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giovedì 30 Ottobre 2025

Auto aziendali: gli optional a carico del dipendente non riducono il fringe benefit

Le auto aziendali rappresentano da sempre uno strumento strategico per le imprese, sia in termini di efficienza operativa che di attrattiva nei confronti dei dipendenti. Tuttavia, quando un veicolo viene concesso in uso promiscuo, cioè per uso sia aziendale che personale, entra in gioco un aspetto fiscale delicato: il fringe benefit. Questo valore, che concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente, è spesso oggetto di interpretazioni e strategie per ottimizzarne l’impatto fiscale.

Una delle pratiche sempre più comuni è quella di far sostenere direttamente al dipendente i costi relativi ad alcuni optional, come impianti stereo più avanzati, sedili in pelle, sistemi di assistenza alla guida o verniciature speciali. L’obiettivo? Ridurre il valore del fringe benefit, nella convinzione che se l’optional non grava sull’azienda, allora non debba nemmeno concorrere al valore fiscale dell’auto.

Ma l’Agenzia delle Entrate ha recentemente messo un punto fermo su questa prassi, con la Risposta a interpello n. 233 del 3 settembre 2025. Secondo l’Amministrazione finanziaria, il valore convenzionale del fringe benefit, determinato secondo le tabelle ACI, non può essere ridotto in funzione del fatto che alcuni optional siano stati acquistati a carico del dipendente.

Vediamo allora cosa comporta questa presa di posizione per le aziende e per i lavoratori, quali sono i riferimenti normativi coinvolti, e soprattutto, quali strategie restano legittime per ottimizzare il trattamento fiscale delle auto aziendali.

La posizione dell’azienda

Nel caso analizzato nella Risposta a interpello n. 233 del 3 settembre 2025, una società ha sollevato un quesito cruciale sul tema del calcolo del fringe benefit legato all’uso promiscuo dell’auto aziendale. Nello specifico, l’azienda riteneva che gli optional acquistati a carico del dipendente, attraverso trattenute in busta paga, dovessero ridurre il valore imponibile del fringe benefit attribuito al lavoratore.

Secondo l’interpretazione dell’istante, infatti, la normativa vigente – in particolare l’articolo 51, comma 4, del TUIR – non richiede un collegamento diretto tra l’importo trattenuto e l’utilizzo personale del veicolo. Al contrario, ammetterebbe in modo più ampio la possibilità di dedurre qualsiasi somma versata in relazione al mezzo aziendale. A supporto di tale tesi, la società richiamava anche le circolari n. 326 del 1997 e n. 1/E del 2007, che stabiliscono come il valore del fringe benefit sia determinato in modo forfetario, indipendentemente dai costi reali o dalla percorrenza effettuata.

Un altro punto centrale dell’argomentazione era legato alle tabelle ACI, che rappresentano il parametro di riferimento per determinare il valore del fringe benefit. La società sottolineava che tali tabelle si basano sul prezzo di listino del veicolo ma non includono gli optional, i quali, se pagati dal dipendente, non dovrebbero quindi concorrere al calcolo del valore imponibile.

Da questa lettura, la conclusione sembrava logica: se il dipendente sostiene un costo diretto per accessori non inclusi nel listino base, allora tale importo dovrebbe comportare una riduzione del valore fiscale del benefit.

La risposta dell’ADE

La posizione dell’Agenzia delle Entrate, espressa in modo chiaro e definitivo nella Risposta a interpello n. 233/2025, è diametralmente opposta a quella sostenuta dalla società. L’Amministrazione finanziaria ha infatti rigettato l’ipotesi di poter ridurre il valore del fringe benefit sulla base degli optional acquistati dal dipendente, anche se il relativo costo è sostenuto tramite trattenute in busta paga.

Il chiarimento parte da un richiamo al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, sancito dall’articolo 51, comma 1, del TUIR: ogni beneficio, somma o valore percepito in connessione con il rapporto di lavoro, anche se sotto forma non monetaria, è da considerarsi reddito imponibile. L’unica eccezione ammessa è quella prevista dal comma 4, lettera a), che consente un criterio forfetario di determinazione del valore dell’auto concessa in uso promiscuo, sulla base delle tabelle ACI.

Tuttavia, questa deroga riguarda solo le somme eventualmente versate dal dipendente per l’uso personale del veicolo, non anche i costi relativi a optional aggiuntivi. L’Agenzia sottolinea che questi accessori non sono considerati nel valore convenzionale ACI e rappresentano beni ulteriori, di natura accessoria, non funzionali alla fruizione del veicolo in quanto tale.

In sostanza, anche se il dipendente contribuisce economicamente alla dotazione dell’auto, tale spesa non ha alcun impatto sulla determinazione del reddito imponibile. Le trattenute operate per tali optional devono quindi essere considerate spese personali, che incidono solo sul netto in busta paga e non riducono il fringe benefit né ai fini fiscali né contributivi.

Auto aziendale: Optional e Fringe benefit -Commercialista.it

Implicazioni pratiche

La presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 233/2025 non è soltanto un chiarimento tecnico, ma ha conseguenze pratiche importanti per tutte le aziende che concedono auto in uso promiscuo ai propri dipendenti. In particolare, colpisce un’area grigia della normativa su cui molte imprese avevano costruito strategie di ottimizzazione fiscale del fringe benefit.

Fino ad oggi, non erano rare le situazioni in cui, per contenere il valore del benefit tassabile, si ricorreva al pagamento diretto da parte del dipendente di alcuni optional o accessori del veicolo, come cerchi in lega, sensori di parcheggio, verniciature speciali o sistemi di navigazione avanzati. L’idea era che, se quegli extra non venivano sostenuti dall’azienda, allora non dovessero concorrere alla determinazione del valore convenzionale del veicolo.

Ora, con questo interpello, l’Agenzia chiarisce definitivamente che il valore ACI è fisso e forfettario, e non può essere modificato né al rialzo né al ribasso sulla base di costi effettivi, optional o trattamenti particolari. Questo significa che, anche se un dipendente paga di tasca propria (o con trattenute sullo stipendio) una parte del valore dell’auto, il fringe benefit rimane invariato e completamente imponibile secondo i criteri ACI.

Per le aziende, ciò comporta la necessità di rivedere eventuali policy interne relative alla concessione di auto aziendali con optional “personalizzabili”. In particolare, va evitato che vengano fatte promesse implicite o esplicite ai dipendenti sul fatto che pagare un optional possa alleggerire la tassazione. Per i lavoratori, invece, il rischio è quello di sostenere un costo personale senza ottenere alcun vantaggio fiscale, rendendo di fatto la scelta economicamente svantaggiosa.

Riferimenti normativi

La risposta n. 233/2025 dell’Agenzia delle Entrate non è un caso isolato o privo di fondamento: essa si inserisce in una linea interpretativa coerente con l’impianto normativo del TUIR e con la prassi amministrativa consolidata. Il pilastro normativo principale è rappresentato dall’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che disciplina la determinazione del reddito da lavoro dipendente.

Il comma 1 stabilisce il principio generale di onnicomprensività, secondo cui costituiscono reddito tutte le somme e i valori percepiti, anche in natura, in relazione al rapporto di lavoro. A questo principio si affianca il comma 4, lettera a), che introduce una deroga per i beni concessi in uso promiscuo – come le auto aziendali – prevedendo che il valore da assoggettare a tassazione sia forfetariamente determinato sulla base delle tabelle ACI.

Tale meccanismo è pensato per semplificare il calcolo del benefit e rendere omogeneo il trattamento fiscale, evitando di dover considerare ogni singola spesa legata al veicolo. In questa logica, la spesa sostenuta dal dipendente per gli optional rappresenta un elemento esterno e aggiuntivo, che non incide sulla fruizione del bene principale (l’auto) ma su caratteristiche accessorie, non rilevanti ai fini del fringe benefit.

A supporto di questa impostazione, l’Agenzia richiama anche due importanti documenti di prassi: la circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 e la circolare n. 1/E del 19 gennaio 2007. In entrambi i casi si ribadisce che il valore imponibile dell’auto aziendale in uso promiscuo è determinato in maniera forfetaria, indipendentemente dai costi reali o dalle modalità d’uso del mezzo.

Questi riferimenti consolidano l’orientamento secondo cui non è possibile “personalizzare” il fringe benefit in funzione dei contributi economici del dipendente, se questi non riguardano direttamente il godimento del veicolo in sé, ma beni accessori come gli optional.

Auto aziendale: Optional e Fringe benefit -Commercialista.it

Fringe Benefit auto aziendali

Dopo il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate sull’impossibilità di ridurre il fringe benefit tramite il pagamento degli optional da parte del dipendente, è naturale chiedersi: quali sono allora le vere strategie lecite per contenere il peso fiscale di un’auto aziendale in uso promiscuo?

La normativa prevede alcune soluzioni perfettamente legali e sicure, purché correttamente documentate.

Vediamole:

  1. Contributo mensile del dipendente per l’uso privato
    La lettera a) del comma 4 dell’art. 51 del TUIR consente di abbattere il valore del fringe benefit in misura pari alle somme effettivamente corrisposte dal lavoratore per la possibilità di utilizzare il veicolo anche a fini personali. Tuttavia, questo contributo deve essere formalizzato in un contratto o accordo scritto e deve riferirsi esclusivamente all’uso personale del mezzo, non a optional o altri costi indiretti.

  2. Scelta di veicoli con minor costo ACI
    Le tabelle ACI variano molto in base al modello del veicolo e al tipo di alimentazione. Per esempio, auto ibride, elettriche o di piccola cilindrata presentano spesso un costo chilometrico inferiore, che si riflette in un fringe benefit più contenuto. Una scelta oculata in fase di assegnazione può portare a notevoli risparmi fiscali.

  3. Limitazione dell’uso personale (esclusione uso promiscuo)
    Se l’auto viene concessa esclusivamente per uso aziendale (ad esempio, con obbligo di restituzione fuori dall’orario lavorativo), non si configura alcun fringe benefit. Naturalmente, questa modalità va dimostrata con documentazione certa e coerente, come policy aziendali, regolamenti interni e gestione dei rientri del mezzo.

  4. Determinazione analitica anziché forfetaria (in casi particolari)
    Anche se meno frequente, è possibile – in alternativa al metodo forfetario ACI – utilizzare la determinazione analitica del valore del benefit, basata su percorrenza reale, costi effettivi e quote uso privato. Si tratta però di un metodo più complesso e che richiede documentazione precisa e costante (es. uso di logbook).

In sintesi, ridurre il fringe benefit è possibile, ma solo se si agisce all’interno delle regole, con trasparenza e coerenza contrattuale.

Guida pratica

Il fringe benefit derivante dalla concessione di un’auto aziendale ad uso promiscuo viene determinato, salvo casi eccezionali, in modo forfetario, utilizzando le tabelle ACI (Automobile Club d’Italia), aggiornate ogni anno e pubblicate in Gazzetta Ufficiale.

Ma come funziona esattamente questo calcolo?

Formula base

Il valore imponibile del fringe benefit si determina nel modo seguente:

30% del costo chilometrico ACI × 15.000 km annui

Questa è la percorrenza convenzionale fissata dalla norma, indipendentemente dai chilometri realmente percorsi. Il costo chilometrico ACI, invece, varia in base a:

  • Marca, modello e cilindrata del veicolo;

  • Tipo di alimentazione (benzina, diesel, elettrico, ibrido);

  • Anno di immatricolazione.

Esempio pratico

Supponiamo che una società assegni a un dipendente un’auto con un costo chilometrico ACI pari a €0,60/km. Il fringe benefit imponibile sarà:

0,60 € × 15.000 km = €9.000
30% di €9.000 = €2.700 annui
(= €225 al mese da aggiungere al reddito imponibile del dipendente)

Questo importo sarà soggetto sia a IRPEF che a contribuzione INPS.

Novità normative dal 2020

Ricordiamo che, a partire dal 1° luglio 2020, sono state introdotte nuove aliquote di tassazione differenziata in base alle emissioni di CO₂ del veicolo.

In particolare per emissioni:

  • ≤ 60 g/km → fringe benefit tassato al 25%

  • 61-160 g/km → tassazione 30%

  • 161-190 g/km → tassazione 50%

  • Emissioni > 190 g/km → tassazione 60%

Quindi la scelta del veicolo ha un impatto diretto sulla tassazione: optare per auto più ecologiche può ridurre significativamente il beneficio imponibile.

Fatturazione degli optional

A seguito dei chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 233/2025, molte aziende si stanno interrogando su soluzioni alternative per evitare che il pagamento degli optional ricada sul fringe benefit. Una delle ipotesi più discusse è quella di fatturare direttamente al dipendente il costo degli optional richiesti al momento dell’ordine del veicolo.

In teoria, si potrebbe pensare che, se l’optional non transita in alcun modo per l’azienda (né come costo né come trattenuta), ma viene pagato direttamente dal lavoratore al concessionario o al fornitore, allora non vi sia alcuna correlazione fiscale con il fringe benefit. Tuttavia, questa impostazione comporta rilevanti criticità.

La posizione dell’Agenzia

Come chiarito dall’Agenzia, il valore del fringe benefit si basa esclusivamente sulle tabelle ACI, che non distinguono tra auto “base” e auto dotate di optional. Quindi, anche se l’optional viene fatturato e pagato separatamente, il valore convenzionale rimane lo stesso, perché si basa sulla configurazione omologata del veicolo.

Inoltre, se l’azienda consente al dipendente di scegliere e pagare direttamente accessori aggiuntivi su un’auto aziendale già ordinata o configurata, si potrebbe configurare un caso di beneficio accessorio non formalizzato, ma comunque legato al rapporto di lavoro. Questo comporterebbe rischi di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Attenzione agli abusi

In casi estremi, l’Agenzia potrebbe considerare l’operazione come un tentativo di elusione fiscale, soprattutto se l’optional contribuisce ad aumentare il valore commerciale o il comfort del veicolo aziendale, mantenendo inalterato il fringe benefit ufficiale.

In sintesi, la fatturazione diretta degli optional al dipendente non è sufficiente per escluderli dal computo del fringe benefit, e anzi può esporre l’azienda a controlli o rilievi in caso di verifica.

Conclusione

La risposta n. 233/2025 dell’Agenzia delle Entrate mette definitivamente fine a una pratica piuttosto diffusa, ma fiscalmente infondata: quella di ridurre il valore del fringe benefit attraverso il pagamento degli optional da parte del dipendente. Secondo l’Amministrazione finanziaria, il valore imponibile va determinato in modo forfetario e standardizzato tramite le tabelle ACI, senza eccezioni per costi accessori o aggiuntivi.

Questo chiarimento ha importanti implicazioni operative per le aziende, che devono aggiornare le proprie politiche di gestione dei benefit aziendali, e per i lavoratori, che devono essere correttamente informati sull’effettivo impatto fiscale delle scelte relative ai veicoli aziendali. Pagare un optional di tasca propria non comporta alcuna riduzione delle tasse, e anzi può comportare un aggravio netto sulla retribuzione mensile.

È quindi fondamentale puntare su strategie lecite e documentate, come:

  • la scelta oculata del veicolo (valutando le emissioni e il costo ACI);

  • la pianificazione contrattuale dei contributi del dipendente;

  • l’esclusione dell’uso personale nei casi in cui sia possibile.

Nel contesto attuale, dove il fisco tende a una crescente standardizzazione e digitalizzazione dei controlli, diventa sempre più importante prevenire errori e contestazioni. Agire con trasparenza e secondo quanto previsto dalla legge non solo tutela l’azienda, ma contribuisce a creare un rapporto sano e corretto con i lavoratori e con l’amministrazione finanziaria.

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