Con l’Informativa n. 116/2025, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha fatto chiarezza su un tema che ha generato incertezza tra gli Ordini professionali: l’obbligo di formazione annuale di 40 ore, introdotto dalla Direttiva del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 14 gennaio 2025.
Sommario
Tale direttiva, incentrata sulla valorizzazione del capitale umano nella Pubblica Amministrazione, prevede che tutti i dipendenti pubblici svolgano almeno 40 ore di formazione ogni anno, nell’ambito della crescita professionale e dell’efficienza degli enti. Tuttavia, l’estensione di questo obbligo anche ai dipendenti degli Ordini professionali, soggetti ibridi tra pubblico e privato, ha sollevato numerosi dubbi interpretativi.
A seguito delle richieste di chiarimento pervenute da più Ordini territoriali, il CNDCEC è intervenuto per precisare l’ambito di applicazione della direttiva e tutelare la corretta gestione delle risorse umane all’interno degli enti ordinistici. Il cuore della questione è: i dipendenti degli Ordini professionali sono assimilabili ai dipendenti della PA per quanto riguarda l’obbligo formativo?
L’articolo che segue analizza nel dettaglio la risposta del CNDCEC, le implicazioni operative per gli Ordini, le differenze tra obbligo e adeguatezza formativa e le opportunità per riformulare le strategie di aggiornamento professionale in modo coerente con la normativa vigente.
Obbligo formativo
Il chiarimento fornito dal CNDCEC è netto: l’obbligo delle 40 ore annue di formazione introdotto dalla Direttiva del Ministro per la PA del 14 gennaio 2025 non si applica agli Ordini professionali. La normativa, infatti, si riferisce esclusivamente alle amministrazioni pubbliche individuate dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, tra cui gli Ordini professionali non rientrano.
Questa esclusione non è casuale, ma poggia su un impianto normativo ben definito. Il D.Lgs. 150/2009, che disciplina il sistema di misurazione e valutazione della performance nella PA, è applicabile solo ai soggetti pubblici previsti dal suddetto art. 1, comma 2. Gli Ordini professionali, invece, pur svolgendo funzioni di rilievo pubblico, non sono considerati amministrazioni pubbliche in senso stretto e sono pertanto esclusi dal campo di applicazione.
A conferma di ciò, anche il D.L. n. 101/2013, all’art. 2, comma 2-bis, pur prevedendo per gli Ordini un adeguamento ai principi generali del pubblico impiego, esclude espressamente l’obbligo di applicazione delle norme sulla performance. In sostanza, la Direttiva 2025 e il relativo obbligo formativo non vincolano in alcun modo gli Ordini professionali, né i loro dipendenti, che restano fuori da questo specifico perimetro normativo.
Ordini professionali
Anche se non soggetti all’obbligo delle 40 ore annue di formazione previsto per la Pubblica Amministrazione, gli Ordini professionali territoriali restano comunque responsabili della formazione del proprio personale. Lo ricorda il CNDCEC nell’Informativa n. 116/2025: l’obiettivo è garantire che i dipendenti degli Ordini siano sempre in grado di fornire un servizio competente e aggiornato al pubblico.
Questa responsabilità trova fondamento nei principi generali del D.Lgs. 165/2001, che attribuiscono alla formazione un ruolo strategico nella valorizzazione del capitale umano, anche negli enti che operano in ambito pubblico ma non sono pienamente assimilabili alla PA. In altre parole, sebbene gli Ordini non siano soggetti al sistema di misurazione della performance pubblica, non sono esonerati dall’impegno verso una formazione efficace e mirata.
Tra le aree prioritarie di aggiornamento spiccano quelle previste da obblighi normativi: anticorruzione, privacy (GDPR) e sicurezza sul lavoro, ma non solo. Le attività formative dovranno essere personalizzate in base alla struttura dell’ente, alla sua dimensione, alle funzioni svolte e al tipo di personale impiegato. Nessun automatismo, dunque, ma una pianificazione consapevole e strategica degli interventi formativi.
In sintesi, anche in assenza del vincolo quantitativo delle 40 ore annue, gli Ordini devono comunque garantire una formazione adeguata, coerente con le esigenze operative e i principi di buona amministrazione.
Qualità del servizio e conformità normativa
Se da un lato la direttiva ministeriale non impone vincoli quantitativi agli Ordini professionali, dall’altro la formazione resta un fattore chiave per garantire la qualità dei servizi, la conformità alle normative e l’efficienza delle strutture organizzative. La formazione continua, anche se non misurata in termini di ore obbligatorie, è oggi più che mai un dovere gestionale e deontologico per ogni ente ordinistico che intenda operare con trasparenza e competenza.
L’evoluzione normativa degli ultimi anni – basti pensare agli aggiornamenti sul GDPR, alla crescente attenzione alla trasparenza amministrativa, alle misure di prevenzione della corruzione o alle normative su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – richiede un aggiornamento costante delle competenze del personale. Inoltre, la digitalizzazione della PA e l’introduzione di strumenti come SPID, PagoPA e piattaforme digitali per la gestione dei procedimenti amministrativi rendono indispensabile un personale formato anche sotto il profilo tecnologico.
In questo contesto, gli Ordini che investono in programmi formativi personalizzati e ben strutturati ottengono benefici concreti in termini di efficienza, riduzione del rischio e soddisfazione dell’utenza. La formazione non è più solo un adempimento, ma una leva strategica per la competitività e la credibilità dell’ente.

Gestione della formazione negli Ordini
Per garantire un aggiornamento continuo e coerente con le proprie esigenze operative, gli Ordini professionali devono adottare modelli organizzativi interni in grado di pianificare, monitorare e valutare le attività formative. Anche in assenza dell’obbligo ministeriale delle 40 ore annue, è fondamentale che gli Ordini inseriscano la formazione all’interno della propria strategia gestionale.
Una buona prassi consiste nella redazione di un piano formativo annuale, che definisca ambiti, obiettivi, destinatari e modalità di erogazione dei corsi. Questo strumento, se ben costruito, consente non solo di soddisfare gli obblighi generali derivanti dal D.Lgs. 165/2001, ma anche di anticipare criticità, individuare fabbisogni formativi reali e ottimizzare l’uso delle risorse.
Un’altra scelta strategica è la designazione di un responsabile della formazione, anche interno, con il compito di coordinare le iniziative, dialogare con i dipendenti, valutare l’efficacia degli interventi e aggiornare il piano formativo in base all’evoluzione normativa o organizzativa. Inoltre, l’utilizzo di piattaforme e-learning o la partecipazione a corsi inter-ordinistici può rappresentare una soluzione efficiente, soprattutto per Ordini di piccole dimensioni.
In sintesi, la gestione della formazione negli Ordini non deve essere vista come un costo o un peso burocratico, ma come una funzione strategica, utile a garantire compliance, qualità dei servizi e valorizzazione del personale.
Obbligo normativo e responsabilità gestionale
Uno degli equivoci più diffusi riguarda la distinzione tra obbligo di legge e responsabilità gestionale: due concetti profondamente diversi, ma spesso sovrapposti nel dibattito sulla formazione nella Pubblica Amministrazione e negli Ordini professionali. Il chiarimento offerto dal CNDCEC è proprio su questo punto: non esiste un obbligo giuridico vincolante che imponga agli Ordini professionali le 40 ore annue di formazione previste per la PA, ma questo non esonera gli enti da un dovere organizzativo e deontologico nei confronti del personale.
Mentre le amministrazioni pubbliche sono vincolate a determinati adempimenti quantitativi in materia di performance e formazione, gli Ordini agiscono in un quadro più flessibile, che però non deve essere interpretato come una zona franca. Al contrario, proprio perché non soggetti a obblighi numerici rigidi, gli Ordini devono dimostrare autonomia, capacità gestionale e lungimiranza, assicurando comunque una formazione continua, su misura, e soprattutto coerente con le esigenze reali dell’ente.
Il principio che deve guidare l’azione degli Ordini non è solo il rispetto formale delle norme, ma il miglioramento continuo dei processi interni e della qualità del servizio offerto agli iscritti e al pubblico. In questo senso, la formazione non è un onere, ma un investimento strategico, e la responsabilità gestionale diventa leva di valorizzazione e modernizzazione dell’ente.
Innovazione, reputazione e competitività degli Ordini
In un contesto in cui la fiducia nelle istituzioni e nella qualità dei servizi pubblici è sempre più al centro del dibattito, gli Ordini professionali hanno l’occasione di distinguersi proprio attraverso una gestione intelligente e strategica della formazione del personale. Investire in percorsi formativi strutturati e di qualità, anche in assenza di obblighi imposti, significa puntare su innovazione, reputazione e competitività dell’ente.
Un personale ben formato è in grado di affrontare con maggiore efficacia le sfide poste dall’evoluzione normativa, dalla digitalizzazione dei processi e dalle crescenti aspettative degli utenti. Inoltre, l’adozione di pratiche formative avanzate contribuisce a migliorare l’immagine pubblica dell’Ordine, favorendo una percezione di efficienza, trasparenza e attenzione alla professionalità. Questo è particolarmente importante in un periodo in cui gli enti ordinistici sono chiamati a rafforzare il loro ruolo istituzionale e sociale.
Infine, la formazione può diventare uno strumento per attrarre e trattenere personale qualificato, valorizzando le competenze interne e creando un ambiente di lavoro orientato allo sviluppo. La logica, quindi, non è solo quella del rispetto normativo, ma quella della crescita organizzativa e della responsabilizzazione delle risorse umane.

Buone pratiche
Diversi Ordini professionali, anticipando i chiarimenti normativi del CNDCEC, hanno già adottato modelli di formazione interna che possono essere considerati esempi virtuosi di gestione strategica del personale. In alcuni casi, sono stati predisposti piani annuali di aggiornamento che non solo rispondono alle esigenze operative dell’ente, ma favoriscono la crescita professionale dei dipendenti attraverso corsi mirati, workshop interattivi e formazione digitale.
Un esempio interessante arriva da alcuni Ordini territoriali dei Commercialisti, i quali hanno integrato nei propri programmi formativi temi di attualità normativa, come gli aggiornamenti sul Codice degli Appalti, il nuovo sistema dei controlli interni, l’etica pubblica e la gestione documentale digitale. Questi corsi sono stati realizzati anche in collaborazione con enti esterni accreditati, rafforzando la qualità didattica e ampliando le competenze del personale.
Altri Ordini, invece, hanno adottato strumenti di autovalutazione interna per rilevare i fabbisogni formativi, promuovendo percorsi personalizzati in base alle funzioni svolte da ciascun dipendente. In alcuni casi, è stata anche prevista la formazione trasversale tra uffici, per favorire una maggiore comprensione dei processi interni e migliorare la collaborazione.
Queste buone pratiche dimostrano che anche in assenza di un vincolo orario definito, è possibile strutturare politiche formative efficaci, capaci di incrementare l’efficienza, ridurre il rischio di errore e rafforzare il ruolo istituzionale dell’ente.
Conclusione
Il chiarimento offerto dal CNDCEC con l’Informativa n. 116/2025 è stato fondamentale per riportare ordine in un ambito spesso frainteso: gli Ordini professionali non sono obbligati a rispettare le 40 ore annue di formazione previste per la PA, ma devono comunque garantire un livello adeguato di aggiornamento professionale per i propri dipendenti.
Il punto centrale non è tanto la quantità delle ore quanto la qualità e la coerenza della formazione rispetto alle specificità dell’ente. In questo senso, la formazione si conferma come una responsabilità gestionale e strategica, capace di incidere direttamente sulla credibilità dell’Ordine, sulla soddisfazione dell’utenza e sul rispetto delle normative vigenti.
Gli esempi già attivi sul territorio dimostrano che una pianificazione efficace è possibile, anche con risorse limitate, e che un approccio personalizzato può generare valore reale per l’ente e per chi vi lavora. In un’epoca di continua trasformazione normativa e digitale, trascurare la formazione non è un’opzione: è proprio in questa flessibilità che gli Ordini hanno l’occasione di costruire modelli virtuosi, basati su competenza, efficienza e visione a lungo termine.

