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Novità del Contenzioso (Circ. 1/D.F. 21/09/2011)

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Novità del Contenzioso (Circ. 1/D.F. 21/09/2011)
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Introduzione del contributo unificato nel processo tributario – Art. 37 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e art. 2 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre

 

NOVITA’ DEL CONTENZIOSO    (Circ. 1/D. F. 21/09/2011)

Per i ricorsi presentati dal 07/07/2011 occorre considerare le seguenti novità:

1)      In luogo della marca da bollo che si doveva apporre sull’originale da notificare all’Ufficio, è dovuto un “contributo unificato” CU (variabile da € 30 ad € 1. 500) commisurato al valore della lite (somma delle sole maggiori imposte o per gli atti di irrogazione la somma delle sanzioni); tale contributo va allegato al ricorso che si deposita in Commissione Tributaria CT;

2)     E’ obbligatorio che il difensore indichi nel ricorso la propria PEC (sanzione pari al 50% del CU);

3)     Per i ricorrenti occorre presentare alla CT la “nota di iscrizione a ruolo” (senza la quale il ricorso resta bloccato. ) su cui apporre nell’apposito spazio il CU;

4)     Il valore della lite deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nella conclusione del ricorso (sanzione di € 1. 500).

Per i ricorsi presentati dal 01/04/2012 di valore non superiore ad € 20. 000 è necessario (pena la sua ammissibilità) presentare prima “reclamo” all’Ufficio, il quale ha 90 giorni per accogliere o meno il reclamo; decorso tale termine senza esito, il reclamo produce gli effetti del ricorso.

Gli accertamenti emessi dal 01/10/2011, relativi ai periodi 2007 e successivi, sono resi “esecutivi” decorsi 270 giorni dalla notifica del ricorso (60 gg per ricorso, 30 gg per consegna somma all’agente riscossione, 180 gg di sospensione generalizzata). In caso di ricorso occorre pagare 1/3 delle sole maggiori imposte, a meno che si chieda la “sospensione” giudiziale alla CTP (art. 47 D. Lgs. 546/92), la quale deve decidere entro 180 gg dalla data di presentazione dell’istanza.

Non conta il comportamento concludente quando la revoca della concessione agevolativa deve essere effettuata nella dichiarazione annuale

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Non conta il comportamento concludente quando la revoca della concessione agevolativa deve essere effettuata nella dichiarazione annuale

Nella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c. P. C. , comunicata al P. M. E notificata agli avvocati delle parti costituite: “La Immobiliare Otto s. R. L. , incorporante la Immobiliare  XXXXX s. P. A. , ricorre per cassazione con quattro motivi avverso la sentenza n. 105/15/08, depositata in data 11-6-2008 della Commissione Tributaria Regionale della Calabria, confermativa della sentenza della CTR di Reggio Calabria che respingeva il ricorso della Immobiliare  XXXXX s. P. A. Avverso l’avviso di rettifica con il quale era disconosciuto il credito IVA esposto nel 1987 ed era stata irrogata una sanzione pecuniaria sull’assunto che avendo la stessa società effettuato l’opzione per la dispensa dagli adempimenti per operazioni esenti, non poteva detrarre l’IVA assolta sugli acquisti

 

Sentenza di Cassazione Civile n. 19974 del 29-09-2011

Svolgimento del processo

Nella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c. P. C. , comunicata al P. M. E notificata agli avvocati delle parti costituite: “La XXXXX s. R. L. , incorporante la Immobiliare  XXXXX s. P. A. , ricorre per cassazione con quattro motivi avverso la sentenza n. 105/15/08, depositata in data 11-6-2008 della Commissione Tributaria Regionale della Calabria, confermativa della sentenza della CTR di Reggio Calabria che respingeva il ricorso della Immobiliare  XXXXX s. P. A. Avverso l’avviso di rettifica con il quale era disconosciuto il credito IVA esposto nel 1987 ed era stata irrogata una sanzione pecuniaria sull’assunto che avendo la stessa società effettuato l’opzione per la dispensa dagli adempimenti per operazioni esenti, non poteva detrarre l’IVA assolta sugli acquisti.

La ricorrente con il primo motivo deduce violazione del D. P. R. N. 633 del 1972, art. 36 bis. Premesso che aveva comunicato all’ufficio con dichiarazione di variazione dati l’inizio di una attività di costruzioni edili oggettivamente non rientrante tra quelle esenti ai sensi dell’art. 10 D. P. R. Citato, afferma che la statuizione della CTR secondo cui la revoca della opzione di dispensa dagli adempimenti per tale attività non poteva essere revocata che tramite la denuncia IVA annuale o quella di inizio attività, era errata in quanto la comunicazione citata costituiva revoca implicita della opzione o comunque un comportamento concludente in tal senso.

L’assunto non è condivisibile, in quanto la norma citata, D. P. R. N. 633 del 1972, art. 36 bis, dichiara espressamente che la revoca della concessione agevolativa deve essere effettuata con la dichiarazione annuale, ed ha effetto dall’anno successivo alla dichiarazione.

Tale disposizione attiene alla esigenza di chiarezza e certezza in ordine alla posizione fiscale del contribuente, a fronte di una concessione di particolare rilievo, tanto da essere considerata in ogni caso irrevocabile per tre anni a partire dall’inizio della dispensa.

Non è quindi ammessa alcuna revoca implicita o con atto da intendersi come equipollente. Infondato è pure il secondo motivo, che assume violazione di legge per non avere la CTR ritenuto applicabile il D. P. R. N. 442 del 1997, art. 1, retroattivo in forza della interpretazione di cui al L. N. 342 del 2000, art. 4, secondo cui la opzione e la revoca di regimi di determinazione di imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente, in quanto la comunicazione di variazione di attività non può di per sè essere riconosciuta tale, essendo possibile anche in caso in cui la attività principale non implichi necessariamente il compimento di operazioni esenti la effettuazione di siffatte operazioni ove siano funzionalmente legate in modo non occasionale al fine produttivo (Cass. N. 912 del 2006) ed in ogni caso il comportamento concludente ai sensi della legge citata non può consistere in una mera prospettazione, ma in una condotta obiettiva in concreto tenuta, obiettivamente verificabile, la cui prova è a carico del contribuente e che non è stata data,come espressamente rilevato dalla Commissione. Su tali considerazioni, il terzo motivo (violazione dell’art. 112 c. P. C. ) è infondato in quanto.

La Commissione ha considerato il rilievo della avvenuta comunicazione di cui sopra ritenendolo assorbito dalla asserita tassatività della disposizione di legge, il quarto ed il quinto sono infondati in quanto la motivazione è sufficiente ed esaustiva anche se sintetica in quanto fondata in via diretta ed esclusiva sul testo normativo.

Motivi della decisione che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che, pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso deve essere rigettato; nulla per le spese, in mancanza di costituzione della Agenzia.

P. Q. M. La Corte rigetta il ricorso.

Accolto ricorso avverso ripresa a tassazione di somme per asserita inesistenza di rapporti commerciali

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La ripresa a tassazione di somme (L. 508. 080. 000) per asserita inesistenza di rapporti commerciali con la soc. XXXXXXXXX era illegittima, sia in forza dei giudicati esterni formatisi sulla medesima questione con decisioni di merito sull’Iva 1991/1992 e sull’Irpeg 1991, sia in considerazione dello scarso credito dato dall’amministrazione stessa alle proprie tesi (non avendole più coltivate con ulteriori impugnazioni).

Sentenza Cassazione Civile n. 19702 del 27-09-2011

Svolgimento del processo Con sentenza dell’11 aprile 2005 la CTR – Lazio ha accolto l’appello proposto dalla soc.  XXXXX  XXXXX (già  XXXXX  XXXXX) nei confronti dell’Agenzia delle entrate, annullando l’avviso di accertamento notificato il 7 dicembre 1998 per il recupero di maggiori Irpeg e Ilor relative all’anno d’imposta 1992. Ha motivato la decisione ritenendo che:

a) la ripresa a tassazione di somme (L. 508. 080. 000) per asserita inesistenza di rapporti commerciali con la soc. XXXXXXXX2 era illegittima, sia in forza dei giudicati esterni formatisi sulla medesima questione con decisioni di merito sull’Iva 1991/1992 e sull’Irpeg 1991, sia in considerazione dello scarso credito dato dall’amministrazione stessa alle proprie tesi (non avendole più coltivate con ulteriori impugnazioni);

b) il recupero a tassazione per interessi attivi (L. 3. 667. 770) maturati su depositi cauzionali L. N. 392 del 1978, ex art. 11, era illegittimo essendo la presunzione di fruttuosità prevista per le sole locazioni abitative, e non per quelle “ad uso diverso”, e mancando l’attualità della retrocessione delle cauzioni con gli accessori;

c) il recupero a tassazione per interessi attivi (L. 40. 673. 487) maturati su rimborsi fiscali era illegittimo non essendo i relativi crediti certi, liquidi ed esigibili;

d) la ripresa a tassazione di somme (L. 151. 974. 165) per asserita indeducibilità delle “penalità per ritardata consegna ai clienti” era illegittima trattandosi di costi strettamente inerenti all’attività dell’impresa e fondati su contratti, così come i relativi ricavi.

Con atto notificato prima presso la soc.  XXXXX  XXXXX il 17 maggio 2006 e poi presso i suoi difensori il 31 maggio 2006, l’Agenzia delle entrate e il Ministero dell’economia e delle finanze hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La soc. Contribuente resiste con controricorso notificato il 10 luglio 2006.

Le parti si difendono con ulteriori memorie.

Motivi della decisione

1. 1. -Preliminarmente, si rileva che infondatamente la difesa della soc.  XXXXX  XXXXX eccepisce la tardivìtà del ricorso essendo stato proposto con notificazione richiesta ed eseguita ex art. 330 c. P. C. , il 31 maggio 2006, allorquando era spirato, sin dal 27 maggio 2006, il termine di cui all’art. 327 c. P. C. Infatti, la notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente, anzichè al difensore costituito nel giudizio nel quale è stata resa la sentenza impugnata, non ne determina l’inesistenza giuridica, ma semplicemente la nullità, sanabile in forza della rinnovazione della notifica, sia quando il ricorrente vi provveda di propria iniziativa, anticipando l’ordine contemplato dall’art. 291 c. P. C. , sia quando agisca in esecuzione di esso, senza che rilevi che alla rinnovazione si provveda posteriormente alla scadenza del termine per impugnare (Sez. 5, n. 9242 del 2004). Inoltre, se la parte intimata si è costituita in giudizio, la nullità deve ritenersi sanata “ex tunc” secondo il principio generale dettato dall’art. 156 c. P. C. , comma 2, (Sez. 5, n. 1156 del 2008).

2. – Pregiudizialmente, e d’ufficio, si rileva la carenza di legittimazione processuale dell’altro soggetto rappresentato dall’avvocatura erariale, il Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali. L’intervento ministeriale in cassazione è dunque inammissibile e il ricorso dell’avvocatura dello stato va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la sola a essere legittimamente impugnante. Il ricorso per parte ministeriale non incide concretamente sul presente giudizio e dunque le relative spese possono essere compensate tra gli interessati.

3. -Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo, l’Agenzia delle entrate fondatamente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c. C. , e art. 324 c. P. C. , oltre a vizio di motivazione, in ordine al giudicato esterno ritenuto dai giudici d’appello riguardo alle decisioni su Iva 1991/1992 e su Irpeg 1991, oramai definitive e favorevoli per la contribuente.

3. 1. – Va, in primo luogo, riaffermato il principio che nel giudizio in materia di accertamento a imposte dirette dovute da un’impresa, in relazione all’emissione di fatture per operazioni ritenute inesistenti, non assume rilevanza preclusiva il giudicato esterno formatosi in controversie, aventi per oggetto l’impugnazione di avvisi di rettifica Iva “fondati sul medesimo presupposto”, definite nel senso dell’infondatezza della contestazione del fisco. Ciò in quanto tali ultimi giudizi hanno inciso su un rapporto giuridico diverso sia dal punto di vista oggettivo, perchè concernente una differente obbligazione tributaria, che dal punto di vista soggettivo, essendo diverso, nell’assetto normativo del tempo, l’ufficio finanziario preposto al relativo accertamento (Sez. 5, n. 5943 del 2007). Analogamente e in fattispecie inversa, si è ritenuto il giudicato, formatosi in materia di tributi indiretti, non è preclusivo delle questioni concernenti il diverso rapporto giuridico d’imposta in tema di Iva, anche se relativo alla stessa annualità e scaturente dalla medesima indagine di fatto (Sez. 5, n. 25200 del 2009). Dunque, la CTR non coglie nel segno quando applica alla contribuente, per Irpeg e Ilor relative all’anno d’imposta 1992, il favorevole giudicato di merito formatosi in materia di Iva per gli anni 1991 e 1992.

3. 2. – Inoltre, riguardo alle favorevoli decisioni per l’anno d’imposta 1991 (Irpeg e Iva) rispetto a Irpeg e Ilor 1992, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato tributario può operare solo rispetto a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi a una pluralità di periodi d’imposta (es. Le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (in riferimento a tali elementi, cfr. Sez. U, n. 13916 del 2006). Orbene, il giudicato avente per oggetto il riconoscimento della regolarità dei rapporti commerciali con la soc. Computer Security non può comportare la sua automatica l’estensione ad altra annualità, in quanto il rapporto tributario postula l’accertamento di ulteriori presupposti di fatto potenzialmente mutevoli, quali, ad esempio, l’avvenuto pagamento di diverse prestazioni e la effettività delle stesse nell’anno 1992, estraneo all’oggetto del giudicato per l’anno precedente.

3. 3. – Nè potrebbe parlarsi, riguardo ai rapporti della contribuente con la soc. Computer Security, di una doppia “ratio decidendi” atteso che il passaggio della sentenza d’appello circa lo scarso credito dato dalla amministrazione alle proprie tesi, non avendole più coltivate con ulteriori impugnazioni, non assume la veste di argomento autonomo e fondante. Si tratta, come è evidente, di un passaggio meramente dialogico, privo di contenuto decisorio e confinato in una sfera estranea al valore precettivo della pronuncia, a fronte di una “exceptio litis ingressum impediens” come il ritenuto giudicato esterno (cfr. , in generale sulle pregiudiziali, Cass. N. 1188 del 1966, n. 3469 del 1976, n. 273 del 1984; nel processo tributario, v, n. 3365 del 1984; in materia di giurisdizione, v, Sez. U n. 2865 del 2009).

3. 4. – Il primo motivo va, dunque, accolto riguardo alla censura di violazione di legge, restando assorbita la contestuale censura di vizio motivazionale.

4. – Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 41 della c. D. Legge sull’equo canone, nonchè vizio di motivazione, in ordine alla negata presunzione di fruttuosità dei depositi cauzionali per le locazioni non abitative.

4. 1. -Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo. Com’è noto, quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte e autonome rationes decidendi ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate. Nella specie la CTR ha ritenuto che il recupero a tassazione per interessi attivi maturati su depositi cauzionali L. N. 392 del 1978, ex art. 11, era illegittimo, poichè la presunzione di fruttuosità non era prevista per le locazioni “ad uso diverso” (prima ratio) e perchè mancava l’attualità della necessaria retrocessione delle cauzioni con gli accessori (seconda ratio). Ne consegue che, non impugnata la seconda ratio decidendi circa la non. Attualità della retrocessione delle cauzioni con gli accessori, è inammissibile, per difetto d’interesse, l’unica censura sulla sola negata fruttuosità dei depositi cauzionali per le locazioni non abitative, atteso che, anche in caso di fondatezza di essa, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base dell’altra ratio, oramai consolidatasi perchè non impugnata (Cass. N. 12372 del 200 6 e n. 3386 del 2011).

4. 2. – inoltre, sotto altro profilo d’inammissibilità, è orientamento costante che la parte ricorrente, la quale invochi clausole contrattuali con inerenti versamenti, per il principio dell’autosufficienza del ricorso, abbia l’onere di trascriverle integralmente, o almeno nelle parti salienti e rilevanti ai fini della decisione, perchè al giudice di legittimità è precluso l’esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censura (Cass. N. 15279 del 2003, in generale; cfr, nella giurisprudenza tributaria, Cass. N. 13587 del 2010 e n. 6923 del 2011). L’odierna ricorrente non ha riprodotto alcunchè circa i patti negoziali sui depositi cauzionali in contestazione e posti a fondamento dell’atto impositivo.

5. – Con il terzo motivo, l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 75 T. U. I. R. , nonchè vizio di motivazione, in ordine al tempo della tassazione degli interessi attivi sui rimborsi d’imposta. La ricorrente osserva che erroneamente i giudici d’appello ritengono che la tassabilità operi solo dal momento di emissione del relativo provvedimento; ritiene, in senso contrario, che la certezza del credito deriva dalla stessa richiesta di rimborso, mentre l’unica incertezza riguarda l’annualità dell’erogazione, con conseguente necessaria applicazione del criterio di competenza.

5. 1. – Il motivo è fondato, dovendosi dare continuità all’orientamento già espresso da questa Sezione, secondo cui, in tema di determinazione del reddito d’impresa – ai sensi del D. P. R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 56, comma 3, e art. 75, comma 1, – gli interessi sui crediti d’imposta concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui vengono a maturazione, secondo la regola generale del criterio di competenza (Sez. 5, n. 18173 del 2002).

5. 2. -Nessuna norma di legge autorizza una deroga, per gli interessi sui crediti d’imposta, ai criteri di imputazione per competenza fissati dall’art. 56 T. U. I. R. Per gli interessi e dall’art. 75 T. U. I. R. Per tutti i componenti positivi e negativi del reddito d’impresa. Invero, già nel D. P. R. N. 597 del 1973, art. 74, i proventi – tra i quali si annoverano anche gli interessi attivi sui crediti e in particolare sui crediti d’imposta – concorrono a formare il reddito d’impresa nell’esercizio di competenza, a meno che la loro esistenza non sia ancora certa o il loro ammontare non sia ancora determinabile in modo oggettivo. Ma, poichè detti interessi trovano titolo e criterio di determinazione (quanto al tasso applicabile) nella legge, non è configurabile un’incertezza che giustifichi l’applicazione della seconda parte della norma. Tale previsione è meglio esplicitata, con riguardo agli interessi, proprio nel T. U. I. R. , che all’art. 75, comma 1, conferma il criterio di competenza per tutti i componenti positivi e negativi del reddito d’impresa, e all’art. 56, comma 3, stabilisce che tutti gli interessi attivi concorrono a formare il reddito per l’ammontare maturato nell’esercizio; nulla v’è, pertanto, che preveda il criterio di cassa in questa materia (sent. Ult. Cit. ).

5. 3. -Il terzo motivo va, dunque, accolto riguardo alla censura di violazione di legge, restando assorbita la contestuale censura di vizio motivazionale.

6. -Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1382 c. C. E dell’art. 66 T. U. I. R. , nonchè vizio di motivazione, in ordine alla ritenuta deducibilità delle “penalità per ritardata consegna ai clienti”. L’Ufficio assume che dette penalità sarebbero indeducibili perchè, essendo fondate sull’inosservanza di obblighi contrattuali, avrebbero natura sanzionatoria.

6. 1. -La censura dell’Agenzia delle entrate non è fondata. In base al TUIR, le spese e gli altri componenti negativi, di norma, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi od altri proventi che concorrono a formare il reddito. La giurisprudenza di questa Sezione ha, da tempo, chiarito che un costo può essere deducibile dal reddito d’impresa solo se e in quanto sia funzionale alla produzione del reddito stesso. Ciò posto, la correlazione fra costo e reddito è stata senz’altro esclusa con riferimento al pagamento di sanzioni pecuniarie irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente (v. , per le infrazioni stradali, Sez. 5, n. 7071 del 2000 e n. 7317 del 2003; per gli interessi su somme pagate a titolo di sanzione, Sez. 5, n. 11766 del 2009. Cfr. , per taluni distinguo in tema di condono edilizio, Sez. 5, n. 18860 del 2007).

6. 2. – Sulla stessa linea interpretativa, da ultimo, si è ritenuto che non sono deducibili dal reddito d’impresa le sanzioni irrogate dagli organismi garanti della concorrenza e del mercato per avere l’impresa contribuente posto in essere pratiche concordate per falsare la concorrenza sul mercato (Sez. 5, n. 5050 del 2010 e n. 8135 del 2011). L’orientamento passato in rassegna, e in particolare le recenti decisioni sulla indeducibilità delle sanzioni antitrust, pongono l’accento sul fatto che l’illecito spezza il nesso d’inerenza, atteso che “la spesa non nasce più nell’impresa”, ma in un atto o fatto, quello antigiuridico, che per sua natura si pone al di là della sfera aziendale. La sanzione per la violazione di un divieto da parte di un’impresa non deriva da un’attività connessa al corretto esercizio dell’impresa stessa e non può pertanto qualificarsi come fattore produttivo, trattandosi di condotta non soltanto autonoma ed esterna rispetto alla normale vita aziendale, “ma antitetica rispetto al corretto svolgimento di tale attività”. Pretendere, pertanto, che una sanzione costituisca un costo deducibile dal reddito imprenditoriale significherebbe neutralizzare interamente la ratio punitiva delle sanzioni pecuniarie, trasformandole in un risparmio d’imposta, cioè in un premio per le imprese che abbiano agito in violazione di norme imperative.

6. 3. – Cosa totalmente diversa sono le penalità contrattuali stabilite, ex art. 1382 c. C. , per le ritardate consegne ai clienti. Coitì è noto, la clausola penale mira soltanto a determinare preventivamente il risarcimento dei danni in relazione all’ipotesi pattuita, che può consistere nel ritardo o nell’inadempimento (Sez. 2, n. 23706 del 2009). E’, dunque, un patto accessorio del contratto con funzione sia di coercizione all’adempimento, sia di predeterminazione della misura del risarcimento in caso d’inadempimento (Sez. 2, n. 6561 del 1991). La clausola penale, quindi, non ha natura e finalità sanzionatoria o punitiva, ma assolve la funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e di liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria, tant’è che, se l’ammontare fissato nella clausola penale venga a configurare, secondo l’apprezzamento discrezionale del giudice, un abuso o uno sconfinamento dell’autonomia privata oltre determinati limiti di equilibrio contrattuale, può essere equamente ridotta. Pertanto, si è ritenuto che deve escludersi che la clausola penale possa essere ricondotta all’istituto nord-americano dei “punitive damages”, avente una finalità sanzionatoria e punitiva che è incompatibile con un astratto sindacato del giudice sulla sproporzione tra l’importo liquidato e il danno effettivamente subito (Sez. 3, n. 1183 del 2007). Ciò comporta il superamento di isolati e remoti arresti che attribuivano alla penale anche carattere sanziona-torio e punitivo (Sez. 1, n. 2020 del 1976); il tutto ha rilevanti ricadute sul piano fiscale.

6. 4. – Invero, proprio la circostanza che le somme sono dovute in forza di apposita clausola penale inserita nel contratto con la clientela, riconduce, pur sempre, l’erogazione alle pattuite vicende del rapporto, e porta ad escludere, oltretutto, l’interruzione del nesso sinallagmatico, risultando la stessa evoluzione delle vicende contrattuali costituire espressione dinamica della attività d’impresa, le cui conseguenze sono disciplinate preventivamente e consensualmente dalle parti contraenti che, per l’appunto, hanno pure quantificato l’onere economico, in ipotesi, posto a carico del contraente ritardatario. E’ appena il caso di ricordare che per legge rilevano, a favore del contribuente, tanto “il mancato conseguimento di ricavi o altri proventi”, quanto “il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi”. In conclusione, le penalità previste in contratto per ritardata consegna sono, in tesi generale, deducibili in quanto inerenti all’attività dell’impresa.

6. 5. – Nè la odierna ricorrente ha invocato un diverso atteggiarsi in concreto delle “penalità per ritardata consegna ai clienti” nei contratti di fornitura della società contribuente, nulla avendo osservato sul punto e avendo comunque omesso, in difetto di autosufficienza, di riportare le relative clausole ex art. 1382 e. E, il che rileva negativamente ai fini del pure denunciato vizio motivazionale.

7. -In conclusione, disattesi i mezzi secondo e quarto, la decisione impugnata è affetta dalle violazioni di legge denunciate nei mezzi primo e terzo e va quindi cassata, in relazione ai soli due motivi accolti. Alla pronuncia segue il rinvio della vertenza alla CTR- Lazio, che, in diversa composizione, dovrà procedere a nuovo esame attenendosi ai principi innanzi affermati. La regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità resta riservata al giudice del rinvio.

P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per parte ministeriale e compensa le spese inerenti; accoglie i motivi primo e terzo del ricorso dell’Agenzia, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla CTR – Lazio in diversa composizione.

Sentenza Cassazione Civile n.19692 del 27-09-2011 accertamenti sulla base di versamenti riscontrati su due conti correnti bancari intestati al contribuente persona fisica

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Sentenza Cassazione Civile n.19692 del 27-09-2011 accertamenti sulla base di versamenti riscontrati su due conti correnti bancari intestati al contribuente persona fisica

Con ricorso alla C. T. P. Di Catania T. S. Impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di quella città, all’esito di verifica parziale eseguita dalla G. D. F. Aveva rettificato nei suoi confronti il reddito dichiarato per l’anno 1997, accertando, sulla base di versamenti riscontrati su due conti correnti bancari a lui intestati, e ritenuti non giustificati, un maggior reddito di lavoro autonomo di L. 634. 000. 000.

Sentenza di  Cassazione Civile  n. 19692 del 27-09-2011

Svolgimento del processo Con ricorso alla C. T. P. Di Catania T. S. Impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di quella città, all’esito di verifica parziale eseguita dalla G. D. F. Aveva rettificato nei suoi confronti il reddito dichiarato per l’anno 1997, accertando, sulla base di versamenti riscontrati su due conti correnti bancari a lui intestati, e ritenuti non giustificati, un maggior reddito di lavoro autonomo di L. 634. 000. 000.

A sostegno dell’impugnazione deduceva il ricorrente l’illegittimità sotto molteplici aspetti della procedura di acquisizione dei dati bancari, e comunque l’infondatezza dell’accertamento stante l’inapplicabilità nei suoi confronti della presunzione di cui al D. P. R. N. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, operante solo per i lavoratori autonomi e gli esercenti attività d’impresa (categorie alle quali egli era estraneo), e in ogni caso trovando tutti i versamenti contestati adeguata giustificazione.

Il giudice adito rigettava il ricorso, il contribuente proponeva gravame e la CTR della Sicilia con sentenza n. 80/18/08, depositata il 22. 5. 2008 e non notificata, rigettava l’appello.

Per la cassazione della sentenza di secondo grado proponeva quindi ricorso il T. , articolando sei motivi, all’accoglimento dei quali si opponeva l’intimata con controricorso. Con successiva nota, debitamente notificata alla controparte, il ricorrente provvedeva altresì al deposito di ulteriore documentazione relativa alle pronunce favorevoli ottenute con riferimento agli avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio relativamente ad altre annualità.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente rileva il Collegio che la documentazione depositata dal ricorrente ex art. 372 c. P. C. , e relativa a sentenze favorevoli al contribuente emesse a seguito di distinte impugnazioni di avvisi di accertamento adottati dall’Ufficio per altre annualità, sulla base del medesimo p. V. C. Della Guardia di Finanza, risulta irrilevante ai fini della definizione del presente giudizio. Ed invero detta documentazione è costituita da due sentenze della CTP di Catania relative rispettivamente agli anni 1998 e 2000, non ancora passate in giudicato, e da altre due sentenze passate in giudicato, ma relative comunque a distinti atti impositivi, riguardanti differenti annualità perchè emessi per gli anni 1995 e 1996 (sulla insussistenza del giudicato in caso di distinti procedimenti conseguenti ad autonomi avvisi di accertamento relativi a diverse annualità d’imposta, v. Cass. 16. 5. 2007, n. 11226, secondo la quale: “La sentenza del giudice tributario con la quale si accerta il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta può fare stato anche con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene te qualificazioni giuridiche o altri elementi preliminari correlati ad un interesse protetto avente H carattere della durevolezza, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni d’imposta debba fondarsi su dati e ricostruzioni contabili diversi”). In proposito, invero, è appena il caso di rilevare che l’effetto preclusivo conseguente al giudicato esterno, quale limite all’esercizio della giurisdizione, va verificato sulla base di una rigorosa verifica che investa tutti indistintamente i presupposti ai quali l’ordinamento ricollega l’effetto suddetto, e così in particolare il fatto che i due giudizi tra le stesse parti, si riferiscano al medesimo rapporto giuridico (v. Cass. SS. UU. 16. 6. 2006, n. 13916; Cass. Sez. V civ. Sent. 30. 11. 2009, n. 25200). Nel caso di specie, fondandosi i diversi accertamenti su dati contabili diversi, l’esito della verifica non può che indurre ad escludere l’esistenza di un giudicato che sia di impedimento all’autonoma definizione della presente controversia. Nè in contrario senso può in alcun modo invocarsi il fatto che anche nei predetti giudizi, così come nel presente procedimento, oggetto di discussione sia stata la natura dell’attività svolta dal T. , quale ipotetica questione pregiudiziale ai fini della risoluzione della problematica relativa all’applicabilità al caso di specie della presunzione di cui al D. P. R. N. 600 del 1973, art. 32, comma 1, perchè anzi questo profilo della controversia in esame, investendo una questione di diritto, più di ogni altro resta sottratto al rischio di violazione dell’art. 2909 c. C. , riguardando l’intangibilità del giudicato di cui alta citata norma, il solo “accertamento” di fatto contenuto nella precedente sentenza, e non certo la risoluzione di questioni giuridiche, sempre rimesse all’autonoma determinazione del giudicante.

2. Tanto premesso, il ricorso risulta infondato. Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti sulla base dei versamenti rilevati sui conti correnti bancari a lui intestati, deducendo: 1) l’illegittimità della procedura di acquisizione dei dati bancari perchè integrante duplicazione di precedente acquisizione di analoghi dati già realizzatasi nell’ambito di verifica riguardante la società XXXXX s. R. L. (della quale egli era socio), per mancanza di motivazione dell’ autorizzazione prescritta per gli accertamenti bancari, per violazione dei termini di durata prescritti dalla legge per l’attività di verifica e per la mancata instaurazione del contraddittorio; 2) l’illegittimità dell’accertamento per l’inapplicabilità nei suoi confronti delle presunzioni di cui al D. P. R. N. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2; 3) l’infondatezza dell’atto impositivo trovando tutti i versamenti contestati puntuale giustificazione nella documentazione prodotta a conforto delle somme incassate per lo smobilizzo di titoli, la restituzione di somme oggetto di precedenti finanziamenti in favore delle società XXXXX, XXXXX e XXXXX, e la vendita di un immobile. A seguito dei rigetto dell’impugnazione, confermato dalla CTR con la sentenza di cui innanzi, il ricorrente ha articolato i seguenti motivi di ricorso: 2/a) Omessa motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360 c. P. C. , n. 5) con riguardo alla asserita inidoneità della documentazione prodotta, a superare la presunzione di cui al D. P. R. N. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2. A questo proposito giova subito rilevare che la documentazione in questione risulta esaminata dal giudice di merito, che ha concluso che “. La documentazione prodotta, per giustificare parte dei versamenti, appare incompleta e contraddittoria ed in ogni caso non si ritiene sufficiente ed idonea per superare l’indicata presunzione”. Ciò premesso, il motivo in esame è inammissibile in quanto rivolto a conseguire una nuova e diversa valutazione dei documenti prodotti nel giudizio di merito (ex muitis v. Cass. 2. 2. 2007, n. 2272; 11. 7. 2007, n. 15489), documenti tra l’altro solo genericamente richiamati in ricorso attraverso la riassuntiva esposizione dei loro contenuti, in violazione de principio di autosufficienza del ricorso che impone, laddove la doglianza esposta faccia riferimento a documenti che si assume non essere stati adeguatamente valutati dal giudicante, la trascrizione fedele quanto meno delle parti più rilevanti e significative degli atti richiamati (ex multis v. Cass. Ord. 30. 7. 2010, n. 17915; sent 17. 5. 2006, n. 11501). Al riguardo è appena il caso di rilevare che: la causale dei rilevanti versamenti eseguiti in favore del contribuente dalle società XXXXX srl, XXXXXXXXXXX srl, e Consorzio XXXXX srl in nessun modo emerge dalle indicazioni fornite in ricorso circa le risultanze degli estratti conto relativi ai rapporti bancari intrattenuti dalle predette società; l’accredito di somme sui due conti correnti intestati al T. E interessati dall’attività di verifica svolta dalla G. D. F. Per liquidazione di titoli non può ritenersi emergere dagli “estratti delle richiamate “interrogazioni” riportate in ricorso; la riferibilità dei versamenti in contestazione, ai proventi della vendita immobiliare conclusa dal contribuente, non risulta dalle scarne e sintetiche estrapolazioni dal contratto trascritte in ricorso. 2/b) Violazione e falsa applicazione del D. P. R. N. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, dovendosi ritenere la presunzione legale di cui alla citata norma, inapplicabile nel caso di specie non svolgendo il contribuente attività di lavoro autonomo, nè attività d’impresa, bensì mera attività di collaborazione coordinata e continuativa come amministratore della XXXXXX s. R. L. Il motivo è infondato, dovendo trovare risposta negativa il quesito di diritto in proposito formulato dal ricorrente. Ed invero il D. P. R. N. 600 del 1973, artt. 32 e 38, hanno portata generale e pertanto riguardano la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia a natura dell’attività dagli stessi svolta e dalla quale quei redditi provengano, la qual cosa in particolare è da ritenersi per quanto relativo all’applicabilità della presunzione di cui all’art. 32, comma 1, n. 2. Nè in contrario senso può fondatamente invocarsi il riferimento ai “ricavi” e alle scritture contabili contenuto nella suddetta norma, giacchè esso risulta limitativo unicamente della possibilità per l’ufficio di desumere reddito dai “prelevamenti”, non potendosi certamente in via generale e per qualsiasi contribuente presumere la produzione di un reddito da una spesa, e potendo viceversa una simile presunzione trovare giustificazione per imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali te spese non giustificate possono infatti ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti. Ciò senza peraltro che l’utilizzo dei termini suddetti possa in alcun modo impedire all’ufficio di desumere per qualsiasi contribuente che i “versamenti” operati sui propri conti correnti, e privi di giustificazione, costituiscano reddito, dovendosi ritenere tale attività accertativa pienamente consentita dalla norma in esame e assolutamente ragionevole. 2/c) Violazione dell’art. 112 c. P. C. , sotto svariati profili, e così in particolare: – in ordine alla dedotta violazione della L. N. 212 del 2000, art. 6, comma 4, per aver i verificatori nuovamente richiesto l’acquisizione dei conti correnti del contribuente, pur trattandosi di dati già in precedenza richiesti in occasione della verifica effettuata nei confronti della XXXXX s. R. L. ; – in ordine alla denunciata illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza di motivazione dell’atto di autorizzazione, in violazione della L. N. 212 del 2000, art. 7; – in ordine all’illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione della L. N. 212 del 2000, art. 12, comma 5, relativo alla durata della verifica; – in ordine all’illegittimità dell’accertamento per la mancata instaurazione del preventivo contraddittorio tra ufficio e contribuente. I motivi così congiuntamente riassunti sono infondati oltre che inammissibili perchè privi di rilevanza. Li giudice tributario, infatti, dopo aver nella parte narrativa in più punti fatto riferimento ai vari profili di illegittimità della procedura di acquisizione dei dati seguita dai verificatori, dedotti dal contribuente (“Il ricorrente eccepiva. L’illegittima acquisizione dei dati. Eccepisce inoltre l’acquisizione illegittima dei dati bancari stante che la verifica si era protratta oltre i termini di legge. “), ha argomentato la sua decisione esordendo con l’affermazione: “. Correttamente i primi giudici, con sufficiente motivazione, hanno rigettato il ricorso non rinvenendo segni di illegittimità nella procedura posta in esser dall’Ufficio”, successivamente ancora aggiungendo sul versante della legittimità dell’attività di verifica che: “. Per quanto riguarda l’indagine bancaria la stessa era stata avviata in forza del D. P. R. N. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7”. Alla luce di tali espressioni è da ritenersi che la C. T. R. Abbia inteso pronunciarsi, quanto meno implicitamente, in senso sfavorevole al contribuente su tutte le questioni sollevate relativamente alla legittimità dell’avviso di accertamento, così come con i singoli motivi di doglianza in questa sede ribaditi, di talchè ogni ulteriore censura al riguardo da parte del contribuente, avrebbe dovuto far eventualmente riferimento alla violazione o falsa applicazione delle distinte norme di volta in volta richiamate, ma giammai può ritenersi fondata sotto il profilo dell’omessa pronuncia. E ciò tanto più che almeno tre delle questioni alle quale il contribuente fa riferimento con i quattro motivi in esame risultano palesemente infondate, onde per questo aspetto, oltre che ulteriore argomento a sostegno del convincimento della decisione implicita del giudice di appello, anche l’irrilevanza dei relativi motivi di doglianza. Ed infatti: – L’acquisizione dei dati bancari relativi al contribuente risulta dalla sentenza essersi realizzata mediante richiesta alla Banca (“. L’indagine bancaria. Era stata avviata in forza del D. P. R. N. 600 del 1973, art. 32 comma 1, n. 7”), e non al contribuente direttamente, e comunque nessuna sanzione di nullità prevede l’art. 6 cit. Al riguardo; – Il termine di cui alla L. N. 212 del 2000, art. 12, comma 5, si riferisce alla “permanenza” dei verificatori nei locali del contribuente, e non alla durata della procedura di verifica; – Il preventivo contraddittorio tra l’Ufficio e il contribuente costituisce oggetto di una facoltà per il primo, e non di un diritto per il secondo (Cass. 23. 6. 2006, n. 14675), e in ogni caso nella fattispecie risulta dallo stesso ricorso (pag. 13) “rifiutato” dal T. Quanto alla ulteriore censura relativa alla mancanza di motivazione dell’autorizzazione alle indagini bancarie, la sua irrilevanza in questa sede consegue alla omessa trascrizione integrale del documento, che non consente al Collegio il preliminare vaglio di decisività del vizio dedotto (cfr. V. Cass. 31. 1. 2006, n. 2140; 17. 1. 2007, n. 978).

3. Conclusivamente il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente, per il principio di soccombenza, ai rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro. 8. 000,00 oltre spese prenotate a debito.   D. P. R. 29/09/1973 n. 600, art. 32

Approvazione del modello di domanda per la definizione delle liti fiscali pendenti

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Approvazione del modello di domanda per la definizione delle liti fiscali pendenti

Provvedimento del 13 settembre 2011.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme riportate  nel seguito del presente provvedimento;

 

Dispone:

1. Approvazione del modello  di domanda  di definizione  delle liti  fiscali pendenti di cui all’art. 39, comma 12, lett. B), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla  legge 15 luglio 2011, n. 111

Con il presente provvedimento è approvato,  unitamente alle relative istruzioni, l’allegato modello di domanda  per la  definizione delle liti fiscali pendenti da presentare, secondo le modalità che verranno illustrate nel prosieguo, ai sensi dell’art. 39, comma 12, del decreto-legge  6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla  legge 15 luglio 2011, n. 111.       1. 1 La domanda di definizione di cui al punto 1 deve essere utilizzata dai soggetti che, ai sensi dell’art. 39, comma 12, sopra  citato, intendono definire le liti fiscali di valore non superiore a  20. 000 euro  in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1° maggio 2011 dinanzi alle Commissioni tributarie o al  Giudice ordinario  in ogni  grado  del giudizio e anche a seguito di rinvio.

2. Descrizione e contenuto del modello

Il modello di domanda di cui al  punto 1 si  compone  del frontespizio, riguardante l’informativa sul trattamento  dei dati personali, e  delle sezioni nelle quali vanno riportati i  dati necessari  ad  identificare il soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, il soggetto che presenta la domanda, se diverso dal primo, e  la lite  fiscale oggetto di definizione.

3. Reperibilità del modello e autorizzazione alla stampa

3. 1 Il modello di cui al punto 1 verrà reso disponibile  gratuitamente dall’Agenzia  delle entrate in  formato elettronico  sul  sito   internet www. Agenziaentrate. Gov. It. La data a decorrere dalla quale il modello sarà reso disponibile all’utenza verrà resa nota con successiva comunicazione.

3. 2 Il modello può essere, altresì, prelevato da altri siti internet, a condizione che lo stesso sia conforme, per struttura e sequenza, a  quello approvato con il presente provvedimento e rechi  l’indirizzo  del  sito dal quale è stato prelevato, nonché gli estremi del presente provvedimento.

3. 3 Il modello può essere  riprodotto con  stampa monocromatica, realizzata in colore nero, mediante l’utilizzo di stampanti laser o di altri tipi di stampanti che comunque garantiscano la chiarezza e l’intelligibilità del modello nel tempo.

3. 4 La stampa del modello va effettuata nel rispetto della  conformità grafica secondo le caratteristiche tecniche di cui all’Allegato A.

4. Modalità di presentazione della domanda

4. 1 Per ciascuna lite fiscale autonoma è presentata all’Agenzia  delle entrate una distinta domanda di definizione di cui al punto 1 esclusivamente in via telematica da  parte dei soggetti abilitati dall’Agenzia  delle entrate, ovvero tramite i soggetti incaricati di cui  ai  commi 2–bis e 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

In  alternativa, l’invio  può  essere effettuato  rivolgendosi  a qualsiasi Direzione provinciale dell’Agenzia delle  entrate,  a cui va consegnata la domanda debitamente compilata e sottoscritta. In ogni caso  la domanda va consegnata in  tempo utile all’esecuzione  della tempestiva trasmissione telematica. Resta ferma la facoltà dell’intermediario  di non accettare l’incarico.

4. 2 La trasmissione telematica della domanda è effettuata  utilizzando il prodotto di compilazione a cui  gli  utenti  abilitati  all’utilizzo dei canali Entratel o Fisconline potranno accedere gratuitamente  attraverso  il sito internet www. Agenziaentrate. Gov. It. La data a partire dalla quale  sarà possibile procedere alla compilazione e alla trasmissione telematica della domanda di definizione verrà resa nota con successiva comunicazione.

4. 3 è fatto comunque  obbligo,  sia ai  soggetti  incaricati  della trasmissione telematica sia alla Direzione provinciale  dell’Agenzia  delle entrate che effettua l’invio telematico  su  richiesta  del  soggetto interessato, di rilasciare allo stesso una copia cartacea della  domanda di definizione, predisposta con l’utilizzo del prodotto informatico di cui  al precedente punto 4. 2, contenente anche il riquadro relativo all’impegno alla trasmissione telematica.

4. 4 I medesimi soggetti di cui al precedente punto 4. 3 sono, altresì, obbligati a consegnare al soggetto interessato copia della comunicazione trasmessa  per via telematica dall’Agenzia  delle  entrate, che attesta l’avvenuto ricevimento della domanda e che costituisce prova dell’avvenuta presentazione della stessa.

4. 5 La domanda di definizione, debitamente sottoscritta dall’istante e dal soggetto eventualmente incaricato della  trasmissione telematica,  deve essere conservata a cura dell’istante fino alla definitiva conclusione della lite, unitamente ai documenti relativi ai versamenti effettuati, sia in sede di riscossione  provvisoria in  pendenza  di  giudizio,  sia  in sede  di definizione della lite pendente.

Modalità di versamento

5. 1 Per ciascuna lite fiscale  autonoma è effettuato entro il 30 novembre 2011 un separato versamento.

5. 2 Le somme  dovute  per la  definizione delle  liti sono versate mediante il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, qualunque sia il tipo di tributo a cui la lite si riferisce. è esclusa in ogni caso la compensazione di cui all’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

5. 3 Le indicazioni specifiche per la compilazione del modello F24 sono state stabilite con risoluzione del 5 agosto 2011,  n. 82/E, che ha istituito il codice tributo per il versamento delle somme relative alla chiusura delle liti fiscali pendenti ed il codice identificativo relativo al “soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio”.

5. 4 La definizione si perfeziona mediante l’integrale pagamento  delle somme dovute entro il  termine  indicato nel precedente punto 5. 1 e la successiva presentazione della domanda di definizione cui al punto 1 entro il termine fissato dall’art. 39, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011. Qualora non ci siano somme da versare, la definizione si perfeziona mediante la sola presentazione della domanda.

5. 5 In  caso  di errore scusabile  commesso  dal contribuente,  la Direzione regionale o provinciale competente comunica la differenza  dovuta per la regolarizzazione, con le modalità previste dall’art. 60 del  decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, o dall’art.   14 della legge 20 novembre 1982, n. 890, o  dall’art. 3,  comma 4, del decreto-legge 15 settembre 1990,  n. 261, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 1990, n. 331. Tali somme, maggiorate degli interessi legali a decorrere dal giorno  successivo  al termine per  il versamento fissato dell’art. 39, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011, sono versate con le modalità previste ai punti 5. 2. E 5. 3. Entro trenta giorni dal ricevimento della predetta comunicazione.

Motivazioni

Ai sensi dell’art. 39, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla  legge 15 luglio 2011, n. 111, “le  liti fiscali di valore non superiore a 20. 000 euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1° maggio 2011 dinanzi  alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado di  giudizio e  anche  a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del  soggetto  che  ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con  il pagamento  delle somme determinate ai sensi dell’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ”. La lettera f) del predetto comma 12 dispone che “con uno  o  più  provvedimenti del direttore dell’agenzia delle entrate  sono  stabilite le modalità  di versamento, di presentazione della domanda  di  definizione ed ogni  altra disposizione applicativa del presente comma”.

Il presente provvedimento è emanato ai sensi di quest’ultima disposizione legislativa.      Riferimenti normativi

a) Disposizioni  riguardanti  l’Agenzia  delle  Entrate ed  il  suo Direttore Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (artt. 57,  62, 66, 67, comma 1, 68, comma 1, 71, comma 3, lettera a) e 73, comma 4. Decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 2000, concernente le modalità di avvio delle  Agenzie fiscali e l’istituzione del  ruolo   speciale provvisorio del personale dell’amministrazione finanziaria  a  norma degli articoli 73 e 74 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.   Statuto dell’Agenzia delle entrate (artt. 5, comma 1 e 6, comma 1).   Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (art. 2, comma 1).

b) Disposizioni riguardanti la definizione delle liti fiscali Art. 39, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito, con modificazioni, dalla  legge 15 luglio 2011, n. 111. Art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante “Chiusura  delle  liti fiscali pendenti”.

Allegato A

 

CARATTERISTICHE TECNICHE PER LA STAMPA DEL MODELLO

Struttura e formato del modello     Il modello deve essere predisposto su  fogli singoli, di  formato A4, separatamente dalle istruzioni, e avente le seguenti dimensioni:     larghezza: cm 21,0;    altezza: cm 29,7.

è consentita la predisposizione del modello e delle relative istruzioni su moduli meccanografici a striscia continua a pagina singola,  di formato A4, esclusi gli spazi occupati dalle bande laterali di trascinamento.

è  altresì consentita  la riproduzione e  l’eventuale  compilazione meccanografica del modello su fogli singoli, di formato  A4, mediante l’utilizzo di stampanti laser o di altri  tipi di  stampanti che  comunque garantiscano la chiarezza e la leggibilità del modello nel tempo.      Il modello deve avere conformità di struttura e sequenza  con  quello approvato con il  presente provvedimento,  anche  per  quanto  riguarda la sequenza dei campi e l’intestazione dei dati richiesti.      Sul bordo laterale sinistro del modello di cui al presente provvedimento devono essere indicati i dati identificativi del soggetto che ne cura  la stampa o che cura la predisposizione delle immagini grafiche per la stampa e gli estremi del presente provvedimento.

 

Caratteristiche della carta del modello e delle istruzioni

La carta utilizzata per il modello deve essere di colore  bianco  con opacità compresa tra l’86 e l’88 per cento e deve avere un peso compreso tra gli 80 e i 90 gr/mq.

Caratteristiche grafiche del modello e delle relative istruzioni     I contenuti grafici del modello devono risultare conformi al  fac-simile annesso al presente provvedimento e devono essere ricompresi all’interno di un’area grafica che ha le seguenti dimensioni:     altezza 65 sesti di pollice;     larghezza 75 decimi di pollice.

Tale area deve essere posta in posizione centrale  rispetto  ai  bordi fisici del foglio (superiore, inferiore, destro e sinistro).

 

Colori

Per la stampa tipografica del modello deve essere utilizzato  il colore nero e per i fondini il colore azzurro (PANTONE 311 U).

Per la stampa delle istruzioni deve essere utilizzato il colore nero  e per i fondini il colore azzurro (PANTONE 311 U).

Sanatoria delle Liti pendenti con l’Agenzia delle Entrate

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Sanatoria delle Liti pendenti con l'Agenzia delle Entrate

E’ possibile chiedere la definizione delle liti fiscali, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, di valore non superiore ad €.  20. 000,00 (ventimila/00) e pendenti al 1° maggio 2011 davanti alle Commissioni tributarie o al Giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio (articolo 39, comma 12 del decreto legge 98/2011).

Sanatoria delle Liti pendenti con Agenzia delle Entrate

Per la chiusura delle liti è necessario versare, in unica soluzione, un importo agevolato entro il 30 novembre 2011. La richiesta per la definizione del contenzioso deve essere, invece, presentata o trasmessa entro il 2 aprile 2012.

Le liti fiscali che possono essere definite sono sospese fino al 30 giugno 2012. Sono sospesi, sempre fino al 30 giugno 2012, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio.

La procedura si può ritenere conclusa soltanto se il pagamento è stato effettuato per intero e la domanda è stata presentata entro i termini previsti.

Fa eccezione l’ipotesi in cui non ci siano somme da pagare. In questo caso la definizione si perfeziona semplicemente con l’invio dell’istanza entro i termini previsti.

Art. 39 del Decreto Legge del 6 luglio 2011, n. 98 (Manovra correttiva 2011)- pubblicato in Gazzetta Ufficiale con n. 155 del 6 luglio 2011 Serie Generale

Art. 39 “Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria”

 

Entrata in vigore:
17 settembre 2011

1. Al fine  di  assicurare  una  maggiore  efficienza  del  sistema  della

giustizia tributaria, garantendo altresì imparzialità e terzietà  del  corpo

giudicante, sono introdotte disposizioni volte a:

a) rafforzare le cause di incompatibilità dei giudici tributari;

b) incrementare la presenza nelle Commissioni  tributarie  regionali  di

giudici selezionati tra i magistrati ordinari, amministrativi,  militari,  e

contabili in servizio o a riposo ovvero  tra  gli  avvocati  dello  Stato  a

riposo;

c)  ridefinire  la  composizione  del  Consiglio  di  presidenza   della

giustizia tributaria in analogia con le previsioni vigenti per gli organi di

autogoverno delle magistrature.

2. In funzione di quanto previsto dal comma 1, al decreto  legislativo  31

dicembre 1992,  n.   545,  e  successive  modificazioni,  sono  apportate  le

seguenti modifiche:

a) all’articolo 4, comma 1, lettera  a)  le  parole:  “amministrativi  o

militari”  sono  sostituite  dalle  seguenti:  “amministrativi,  militari  e

contabili”;

b) all’articolo 5, comma 1, lettera  a)  le  parole:  “amministrativi  o

militari”  sono  sostituite  dalle  seguenti:  “amministrativi,  militari  e

contabili”;

c) all’articolo 8, comma 1:

1) la lettera f) è soppressa;

2) la lettera i) è  sostituita  dalla  seguente:  “i)  coloro  che  in

qualsiasi  forma,  anche  se  in  modo  saltuario  o  accessorio  ad   altra

prestazione, esercitano la consulenza  tributaria,  detengono  le  scritture

contabili e redigono i bilanci,  ovvero  svolgono  attività  di  consulenza,

assistenza  o  di  rappresentanza,  a  qualsiasi  titolo   e   anche   nelle

controversie di carattere tributario, di contribuenti singoli o associazioni

di contribuenti, di società di riscossione  dei  tributi  o  di  altri  enti

impositori;”;

3) la lettera m) è soppressa;

4) dopo la lettera m) è aggiunta la seguente: “m-bis) coloro che  sono

iscritti in albi professionali, elenchi, ruoli  e  il  personale  dipendente

individuati nell’articolo 12 del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.

546, e successive modificazioni. “;

5) dopo il comma 1, è inserito il seguente:

 

     «1-bis.   Non  possono  essere  componenti  di  commissione  tributaria

provinciale i coniugi, i conviventi o i parenti fino al terzo  grado  o  gli

affini in primo  grado  di  coloro  che,  iscritti  in  albi  professionali,

esercitano, anche in forma non individuale, le  attività  individuate  nella

lettera i) del comma 1 nella regione e  nelle  province  confinanti  con  la

predetta regione dove ha sede la  commissione  tributaria  provinciale.   Non

possono, altresì, essere componenti delle commissioni tributarie regionali i

coniugi, i conviventi o i parenti fino al terzo grado o gli affini in  primo

grado di coloro che, iscritti in albi professionali,  esercitano,  anche  in

forma non individuale, le attività individuate nella lettera i) del comma  1

nella regione dove ha sede la commissione tributaria regionale ovvero  nelle

regioni con essa confinanti. All’accertamento della sussistenza delle  cause

di incompatibilità previste nei periodi che precedono provvede il  Consiglio

di Presidenza della giustizia tributaria. »;

 

6) all’articolo 8, comma 2, dopo le parole: “i coniugi,” sono aggiunte

le seguenti: ” i conviventi,”;

d) all’articolo 9, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

“2-bis. Per le commissioni tributarie regionali  i  posti  da  conferire

sono attribuiti in modo da assicurare progressivamente la presenza  in  tali

commissioni di due terzi dei giudici selezionati tra i magistrati  ordinari,

amministrativi, militari e contabili, in servizio o  a  riposo,  ovvero  gli

avvocati dello Stato, a riposo. “;

e) all’articolo 15, comma 1:

1) le parole:  “e  sull’andamento  dei  servizi  di  segreteria”  sono

soppresse;

2) dopo il primo periodo è aggiunto il  seguente:  “Il  Presidente  di

ciascuna commissione  tributaria  segnala  alla  Direzione  della  giustizia

tributaria del Dipartimento delle  finanze  del  Ministero  dell’economia  e

delle finanze, per i provvedimenti di competenza, la qualità e  l’efficienza

dei servizi di segreteria della propria commissione. “;

3) nel terzo periodo, dopo le parole: “sull’attività”  è  aggiunta  la

seguente: “giurisdizionale”;

f) all’articolo 17, il comma 2-bis) è sostituito dal  seguente:  “2-bis.

Il Consiglio  di  Presidenza  elegge  nel  suo  seno  un  presidente  tra  i

componenti eletti dal Parlamento. “;

g) all’articolo 24:

1) la lettera m) è sostituita dalla seguente: “m) esprime  parere  sul

decreto di cui all’articolo 13, comma 1;”;

2) al comma 2,  dopo  la  parola:  “funzionamento”  sono  inserite  le

seguenti: “dell’attività giurisdizionale” e dopo la parola: “ispezioni” sono

inserite le seguenti: “nei confronti del personale giudicante”.

3. I giudici tributari che alla data di entrata  in  vigore  del  presente

decreto versano nelle condizioni di  incompatibilità  di  cui  al  comma  2,

lettera c), del presente articolo, comunicano la cessazione delle  cause  di

incompatibilità entro il 31 dicembre 2011 al Consiglio di  Presidenza  della

giustizia tributaria, nonché alla Direzione della giustizia  tributaria  del

Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle  finanze.   In

caso  di  mancata  rimozione   nel   termine   predetto   delle   cause   di

incompatibilità, i giudici decadono. Scaduto il  termine  di  cui  al  primo

periodo, il Consiglio  di  Presidenza  della  giustizia  tributaria  procede

all’esame di tutte le posizioni dei  giudici,  diversi  da  quelli  indicati

nell’articolo 4 , comma 1, lettera a), del decreto  legislativo  31  dicembre

1992, n. 545, e successive modificazioni, al fine di accertare  la  corretta

applicazione delle disposizioni in materia di incompatibilità.

4. Al fine di coprire, a decorrere dal 1° gennaio 2012,  i  posti  vacanti

alla data di entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  il  Consiglio  di

Presidenza provvede ad indire, entro due mesi dalla predetta data,  apposite

procedure ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,

n. 545, senza previo espletamento della procedura di  cui  all’articolo  11,

comma 4, del medesimo decreto legislativo, per la  copertura  di  960  posti

vacanti presso le commissioni tributarie. Conseguentemente le  procedure  di

cui al citato articolo 11, comma 4, avviate prima della data di  entrata  in

vigore del presente decreto sono revocate.   I  concorsi  sono  riservati  ai

soggetti appartenenti alle categorie di cui all’articolo 4 , comma 1, lettera

a), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, in servizio,  che  non

prestino già servizio presso le predette commissioni. Ai  fini  del  periodo

precedente, si intendono in servizio i magistrati non collocati a riposo  al

momento dell’indizione dei concorsi. (3)

5. I compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie entro  il

periodo  di  imposta  successivo  a  quello  di  riferimento  si   intendono

concorrere alla formazione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo  11

del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto  del  Presidente

della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

6. I giudici delle commissioni tributarie, ad esclusione di quelli di  cui

all’articolo 2 , comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e

successive modificazioni, nei casi in cui svolgono le funzioni di Presidente

di  sezione  e  di  vice  Presidente  di   sezione,   hanno   diritto   alla

corresponsione del compenso fisso e variabile di  cui  all’articolo  13   del

predetto decreto legislativo n. 545 del 1992.

7.   Previo  accordo  tra  il  Ministero  della  difesa  ed  il   Ministero

dell’economia e delle finanze, il personale dei ruoli delle Forze armate che

risulti in esubero può essere distaccato,  con  il  proprio  consenso,  alle

segreterie delle Commissioni tributarie. Il distacco deve  essere  preceduto

da una valutazione, da parte del dirigente  del  Ministero  dell’economia  e

delle finanze territorialmente competente, delle esperienze professionali  e

dei  titoli  di  studio  vantati  dall’interessato  diretta   ad   accertare

l’idoneità dello stesso a svolgere  le  funzioni  proprie  delle  qualifiche

professionali che risultano carenti presso le segreterie  delle  commissioni

tributarie.

Il personale distaccato conserva  il  trattamento  economico  in  godimento,

limitatamente alle voci fondamentali ed accessorie, aventi carattere fisso e

continuativo, che continuano a gravare sull’amministrazione di appartenenza,

e svolge i propri compiti in base ad una tabella di corrispondenza approvata

dal Ministro per la pubblica amministrazione e  l’innovazione,  di  concerto

con i Ministro della  difesa  e  dell’economia  e  delle  finanze.   Ai  fini

dell’invarianza della spesa, con l’accordo di cui al primo periodo,  vengono

individuate le voci  del  trattamento  economico  accessorio  spettanti  per

l’amministrazione di destinazione, che non risultino cumulabili  con  quelle

in godimento.

8.   Ai   fini   dell’attuazione   dei   principi   previsti   dal   codice

dell’amministrazione digitale nella materia della giustizia tributaria e per

assicurare l’efficienza e la celerità del relativo processo sono  introdotte

le seguenti disposizioni:

a) nell’articolo 16 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,  e

successive modificazioni:

1) al comma 1,  ultimo  periodo,  le  parole:  “comma  seguente”  sono

sostituite dalle seguenti: “comma 2”;

2) dopo il comma 1, è inserito il seguente: “1-bis.   Le  comunicazioni

sono  effettuate  anche  mediante   l’utilizzo   della   posta   elettronica

certificata, ai sensi del  decreto  legislativo  7  marzo  2005,  n.   82,  e

successive  modificazioni.   Tra  le   pubbliche   amministrazioni   di   cui

all’articolo 2 , comma 2, del decreto legislativo 7 marzo  2005,  n.   82,  le

comunicazioni possono  essere  effettuate  ai  sensi  dell’articolo  76  del

medesimo decreto legislativo. L’indirizzo di posta  elettronica  certificata

del difensore o delle  parti  è  indicato  nel  ricorso  o  nel  primo  atto

difensivo. “;

b) per l’attuazione di quanto previsto alla lettera a), con decreto  del

Ministero dell’economia e delle finanze sono stabilite  le  regole  tecniche

per  consentire  l’utilizzo  delle  tecnologie  dell’informazione  e   della

comunicazione nel rispetto dei principi previsti dal decreto  legislativo  7

marzo 2005,  n.   82,  e  successive  modificazioni,  nonché  individuate  le

Commissioni tributarie nelle  quali  trovano  gradualmente  applicazione  le

disposizioni di cui alla lettera a);

c) fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui  alla  lettera

b), le comunicazioni nel processo tributario  sono  effettuate  nei  modi  e

nelle forme previste dalle disposizioni vigenti  alla  data  di  entrata  in

vigore del presente decreto;

d) con regolamento ai sensi dell’articolo 17 , comma 3,  della  legge  23

agosto 1988, n. 400, emanato  entro  centocinquanta  giorni  dalla  data  di

entrata in vigore del presente decreto dal Ministro  dell’economia  e  delle

finanze, sentiti il  DIgitPA  e  il  Garante  per  la  protezione  dei  dati

personali, sono introdotte disposizioni per il più generale adeguamento  del

processo tributario alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione,

in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n.

82, e successive modificazioni.

9. Dopo l’articolo 17 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546,  è

inserito il seguente articolo:

«Art. 17-bis (Il reclamo e la mediazione) – 1. Per le controversie di valore

non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi  dall’Agenzia  delle

entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a  presentare

reclamo secondo le disposizioni  seguenti  ed  è  esclusa  la  conciliazione

giudiziale di cui all’articolo 48.

2. La presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità  del  ricorso.

L’inammissibilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

3. Il valore di cui al comma 1 è determinato secondo le disposizioni di  cui

al comma 5 dell’articolo 12.

4. Il presente articolo non si applica alle controversie di cui all’articolo

47-bis.

5. Il reclamo va presentato alla  Direzione  provinciale  o  alla  Direzione

regionale che ha emanato l’atto, le  quali  provvedono  attraverso  apposite

strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli  atti

reclamabili.

6. Per il procedimento si applicano le disposizioni  di  cui  agli  articoli

12,18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili.

7. Il reclamo può contenere una motivata proposta  di  mediazione,  completa

della rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

8. L’organo  destinatario,  se  non  intende  accogliere  il  reclamo  volto

all’annullamento totale o parziale dell’atto,  nè  l’eventuale  proposta  di

mediazione, formula d’ufficio una  proposta  di  mediazione  avuto  riguardo

all’eventuale  incertezza  delle  questioni   controverse,   al   grado   di

sostenibilità della  pretesa  e  al  principio  di  economicità  dell’azione

amministrativa. Si applicano le disposizioni  dell’articolo  48,  in  quanto

compatibili.

9. Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento  del

reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli

effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono  dalla

predetta data. Se l’Agenzia  delle  entrate  respinge  il  reclamo  in  data

antecedente, i predetti termini decorrono dal ricevimento  del  diniego.   In

caso di accoglimento parziale del  reclamo,  i  predetti  termini  decorrono

dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale.

10. Nelle controversie di cui al comma 1 la parte soccombente è condannata a

rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma  pari  al  50  per

cento delle  spese  di  giudizio  a  titolo  di  rimborso  delle  spese  del

procedimento   disciplinato   dal   presente   articolo.    Nelle    medesime

controversie, fuori  dei  casi  di  soccombenza  reciproca,  la  commissione

tributaria, può compensare parzialmente o per intero le spese tra  le  parti

solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella  motivazione,

che hanno indotto  la  parte  soccombente  a  disattendere  la  proposta  di

mediazione. “.

10. Ai rappresentanti dell’ente che concludono la mediazione  o  accolgono

il reclamo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 7, del

decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,  con  modificazioni,  dalla

legge 30 luglio 2010, n. 122.

11. Le disposizioni di cui al comma 9 si applicano  con  riferimento  agli

atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012.

12. Al fine di ridurre il  numero  delle  pendenze  giudiziarie  e  quindi

concentrare gli impegni amministrativi e le risorse sulla proficua e spedita

gestione del procedimento di cui al comma 9 le liti fiscali  di  valore  non

superiore a 20. 000 euro in cui è parte  l’Agenzia  delle  entrate,  pendenti

alla data del 1° maggio  2011  dinanzi  alle  commissioni  tributarie  o  al

giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a  seguito  di  rinvio,

possono essere definite, a domanda  del  soggetto  che  ha  proposto  l’atto

introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi

dell’articolo 16 della legge 27 dicembre 2002,  n.   289.   A  tale  fine,  si

applicano le disposizioni di cui al citato  articolo  16,  con  le  seguenti

specificazioni:

a) le somme dovute ai sensi del presente comma sono versate entro il  30

novembre 2011 in unica soluzione;

b) la domanda di definizione è presentata entro il 31 marzo 2012;

c) le liti fiscali che possono essere definite  ai  sensi  del  presente

comma sono sospese fino al 30  giugno  2012.   Per  le  stesse  sono  altresì

sospesi, sino al 30 giugno 2012 i termini per la  proposizione  di  ricorsi,

appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in

riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio;

d) gli uffici competenti trasmettono  alle  commissioni  tributarie,  ai

tribunali e alle corti di appello nonché alla Corte di cassazione, entro  il

15 luglio 2012,  un  elenco  delle  liti  pendenti  per  le  quali  è  stata

presentata domanda di  definizione.   Tali  liti  sono  sospese  fino  al  30

settembre 2012. La comunicazione degli uffici attestante la regolarità della

domanda di definizione ed il  pagamento  integrale  di  quanto  dovuto  deve

essere depositata entro il 30 settembre 2012.   Entro  la  stessa  data  deve

essere comunicato e notificato l’eventuale diniego della definizione;

e) restano comunque dovute per intero le somme relative al  recupero  di

aiuti di Stato illegittimi;

f) con uno o più provvedimenti del direttore dell’agenzia delle  entrate

sono stabilite le modalità di versamento, di presentazione della domanda  di

definizione ed ogni altra disposizione applicativa del presente comma.

13. Al fine di razionalizzare il  sistema  di  riscossione  delle  entrate

patrimoniali dello Stato e di garantirne efficienza ed economicità, entro il

31 dicembre 2011, con decreto del Ministro  dell’economia  e  delle  finanze

sono stabilite le modalità  per  il  trasferimento,  anche  graduale,  delle

attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea o  coattiva,

di  entrate  erariali,  diverse  da  quelle  tributarie  e  per   contributi

previdenziali e assistenziali obbligatori, da Equitalia S. P. A. , nonché dalle

società per azioni dalla stessa partecipate ai sensi dell’articolo 3,  comma

7,  del  decreto-legge  30  settembre  2005,   n.    203,   convertito,   con

modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n.   248,  ad  enti  e  organismi

pubblici muniti di idonee risorse  umane  e  strumentali.   Con  il  medesimo

decreto, tali enti  e  organismi  pubblici  potranno  essere  autorizzati  a

svolgere l’attività di riscossione con le modalità di cui al  regio  decreto

14 aprile 1910, n. 639.

 

Interpello in materia di Erogazioni liberali ad enti non profit e deducibilità integrale per società erogante

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Interpello in materia di Erogazioni liberali ad enti non profit e deducibilità integrale per società erogante

Oggetto:

Interpello – Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Erogazioni liberali. Art. 1, comma 353, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Art. 10, comma 1, lettera l-quater), del TUIR.

Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 1, comma 353 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e dell’ art. 10, comma 1, lettera l-quater), del TUIR è stato esposto il seguente   QUESITO    L’Istituto Scientifico ALFA s. R. L. , con sede in … , fa presente di essere un polo d’eccellenza a livello nazionale interamente dedicato alla cura, alla ricerca clinica, biologica e traslazionale e alla formazione in campo oncologico. La partecipazione al capitale sociale di ALFA, società a responsabilità limitata, è costituita, secondo quanto riferito dall’istante, da soci pubblici (per il 53,27 per cento) e privati (per il 46,73 per cento)  in conformità alle disposizioni recate dall’art. 9-bis) del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Ciò posto ALFA chiede se le erogazioni liberali eventualmente effettuate a suo favore possano essere dedotte in capo agli eroganti ai sensi dell’art. 1, comma 353, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e dell’art. 10, comma 1, lettera l-quater), del TUIR.

 

Soluzione interpretativa prospettata dall’interpellante

L’Istituto Scientifico ALFA ritiene che le erogazioni liberali effettuate in suo favore possano essere integralmente dedotte in capo agli eroganti ai sensi dell’art. 1, comma 353, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e dell’art. 10, comma 1, lettera l-quater), del TUIR in quanto ritiene di poter essere ricompreso tra “gli enti di ricerca pubblici” espressamente previsti dalle citate disposizioni tra i destinatari delle predette erogazioni, data la pacifica estraneità dello stesso agli altri soggetti citati dalle norme sopra richiamate (Università, fondazioni universitarie, istituzioni universitarie pubbliche, enti di ricerca vigilati dal MIUR, ecc. ).   Al riguardo l’istante ritiene, dal punto di vista del requisito soggettivo, di poter essere equiparato ad una struttura pubblica in ragione della sua riconducibilità ad un modello di sperimentazione gestionale che consente espressamente il ricorso alla formula societaria ai sensi dell’art. 9-bis del D. Lgs. N. 502 del 1992.

A sostegno della sua tesi l’istante richiama la risposta al precedente interpello n. … del 2010, nella quale, ad avviso dell’istante, la Direzione Regionale dell’Agenzia delle entrate avrebbe riconosciuto la  natura di “ente pubblico” ad ALFA al fine di riconoscere allo stesso l’applicabilità dell’art. 6 del DPR 29 settembre 1973, n. 601.   L’istante segnala, inoltre, la delibera della Giunta regionale dell’Emilia Romagna del 2009 nella quale è stato espresso l’avviso che ALFA può essere annoverato tra gli organismi di diritto pubblico ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D. M. 17 dicembre 2004.   ALFA evidenzia, altresì, dal punto di vista del requisito oggettivo, che la ricerca scientifica (soprattutto traslazionale) ha un ruolo di assoluto rilievo nell’ambito della mission perseguita da ALFA e che la stessa viene svolta in un     connubio inscindibile con l’assistenza clinica. L’istante rappresenta, inoltre, di aver attivato il percorso per il riconoscimento come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.

 

Parere dell’agenzia delle entrate

L’articolo 1, comma 353, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 stabilisce che: “Sono integralmente deducibili dal reddito del soggetto erogante i fondi trasferiti per il finanziamento della ricerca, a titolo di contributo o liberalità, dalle società e dagli altri soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES) in favore di università, fondazioni universitarie di cui all’art. 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, delle fondazioni e delle associazioni regolarmente riconosciute a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica  10  febbraio  2000,  n.    361,  aventi  per  oggetto  statutario  lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro della salute, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’ISS e l’ISPESL, nonché degli enti parco regionali e nazionali”.

Possono,  pertanto,  beneficiare  della  predetta  deduzione  fiscale,  senza alcun limite, le società e gli altri soggetti passivi dell’IRES che destinano erogazioni liberali ai  soggetti espressamente   previsti dalla citata norma. La medesima norma, inoltre, subordina la deducibilità delle erogazioni in argomento al requisito di carattere oggettivo in base al quale le erogazioni devono essere specificamente effettuate “per il finanziamento della ricerca”.      Per quanto riguarda l’art. 10, comma 1, lettera l-quater), del TUIR, di cui l’istante chiede parimenti l’applicabilità alle erogazioni effettuate  in suo favore, si fa presente che lo stesso stabilisce che  dal reddito complessivo delle persone fisiche, si deducono senza limiti di importo, se non sono deducibili nella determinazione delle singole categorie di reddito che concorrono a formarlo, “le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di università, fondazioni universitarie di cui all’art. 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, del Fondo per il merito degli studenti universitari, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali”. Sia l’articolo 1, comma 353, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sia l’art. 10, comma 1, lettera l-quater), del TUIR, sopra riportati, prevedono espressamente che tra i soggetti destinatari delle erogazioni liberali siano inclusi anche gli “enti di ricerca pubblici”, tra i quali l’Istituto Scientifico ALFA ritiene di poter essere ricompreso. L’Istituto, costituito nella forma di società a responsabilità limitata, rappresenta un modello di sperimentazione gestionale ai sensi dell’articolo 9-bis del D. Lgs. N. 30 dicembre 1992, n. 502 (recante Riordino della disciplina in materia sanitaria) secondo il quale: “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, autorizzano programmi di sperimentazione aventi ad oggetto nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato”.

Lo  stesso  Istituto,  come  riferito  dall’istante, è  in  procinto,  altresì,  di ottenere il riconoscimento quale Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), disciplinati dal D. Lgs. 30 giugno 1993, n. 269 e successivamente dal D. Lgs. 16 ottobre 2003, n. 288, recante il Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a     carattere scientifico, sono, ai sensi dell’art. 1 di quest’ultimo decreto, “enti a rilevanza nazionale dotati di autonomia e personalità giuridica che, secondo standards di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello dell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità”. Dalla disposizione sopra riportata emerge la duplice natura dei predetti Istituti, derivante dalle specifiche finalità di ricerca e sperimentazione nel campo della salute pubblica nonché dall’attività di assistenza sanitaria che si esplica anche in prestazioni di ricovero e cura, peculiari delle strutture ospedaliere. Ciò posto, per la soluzione del quesito in esame è utile far riferimento all’art. 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, che dispone “un credito di imposta a favore delle  imprese  che  finanziano  progetti  di  ricerca,  in  Università  ovvero  enti pubblici di ricerca”.

Al riguardo, infatti, allo scopo di chiarire la definizione di enti pubblici di ricerca, il comma 3 del medesimo art. 1 del DL n. 70 precisa, tra l’altro, che per enti pubblici di ricerca si intendono anche gli “istituti di ricovero e cura a carattere scientifico”. L’analisi del citato articolo 1 del DL n. 70 del 2011 evidenzia, in effetti, l’intento del legislatore di incentivare, mediante lo strumento fiscale, i finanziamenti a soggetti che diano idonea garanzia di operatività nella realizzazione di progetti di ricerca scientifica, quali, tra gli altri, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, sia di natura pubblica che privata. La  “ratio” e le finalità della disposizione recata dal citato art. 1 del DL n.   70 del 2011 appaiono sostanzialmente coincidenti con quelle dell’art. 1, comma  353,   della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e dell’art. 10, comma 1, lettera l- quater), del TUIR, disposizioni queste ultime che tendono anch’esse ad incentivare la ricerca scientifica attraverso la leva fiscale.

Per  le  suesposte  argomentazioni, un’interpretazione logico-sistematica, atta a rendere più coerente il regime fiscale agevolativo nell’ambito della ricerca     scientifica, induce a ritenere che gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico,  sia  pubblici  che  privati,  possano  essere  ricompresi  tra  “gli  enti pubblici  di  ricerca”  destinatari  delle  erogazioni  liberali  previste  dall’art.   1, comma 353, della 23 dicembre 2005, n. 266 e dall’art 10, comma 1, lettera l- quater), del TUIR. Pertanto, l’Istituto Scientifico ALFA potrà essere destinatario delle erogazioni liberali di cui trattasi dal momento in cui sarà perfezionato il procedimento di riconoscimento dello stesso quale Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.

Dilazione di pagamento fino a 72 rate per somme iscritte a ruolo

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Dilazione di pagamento fino a 72 rate per somme iscritte a ruolo

A tutela dei cittadini e delle imprese l’articolo 19 del D. P. R. 602 del 1973 prevede che in ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà, il contribuente  può richieder all’agente della riscossione che il pagamento delle somme iscritte a ruolo sia ripartito fino a un massimo di 72 rate mensili, senza  la necessità di prestare alcuna garanzia. Di norma poi,  per gli importi fino ad €. 2. 000,00 (duemila/00) la rateazione può essere concessa fino a 18 rate senza  particolari controlli,  invece, qualora l’importo  iscritto  a ruolo fosse superiore ad €.   50. 000,00 (cinquantamila/00), il riconoscimento di tali  benefici è  subordinato  alla  prestazione  di  idonea  garanzia  mediante   polizza fidejussoria,  fidejussione bancaria o terza ipotesi di garanzia fideiussoria  rilasciata  dai  consorzi  di garanzia collettiva dei fidi   iscritti in appositi elenchi (artt 106 e 107 Testo Unico Bancario). Sempre il  richiamato articolo 19, consente come alternativa alle garanzie fidejussorie esposte il non meno oneroso strumento delle ipoteche per importi iscritti a ruolo superiori alla richiamata soglia dei 50. 000 euro.

Ciò detto facciamo chiarezza sul concetto base, il contribuente in difficoltà va aiutato, supportato e sostenuto, purchè sia meritevole.

Per meritevole si intende che la situazione di temporanea di  obiettiva difficoltà, è quella in cui si trova il contribuente  che nell’impossibilità di pagare il debito iscritto a ruolo in unica soluzione è  tuttavia  in grado, di sopportare l’onere finanziario derivante dalla ripartizione del debito, in un numero di rate congruo rispetto alle sue condizioni patrimoniali.  In pratica,  per le persone fisiche o i titolari di  ditte individuali  in regimi fiscali semplificati si utilizza l‘Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I. S. E. E. ) del nucleo  familiare del contribuente.  Per le società di capitali, di persone e lavoratori autonomi in regime di contabilità ordinaria si tiene conto dei ratios di  bilancio e del rendiconto finanziario,  in particolare è basilare la leva finanziaria (o indice di liquidità). I ratios assumono rilievo perché sono una sintesi di informazioni finanziarie e patrimoniali in merito alla solvibilità del soggetto intesa coma la capacita  di saper far fronte agli impegni finanziari di  breve e medio  termine

 

Richiesta di dilazione

La richiesta di dilazione  deve  essere  redatta  in carta  libera, utilizzando uno dei modelli allegati alla Direttiva Equitalia  (un gruppo di oltre 30 Spa  con partecipazione pubblica – 51% Agenzia delle Entrate e 49% Inps) del 6 ottobre  2008 n. 36 (specifico  per ogni tipo di soggetto richiedente),  e va presentata  all’Agente della riscossione competente.   Una volta concessa la dilazione,  l’agente della riscossione territorialmente competente provvede alla notifica della cartella di pagamento.  Si fa presente che in caso di mancato pagamento della prima rata o, successivamente, di due rate  il debitore decade  automaticamente  dal beneficio della rateazione ed è considerato in mora a partire dalla data di scadenza  dell’ultima rata pagata.

Sapere se o come è possibile rateizzare un debito tributario è utile  per cittadini, per  le  imprese ed anche per i Comuni che in tal modo aumentano le probabilità di incassare gli importi iscritti a ruolo riducendo la longevità dei residui attivi (tendente ai dieci anni).

Sintesi Risoluzione N. 98 Agenzia delle Entrate 30 settembre 2011

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Oggetto: Ridenominazione del codice tributo “5248” per il versamento, mediante modello “F24 accise”, di somme dovute all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria in violazione del divieto di partecipazione dei minori ai giochi con vincita in denaro 

Con la risoluzione 24 febbraio 2011, n. 23/E, è stato istituito, tra l’altro, il codice tributo “5248” per il versamento della sanzione amministrativa pecuniaria in violazione del divieto di partecipazione dei minori ai giochi con vincita in denaro ai sensi dell’articolo 1, comma 70, della legge del 13 dicembre 2010, n. 220. L’articolo 24, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, recante “Norme in materia di gioco”, al comma 19 prevede che “I periodi secondo, terzo e quarto dell’articolo 1, comma 70, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, nonché’ i commi 8 e 8-bis e il primo periodo del comma 9-ter dell’articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza,  di  cui  al  regio  decreto  18  giugno  1931,  n.   773,  sono abrogati”. I successivi commi da 20 a 22 dell’articolo 24 del decreto legge 6 luglio 2011,  n.   98,  disciplinano  il  divieto  di  partecipazione  ai  giochi  pubblici  con vincita in denaro ai minori di anni diciotto.

Ciò premesso, in considerazione della citata evoluzione normativa nella fattispecie in parola, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ha manifestato l’esigenza di modificare la descrizione del predetto codice tributo nel modo seguente: “5248”  denominato  “Sanzione  amministrativa  pecuniaria  in violazione del divieto di partecipazione dei minori ai giochi con vincita in denaro” In sede di compilazione del modello di versamento F24 Accise, per il suddetto codice tributo restano ferme le modalità di compilazione indicate nella risoluzione 24 febbraio 2011, n. 23/E.  

Trattamento fiscale di autovetture, automezzi, motoveicoli, imbarcazioni, aerei da turismo, etc.. ad uso aziendale ed ad uso promiscuo

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Trattamento fiscale di autovetture, automezzi, motoveicoli, imbarcazioni, aerei da turismo, etc.. ad uso aziendale ed ad uso promiscuo

Le spese e  gli  altri  componenti  negativi  relativi  ai  mezzi  di trasporto a motore indicati nel presente articolo, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni, ai fini della  determinazione  dei  relativi redditi sono deducibili solo se rientranti in una delle fattispecie

Articolo 164  D. P. R. 22 dicembre 1986, n. 917 “Trattamento fiscale di autovetture, autemezzi, motoveicoli, imbarcazioni, aerei da turismo, etc. Ad uso aziendale ed  ad uso promiscuo.

1. Le spese e  gli  altri  componenti  negativi  relativi  ai  mezzi  di trasporto a motore indicati nel presente articolo, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni, ai fini della  determinazione  dei  relativi redditi sono deducibili solo se rientranti in una delle fattispecie previste nelle successive lettere a), b) e b-bis):

a) per l’intero ammontare relativamente:

1) agli  aeromobili  da  turismo,  alle  navi  e  imbarcazioni  da diporto, alle autovetture ed autocaravan, di cui alle lettere a)  e  m)  del comma 1 dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285,  ai ciclomotori e motocicli destinati ad essere utilizzati  esclusivamente  come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa;

2) ai veicoli adibiti ad uso pubblico [. ];

b) nella misura del 40 per cento relativamente  alle  autovetture  e autocaravan, di cui alle citate lettere dell’articolo 54 del citato  decreto legislativo n. 285 del 1992, ai ciclomotori e motocicli il  cui  utilizzo  è diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1).   Tale  percentuale  è elevata all’80 per cento per i veicoli  utilizzati  dai  soggetti  esercenti attività di agenzia o di  rappresentanza  di  commercio.   Nel  caso  di esercizio di arti e professioni in  forma  individuale,  la  deducibilità  è ammessa, nella suddetta misura del 40 per cento ,  limitatamente  ad  un solo veicolo; se l’attività è svolta da società semplici e  da  associazioni di cui all’articolo 5, la deducibilità è consentita soltanto per un  veicolo per ogni socio o associato. Non si tiene conto: della  parte  del  costo  di acquisizione che eccede lire 35 milioni  [euro  18. 075,99;  n. D. R. ]  per  le autovetture e gli autocaravan, lire 8 milioni [euro 4. 131,66; n. D. R. ] per  i motocicli, lire  4  milioni  [euro  2. 065,83;  n. D. R. ]  per  i  ciclomotori; dell’ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati, se i beni medesimi sono utilizzati  in locazione finanziaria; dell’ammontare dei costi di locazione e  di  noleggio che eccede lire 7 milioni [euro 3. 615,20; n. D. R. ] per le autovetture  e  gli autocaravan, lire 1,5 milioni [euro 774,69; n. D. R. ] per  i  motocicli,  lire ottocentomila [euro 413,17; n. D. R. ] per i ciclomotori. Nel caso di esercizio delle predette attività svolte da società semplici e associazioni di cui  al citato articolo 5, i  suddetti  limiti  sono  riferiti  a  ciascun  socio  o associato. I limiti predetti, che con riferimento al valore dei contratti di locazione anche finanziaria  o  di  noleggio  vanno  ragguagliati  ad  anno, possono essere variati, tenendo anche conto delle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di  operai  e  di  impiegati  verificatesi nell’anno precedente, con decreto del Ministro delle  finanze,  di  concerto con  il  Ministro  dell’industria,  del  commercio  e  dell’artigianato.   Il predetto limite di 35 milioni  di  lire  [euro  18. 075,99;  n. D. R. ]  per  le autovetture è elevato a 50 milioni di lire [euro 25. 822,84; n. D. R. ] per  gli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio;

b-bis) nella misura del 90 per cento  per  i  veicoli  dati  in  uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta.

2. Ai fini della determinazione del reddito d’impresa, le plusvalenze  e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello  complessivamente effettuato.

3. Ai fini della applicazione del comma 6 dell’articolo  102,  il  costo dei beni di cui al comma 1, lettera b), si assume nei  limiti  rilevanti  ai fini della deduzione delle relative quote di ammortamento.

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