllo efficace sulle soglie e sull’effettiva idoneità del contribuente.
Comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate
Il primo passo è l’invio di una comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate, in cui si dichiara l’intenzione di avvalersi del regime di franchigia in uno o più Paesi UE. L’Agenzia, ricevuta la richiesta:
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ha 15 giorni lavorativi per trasmettere la comunicazione agli Stati di esenzione richiesti;
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entro 35 giorni lavorativi dalla ricezione della domanda, in caso di esito positivo, assegna un identificativo IVA con suffisso “EX”. Questo suffisso viene aggiunto alla partita IVA italiana per contrassegnare l’adesione al regime transfrontaliero.
Requisiti da rispettare
Per ottenere l’“EX”, l’impresa deve dimostrare:
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il rispetto della soglia UE dei 100.000 euro, sia nell’anno precedente sia in quello in corso (fino alla data della richiesta);
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la conformità alle soglie e condizioni del Paese di esenzione.
Un elemento interessante chiarito dalla circolare è che possono accedere al regime anche i soggetti in regime ordinario, quindi non solo i forfettari. Ciò include società, enti e persone fisiche che soddisfano le condizioni, purché lo Stato estero consenta questa estensione.
Comunicazioni trimestrali obbligatorie
Uno degli aspetti più rilevanti del nuovo regime IVA transfrontaliero per piccole imprese è l’obbligo di inviare una comunicazione trimestrale all’Agenzia delle Entrate, anche nel caso in cui non siano state effettuate operazionidurante il periodo di riferimento.
Chi è obbligato?
Tutti i soggetti stabiliti in Italia e ammessi al regime “EX” devono trasmettere una comunicazione riepilogativa che includa:
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il valore delle operazioni effettuate in Italia;
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il valore delle operazioni effettuate in ciascun altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che vi si applichi il regime di franchigia o il regime ordinario.
Quando si presenta?
La comunicazione va inviata telematicamente, tramite l’apposito modello predisposto dall’Agenzia delle Entrate, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento:

Importante: la scadenza non slitta se cade di sabato o in un giorno festivo.
Sanzioni in caso di omissione o errori
La mancata trasmissione o l’invio con dati errati/incompleti è punita secondo l’art. 11, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 471/1997. Le sanzioni vanno da 250 a 2.000 euro. La Circolare anticipa che, dal 2026, queste disposizioni saranno trasfuse nel Testo Unico delle Sanzioni.
Anche una comunicazione “a zero”, se omessa, può comportare sanzioni: si consiglia quindi massima attenzione all’adempimento, che rappresenta uno degli obblighi chiave del nuovo regime.

Risparmio fiscale e semplificazioni operative
Il nuovo regime di franchigia IVA transfrontaliera, se ben applicato, offre una serie di vantaggi strategici per le piccole imprese italiane che operano o desiderano espandersi in altri Paesi dell’Unione Europea. Oltre alla logica armonizzata, la misura risponde concretamente alle esigenze di semplificazione, competitività e contenimento dei costi.
1. Nessuna IVA da addebitare
Il vantaggio più evidente è la possibilità di non addebitare l’IVA sulle fatture emesse nei Paesi UE dove si è ottenuto il riconoscimento del regime EX. Questo comporta un prezzo finale più competitivo, specialmente in mercati dove l’IVA è elevata, e rappresenta un punto di forza importante per microimprese e professionisti.
2. Maggiore flessibilità nei mercati esteri
Grazie alla possibilità di scegliere in quali Stati UE applicare la franchigia, le imprese italiane possono adattare la loro strategia fiscale in base alle condizioni di mercato. Ad esempio, si può decidere di utilizzare il regime in Francia e Germania ma restare nel regime ordinario in Austria, in base alle soglie o alla tipologia di clientela.
3. Semplificazione contabile
L’assenza di IVA nelle operazioni attive comporta una semplificazione degli adempimenti contabili, riducendo le registrazioni IVA e le relative liquidazioni nei Paesi esteri. Pur restando alcuni obblighi, il carico amministrativo si alleggerisce notevolmente.
4. Un’opportunità anche per chi è in regime ordinario
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono esclusi i soggetti in regime ordinario: anche chi è fuori dal forfettario può richiedere la franchigia in altri Paesi, aumentando così la platea dei beneficiari e le possibilità di ottimizzazione fiscale legale.
Le criticità del regime
Nonostante i vantaggi evidenti, il regime di franchigia IVA transfrontaliera presenta alcune criticità operative e fiscaliche non vanno sottovalutate. Una gestione disattenta può infatti portare a sanzioni, perdita del regime agevolato e obblighi retroattivi di regolarizzazione.
1. Superamento della soglia UE: rischio automatico di esclusione
Il principale punto di attenzione è il monitoraggio del volume d’affari complessivo UE. Il superamento della soglia dei 100.000 euro annui, anche solo per pochi euro, fa decadere l’intero regime, con conseguente necessità di regolarizzare l’IVA non addebitata nei vari Stati membri in cui si operava in esenzione.
Il rischio è amplificato dal fatto che la soglia deve essere rispettata sia nell’anno precedente che nell’anno in corso fino alla data della comunicazione.
2. Obblighi IVA “residui” anche in franchigia
Anche se le operazioni attive sono esenti, il regime non elimina tutti gli obblighi IVA. Ad esempio, restano in vigore gli adempimenti per:
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acquisti intracomunitari;
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reverse charge;
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registrazioni specifiche nel Paese estero, se previste.
In alcuni casi, può essere comunque necessaria un’identificazione IVA nello Stato membro interessato, rendendo quindi meno “snella” l’operatività.
3. Sanzioni per comunicazioni errate o omesse
Come visto, l’omessa comunicazione trimestrale, anche a “zero”, comporta sanzioni amministrative fino a 2.000 euro. È quindi essenziale impostare un controllo interno efficace e, dove possibile, affidarsi a un consulente fiscale esperto in IVA UE.
Esempio pratico
Vediamo un esempio concreto di impresa italiana che ha utilizzato il regime di franchigia IVA transfrontaliera nel 2025 e sta ora valutando come proseguire nel 2026.
Profilo dell’impresa
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Sede: Firenze
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Settore: servizi di traduzione e consulenza linguistica
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Regime fiscale: ordinario semplificato
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Fatturato 2024:
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Italia: 72.000 €
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Germania: 22.000 €
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Belgio: 5.000 €
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Totale UE: 99.000 €
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Adesione al regime EX
All’inizio del 2025, l’impresa ha inviato la comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate per applicare la franchigia IVA in Germania. I requisiti erano rispettati:
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Soglia UE 2024 inferiore a 100.000 €
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Soglia nazionale tedesca rispettata (entro il limite locale)
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Attività conforme ai criteri del regime
L’Agenzia delle Entrate ha accettato la richiesta e attribuito alla partita IVA dell’impresa il suffisso “EX”, valido per la Germania. L’impresa ha così fatturato nel 2025 ai clienti tedeschi senza IVA, godendo di un vantaggio competitivo.
Adempimenti 2025
Durante l’anno, l’impresa ha:
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Monitorato il volume d’affari UE, che si prevede chiuderà intorno ai 98.000 €
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Inviato le comunicazioni trimestrali nei termini previsti
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Mantenuto il regime EX attivo per tutta la durata del 2025
Prospettiva per il 2026
A dicembre 2025, l’impresa sta valutando se rinnovare l’applicazione del regime EX anche per il 2026, mantenendo la franchigia in Germania e forse estendendola al Belgio. Condizione necessaria: non superare i 100.000 € UE nel 2025. Il monitoraggio di fine anno sarà quindi decisivo.
Conclusione
Con il primo anno di applicazione del regime di franchigia IVA transfrontaliera ormai concluso, è il momento ideale per le piccole imprese italiane di fare un bilancio dei vantaggi e delle criticità riscontrati e pianificare con maggiore consapevolezza il 2026.
Il regime EX, pensato per favorire la competitività e semplificare gli adempimenti fiscali delle microimprese attive in ambito UE, si è rivelato uno strumento utile, ma non privo di complessità gestionali. Le aziende che hanno saputo monitorare con precisione il proprio volume d’affari UE e rispettare puntualmente gli obblighi trimestrali, hanno potuto beneficiare dell’esenzione IVA nei Paesi esteri, rafforzando la propria presenza nei mercati internazionali.
Chi invece ha incontrato difficoltà nella gestione dei dati, nella corretta imputazione delle operazioni o ha trascurato la comunicazione preventiva, potrebbe trovarsi ora nella necessità di regolarizzare la propria posizione.
Il consiglio, per il 2026, è quello di valutare l’adesione al regime EX come parte di una strategia fiscale integrata, scegliendo con attenzione i Paesi in cui applicare la franchigia e affiancandosi a un professionista esperto in IVA comunitaria. In questo modo, è possibile massimizzare i benefici fiscali e al tempo stesso evitare sanzioni, mantenendo sempre la piena conformità alle normative europee in continuo aggiornamento.
Il regime EX non è solo una semplificazione, ma una leva strategica per chi vuole crescere oltre i confini, in modo fiscalmente efficiente e legalmente solido.

