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giovedì 30 Ottobre 2025

Enti del Terzo Settore e antiriciclaggio: cosa cambia con il decreto Economia 2025

Con il Decreto Legge n. 95 del 2025, noto anche come “Decreto Economia”, cambia radicalmente il rapporto tra Enti del Terzo Settore (ETS) e normativa antiriciclaggio. Per la prima volta in maniera esplicita, anche gli ETS vengono formalmente ricompresi tra i soggetti vigilati all’interno del sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Un cambio di passo che mira a rafforzare i controlli sugli assetti patrimoniali e le attività economiche anche nel mondo del non profit, da tempo osservato speciale delle autorità internazionali.

L’intervento normativo è coerente con le direttive europee in materia di trasparenza e controllo dei flussi finanziari e risponde all’esigenza, più volte sollevata da organismi di vigilanza come la UIF (Unità di Informazione Finanziaria), di evitare che soggetti apparentemente “deboli” vengano utilizzati come veicolo per operazioni opache. Il decreto attribuisce al Comitato di sicurezza finanziaria un ruolo centrale di coordinamento, introducendo per gli ETS obblighi di identificazione dei beneficiari effettivi, analisi del rischio, e tracciabilità delle operazioni.

Per molte realtà del Terzo Settore, queste nuove regole rappresentano una sfida importante, ma anche un’occasione per strutturarsi meglio e rafforzare la propria credibilità. In questo articolo analizzeremo cosa cambia concretamente, quali sono gli obblighi introdotti e come gli ETS possono adeguarsi in modo efficace, evitando sanzioni e cogliendo i vantaggi di una maggiore trasparenza.

Comitato di Sicurezza Finanziaria

Il Decreto Economia (D.L. n. 95/2025) interviene in modo decisivo sul funzionamento del Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF), assegnandogli una funzione cruciale nel monitoraggio delle attività degli Enti del Terzo Settore. La modifica normativa, inserita all’articolo 11, comma 1, lettera a), attribuisce infatti al CSF il ruolo di punto di contatto centrale per le richieste provenienti da Paesi esteri e organismi internazionali relativamente al rischio che gli ETS vengano abusati per finalità di finanziamento del terrorismo.

La norma modifica l’art. 3, comma 11 del D.lgs. 109/2007 e prevede che, pur mantenendo inalterate le competenze delle singole autorità che compongono il Comitato, il CSF diventi il fulcro istituzionale per le attività di cooperazione internazionale e per le iniziative di sensibilizzazione rivolte agli enti non profit. Il testo inserito specifica che tale funzione riguarda in particolare gli enti del Terzo Settore ex art. 4 del D.lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore).

Questo aggiornamento normativo risponde direttamente alla Raccomandazione n. 8 del GAFI (Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale), che impone agli Stati membri di rafforzare la vigilanza sulle organizzazioni non profit, considerate potenzialmente vulnerabili a utilizzi illeciti. In particolare, il GAFI evidenzia tre modalità di abuso: la creazione di enti di facciata, l’uso strumentale di enti legittimi per eludere controlli finanziari e il dirottamento clandestino di fondi da scopi leciti verso attività terroristiche.

Secondo l’Analisi nazionale dei rischi pubblicata dal CSF nel novembre 2024, il rischio sistemico in Italia è valutato come basso per la maggior parte del non profit, ma emergono criticità specifiche per alcune ONG attive nelle aree di crisi del Mediterraneo e Medio Oriente e per le associazioni di culto islamico, che da sole gestiscono oltre 86 milioni di euro. Si tratta dunque di un intervento mirato, volto a colpire situazioni di rischio reale senza criminalizzare l’intero comparto.

Composizione e funzioni del Comitato

Per comprendere appieno la portata delle nuove responsabilità attribuite al Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF) dal D.L. 95/2025, è fondamentale delinearne la struttura e le competenze attuali. Il CSF è un organismo interministeriale operativo presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ed è presieduto dal Direttore Generale del Tesoro. Si compone di 15 membri, designati da diverse istituzioni centrali dello Stato: il Ministero dell’Interno, il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (già dello sviluppo economico), la Banca d’Italia, la Consob, l’Ivass, l’UIF, oltre a rappresentanti di corpi di polizia e organi di giustizia.

In particolare, ne fanno parte:

  • Un dirigente del MEF;

  • Un ufficiale della Guardia di Finanza;

  • ufficiale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA);

  • Un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri;

  • Un dirigente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

  • Un magistrato della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

Il Comitato ha una funzione centrale di coordinamento e attuazione delle politiche di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Uno dei suoi compiti più rilevanti è quello di garantire la tempestiva esecuzione delle misure di congelamento dei beni disposte da autorità internazionali come l’ONU e l’Unione Europea, o direttamente dal Ministro dell’Economia.

Inoltre, agisce come punto di raccordo tra tutte le amministrazioni coinvolte, ottenendo da esse ogni informazione necessaria, anche in deroga al segreto d’ufficio, per garantire un’azione rapida ed efficace. Questa prerogativa, già di per sé strategica, assume ora un peso ancor maggiore considerando il nuovo compito di presidio sul Terzo Settore, sia a livello nazionale che internazionale.

Enti del Terzo Settore e Antiriciclaggio - Commercialista.it

Gli obblighi antiriciclaggio per gli ETS

Con l’entrata in vigore del Decreto Economia (D.L. n. 95/2025), gli Enti del Terzo Settore entrano ufficialmente a far parte del sistema di prevenzione antiriciclaggio italiano. Questo comporta per loro una serie di obblighi operativi e documentali che, fino ad oggi, erano previsti solo per soggetti bancari, finanziari o professionali.

L’obiettivo del legislatore è quello di prevenire il rischio che gli ETS vengano utilizzati, anche inconsapevolmente, come canali per il riciclaggio di denaro o il finanziamento del terrorismo.

In particolare, gli enti saranno chiamati ad adottare le seguenti misure:

  • Identificazione del beneficiario effettivo: ogni ETS dovrà individuare e registrare le persone fisiche che, direttamente o indirettamente, esercitano il controllo sull’ente o sui suoi fondi.

  • Analisi del rischio: obbligo di valutare e documentare il rischio specifico a cui l’ente è esposto, in relazione alla sua attività, alla provenienza dei fondi e ai Paesi coinvolti.

  • Tracciabilità delle operazioni: mantenere registri aggiornati delle operazioni finanziarie, anche tramite conti bancari dedicati e separati rispetto a eventuali attività commerciali o accessorie.

  • Segnalazione di operazioni sospette (SOS): gli ETS dovranno segnalare all’UIF qualsiasi operazione o comportamento anomalo che possa indicare un rischio di riciclaggio o di finanziamento illecito.

Questi obblighi dovranno essere proporzionati alla dimensione e alla natura dell’ente: una piccola associazione culturale avrà adempimenti diversi rispetto a una ONG con fondi e operatività internazionale. Tuttavia, la responsabilità resta personale e diretta per i membri degli organi di amministrazione e controllo, i quali potranno incorrere in sanzioni pecuniarie e penali in caso di inadempienza.

Il quadro normativo di riferimento resta il D.lgs. 231/2007, aggiornato dalle recenti modifiche del D.L. 95/2025, che stabilisce i criteri di adeguata verifica, profilazione del rischio e segnalazione alle autorità. Una corretta applicazione delle norme non solo protegge l’ente da abusi, ma costituisce anche una garanzia di trasparenza nei confronti di donatori, istituzioni e beneficiari.

Adeguarsi alla normativa antiriciclaggio

Se da un lato le nuove disposizioni del Decreto Economia 2025 impongono obblighi più stringenti agli Enti del Terzo Settore, dall’altro rappresentano anche un’occasione concreta per rafforzarne la trasparenza, la credibilità e la capacità di attrarre risorse. In un contesto in cui la fiducia è un bene sempre più prezioso, dimostrare conformità a standard internazionali in materia di antiriciclaggio può fare la differenza nella relazione con finanziatori pubblici, partner internazionali e donatori privati.

Gli ETS che si adeguano tempestivamente alla nuova normativa potranno trarre vantaggi tangibili:

  • Accesso facilitato a fondi pubblici ed europei, che sempre più spesso richiedono il rispetto di protocolli AML (Anti Money Laundering) tra i criteri di ammissibilità;

  • Rafforzamento della reputazione dell’ente nei confronti di stakeholder, media e comunità locali, anche grazie a una maggiore trasparenza nella gestione dei fondi;

  • Migliore governance interna, grazie all’introduzione di strumenti di valutazione del rischio, tracciabilità delle operazioni e responsabilizzazione degli organi direttivi;

  • Maggiore protezione da infiltrazioni o strumentalizzazioni, soprattutto in settori sensibili come la cooperazione internazionale, il culto religioso o l’accoglienza migranti.

Inoltre, l’allineamento con le raccomandazioni del GAFI può costituire un valore aggiunto per le organizzazioni che operano su scala internazionale, in quanto consente loro di rispondere più facilmente ai controlli di autorità straniere o di organismi sovranazionali.

Naturalmente, l’adeguamento iniziale può comportare costi organizzativi e consulenziali, soprattutto per gli enti di piccole dimensioni. Tuttavia, con il giusto supporto tecnico e formativo, questi adempimenti possono essere trasformati in strumenti di rafforzamento strategico, e non solo in un aggravio burocratico.

Enti del Terzo Settore e Antiriciclaggio - Commercialista.it

Sanzioni e responsabilità

L’inserimento degli Enti del Terzo Settore nel perimetro della normativa antiriciclaggio comporta inevitabilmente l’estensione anche del sistema sanzionatorio previsto dal D.lgs. 231/2007. Il mancato rispetto degli obblighi introdotti dal D.L. 95/2025 può infatti dar luogo a sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, penali, che colpiscono direttamente gli amministratori, i dirigenti e gli enti stessi.

Tra le principali violazioni sanzionabili troviamo:

  • Omessa o incompleta identificazione del beneficiario effettivo;

  • Mancata valutazione del rischio o assenza di documentazione a supporto;

  • Inosservanza degli obblighi di registrazione e conservazione dei dati;

  • Omissione nella segnalazione di operazioni sospette (SOS);

  • Resistenza o rifiuto a collaborare con le autorità competenti, comprese le richieste del Comitato di Sicurezza Finanziaria.

Le sanzioni amministrative pecuniarie possono variare da 2.000 a 50.000 euro, ma in alcuni casi – come la mancata segnalazione all’UIF – possono salire fino a 500.000 euro. Se l’inadempienza ha facilitato operazioni illecite o occultato flussi finanziari di origine sospetta, si può arrivare a responsabilità penale personale, con conseguente apertura di procedimenti giudiziari e possibile interdizione dai pubblici uffici.

Inoltre, per gli enti iscritti al RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore), la violazione degli obblighi antiriciclaggio può costituire motivo di sospensione o cancellazione dal Registro, con gravi conseguenze sull’accesso a fondi pubblici, benefici fiscali e credibilità istituzionale.

È quindi fondamentale che tutti gli ETS prendano sul serio il nuovo quadro normativo. Non si tratta solo di evitare multe o procedimenti, ma di tutelare la propria missione e i propri stakeholder da rischi reputazionali e giuridici spesso sottovalutati.

Modelli organizzativi e protocolli interni

Per affrontare in modo efficace gli obblighi antiriciclaggio introdotti dal D.L. 95/2025, gli Enti del Terzo Settore devono iniziare a pensare in termini di compliance strutturata, adottando modelli organizzativi interni che consentano di rispettare la normativa senza bloccare l’operatività quotidiana. In quest’ottica, è utile ispirarsi a quanto già previsto per le imprese e le associazioni riconosciute nell’ambito del D.lgs. 231/2001, adattando però gli strumenti alle specificità del non profit.

Un primo passo fondamentale è la redazione di un manuale interno antiriciclaggio, che includa:

  • L’individuazione del responsabile della compliance (anche esterno);

  • Procedure standard per la verifica dei soggetti donatori e dei destinatari dei fondi;

  • Modalità di raccolta, archiviazione e tracciamento delle transazioni finanziarie;

  • Procedure per l’identificazione dei “segnali deboli” di rischio;

  • Tempistiche e flussi operativi per la segnalazione all’UIF.

Per gli enti di maggiori dimensioni o con operatività internazionale, si raccomanda l’introduzione di un sistema di risk management interno, eventualmente integrato con software di analisi automatica e reportistica. Questo approccio non solo migliora l’efficienza, ma protegge l’ente da errori umani e riduce la probabilità di sanzioni per inadempienze involontarie.

Infine, è determinante la formazione continua degli organi direttivi e del personale: un ETS consapevole dei propri obblighi è anche un ETS più autonomo, trasparente e solido nel lungo termine.

Strumenti operativi 

Di fronte all’estensione degli obblighi antiriciclaggio agli Enti del Terzo Settore, molti amministratori si trovano a dover gestire una materia complessa e altamente tecnica. Tuttavia, l’adeguamento non deve necessariamente tradursi in burocrazia paralizzante. Esistono infatti strumenti pratici e soluzioni professionali pensati per facilitare la compliance, anche in realtà di piccole dimensioni e con risorse limitate.

Un primo passo utile è predisporre una checklist personalizzata degli adempimenti, che tenga conto della natura dell’ente, della sua operatività (locale, nazionale o internazionale) e delle tipologie di entrate e uscite. Tra i punti principali:

  • Mappatura dei flussi finanziari;

  • Classificazione dei donatori e dei beneficiari;

  • Predisposizione di registri per l’identificazione e conservazione dei dati;

  • Procedure standardizzate per la gestione dei fondi in entrata e in uscita;

  • Monitoraggio e aggiornamento periodico dei profili di rischio.

Sul mercato sono disponibili anche software specifici per la gestione della compliance antiriciclaggio, in grado di automatizzare la raccolta dei dati, generare alert in presenza di operazioni anomale e mantenere traccia delle verifiche effettuate. Alcuni strumenti si integrano con i gestionali contabili o i database dei soci e benefattori.

Infine, per gli ETS più strutturati o per quelli che operano in ambiti a rischio (cooperazione internazionale, raccolta fondi dall’estero, attività religiose), è consigliabile affidarsi a un professionista o studio specializzato in diritto del Terzo Settore e antiriciclaggio. Un commercialista esperto potrà non solo redigere la documentazione richiesta, ma anche formare il personale e impostare un sistema di controlli interni adeguato.

Conclusioni

L’estensione degli obblighi antiriciclaggio agli Enti del Terzo Settore con il D.L. 95/2025 rappresenta una svolta importante e inevitabile: gli ETS non sono più considerati semplici soggetti benefici, ma attori economici responsabili, inseriti a pieno titolo nel sistema di prevenzione finanziaria nazionale e internazionale.

Adeguarsi alle nuove norme non è solo un dovere legale, ma anche una scelta strategica per rafforzare la reputazione dell’ente, attrarre finanziamenti trasparenti e prevenire qualsiasi rischio di strumentalizzazione. Gli strumenti a disposizione ci sono, così come il supporto di professionisti esperti in compliance e normativa del Terzo Settore.

Il momento per agire è ora: investire nella trasparenza, nella formazione e nella strutturazione interna significa tutelare la propria missione sociale e garantire continuità e solidità nel tempo. In un’epoca dove fiducia e tracciabilità sono beni sempre più richiesti, la conformità normativa diventa una leva di crescita e legittimazione.

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