Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta per milioni di lavoratori italiani una sorta di “salvadanaio differito”, una somma accantonata anno dopo anno che sarà liquidata alla fine del rapporto di lavoro o anticipata in determinati casi. Ma dietro questa voce c’è molto di più: regole precise, aggiornamenti mensili con coefficienti ISTAT, una tassazione dedicata e possibilità di gestione personalizzate, anche in chiave di ottimizzazione fiscale.
Sommario
A novembre 2025 il coefficiente di rivalutazione del TFR è stato aggiornato, come ogni mese, dall’ISTAT. Conoscere questo valore è fondamentale non solo per i datori di lavoro che devono calcolare correttamente gli accantonamenti, ma anche per i lavoratori che vogliono monitorare l’evoluzione del proprio montante TFR.
In questo articolo analizzeremo tutti i coefficienti dal 2017 a novembre 2025, come funziona la rivalutazione annuale, le regole di tassazione del TFR, quando e come è possibile richiederne un’anticipazione e come usare il TFR in modo vantaggioso e consapevole.
Cos’è il TFR e quando spetta
Il TFR, Trattamento di Fine Rapporto, è una somma spettante al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa (dimissioni, licenziamento, pensionamento). La sua disciplina attuale deriva dalla Legge 25 maggio 1982 n. 297, che ha modificato in modo sostanziale l’art. 2120 del Codice Civile. Prima di questa riforma, il TFR era conosciuto come “indennità di anzianità”.
La legge ha introdotto numerose novità:
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La possibilità di anticipazione di una parte del TFR in corso di rapporto (in presenza di determinati requisiti);
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L’istituzione del Fondo di Garanzia INPS per tutelare i lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro;
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Nuove disposizioni pensionistiche, inclusa la possibilità di destinare il TFR a forme di previdenza complementare (fondi pensione).
Il TFR è accantonato ogni mese dal datore di lavoro sulla base di una quota della retribuzione annua del dipendente, e viene liquidato in un’unica soluzione al termine del rapporto. Il diritto alla sua riscossione si prescrive in 5 anni.
Ha una natura mista: retributiva e previdenziale. Non è soltanto una retribuzione differita, ma uno strumento pensato anche per offrire un sostegno economico temporaneo, soprattutto in attesa di una nuova occupazione o del pensionamento.
È bene ricordare che, tra il 2015 e il 2018, la Legge di Stabilità aveva introdotto la possibilità di ricevere il TFR direttamente in busta paga come Quota Integrativa della Retribuzione (Qu.I.R.), ma questa misura è cessata il 1° luglio 2018.
Calcolo del TFR
Il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) segue una logica precisa, definita all’art. 2120 del Codice Civile. In linea generale, salvo diversa previsione nei contratti collettivi, ogni anno di lavoro genera un accantonamento pari a una quota della retribuzione annua, divisa per 13,5. La retribuzione da considerare include tutte le somme corrisposte in modo continuativo, esclusi i rimborsi spese e le componenti occasionali.
Importante: la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1581 del 19 gennaio 2022, ha chiarito che l’indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento non rientra nella base di calcolo del TFR.
Una volta accantonato, il TFR deve essere rivalutato annualmente tramite un meccanismo composto da:
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1,5% fisso annuo;
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75% dell’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo, rispetto a dicembre dell’anno precedente.
Questa rivalutazione si applica:
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Sull’intero importo accantonato fino alla data dell’eventuale anticipazione;
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Solo sulla parte rimanente dopo l’anticipazione, per il resto dell’anno.
Le somme versate ai fondi di previdenza complementare non sono soggette a rivalutazione. Al contrario, la quota di TFR mantenuta in azienda da lavoratori che non aderiscono alla previdenza complementare, deve essere rivalutata regolarmente.
Esempio di calcolo TFR e tassazione 2025
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Si calcola la rivalutazione delle quote accantonate fino a dicembre 2024, utilizzando il coefficiente ISTAT aggiornato.
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Sul risultato si applica l’imposta sostitutiva del 17%, come previsto dalla Legge 190/2014 (in vigore dal 2015).
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Si aggiunge il TFR maturato nell’anno in corso.
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Si sottrae il contributo obbligatorio al Fondo Pensioni INPS (L. 297/1982).
L’imposta sostitutiva si versa:
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Entro il 16 dicembre di ogni anno, con acconto del 90% sulla rivalutazione (codice tributo 1712 – modello F24);
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Entro il 16 febbraio dell’anno successivo, per il saldo (codice tributo 1713).
Se il rapporto di lavoro cessa durante l’anno, il saldo dell’imposta va versato comunque entro il 16 febbraiosuccessivo.
Nota: l’imposta non si applica se il TFR è interamente destinato a un fondo pensione. In tal caso, il lavoratore non detiene TFR in azienda, quindi non sussiste base imponibile per la rivalutazione.

Anticipazione del TFR
Il TFR, oltre ad essere una somma erogabile alla fine del rapporto, può essere anticipato in costanza di lavoro, ma solo al verificarsi di specifiche condizioni. Secondo l’art. 2120 del Codice Civile, il lavoratore con almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro può richiedere un’anticipazione fino al 70% dell’importo maturato, purché la richiesta sia adeguatamente motivata.
Le motivazioni ammesse dalla legge per l’anticipazione del TFR sono:
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Spese sanitarie straordinarie per terapie o interventi chirurgici, riconosciuti da strutture pubbliche competenti;
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Acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, da documentare con atto notarile;
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Spese sostenute durante il congedo parentale, previste dalla normativa vigente;
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Costi per la formazione professionale del lavoratore stesso.
Questa anticipazione può essere richiesta una sola volta durante l’intero rapporto lavorativo e, una volta concessa, viene definitivamente detratta dal TFR finale. Tuttavia, contratti collettivi o accordi individuali possono prevedere condizioni più favorevoli (come l’assenza del limite dell’8° anno o l’aumento della percentuale anticipabile).
Tutela in caso di insolvenza aziendale: Se il datore di lavoro è in procedura concorsuale, oppure se l’esecuzione forzata sui suoi beni si è rivelata infruttuosa, il lavoratore (inclusi i soci lavoratori di cooperative) può rivolgersi al Fondo di Garanzia TFR dell’INPS per ottenere il pagamento delle somme spettanti.
In caso di morte del lavoratore, come previsto dall’art. 2122 c.c., il TFR maturato diventa una indennità mortis causa e viene corrisposto:
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Al coniuge e ai figli;
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Ai parenti fino al terzo grado e agli affini entro il secondo grado, ma solo se convivevano a carico del lavoratore deceduto.
Si tratta di una forma di tutela familiare che riconosce il diritto degli eredi (anche non legittimi, se conviventi e a carico) a ricevere quanto maturato, indipendentemente dalla presenza di un testamento o dalla successione legittima.
Coefficienti di rivalutazione TFR 2017-2018
Per calcolare correttamente la quota rivalutata del TFR, è necessario conoscere i coefficienti mensili di rivalutazione, pubblicati dall’ISTAT e aggiornati mensilmente. Questi valori servono per aggiornare, alla data di cessazione del rapporto di lavoro, le quote accantonate fino al 31 dicembre dell’anno precedente, tenendo conto dell’inflazione rilevata.
Il coefficiente va applicato sull’ammontare TFR accantonato e viene utilizzato solo al momento della cessazione del rapporto, per determinare il montante rivalutato su cui calcolare l’imposta sostitutiva e la somma finale spettante.
Coefficienti di rivalutazione TFR – Anno 2017

Coefficienti di rivalutazione TFR – Anno 2018

Questi dati sono fondamentali per chi elabora il TFR, poiché un coefficiente errato può generare differenze rilevanti nel calcolo finale, sia per il lavoratore che per l’azienda. Nei prossimi paragrafi vedremo i coefficienti aggiornati anno per anno fino al novembre 2025, con focus sul valore più recente pubblicato dall’ISTAT.
Coefficienti di rivalutazione TFR 2019 e 2020
Nel calcolo del TFR, uno degli elementi più delicati e soggetti a verifica è la rivalutazione annuale dell’importo accantonato al 31 dicembre dell’anno precedente.
Tale rivalutazione è calcolata combinando:
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1,5% di tasso fisso annuo (previsto dalla legge),
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75% dell’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo, rispetto a dicembre dell’anno precedente.
L’ISTAT pubblica mensilmente i coefficienti, validi in caso di cessazione del rapporto nel periodo specificato. Di seguito i dati completi per gli anni 2019 e 2020, fondamentali per datori di lavoro, consulenti del lavoro e lavoratori che vogliono monitorare l’esattezza degli importi ricevuti.
Coefficienti rivalutazione TFR – Anno 2019

Coefficienti rivalutazione TFR – Anno 2020

Analisi dei dati
Nel 2019 si nota una crescente inflazione tra agosto e dicembre, che ha portato il coefficiente di dicembre quasi a 1,80. Al contrario, il 2020 mostra una situazione inflattiva molto contenuta, con molti mesi in cui il coefficiente corrisponde solo alla quota fissa dell’1,5%, segnale di una stagnazione dei prezzi al consumo, complice anche la crisi da Covid-19.
Nel prossimo paragrafo continueremo con i coefficienti 2021 e 2022, evidenziando il ritorno all’inflazione e i suoi effetti sulla rivalutazione del TFR.

Coefficienti di rivalutazione TFR 2021-2025
Negli ultimi anni, la rivalutazione del TFR ha rispecchiato in modo diretto l’andamento inflazionistico. Dopo un 2020 di stagnazione, il biennio 2021–2022 ha segnato una forte impennata dell’indice ISTAT, portando a coefficienti ben oltre la media storica. Ecco i dati completi e ufficiali da applicare sull’importo accantonato al 31 dicembre dell’anno precedente, in caso di cessazione del rapporto nel mese indicato.
Rivalutazione TFR – Anno 2021

Rivalutazione TFR – Anno 2022

Rivalutazione TFR – Anno 2023

Rivalutazione TFR – Anno 2024

Rivalutazione TFR – Anno 2025 (fino a novembre)

Nota tecnica: i coefficienti, pur espressi con decimali, influiscono significativamente sull’importo netto del TFR, specialmente per rapporti di lunga durata. Nei prossimi paragrafi concluderemo con un riepilogo finale delle regole fiscali e suggerimenti su come usare il TFR in chiave strategica e fiscale.
Regime fiscale del TFR
Il trattamento fiscale del TFR è regolato da una serie di norme che lo distinguono dalle normali voci di retribuzione. Il TFR infatti non è tassato mensilmente in busta paga, ma alla cessazione del rapporto di lavoro, secondo criteri specifici che variano a seconda della sua destinazione.
1. Tassazione separata alla liquidazione
Quando il TFR viene liquidato alla fine del rapporto, è soggetto a tassazione separata (ex art. 17, comma 1, lett. a, del TUIR). Questo significa che:
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Non concorre al reddito complessivo dell’anno;
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Viene tassato con aliquote medie storiche calcolate in base agli scaglioni IRPEF relativi agli anni in cui è stato maturato;
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È il sostituto d’imposta (il datore di lavoro o l’INPS, in caso di fondo di garanzia) a calcolare e trattenere l’imposta dovuta.
La tassazione separata è più favorevole rispetto all’aliquota marginale IRPEF, soprattutto se negli anni precedenti il lavoratore ha avuto redditi più bassi.
2. Imposta sostitutiva del 17% sulla rivalutazione
La rivalutazione annua del TFR è oggetto di tassazione separata tramite imposta sostitutiva, attualmente fissata al 17% (art. 1, comma 622, L. 190/2014). L’imposta va versata in due momenti:
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Acconto del 90% entro il 16 dicembre di ogni anno (codice tributo 1712 – Mod. F24);
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Saldo entro il 16 febbraio dell’anno successivo (codice tributo 1713).
Se il rapporto si conclude prima di dicembre, l’imposta va comunque versata entro il 16 febbraio dell’anno seguente.
Attenzione: questa imposta non si applica alle somme di TFR versate a forme pensionistiche complementari, perché in quel caso il TFR viene direttamente conferito al fondo e perde la sua componente rivalutabile.
3. Anticipazione e tassazione
In caso di anticipazione del TFR, si applica comunque la tassazione separata sul valore erogato, calcolata tenendo conto della quota maturata fino a quel momento. La parte rimanente sarà tassata nuovamente al momento della liquidazione finale.
Come utilizzare il TFR
Il TFR non è solo una liquidazione da riscuotere alla fine del rapporto di lavoro: può diventare uno strumento di pianificazione finanziaria e previdenziale molto efficace. Conoscere le diverse possibilità di utilizzo consente di ottimizzare la fiscalità personale, pianificare la pensione integrativa e persino migliorare la gestione della liquidità.
1. Destinazione del TFR alla previdenza complementare
Una delle scelte più strategiche è la destinazione del TFR a un fondo pensione. In questo caso, i vantaggi sono molteplici:
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Il TFR non rimane in azienda ma viene versato a un fondo di previdenza complementare;
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La rivalutazione avviene in base al rendimento del fondo e non all’indice ISTAT;
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I vantaggi fiscali sono significativi: il capitale accumulato viene tassato con un’aliquota agevolata tra il 9% e il 15%, a seconda della durata dell’adesione;
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È possibile dedurre i contributi versati fino a 5.164,57 euro all’anno, riducendo l’IRPEF.
La scelta è obbligatoria per i lavoratori assunti dal 2007 in aziende con più di 50 dipendenti, ma facoltativa per tutti gli altri, inclusi i dipendenti di PMI e microimprese.
2. Mantenere il TFR in azienda
Chi decide di non conferire il TFR a un fondo pensione, lo lascia accantonato presso il datore di lavoro, dove viene rivalutato secondo la formula legale (1,5% fisso + 75% dell’inflazione ISTAT). Questa scelta comporta:
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Una rivalutazione più stabile e prevedibile;
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Una minore esposizione ai mercati finanziari, utile per chi ha un profilo di rischio conservativo;
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Tuttavia, un carico fiscale potenzialmente più alto al momento della liquidazione, soprattutto in caso di redditi crescenti.
3. Richiesta del TFR in busta paga (Qu.I.R.)
Dal 2015 al 2018 era possibile optare per la Quota Integrativa della Retribuzione (Qu.I.R.), ovvero ricevere mensilmente il TFR maturato come aumento in busta paga, soggetto però a tassazione ordinaria IRPEF. Questa opzione:
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Aumentava immediatamente il reddito disponibile;
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Ma azzerava la funzione previdenziale del TFR e comportava un impatto fiscale penalizzante.
Al momento, questa opzione non è più attiva, ma è importante conoscerla per chi ha esercitato tale scelta in passato, poiché influisce sul montante residuo.
Conclusione
La scelta del destino del TFR non è neutra: può incidere profondamente sul carico fiscale futuro, sulla pensione integrativa e sulla gestione del risparmio. Per questo motivo è consigliabile valutare attentamente con un consulente del lavoro o un commercialista la strada più adatta al proprio profilo finanziario e lavorativo.
Considerazioni finali
Il TFR, troppo spesso percepito solo come un importo da riscuotere al termine del rapporto di lavoro, rappresenta in realtà uno strumento economico, previdenziale e fiscale di grande importanza. Comprenderne il funzionamento, conoscere le regole di calcolo, i coefficienti di rivalutazione aggiornati e le modalità di tassazione, consente sia ai dipendenti che ai datori di lavoro di gestire il trattamento di fine rapporto in modo più consapevole e vantaggioso.
Grazie all’analisi dei dati ISTAT dal 2017 a novembre 2025, abbiamo visto come l’inflazione e le dinamiche macroeconomiche abbiano inciso in modo significativo sulla rivalutazione annuale del TFR, generando impatti concreti sull’importo finale.
Abbiamo approfondito:
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I criteri normativi (art. 2120 c.c.) e le sentenze di riferimento;
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Il meccanismo di calcolo e la composizione del coefficiente di rivalutazione;
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Le modalità di anticipo e i casi di indennità in caso di morte del lavoratore;
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Il regime fiscale ordinario e agevolato (es. fondo pensione);
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Le strategie per usare il TFR in modo intelligente, tra liquidazione, previdenza complementare e pianificazione personale.
In un contesto economico sempre più complesso, una corretta gestione del TFR può rappresentare una forma di risparmio differito, una copertura in caso di emergenze familiari e un tassello essenziale per la pensione futura.
Per questo motivo, è utile rivolgersi a un commercialista o consulente del lavoro esperto per valutare la scelta migliore in base al proprio contratto, alla propria anzianità e agli obiettivi personali.

