Con l’intervento della Legge di Bilancio 2025, il legislatore ha modificato una delle regole più importanti in materia di agevolazioni prima casa: ora è possibile vendere il vecchio immobile entro 24 mesi dal nuovo acquisto e ottenere comunque il credito d’imposta previsto dall’art. 7 della Legge 448/1998. Un’opportunità rilevante per chi, per esigenze familiari o lavorative, deve trasferirsi in tempi rapidi ma vuole anche risparmiare sulle imposte.
Sommario
Nel recente interpello n. 238/2025, l’Agenzia delle Entrate chiarisce in modo puntuale quando e come il credito spetta, soprattutto nei casi più delicati come quelli di comproprietà, successione ereditaria e figli fiscalmente a carico. Un caso pratico che ci permette di comprendere quali sono i limiti reali del beneficio, come si calcola il credito spettante e quali errori evitare per non perdere tutto.
Se stai valutando di acquistare una nuova abitazione senza perdere le agevolazioni fiscali, questo articolo ti guiderà punto per punto, con spiegazioni chiare, riferimenti normativi aggiornati ed esempi concreti.
Credito d’imposta prima casa
La disciplina fiscale collegata all’acquisto della prima casa continua a essere oggetto di attenzione da parte dell’Agenzia delle Entrate, soprattutto nei casi in cui si chieda di fruire del credito d’imposta per il riacquisto agevolato.
Con la Risposta a interpello n. 238 del 10 settembre 2025, l’Agenzia chiarisce un tema molto rilevante per la prassi applicativa: è possibile ottenere il credito d’imposta anche se il nuovo acquisto agevolato avviene prima della vendita dell’immobile preposseduto?
Il tema si inserisce in un contesto normativo aggiornato dalla Legge di Bilancio 2025, che ha modificato il comma 4-bis della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa Parte I allegata al TUR, estendendo da 12 a 24 mesi il termine entro cui il contribuente deve vendere l’immobile precedentemente acquistato con i benefici “prima casa”. Un’estensione che rende più flessibile il passaggio da un’abitazione all’altra, senza perdere le agevolazioni fiscali.
Nel caso esaminato, l’istante ha acquistato una nuova abitazione nel 2024 beneficiando dell’IVA agevolata al 4%, impegnandosi a vendere l’immobile pre-posseduto entro il nuovo termine biennale. Da qui nasce il quesito sottoposto all’Agenzia: è possibile far valere il credito d’imposta relativo all’imposta di registro versata nel 2003, inclusa la quota riferibile al figlio minorenne fiscalmente a carico?
Come funziona con immobile preposseduto
Con l’introduzione dell’art. 1, comma 116, della Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024), il legislatore ha esteso da 12 a 24 mesi il termine per alienare l’immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa” qualora se ne acquisti uno nuovo con i medesimi benefici. La modifica ha interessato direttamente il comma 4-bis della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa Parte I allegata al TUR, ed è stata oggetto di chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate, tra cui la Risposta n. 127/2025.
Grazie a questa modifica normativa, oggi è possibile acquistare una nuova abitazione con agevolazioni prima casa anche prima di aver venduto quella già posseduta, a patto che l’alienazione avvenga entro due anni dal nuovo acquisto. Si tratta di una deroga significativa al principio originario che prevedeva la necessaria vendita del vecchio immobile prima del riacquisto agevolato.
Il credito d’imposta di cui all’art. 7, comma 1, L. 448/1998, inizialmente previsto solo per chi vende e riacquista entro un anno, è stato estensivamente interpretato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 12/E del 2016 e con risposte più recenti come la n. 197/2025. Oggi, è ammesso anche nel caso inverso: se si acquista prima e si vende dopo, purché entro il termine biennale.
Il diritto al credito nasce in via provvisoria con il nuovo acquisto e si consolida solo se l’immobile preposseduto viene venduto nei termini previsti. In caso contrario, il contribuente decade dai benefici fiscali “prima casa” e perde anche il credito d’imposta.
Importante infine la precisazione sulla natura personale del credito: esso spetta solo in proporzione alla quota effettivamente posseduta e venduta. Nel caso esaminato, ad esempio, il contribuente ha diritto al credito solo sul 75% dell’imposta originaria, mentre il restante 25%, intestato al figlio minore (pur fiscalmente a carico), non può essere incluso, in quanto manca la titolarità del bene da parte del genitore.

Come e quando
Una volta rispettati i requisiti per beneficiare del credito d’imposta, ovvero aver acquistato un nuovo immobile con agevolazioni “prima casa” e aver venduto l’abitazione precedentemente posseduta entro il termine di due anni, si apre la questione di come e quando utilizzare il credito spettante. La normativa di riferimento è l’art. 7, comma 2, della Legge 448/1998, che consente l’utilizzo del credito in dichiarazione dei redditi, a partire dall’anno successivo a quello in cui è stato effettuato il nuovo acquisto.
Il credito può essere portato in compensazione dell’IRPEF dovuta con il modello 730 o Redditi PF, oppure può essere usato in fase di acquisto successivo di un altro immobile, per compensare le imposte dovute (registro, ipotecaria, catastale o IVA). Tuttavia, una limitazione importante è che il credito non può mai eccedere l’imposta dovuta sul nuovo acquisto. Nel caso in esame, il nuovo immobile è stato acquistato con IVA agevolata al 4%, e quindi il credito non potrà mai superare l’importo dell’IVA versata.
Il calcolo del credito deve avvenire sulla base dell’imposta pagata sull’acquisto dell’immobile preposseduto, in proporzione alla quota di proprietà effettivamente venduta. Come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 238/2025, se l’immobile era in comproprietà e poi ereditato, il credito sarà commisurato solo alla percentuale detenuta e successivamente alienata dal contribuente.
Non è possibile includere le imposte relative a quote intestate a terzi, anche se fiscalmente a carico, come nel caso di un figlio minore: l’elemento determinante è la titolarità giuridica del bene.
In sintesi, il credito d’imposta “prima casa”:
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può essere utilizzato in dichiarazione dei redditi;
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è personale e proporzionale alla quota effettivamente posseduta;
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non può superare l’imposta dovuta sul nuovo acquisto;
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si consolida solo dopo la vendita dell’immobile preposseduto entro due anni.
Obblighi, rischi e adempimenti
Chi intende usufruire del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa, pur possedendo già un immobile acquistato con agevolazioni, deve prestare molta attenzione agli adempimenti fiscali e ai termini di legge, poiché il mancato rispetto comporta conseguenze economiche rilevanti.
Innanzitutto, è fondamentale che l’alienazione dell’immobile preposseduto avvenga entro 24 mesi dal nuovo acquisto agevolato. Questo termine biennale, introdotto dalla Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024), si applica a tutti i casi in cui il vecchio termine di 12 mesi non sia ancora scaduto al 31 dicembre 2024, estendendo così retroattivamente il beneficio a molti contribuenti già in transizione tra due abitazioni.
L’Agenzia delle Entrate è molto chiara: se la vendita dell’immobile preposseduto non avviene entro i due anni, il contribuente decade automaticamente dai benefici fiscali ottenuti sul nuovo acquisto. Questo significa che:
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dovrà versare la differenza di imposta non pagata inizialmente (IVA o imposta di registro);
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saranno dovuti interessi e sanzioni per il mancato versamento;
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perderà il diritto al credito d’imposta, anche se già fruito in parte in dichiarazione.
Inoltre, è importante che il contribuente sia in grado di dimostrare documentalmente la vendita entro il termine previsto. In caso contrario, l’Agenzia potrebbe procedere a un recupero d’imposta attraverso un controllo formale o sostanziale.
Altro aspetto da considerare riguarda la ripartizione della proprietà: come evidenziato nella Risposta 238/2025, il credito spetta solo in proporzione alla quota effettivamente alienata dal contribuente. Quote intestate a terzi (es. figli minorenni) non generano credito, anche se gli stessi sono fiscalmente a carico, perché manca il requisito della titolarità diretta.
Per evitare errori, è consigliabile:
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registrare correttamente gli atti di compravendita;
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conservare tutta la documentazione relativa al precedente e al nuovo acquisto;
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valutare con il proprio consulente fiscale la tempistica dell’alienazione per rispettare i requisiti previsti.

Interpello n. 238/2025
La Risposta n. 238/2025 dell’Agenzia delle Entrate si inserisce in una linea interpretativa ormai consolidata, ma fornisce nuovi spunti applicativi legati al concetto di titolarità e alla ripartizione del credito d’imposta nei casi di comproprietà e successione. L’istante, come noto, aveva acquistato nel 2024 un nuovo immobile beneficiando dell’aliquota IVA agevolata al 4%, impegnandosi a vendere l’immobile preposseduto — acquistato nel 2003 in comproprietà con il coniuge — entro il termine di 24 mesi previsto dalla nuova disciplina.
Nel 2011, a seguito della morte del coniuge, il contribuente aveva acquisito un ulteriore 25% dell’immobile per successione, mentre il restante 25% era stato devoluto al figlio minorenne, fiscalmente a carico. In fase di interpello, l’istante chiedeva se fosse possibile utilizzare l’intero importo dell’imposta di registro versata nel 2003 (1.000 euro) come credito d’imposta in dichiarazione, includendo anche la parte relativa alla quota ereditata dal figlio.
L’Agenzia, tuttavia, ha fornito un’interpretazione rigorosa ma coerente con la ratio normativa: il credito spetta solo in misura corrispondente alla quota effettivamente posseduta e successivamente alienata. In altre parole, il diritto al credito è personale e non può estendersi a quote intestate ad altri soggetti, anche se fiscalmente a carico del contribuente. Pertanto, l’istante ha diritto al credito d’imposta limitatamente al 75% dell’imposta di registro versata nel 2003 (50% quota iniziale + 25% quota ereditata).
Dal punto di vista giuridico, l’Agenzia si basa su due capisaldi interpretativi:
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Il principio di stretta interpretazione delle agevolazioni fiscali, secondo cui i benefici non possono essere estesi per analogia a situazioni non previste dalla norma.
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La centralità del requisito della titolarità giuridica, senza il quale non si può configurare il diritto al credito, anche in presenza di legami familiari o fiscali.
La posizione dell’Agenzia, per quanto restrittiva, appare fondata e coerente con l’orientamento espresso anche in precedenti risposte a interpello e nella prassi amministrativa (es. circolare 12/E del 2016).
Esempio pratico
Per comprendere meglio le implicazioni della normativa sul credito d’imposta prima casa nei casi di immobile preposseduto, analizziamo un esempio concreto, ispirato al caso trattato dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 238/2025.
Scenario:
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Nel 2003 il contribuente (Tizio) acquista un’abitazione in comproprietà con la moglie, ciascuno al 50%, beneficiando delle agevolazioni prima casa.
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All’epoca, l’imposta di registro complessivamente versata è pari a 1.000 euro.
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Nel 2011, la moglie decede: Tizio eredita un ulteriore 25% dell’immobile, mentre il restante 25% va al figlio minorenne, fiscalmente a carico ma intestatario della quota.
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Nel 2024, Tizio acquista un nuovo immobile con IVA al 4%, beneficiando nuovamente delle agevolazioni prima casa e impegnandosi a vendere il vecchio immobile entro 24 mesi.
Domanda: Quanto credito d’imposta può portare in dichiarazione?
Risposta:
Il credito si calcola sulla base dell’imposta di registro versata sull’immobile preposseduto, in proporzione alla quota di proprietà effettivamente posseduta e poi alienata da Tizio.
Quindi:
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Quota posseduta da Tizio: 50% iniziale + 25% ereditato = 75%
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Credito spettante: 75% di 1.000 euro = 750 euro
Il 25% restante, intestato al figlio minorenne, non può generare credito per Tizio, anche se il figlio è fiscalmente a suo carico, perché la normativa richiede la titolarità diretta per avere diritto al beneficio.
Limite massimo del credito:
Il credito di 750 euro potrà essere utilizzato in dichiarazione dei redditi solo fino a concorrenza dell’IVA versata sul nuovo immobile. Se, ad esempio, l’IVA sul nuovo acquisto è pari a 5.000 euro, allora il credito potrà essere portato interamente in compensazione.
Conclusioni
Il credito d’imposta per il riacquisto della prima casa rappresenta un’importante leva fiscale per chi cambia abitazione, ma la sua corretta applicazione richiede attenzione, competenza e rispetto rigoroso delle condizioni previste dalla normativa.
Grazie alle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2025, che ha esteso a 24 mesi il termine per vendere l’immobile preposseduto, e ai chiarimenti forniti con l’interpello n. 238/2025, oggi è possibile gestire con maggiore flessibilità le transazioni immobiliari senza rinunciare ai benefici fiscali.
Tuttavia, la possibilità di acquistare prima e vendere dopo non esonera il contribuente da responsabilità e obblighi:
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è essenziale rispettare i termini temporali previsti;
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documentare correttamente l’avvenuta vendita;
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calcolare il credito solo sulla quota effettivamente posseduta e alienata;
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evitare di includere impropriamente quote intestate a figli o altri soggetti, anche se fiscalmente a carico.
Inoltre, il credito d’imposta potrà essere utilizzato in dichiarazione dei redditi o in compensazione su futuri acquisti, ma mai oltre l’importo dell’imposta dovuta sul nuovo immobile.
Per non incorrere in decadenze o sanzioni, è sempre consigliabile affidarsi a un commercialista esperto in fiscalità immobiliare, in grado di valutare la propria posizione personale e suggerire la strategia più efficace per ottimizzare il carico fiscale in modo pienamente legale.

