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Spese di trasferta all’estero 2025: niente obbligo di tracciabilità, lo conferma l’Agenzia delle Entrate

Nel 2025 cambia (di nuovo) la disciplina fiscale delle spese di trasferta dei dipendenti, ma con una buona notizia per imprese e lavoratori: per le missioni effettuate all’estero, non è obbligatorio il pagamento tracciabile ai fini dell’esenzione fiscale. Un chiarimento fondamentale, arrivato dopo mesi di incertezza normativa, grazie a due interventi: prima la Legge di Bilancio 2025, poi il Decreto-Legge 84/2025, che ha corretto una formulazione iniziale troppo restrittiva.
Sommario
A rafforzare la nuova interpretazione è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate, con la Risposta a interpello n. 188/2024, che ha eliminato ogni dubbio: le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto sostenute all’estero possono essere rimborsate anche se pagate in contanti, senza generare reddito imponibile per il dipendente.
In questo articolo vedremo nel dettaglio cosa prevede oggi la normativa, quali sono le differenze tra trasferte in Italia e all’estero, come vanno gestiti i rimborsi (forfettari, analitici o misti), quali sono gli errori più frequenti da evitare, e come le aziende possono ottimizzare la fiscalità delle trasferte internazionali in modo del tutto legale.
Introduzione
In un contesto lavorativo sempre più globalizzato, le trasferte all’estero rappresentano una voce ricorrente nei bilanci delle imprese e nei cedolini dei dipendenti. Tuttavia, la gestione fiscale di queste spese, soprattutto in termini di tracciabilità, ha sollevato numerosi dubbi negli ultimi mesi, in seguito alle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2024. La questione principale riguardava l’obbligo di tracciabilità per l’esenzione fiscale dei rimborsi ai dipendenti in trasferta all’estero.
A chiarire definitivamente la situazione è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 141 del 2024, che ha confermato un punto chiave: le spese di trasferta all’estero, anche in forma forfettaria, non richiedono tracciabilità per beneficiare dell’esenzione fiscale prevista dall’art. 51, comma 5 del TUIR. Questa presa di posizione, seppur attesa, rassicura imprese e professionisti sulla possibilità di continuare a utilizzare modalità di rimborso non tracciabili per i viaggi internazionali, in linea con la normativa vigente e senza incorrere in sanzioni o rettifiche.
Le modifiche della Legge di Bilancio 2025
La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una modifica importante all’art. 51, comma 5 del TUIR, specificando che le spese rimborsate per vitto, alloggio, viaggio e trasporto (comprese quelle effettuate con mezzi come i taxi, disciplinati dalla Legge 15 gennaio 1992, n. 21) non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente solo se sostenute con strumenti tracciabili. Secondo il testo originario, quindi, dal 1° gennaio 2025, il rimborso delle spese sostenute dai dipendenti in trasferta era fiscalmente neutro solo se il pagamento avveniva tramite bonifico, carta, o altri strumenti previsti dall’art. 23 del D.lgs. n. 241/1997.
La nuova previsione aveva generato non pochi dubbi tra i datori di lavoro pubblici e privati, soprattutto in riferimento alle trasferte all’estero, dove l’utilizzo di strumenti tracciabili può risultare impossibile o fortemente limitato, a causa di infrastrutture tecnologiche carenti o normative locali differenti. In tale contesto, diversi enti e aziende si sono ritrovati nella necessità di rivedere procedure e policy interne, con il rischio di vedere tassati rimborsi che fino ad allora erano stati esenti.
È stato proprio un Ministero, con l’interpello n. 188 del 2024, a sollevare la questione presso l’Agenzia delle Entrate, chiedendo se l’obbligo di tracciabilità potesse effettivamente valere anche per le missioni effettuate fuori dal territorio dello Stato.
Il correttivo di giugno 2025
Per rispondere alle perplessità sollevate da aziende, enti pubblici e operatori del settore, il legislatore è intervenuto nuovamente con il Decreto-Legge 17 giugno 2025, n. 84, apportando una modifica risolutiva all’articolo 51, comma 5 del TUIR. In particolare, con l’articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto, è stata introdotta una specificazione che cambia radicalmente l’interpretazione della norma: l’obbligo di tracciabilità è richiesto solo per le spese “sostenute nel territorio dello Stato”.
La frase chiave aggiunta al testo del comma è infatti:
“sostenute nel territorio dello Stato”
che chiarisce come la tracciabilità diventi condizione di esenzione solo per le spese sostenute in Italia, escludendo esplicitamente quelle effettuate durante missioni o trasferte all’estero. In questo modo, si supera ogni ambiguità normativa: i dipendenti inviati in Paesi dove non è possibile usare carte o bonifici non vedranno tassati i rimborsi ricevuti, anche se effettuati in contanti.
Questa distinzione, introdotta a distanza di pochi mesi dalla Legge di Bilancio, rappresenta un importante passo in avanti in termini di certezza del diritto e tutela operativa. Le imprese possono così continuare a operare nei mercati internazionali senza il timore di penalizzazioni fiscali per motivi indipendenti dalla loro volontà o da quella del dipendente.
Interpello n. 188/2024
A confermare la corretta interpretazione della normativa è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la Risposta a interpello n. 188 del 2024, presentata da un Ministero. L’istanza riguardava il trattamento fiscale dei rimborsi spese a dipendenti inviati in missione o trasferta all’estero, specialmente nei casi in cui non fosse possibile utilizzare strumenti di pagamento tracciabili nei Paesi di destinazione. Il quesito era semplice ma cruciale: i rimborsi per spese sostenute all’estero perdono l’esenzione fiscale se effettuati in contanti?
L’Agenzia ha dato una risposta chiara e rassicurante: no, la tracciabilità non è richiesta per le spese sostenute al di fuori del territorio italiano. Il riferimento normativo aggiornato – dopo l’intervento del Decreto-Legge n. 84/2025 – conferma che l’esenzione fiscale prevista dall’art. 51, comma 5, del TUIR resta applicabile anche quando i dipendenti, in trasferta estera, effettuano pagamenti in contanti per spese di vitto, alloggio, trasporto o viaggio.
Questo chiarimento ha un impatto pratico rilevante, soprattutto per enti pubblici, organizzazioni internazionali e aziende esportatrici. Inoltre, rappresenta un importante precedente interpretativo, che rafforza la certezza fiscale e consente di archiviare definitivamente i timori legati a possibili contestazioni in fase di controllo.
Implicazioni operative
La conferma ufficiale della non obbligatorietà della tracciabilità per le spese di trasferta all’estero rappresenta un importante vantaggio operativo e fiscale per tutte le aziende con dipendenti inviati fuori dai confini italiani. Dal punto di vista pratico, le imprese potranno continuare a utilizzare sistemi di rimborso più snelli, inclusi quelli forfettari o misti, anche nei contesti dove strumenti elettronici non sono utilizzabili o disponibili.
Dal punto di vista fiscale, questo significa che i rimborsi per spese estere non entrano a far parte del reddito imponibile del dipendente, quindi non subiscono né ritenute né contribuzione INPS. Un beneficio concreto, che consente alle aziende di evitare il rischio di contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria in sede di accertamento, pur mantenendo un trattamento agevolato nei confronti del lavoratore.
Inoltre, per i datori di lavoro, non vi è necessità di predisporre ulteriori documentazioni o dimostrazioni di tracciabilità per queste spese, semplificando notevolmente gli adempimenti amministrativi e riducendo il rischio di errori o contestazioni.
Questa chiarezza normativa si traduce in una maggiore competitività per le aziende internazionalizzate, che possono gestire in modo più flessibile il personale operativo all’estero, risparmiando risorse economiche e burocratiche.
Trasferte in Italia e all’estero
Una delle principali conseguenze del recente intervento normativo e interpretativo è la netta distinzione tra il trattamento fiscale delle spese di trasferta effettuate in Italia e quelle sostenute all’estero. Come stabilito dopo il correttivo introdotto dal Decreto-Legge n. 84/2025, solo le spese sostenute nel territorio italiano richiedono la tracciabilità ai fini della loro esclusione dal reddito imponibile.
Questo comporta una gestione differenziata dei rimborsi spese, che le aziende dovranno recepire nelle proprie policy interne.
In particolare:
-
per le trasferte in Italia, i rimborsi di vitto, alloggio, trasporto e viaggio sono fiscalmente neutri solo se tracciabili (es. pagamenti con carta, bonifico, app digitali);
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per le trasferte all’estero, i rimborsi possono essere esentasse anche se effettuati in contanti, a condizione che siano comunque documentati e rientrino nei criteri previsti dall’art. 51, comma 5 del TUIR.
L’importanza di questa distinzione risiede nella necessità di adeguare la rendicontazione e la documentazione a seconda della destinazione geografica. È fondamentale, ad esempio, che i dipendenti siano informati sulle diverse regole e che le aziende prevedano meccanismi di raccolta documentale coerenti con il luogo della missione.
Trascurare questa differenza potrebbe portare a errori che comportano l’imponibilità del rimborso e, nei casi peggiori, sanzioni fiscali e contributive. Per questo motivo, molte aziende stanno aggiornando le proprie linee guida interne per la gestione delle trasferte, distinguendo nettamente i due regimi fiscali.
Policy aziendali sulle trasferte
Alla luce dei recenti chiarimenti normativi e interpretativi, le imprese sono chiamate a rivedere e aggiornare le proprie policy sulle trasferte, per assicurare il corretto trattamento fiscale dei rimborsi e garantire una gestione amministrativa conforme alle norme. Una buona organizzazione interna permette non solo di evitare sanzioni, ma anche di ottimizzare i costi e valorizzare i benefit per i dipendenti.
Ecco alcuni passaggi chiave che un’azienda dovrebbe seguire:
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Distinzione tra Italia ed estero: la policy deve contenere indicazioni specifiche sul trattamento delle spese in base al luogo della trasferta. Va evidenziato che solo le spese sostenute in Italia richiedono la tracciabilità ai fini dell’esenzione.
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Procedure di rendicontazione: va stabilito un protocollo per la documentazione delle spese. Per l’estero, anche i pagamenti in contanti devono essere giustificati tramite ricevute o giustificativi validi. È utile prevedere moduli predefiniti per il resoconto missione.
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Formazione del personale: i dipendenti devono essere informati chiaramente su cosa possono e non possono fare. Un errore nella forma di pagamento può comportare l’imponibilità del rimborso, quindi la comunicazione interna è fondamentale.
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Aggiornamento software e flussi contabili: è opportuno che anche i sistemi di contabilità e gestione risorse umane siano aggiornati per applicare correttamente le regole fiscali sui rimborsi.
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Controlli periodici: è consigliabile effettuare controlli interni su un campione di trasferte, per verificare l’effettiva aderenza alle procedure e prevenire eventuali contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate o dell’INPS.
Una gestione attenta e strategica delle trasferte permette alle aziende di conciliare compliance e risparmio fiscale, tutelando allo stesso tempo l’organizzazione e i lavoratori coinvolti.
Modalità di rimborso spese
Uno degli aspetti più delicati nella gestione delle trasferte, soprattutto in contesto internazionale, è la scelta della modalità di rimborso delle spese: forfettaria, analitica o mista. Ogni modalità ha impatti fiscali differenti, e la scelta deve tenere conto non solo della semplicità amministrativa, ma anche della conformità normativa e delle opportunità di risparmio fiscale.
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Rimborso forfettario:
Prevede un’indennità giornaliera predeterminata (es. 50 euro al giorno), indipendentemente dalle spese effettivamente sostenute. È il metodo più semplice e, in molti casi, fiscalmente agevolato. Secondo l’art. 51, comma 5, del TUIR, le indennità per trasferte fuori dal comune sede di lavoro sono parzialmente esenti da tassazione (esenzione fino a 46,48 euro in Italia e 77,47 euro all’estero, con decurtazioni in caso di rimborso di spese specifiche). -
Rimborso analitico:
Consiste nella restituzione puntuale delle spese effettivamente documentate (es. biglietti, hotel, pasti). Dopo le modifiche normative, in Italia è esente solo se le spese sono tracciabili, mentre all’estero resta esente anche se pagate in contanti, come chiarito dall’Agenzia. -
Rimborso misto:
Combina l’indennità forfettaria con il rimborso analitico di alcune spese (ad esempio vitto e alloggio). In questo caso, le soglie di esenzione dell’indennità forfettaria vengono ridotte proporzionalmente in base ai rimborsi analitici riconosciuti. Anche qui, valgono le regole sulla tracciabilità già viste.
La scelta tra le tre modalità deve essere valutata caso per caso, tenendo conto del tipo di trasferta, della destinazione e della disponibilità di documentazione. Una corretta pianificazione consente alle imprese di ottenere risparmi fiscali concreti e ai dipendenti di non vedersi penalizzati in busta paga.
Casi pratici
Nella pratica quotidiana, la gestione delle trasferte comporta una serie di criticità che, se sottovalutate, possono tradursi in errori fiscali, sanzioni e perdita delle agevolazioni previste dalla normativa. Vediamo alcuni dei casi più comuni che è bene conoscere – e soprattutto evitare.
Errore 1 – Tracciabilità non rispettata in Italia:
Un’azienda italiana rimborsa spese di vitto e taxi per una trasferta a Milano, ma il dipendente ha pagato tutto in contanti. Risultato: l’intero rimborso diventa imponibile. La norma, infatti, è chiara: per le spese sul territorio nazionale, la tracciabilità è obbligatoria dal 2025 per mantenere l’esenzione fiscale.
Errore 2 – Confusione tra Italia ed estero nella policy:
Molte aziende non aggiornano le proprie procedure interne, applicando l’obbligo di tracciabilità anche alle trasferte all’estero. Questo può generare tensioni con i dipendenti, che si trovano in difficoltà operativa nei Paesi meno sviluppati, o addirittura contestazioni non fondate in fase di controllo fiscale.
Errore 3 – Rimborso misto gestito male:
In alcuni casi, le aziende rimborsano spese analitiche (es. hotel e taxi) e allo stesso tempo erogano un’indennità forfettaria piena, senza effettuare le previste decurtazioni per non eccedere le soglie esenti. Questo porta a un superamento dei limiti di esenzione previsti dal TUIR e, quindi, a imposizione su una parte della somma rimborsata.
Errore 4 – Documentazione carente o irregolare:
Soprattutto nei rimborsi analitici all’estero, la mancanza di ricevute valide può compromettere la deducibilità del costo per l’azienda e la non imponibilità per il dipendente. Anche se i contanti sono ammessi, è fondamentale conservare una documentazione sufficiente a giustificare la spesa.
Una gestione corretta delle trasferte richiede quindi non solo attenzione normativa, ma anche formazione interna, procedure chiare e controllo documentale rigoroso. Solo così si possono sfruttare appieno le agevolazioni previste e minimizzare i rischi fiscali.
Considerazioni finali
La questione della tracciabilità delle spese di trasferta all’estero ha generato incertezza per mesi, ma oggi il quadro è finalmente chiaro: non è richiesta tracciabilità per le spese sostenute fuori dal territorio italiano, che possono quindi continuare ad essere rimborsate anche se pagate in contanti, senza concorrere a formare reddito per il dipendente.
Questo risultato non è solo un chiarimento tecnico, ma rappresenta una garanzia di flessibilità operativa per le imprese che lavorano sui mercati internazionali. Tuttavia, la distinzione tra spese sostenute in Italia e all’estero comporta obblighi nuovi, specialmente per quanto riguarda i pagamenti tracciabili sul territorio nazionale.
Oggi più che mai, è indispensabile per aziende, enti pubblici e consulenti:
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aggiornare tempestivamente le policy aziendali sulle trasferte;
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formare i dipendenti sulle regole fiscali e operative da rispettare;
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evitare errori documentali e organizzativi che possono compromettere la fiscalità dei rimborsi.
Investire in una gestione attenta e conforme delle trasferte significa ridurre il rischio di sanzioni, migliorare la gestione del personale in missione e beneficiare pienamente delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa.
In un contesto sempre più globalizzato e fiscalmente complesso, affidarsi a professionisti esperti è oggi una scelta strategica, non solo una necessità. Una gestione delle trasferte ben pianificata è un vantaggio competitivo, oltre che una forma concreta di tutela per l’azienda e i suoi lavoratori.
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