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giovedì 30 Ottobre 2025

Composizione negoziata: rischio penale per l’esperto facilitatore

Negli ultimi anni, il tema della composizione negoziata della crisi d’impresa è diventato centrale nel panorama economico e giuridico italiano. Pensata come misura preventiva e non giudiziale per aiutare le imprese in difficoltà a trovare soluzioni sostenibili e condivise con i creditori, la composizione negoziata si è rivelata un’importante leva per evitare il fallimento. Tuttavia, mentre il legislatore ha puntato sulla figura dell’esperto facilitatore per accompagnare l’imprenditore nella trattativa, cresce l’allarme tra i commercialisti e gli operatori del diritto per un aspetto spesso trascurato ma potenzialmente esplosivo: il rischio penale a cui questa figura professionale può andare incontro.

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (CNDCEC) ha recentemente acceso i riflettori su un punto critico: la responsabilità penale dell’esperto potrebbe emergere, anche solo in via teorica, nel momento in cui il suo operato venga considerato non conforme agli obblighi derivanti dalla legge o venga strumentalizzato da parte dell’impresa per coprire situazioni opache. Questo tema non è più solo una preoccupazione teorica, ma un elemento pratico e strategico da tenere in considerazione per tutti i professionisti chiamati a ricoprire questo ruolo.

Cosa comporta davvero questo rischio? Come può l’esperto tutelarsi? Quali margini di sicurezza giuridica sono stati previsti dal legislatore? In questo articolo andremo ad approfondire questi interrogativi, analizzando anche le più recenti prese di posizione istituzionali, come quella del CNDCEC, e l’orientamento giurisprudenziale che si va consolidando.

Il documento dei commercialisti

Il 17 luglio 2025, il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti hanno pubblicato il documento di ricerca “Il rischio penale dell’attività dell’esperto facilitatore nella composizione negoziata”, con l’intento di fare chiarezza su un tema che fino ad oggi ha ricevuto poca attenzione, ma che assume un’importanza crescente per tutti i professionisti coinvolti nella gestione della crisi d’impresa. Il documento, curato nell’ambito dell’area “Gestione della crisi d’impresa e procedure concorsuali” da Cristina Marrone e Pier Paolo Sanna, si concentra sulla posizione giuridica dell’esperto e sulle ipotesi di potenziale responsabilità penale che ne derivano.

L’esperto facilitatore, per definizione legislativa, è un soggetto terzo, imparziale e indipendente, incaricato di agevolare il dialogo tra imprenditore e creditori nell’ambito della procedura di composizione negoziata. Egli non può essere assimilato né a un attestatore né a un pubblico ufficiale, e per questo, come ribadisce il documento, non può essere accusato di reati tipici dei pubblici ufficiali o dei delitti contro l’amministrazione della giustizia. Tuttavia, proprio per la delicatezza del ruolo ricoperto e per la fiducia che il suo operato richiede, l’esperto potrebbe, in astratto, incorrere in responsabilità penali, nel caso in cui il suo comportamento concorra con quello dell’imprenditore a determinare un reato.

Il rischio maggiore si configura nei casi di concorso di persone nel reato, soprattutto in presenza di ipotesi di bancarotta. In questo senso, il documento è molto chiaro: non può esserci alcuna responsabilità penale senza una prova rigorosa del contributo effettivo dell’esperto alla realizzazione del fatto illecito e del dolo specifico, ovvero della consapevolezza e volontà di agire insieme all’imprenditore in modo fraudolento. La soglia probatoria è, quindi, elevatissima e questo aspetto rappresenta una parziale rassicurazione per i professionisti.

Posizione di garanzia

Un aspetto cruciale, affrontato con rigore nel documento del Consiglio e della Fondazione dei commercialisti, riguarda la possibilità che l’esperto facilitatore possa essere penalmente responsabile per omissione: in altre parole, per non aver impedito atti illeciti posti in essere dall’imprenditore o da altri soggetti durante la procedura di composizione negoziata. Questo tema solleva interrogativi importanti, soprattutto in un contesto dove le responsabilità professionali sono sempre più esposte al rischio di interpretazioni estensive da parte della giurisprudenza.

I commercialisti chiariscono che, alla luce della normativa vigente, l’esperto non ricopre una posizione di garanzia penalmente rilevante. Questo significa che egli non ha il dovere giuridico di impedire reati altrui, né è titolare di un obbligo di vigilanza in senso stretto sull’operato dell’imprenditore. In mancanza di tale posizione di garanzia, non si può ipotizzare un suo coinvolgimento penalmente rilevante nel caso in cui venga a conoscenza di comportamenti illeciti senza però denunciarli o impedirli.

La figura dell’esperto, infatti, è stata concepita dal legislatore come ausiliaria e non coercitiva: un facilitatore delle trattative, non un controllore o un organo di vigilanza. Di conseguenza, non può essere configurata una responsabilità penale per omesso impedimento di un reato, come potrebbe invece accadere a un amministratore di fatto o a un organo di controllo con obblighi specifici. Questo punto è fondamentale per delineare i confini dell’attività dell’esperto e per rassicurare i professionisti sull’impossibilità di essere accusati per il solo fatto di non aver agito in presenza di condotte irregolari da parte dell’imprenditore.

Crisi d’impresa: l’esperto facilitatore - Commercialista.it

Implicazioni pratiche

Sebbene il documento dei commercialisti rassicuri sulla difficoltà di configurare una responsabilità penale in capo all’esperto facilitatore, la prudenza resta comunque fondamentale. La posizione del professionista, infatti, si inserisce in un contesto ad alto rischio giuridico, dove anche un semplice errore interpretativo o una mancata documentazione può aprire la porta a sospetti o contestazioni. Per questo motivo, il CNDCEC suggerisce una serie di buone pratiche operative che possono costituire una forma di tutela preventiva, sia sotto il profilo professionale che penale.

Tra le indicazioni principali, spicca la necessità di mantenere una traccia documentale completa e trasparente dell’attività svolta durante la composizione negoziata. Ogni riunione, proposta, valutazione e confronto con l’imprenditore o con i creditori dovrebbe essere verbalizzata o riportata in forma scritta, in modo da dimostrare la piena linearità e correttezza dell’operato dell’esperto. Inoltre, è fondamentale esplicitare chiaramente i limiti del proprio ruolo, specificando in ogni fase che l’attività svolta è di supporto tecnico, non di indirizzo o controllo.

Altro aspetto cruciale riguarda la coerenza delle valutazioni con i principi di diligenza professionale: l’esperto, pur non essendo tenuto a effettuare un’attività ispettiva o giudicante, è chiamato ad agire con perizia, imparzialità e indipendenza, evitando ogni forma di coinvolgimento emotivo o personale nella vicenda dell’impresa. In quest’ottica, anche il conflitto di interessi deve essere evitato e segnalato tempestivamente qualora dovesse emergere.

Nel complesso, emerge un messaggio chiaro: la tutela dell’esperto facilitatore passa dall’eccellenza professionale e dalla tracciabilità dell’azione, nonché da un approccio prudente e rigoroso nella gestione delle trattative.

Differenze con altre figure professionali

Nel contesto della crisi d’impresa, la figura dell’esperto facilitatore non è l’unica a essere coinvolta in momenti delicati del risanamento aziendale. Tuttavia, come evidenzia con forza il documento del Consiglio e della Fondazione dei commercialisti, non tutti i ruoli professionali comportano gli stessi rischi giuridici e penali. Proprio per questo, è utile distinguere con chiarezza l’esperto facilitatore da altre figure chiave come l’attestatore e il commissario giudiziale.

L’attestatore, ad esempio, è un professionista incaricato di redigere una relazione formale sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano di risanamento. Si tratta di una funzione tipicamente certificativa, che può assumere connotati di natura pubblicistica, proprio per l’impatto delle sue valutazioni sui diritti dei creditori. In questo caso, eventuali false attestazioni o valutazioni negligenti possono esporre l’attestatore a reati quali il falso ideologico o la bancarotta fraudolenta impropria.

Diversamente, il commissario giudiziale, nominato dal tribunale nelle procedure concorsuali, assume un vero e proprio munus publicum, essendo un ausiliario dell’autorità giudiziaria. Per questa ragione, è soggetto a una responsabilità penale che comprende anche i reati propri dei pubblici ufficiali, come l’omissione di atti d’ufficio o la corruzione.

L’esperto facilitatore, invece, non è un certificatore né un pubblico ufficiale: il suo ruolo è puramente negoziale, fiduciario e indipendente, orientato alla facilitazione delle trattative e non al controllo formale dei dati o alla gestione diretta della crisi. Proprio questa impostazione rende non estensibili nei suoi confronti le responsabilità penali previste per altre figure. Tuttavia, ciò non significa assenza di rischi, ma necessità di un atteggiamento consapevole e documentato, come già visto nei paragrafi precedenti.

Crisi d’impresa: l’esperto facilitatore - Commercialista.it

Evoluzione normativa

A due anni dall’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la composizione negoziata si è affermata come uno degli strumenti più utilizzati e discussi per la gestione anticipata delle difficoltà aziendali. Introdotta nel 2021 e riformata in più passaggi successivi — l’ultimo dei quali nel decreto correttivo del 2023 — la procedura ha visto una crescita costante, tanto da diventare nel 2025 un punto di riferimento non solo per le imprese, ma anche per professionisti, banche e autorità giudiziarie.

Dal punto di vista normativo, il legislatore ha chiarito fin da subito che la funzione dell’esperto è quella di facilitare il dialogo tra impresa e creditori per trovare soluzioni che permettano la continuità aziendale. Tuttavia, nonostante questa impostazione “soft”, la giurisprudenza ha cominciato — soprattutto tra fine 2024 e inizio 2025 — ad affrontare alcuni casi in cui si ipotizzava un concorso dell’esperto in condotte fraudolente dell’imprenditore. I tribunali, finora, hanno mantenuto una linea molto prudente: nessuna sentenza ha riconosciuto responsabilità penale in capo all’esperto, proprio per l’assenza di una posizione di garanzia e per l’elevata soglia probatoria necessaria a configurare dolo e contributo effettivo al reato.

Tuttavia, alcune procure, in casi di gravi frodi in danno dei creditori, hanno iniziato a includere anche gli esperti tra i soggetti da ascoltare o indagare, soprattutto in sede di indagini preliminari. Questo trend preoccupa la categoria, perché segnala una potenziale deriva interpretativa che potrebbe, in futuro, esporre gli esperti a maggiori rischi, anche solo in fase investigativa. Da qui la necessità, sottolineata dal documento del CNDCEC, di un intervento normativo chiarificatore, che delimiti in modo più netto i confini della responsabilità penale dell’esperto.

Le proposte del CNDCEC

Consapevole delle crescenti preoccupazioni nella categoria, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha inserito nel documento pubblicato a luglio 2025 una serie di proposte operative e normative volte a garantire maggiore tutela all’esperto facilitatore, senza però snaturarne il ruolo tecnico e indipendente. La finalità è duplice: da un lato, prevenire interpretazioni estensive o distorte da parte della giurisprudenza, dall’altro, rafforzare la professionalità e la credibilità della figura dell’esperto, che resta centrale nell’attuazione della composizione negoziata.

Tra le proposte più significative, spicca quella di introdurre a livello normativo una clausola di esonero da responsabilità penale, simile a quanto previsto per altre figure tecniche chiamate a svolgere ruoli di supporto neutrale (come ad esempio il mediatore civile). Una disposizione del genere, se ben formulata, potrebbe escludere espressamente la responsabilità dell’esperto per condotte dell’imprenditore, salvo i casi di dolo manifesto o collusione diretta.

In parallelo, il CNDCEC propone anche l’adozione di linee guida vincolanti e codici di condotta a livello nazionale, che possano definire standard operativi uniformi. Tali strumenti non solo migliorerebbero la qualità dell’intervento degli esperti, ma offrirebbero anche una “copertura protettiva” in caso di contestazioni: il rispetto delle linee guida potrebbe costituire prova dell’agito diligente e corretto.

Infine, viene ribadita la necessità di potenziare la formazione specialistica per tutti i professionisti che intendono iscriversi nell’elenco degli esperti, con particolare attenzione ai profili giuridici, deontologici e di responsabilità. La specializzazione e la preparazione diventano così, insieme alla chiarezza normativa, i pilastri su cui costruire un’attività sicura, efficace e rispettata.

Esperto facilitatore nel 2025

Nel panorama professionale odierno, il ruolo dell’esperto facilitatore nella composizione negoziata rappresenta senza dubbio una grande opportunità per i commercialisti, ma allo stesso tempo richiede una valutazione attenta dei rischi, soprattutto sul piano giuridico e reputazionale. L’entrata in vigore del Codice della crisi e le successive modifiche normative hanno ampliato lo spazio d’azione per i professionisti indipendenti, chiamati a svolgere una funzione cruciale nei percorsi di risanamento aziendale. Nel 2025, con un numero crescente di imprese in crisi e una sensibilità istituzionale sempre maggiore verso le soluzioni negoziate, questa figura si colloca al centro delle dinamiche di rilancio e continuità delle PMI italiane.

Sul piano dei vantaggi professionali, l’esperto facilitatore ha accesso a incarichi remunerativi, di alto profilo e spesso strategici. La visibilità e il prestigio connessi al ruolo possono tradursi anche in un potenziamento della reputazione e nella possibilità di ampliare il proprio network di relazioni professionali e istituzionali. Inoltre, la funzione dell’esperto è riconosciuta a livello normativo e avvalorata da elenchi ufficiali, il che costituisce una certificazione implicita di competenza.

Tuttavia, i rischi non sono trascurabili. L’ambiguità normativa residua, l’esposizione a possibili contestazioni da parte di imprenditori o creditori insoddisfatti, nonché la potenziale strumentalizzazione del ruolo, impongono massima attenzione. Il rischio penale, sebbene giuridicamente contenuto, può comunque comportare coinvolgimenti investigativi, danni reputazionali e oneri legali, anche in assenza di responsabilità effettiva.

Per questo motivo, l’esperienza, la formazione e la conoscenza approfondita del quadro normativo rappresentano la vera linea di difesa per chi intende svolgere questo compito con serietà ed efficacia.

Conclusioni

L’esperto facilitatore, a quattro anni dall’introduzione della composizione negoziata, si è ormai affermato come figura centrale nel sistema della gestione preventiva della crisi d’impresa. Il legislatore ha assegnato a questo professionista un compito di grande rilievo: promuovere il dialogo tra l’impresa in difficoltà e i suoi creditori, cercando soluzioni che consentano di evitare l’insolvenza e salvaguardare la continuità aziendale. Tuttavia, proprio l’importanza e la delicatezza di questo ruolo impongono una riflessione approfondita sulle responsabilità e sui margini di rischio, soprattutto sotto il profilo penale.

Il documento pubblicato nel luglio 2025 dal Consiglio e dalla Fondazione nazionali dei commercialisti rappresenta un passaggio chiave in questa direzione: contribuisce a delimitare con chiarezza l’ambito operativo dell’esperto, a ribadire l’assenza di una posizione di garanzia penalmente rilevante, e a fornire spunti concreti per rafforzare la sicurezza giuridica di chi svolge questa funzione.

Tuttavia, per consolidare il ruolo dell’esperto facilitatore, è necessario un intervento normativo che elimini ogni ambiguità e che protegga chi agisce con professionalità, trasparenza e indipendenza. Allo stesso tempo, è auspicabile che la categoria investa nella formazione specialistica, nella standardizzazione delle pratiche e nella condivisione di esperienze, al fine di costruire un modello operativo efficace, replicabile e protetto.

Nel contesto economico complesso e incerto del 2025, l’esperto della composizione negoziata può rappresentare una risorsa chiave per la stabilità del sistema produttivo. Ma per esserlo davvero, occorre che il suo ruolo venga pienamente riconosciuto, valorizzato e, soprattutto, adeguatamente tutelato sul piano normativo e giurisprudenziale.

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