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martedì 2 Dicembre 2025

Cedolare secca affitti brevi 2026: nuova tassazione, regole e obblighi fiscali

Il 2026 segna un punto di svolta per chi affitta immobili a uso turistico: la Legge di Bilancio 2026 introduce importanti novità sulla cedolare secca per gli affitti brevi, una misura fiscale che ha rappresentato, fino a oggi, uno dei regimi agevolati più vantaggiosi per i piccoli proprietari. Ma cosa cambierà davvero? Quali sono le modifiche proposte nella bozza della legge e quali invece gli emendamenti già sul tavolo?

Le nuove disposizioni puntano a rendere più rigido e selettivo l’accesso alla cedolare secca per i locatori non professionali, cercando di arginare fenomeni di evasione e allinearsi alle direttive europee e alle pressioni del mercato immobiliare. L’intento del Governo è quello di rafforzare i controlli e limitare gli abusi, introducendo modifiche sostanziali alla disciplina oggi in vigore.

Questo articolo approfondisce in modo chiaro e aggiornato la bozza della norma contenuta nella Legge di Bilancio 2026, gli emendamenti proposti e il dibattito politico in corso, l’impatto delle novità su chi affitta case per brevi periodi e le strategie legali per risparmiare sulle tasse nel nuovo scenario normativo.

Legge di Bilancio 2026 

Il Disegno di Legge di Bilancio 2026 introduce una modifica sostanziale alla disciplina fiscale degli affitti brevi, intervenendo direttamente sull’articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96). In base alla versione attualmente in bozza dell’articolo 7 del DDL, la tassazione sui redditi da locazione breve subirebbe un aumento generalizzato al 26%, sia per i privati locatori che per gli intermediari e i portali online che facilitano l’affitto degli immobili.

Nello specifico, il nuovo testo eliminerebbe la riduzione al 21% introdotta nel 2024, la quale permetteva di applicare l’aliquota agevolata almeno su un immobile per ciascun contribuente. Inoltre, anche la ritenuta operata dagli intermediari, attualmente al 21%, verrebbe innalzata al 26%, diventando un acconto d’imposta per chi non opta per la cedolare secca.

Questa impostazione, se confermata, comporterebbe un aggravio fiscale considerevole per i piccoli proprietari che gestiscono affitti turistici occasionali. Tuttavia, è già stato presentato un emendamento correttivo allo stesso articolo 7, che introduce un sistema di tassazione progressivo basato sul numero di immobili affittati, distinguendo chiaramente tra locazioni occasionali e attività d’impresa.

L’intento del legislatore è chiaro: limitare l’utilizzo della cedolare secca da parte di chi opera nel settore in modo sistematico e professionale, e al tempo stesso evitare penalizzazioni eccessive per chi mette in locazione solo una singola unità immobiliare a fini turistici.

Cedolare secca

Prima di analizzare le modifiche proposte per il 2026, è utile riepilogare brevemente le regole generali della cedolare secca, un regime fiscale facoltativo pensato per semplificare e alleggerire il carico fiscale sui redditi derivanti dagli immobili dati in locazione.

La cedolare secca si configura come una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali (regionale e comunale), applicabile alla parte di reddito derivante dalla locazione. Aderendo a questo regime, il contribuente beneficia inoltre dell’esonero dal pagamento dell’imposta di registro e di bollo che normalmente sarebbero dovute per la registrazione, la risoluzione o la proroga del contratto di locazione.

Tuttavia, tale agevolazione comporta alcune rinunce. In particolare, non è possibile chiedere aggiornamenti del canone di locazione, nemmeno se previsti contrattualmente. Questo include anche l’adeguamento annuale all’indice ISTAT, una voce spesso presente nei contratti standard di affitto.

L’opzione per la cedolare secca può essere esercitata al momento della registrazione del contratto, ma anche negli anni successivi, in caso di contratti pluriennali. Se l’opzione non viene esercitata fin dall’inizio, la registrazione segue il regime ordinario e le imposte già versate (registro e bollo) non sono rimborsabili.

In sintesi, la cedolare secca rappresenta una forma di tassazione più snella e conveniente, soprattutto per i piccoli locatori. Tuttavia, con la Legge di Bilancio 2026, il suo impiego rischia di essere fortemente ridimensionato, soprattutto per chi possiede più immobili destinati alla locazione breve.

Cedolare secca affitti brevi 2026 - Commercialista.it

Nuove aliquote 

Alla bozza iniziale della Legge di Bilancio 2026, che prevedeva un aumento generalizzato al 26% per tutti gli affitti brevi, è stato proposto un emendamento correttivo volto a introdurre una tassazione differenziata e più equa, in base al numero di immobili locati dal contribuente. L’obiettivo è quello di evitare di penalizzare chi affitta una sola abitazione a fini turistici, distinguendolo da chi esercita un’attività con caratteristiche più imprenditoriali.

Secondo il nuovo testo emendativo dell’articolo 7, i redditi da contratti di locazione breve saranno tassati con aliquote progressive, nel seguente modo:

  • 21% per i redditi derivanti dalla locazione di una sola unità immobiliare, individuata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi;

  • 26% per la seconda unità immobiliare destinata ad affitti brevi;

  • 30% per la terza e quarta unità immobiliare oltre alla seconda.

A partire dalla terza unità in poi, inoltre, l’attività sarà considerata di tipo industriale o imprenditoriale, comportando l’obbligo di apertura della partita IVA e l’applicazione della disciplina fiscale ordinaria per le imprese.

Questa proposta sembra aver trovato un ampio consenso politico, anche grazie all’intervento del Governo che, tramite una nota ministeriale, ha confermato l’intenzione di non penalizzare chi affitta una sola casa. Infatti, si legge: “Siamo tutti d’accordo sulla necessità di cancellare l’aumento dal 21 al 26% per chi affitta una sola casa.”

Se approvato, l’emendamento rappresenterebbe un compromesso tra esigenze fiscali e tutela dei piccoli proprietari, mantenendo l’agevolazione più bassa solo per chi affitta in modo saltuario e senza finalità imprenditoriali.

Affitti brevi 2026

Le modifiche previste dalla Legge di Bilancio 2026 avranno un impatto rilevante su migliaia di contribuenti che fino a oggi hanno scelto di affittare in modo occasionale uno o più immobili con finalità turistiche. Con l’introduzione delle aliquote progressive del 21%, 26% e 30%, la convenienza della cedolare secca si ridurrà sensibilmente per chi possiede più di un’abitazione destinata agli affitti brevi.

Chi dispone di una sola casa continuerà a beneficiare della tassazione agevolata al 21%, mentre per i multiproprietarisarà essenziale valutare attentamente la sostenibilità fiscale dell’attività. In particolare, chi arriverà a gestire tre o più unità immobiliari dovrà aprire partita IVA, affrontando obblighi contabili più complessi (fatturazione elettronica, liquidazioni IVA, tenuta registri) e rientrando nel regime fiscale ordinario delle imprese.

Per chi si troverà in questa situazione, sarà strategico valutare:

  • Il regime fiscale più adatto tra forfettario e ordinario;

  • La possibilità di trasformare l’attività in impresa familiare o costituire una società per ottimizzare il carico fiscale;

  • L’opportunità di affidarsi a property manager o intermediari che possano gestire l’attività nel rispetto delle nuove norme.

È inoltre consigliabile, già dal 2025, monitorare attentamente la propria posizione fiscale, simulando diversi scenari per capire quale sarà l’incidenza delle nuove aliquote sul proprio reddito.

Infine, ricordiamo che le novità impatteranno anche sugli intermediari e portali telematici, che dovranno applicare la ritenuta al 26% come acconto in caso di mancata opzione per la cedolare secca, un ulteriore elemento da considerare nella pianificazione fiscale.

Rischi da evitare

Uno degli aspetti più delicati della normativa sugli affitti brevi è il confine tra attività occasionale e attività imprenditoriale. Le nuove regole introdotte dalla bozza della Legge di Bilancio 2026, in particolare con la tassazione al 30% dalla terza unità immobiliare e l’obbligo di partita IVA, mirano a chiarire questo confine, ma anche ad aumentare i controlli per evitare abusi.

Fino a oggi, molti contribuenti sono riusciti a operare senza partita IVA anche con più immobili in affitto, appellandosi al concetto di attività non abituale.

Tuttavia, con l’introduzione del nuovo regime, sarà molto più facile per l’Agenzia delle Entrate qualificare l’attività come commerciale o imprenditoriale, soprattutto quando si:

  • gestiscono più immobili;

  • utilizzano portali online o agenzie per la promozione;

  • offrono servizi accessori come pulizia, check-in/check-out o noleggio;

  • svolge l’attività in modo continuativo e organizzato.

In questi casi, anche in assenza di apertura formale della partita IVA, il contribuente può essere sottoposto a verifiche fiscali e, se l’attività viene qualificata come impresa, può incorrere in accertamenti, sanzioni e recupero delle imposte non versate, oltre agli interessi.

Per evitare problemi, è importante conoscere le soglie di legge e la giurisprudenza, che sempre più spesso conferma la linea dell’Agenzia delle Entrate: la sistematicità e l’organizzazione dell’attività contano più del numero degli immobili. Da qui l’importanza di un corretto inquadramento fiscale già nel 2025, per arrivare preparati ai cambiamenti del 2026.

Cedolare secca affitti brevi 2026 - Commercialista.it

Cedolare secca o partita IVA

Con le nuove soglie introdotte dalla Legge di Bilancio 2026, sarà sempre più frequente che i proprietari si trovino di fronte a una scelta obbligata: continuare con la cedolare secca (possibilmente solo per un immobile) o passare a un regime d’impresa con apertura della partita IVA. La decisione non è solo fiscale, ma anche strategica, e può avere conseguenze rilevanti sul lungo termine.

Il regime della cedolare secca, con aliquota al 21% per il primo immobile (26% per il secondo e 30% dalla terza unità in poi), è certamente più semplice da gestire: non richiede obblighi contabili, niente fatturazione elettronica, e soprattutto esonera dal pagamento di IRPEF ordinaria, addizionali, imposta di registro e di bollo. Tuttavia, diventa molto meno conveniente man mano che aumentano gli immobili o l’organizzazione dell’attività.

Dall’altra parte, aprire partita IVA comporta l’assoggettamento al regime ordinario o al regime forfettario (se ne sussistono i requisiti), ma offre anche maggiori strumenti di deduzione e detrazione dei costi (utenze, manutenzioni, servizi di pulizia, commissioni agenziali, spese pubblicitarie, ecc.). Questo può essere vantaggioso soprattutto per chi ha spese importanti legate alla gestione degli immobili e punta a strutturare l’attività in modo professionale.

Inoltre, con la partita IVA è possibile offrire servizi accessori, gestire più immobili legalmente e aumentare la propria presenza online attraverso OTA (Online Travel Agencies) come Airbnb e Booking, senza il rischio di essere contestati come evasori.

Il consiglio, in vista del 2026, è di analizzare caso per caso, simulare il carico fiscale totale nei due regimi e affidarsi a un consulente per trovare la soluzione più efficiente e sostenibile.

Intermediari e portali digitali

Oltre ai proprietari di immobili, le nuove disposizioni contenute nella Legge di Bilancio 2026 coinvolgeranno in modo diretto anche gli intermediari immobiliari e i portali online che operano nel settore delle locazioni brevi. Le piattaforme digitali che facilitano l’incontro tra domanda e offerta di alloggi turistici, infatti, saranno chiamate a svolgere un ruolo fiscale attivo ancora più incisivo.

In base alla bozza della norma, i soggetti che intervengono nella riscossione dei canoni di locazione dovranno applicare una ritenuta d’acconto del 26% sull’importo versato al locatore, in linea con l’aliquota della cedolare secca prevista per la locazione breve. Attualmente, questa ritenuta è del 21%, ma il DDL prevede l’adeguamento automatico al nuovo livello di tassazione.

La ritenuta sarà effettuata anche in assenza di opzione per la cedolare secca, e rappresenterà in tal caso un acconto IRPEF. Questo comporta un ulteriore aggravio gestionale per i portali, che dovranno aggiornare i propri sistemi informatici e fiscali per garantire il corretto versamento delle imposte, il rilascio delle certificazioni ai locatori e l’invio delle comunicazioni all’Agenzia delle Entrate.

Le piattaforme, inoltre, potranno essere soggette a controlli più stringenti, con responsabilità dirette in caso di errori, omissioni o mancata trasparenza nei flussi di pagamento. L’inasprimento delle regole rappresenta una risposta del legislatore al crescente utilizzo delle locazioni turistiche online, con l’obiettivo di ridurre l’evasione e garantire equità fiscale tra operatori professionali e non.

In questo nuovo contesto, sarà fondamentale che anche i proprietari che utilizzano portali digitali siano informati sul funzionamento delle ritenute e sul corretto trattamento dei redditi percepiti.

Coperture finanziarie e incognite politiche

Nonostante il testo emendativo dell’articolo 7 abbia trovato un ampio consenso tecnico e politico, rimangono ancora alcune incognite legate alle coperture finanziarie necessarie per sostenere la riforma della cedolare secca. In particolare, il ritorno all’aliquota del 21% per la prima unità immobiliare rappresenta, per lo Stato, un mancato introito fiscale rispetto all’aumento generalizzato al 26% previsto inizialmente nella bozza.

Nel corso del vertice sulla Manovra 2026, i rappresentanti del Governo hanno confermato l’intenzione di non penalizzare chi affitta una sola casa, ma allo stesso tempo hanno sottolineato come le coperture per questa agevolazione restino un punto critico. Il Ministero dell’Economia sta lavorando a diverse ipotesi, tra cui:

  • Un maggiore gettito derivante dall’emersione dell’attività imprenditoriale occulta;

  • Una stretta sui controlli e sull’attività dei portali digitali;

  • L’introduzione di tetti massimi per il beneficio della cedolare secca nei Comuni ad alta tensione abitativa.

Finché non verrà approvato il testo definitivo, il rischio è che l’accordo politico raggiunto venga rimodulato, o che vengano introdotti criteri ulteriori per l’accesso all’aliquota del 21%, come limiti reddituali, geografici o temporali. Inoltre, le pressioni da parte delle associazioni del settore turistico e dei Comuni, che chiedono una regolamentazione più stringente degli affitti brevi per tutelare il mercato della locazione residenziale, potrebbero influenzare la stesura finale della norma.

Per questo motivo è fondamentale monitorare l’iter parlamentare della Legge di Bilancio 2026 e valutare già da ora strategie alternative per proteggere la propria posizione fiscale, in caso di modifiche dell’ultimo minuto.

Conclusione

Le modifiche introdotte dal DDL di Bilancio 2026 segnano un cambio di paradigma nella fiscalità degli affitti brevi in Italia. L’epoca della cedolare secca al 21% indistintamente per tutti sembra avviarsi verso una fine, lasciando spazio a un sistema più articolato e selettivo, con aliquote progressive che riflettono il grado di professionalizzazione dell’attività.

Se l’emendamento verrà approvato così com’è, il nuovo quadro normativo prevede:

  • Cedolare secca al 21% per un solo immobile destinato ad affitti brevi;

  • Aliquota al 26% per il secondo immobile;

  • Tassazione al 30% dalla terza unità in poi, con obbligo di apertura della partita IVA.

L’intento del legislatore è duplice: da un lato tutelare il gettito fiscale, dall’altro disincentivare la speculazione immobiliare nei centri urbani e turistici, dove gli affitti brevi hanno contribuito all’aumento dei canoni a lungo termine e alla carenza di alloggi per residenti.

Per i proprietari, il 2025 sarà un anno cruciale per ripensare la propria strategia fiscale e immobiliare. È consigliabile analizzare con attenzione:

  • La redditività reale dell’attività;

  • I costi di gestione e i margini di risparmio legale;

  • L’eventuale convenienza di aprire una partita IVA, magari scegliendo il regime forfettario.

In ogni caso, la pianificazione fiscale preventiva sarà essenziale per evitare errori, accertamenti o aggravi imprevisti. Rivolgersi a un professionista può fare la differenza tra un’attività redditizia e un’attività fiscalmente penalizzante.

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