Compensi sportivi dilettantistici non tassati fino a 15.000 euro: regole, vantaggi e autocertificazione

Negli ultimi anni, il mondo dello sport dilettantistico ha subito una profonda trasformazione, non solo sotto il profilo organizzativo e professionale, ma anche sotto quello fiscale. È sempre più frequente, infatti, imbattersi in dubbi e perplessità da parte di genitori, giovani atleti o collaboratori sportivi dilettanti che si chiedono: “Ma se ricevo un compenso per le mie attività sportive, lo devo dichiarare? E devo pagare le tasse?”
Sommario
Una risposta chiara e attesa è arrivata con l’interpello n. 474/2023 dell’Agenzia delle Entrate, che ha fatto luce su un punto fondamentale: i compensi fino a 15.000 euro annui per attività sportive dilettantistiche non sono imponibili fiscalmente. Un cambiamento che rivoluziona l’approccio fiscale al lavoro sportivo e che apre nuovi scenari, soprattutto per le associazioni e i collaboratori del settore.
In questo articolo esploreremo nel dettaglio cosa prevede la normativa vigente, quali sono gli obblighi per gli atleti e le società, come funziona l’autocertificazione dei compensi, quali vantaggi fiscali ne derivano e cosa è cambiato rispetto al passato.
Normativa di riferimento
La riforma dello sport, attuata con il Decreto Legislativo n. 36 del 28 febbraio 2021, ha introdotto una serie di innovazioni importanti in materia di lavoro sportivo, ridefinendo il quadro giuridico e fiscale delle collaborazioni nell’ambito dilettantistico.
L’articolo chiave per comprendere la nuova disciplina è l’art. 36, comma 6, che stabilisce con chiarezza che:
“I compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di euro 15.000,00.”
In altre parole, fino a 15.000 euro lordi all’anno, i compensi ricevuti per attività sportiva dilettantistica non sono soggetti a IRPEF né a ritenute fiscali, e non concorrono a formare il reddito imponibile. Questa soglia rappresenta una vera e propria franchigia fiscale che tutela e agevola i lavoratori sportivi non professionisti, incentivando la partecipazione e il sostegno alle attività sportive a livello locale.
Il successivo comma 6-bis dello stesso articolo aggiunge un elemento importante: al momento del pagamento del compenso, il lavoratore sportivo deve rilasciare un’autocertificazione che attesti l’ammontare complessivo dei compensi percepiti nello stesso anno solare. Ciò serve a garantire che il limite di esenzione venga rispettato e a permettere ai soggetti erogatori di adempiere correttamente ai propri obblighi fiscali.
Questo nuovo assetto normativo ha abrogato la precedente impostazione secondo la quale i compensi sportivi dilettantistici rientravano tra i “redditi diversi” ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera m) del TUIR. Oggi, invece, a seconda dei casi, possono essere inquadrati come lavoro dipendente, assimilato o lavoro autonomo, con un trattamento più coerente con la reale natura della prestazione svolta.
Chi può beneficiare
L’esenzione fiscale prevista dall’art. 36 del D.lgs. 36/2021 non è automatica per chiunque operi nello sport, ma si applica a specifiche categorie di soggetti e solo a determinate condizioni.
In particolare, possono beneficiare dell’esenzione:
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Lavoratori sportivi nell’ambito dilettantistico;
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Sia se operano come dipendenti o assimilati, sia se svolgono prestazioni autonome;
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A condizione che i compensi siano riconducibili a prestazioni sportive effettivamente rese, e che siano documentati secondo legge.
È importante sottolineare che per “lavoratore sportivo” si intende chi esercita, anche in modo non esclusivo o professionale, un’attività riconducibile a una disciplina sportiva affiliata al CONI, e che rientra nel perimetro definito dalle Federazioni Sportive Nazionali (FSN), Discipline Sportive Associate (DSA) o Enti di Promozione Sportiva (EPS). Questo significa che non basta essere allenatori, istruttori o atleti: bisogna anche essere inseriti in un contesto regolamentato.
Ad esempio, un giovane che percepisce un compenso per arbitrare partite di calcio in un torneo dilettantistico riconosciuto, oppure un istruttore che tiene corsi per una società sportiva affiliata, può rientrare nell’agevolazione. Lo stesso vale per i preparatori atletici, dirigenti accompagnatori, fisioterapisti e altre figure che supportano l’attività sportiva, purché la loro prestazione sia classificata come “sportiva” e rientri nei parametri della normativa.
Attenzione: la soglia dei 15.000 euro è cumulativa per tutte le prestazioni rese nell’anno solare. Se si lavora per più società o si svolgono più incarichi, i compensi si sommano. Superata la soglia, l’eccedenza diventa interamente imponibile, e deve essere tassata secondo il regime fiscale appropriato (dipendente o autonomo).
L’autocertificazione
Per beneficiare dell’esenzione fiscale fino a 15.000 euro annui, il lavoratore sportivo dilettante ha un obbligo preciso: rilasciare un’autocertificazione al momento del pagamento del compenso. Questo adempimento, previsto dal comma 6-bis dell’art. 36 del D.lgs. 36/2021, rappresenta uno snodo fondamentale del nuovo sistema.
Ma come funziona nel concreto?
Ogni volta che una società sportiva dilettantistica eroga un compenso per attività sportiva, il lavoratore deve dichiarare – sotto la propria responsabilità – l’importo dei compensi già percepiti nell’anno solare in corso per analoghe prestazioni. Se la somma complessiva non supera i 15.000 euro, l’importo non è imponibile e non va soggetto a ritenute né dichiarato nel modello 730 o Redditi PF.
L’autocertificazione deve:
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essere scritta e firmata;
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riportare i dati anagrafici del lavoratore;
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specificare l’importo percepito fino a quel momento;
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includere un’attestazione di veridicità.
Esempio: se a marzo un istruttore ha già percepito 6.000 euro da un’associazione e riceve altri 3.000 euro da una seconda società, dovrà autocertificare di aver già ricevuto 6.000 euro per lo stesso anno. La seconda società, verificando che il totale rimane sotto i 15.000 euro, potrà erogare il compenso senza applicare ritenute fiscali.
Attenzione però: se il lavoratore supera il limite di 15.000 euro, l’intera parte eccedente sarà tassata secondo le regole del lavoro dipendente, assimilato o autonomo, a seconda della forma contrattuale. È quindi essenziale tenere traccia precisa dei compensi percepiti.
Questo strumento, sebbene semplice, ha una funzione cruciale: garantire la trasparenza fiscale e proteggere sia il lavoratore sia l’associazione sportiva da eventuali responsabilità in caso di errori o omissioni.
Vantaggi fiscali
L’introduzione dell’esenzione fiscale per i compensi sportivi dilettantistici fino a 15.000 euro annui rappresenta un beneficio concreto, non solo per chi presta attività sportiva, ma anche per le associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD). Vediamo nel dettaglio perché.
Per il lavoratore sportivo
Il vantaggio più evidente è, naturalmente, la non imponibilità fiscale: i compensi entro la soglia non sono soggetti a IRPEF né contribuiscono alla formazione del reddito. Questo significa maggior reddito netto in tasca, senza complicazioni fiscali, fino a 15.000 euro all’anno.
Inoltre:
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Non c’è obbligo di presentare dichiarazione dei redditi se il lavoratore non ha altri redditi oltre a quelli sportivi non imponibili;
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Non è prevista alcuna ritenuta d’acconto, contributo INPS o IVA, riducendo drasticamente la burocrazia;
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È sufficiente l’autocertificazione per rendere tutto regolare, con procedure snelle e senza oneri professionali aggiuntivi.
Per le associazioni sportive
Anche le società e associazioni ne traggono benefici tangibili:
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Non devono versare ritenute fiscali per i compensi esenti;
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Si riduce il carico amministrativo e contabile;
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Possono retribuire collaboratori, tecnici, arbitri o dirigenti senza appesantire il bilancio con oneri aggiuntivi;
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Aumenta la flessibilità nella gestione delle risorse umane, con un sistema semplice e chiaro per incentivare la collaborazione.
Questo quadro crea un ambiente favorevole per lo sviluppo dello sport dilettantistico, tutelando chi vi lavora e sostenendo economicamente le realtà locali. La possibilità di regolarizzare collaborazioni sportive in modo semplificato e conveniente rappresenta un passo importante verso la professionalizzazione del settore, senza però perderne l’anima popolare e sociale.
Rischi, limiti e controlli
Sebbene la normativa sia molto favorevole, è fondamentale sottolineare che non si tratta di una zona franca o priva di regole. L’esenzione fiscale fino a 15.000 euro è condizionata al rispetto rigoroso dei limiti previsti dalla legge e alla corretta gestione delle autocertificazioni. Chi ignora o sottovaluta questi aspetti rischia sanzioni anche pesanti.
Superamento della soglia
Il primo e più comune rischio è quello del superamento del limite di 15.000 euro. Una volta superata questa soglia:
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L’eccedenza diventa completamente imponibile;
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Il soggetto erogatore deve applicare le ritenute fiscali e contributive ordinarie;
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Il lavoratore dovrà dichiarare l’importo in dichiarazione dei redditi, e potenzialmente iscriversi a forme previdenziali obbligatorie.
Il pericolo maggiore si ha quando non viene rilasciata correttamente l’autocertificazione, oppure quando si presta attività per più enti sportivi senza comunicarlo in modo trasparente. In questi casi, si rischia di sforare il tetto dei 15.000 euro senza che le singole associazioni lo sappiano, generando un’irregolarità fiscale.
I controlli dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di effettuare verifiche incrociate tra:
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I compensi dichiarati dalle associazioni;
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Le autocertificazioni dei lavoratori sportivi;
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Eventuali altri redditi o prestazioni dichiarate altrove.
In caso di accertamento, le sanzioni possono essere sia amministrative che tributarie, con recupero dell’imposta evasa, sanzioni accessorie e interessi. Inoltre, per il soggetto erogatore, l’errata classificazione del compenso può comportare l’obbligo di versamento dei contributi previdenziali omessi, specie se il rapporto è stato in realtà di natura subordinata.
I limiti soggettivi
Infine, non tutti i soggetti possono usufruire dell’esenzione: non è applicabile a figure non riconducibili ad attività sportiva, né a collaboratori amministrativi o gestionali che svolgano mansioni estranee alla prestazione sportiva dilettantistica in senso stretto.
Dal passato al futuro
Prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 36/2021, il trattamento fiscale dei compensi sportivi dilettantistici si basava su una normativa molto diversa. Fino al 2023, infatti, questi compensi venivano inquadrati come redditi diversi, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera m) del TUIR, e godevano di un’esenzione fiscale fino a 10.000 euro, senza obbligo di versamenti contributivi.
Il sistema era tuttavia poco chiaro e prestava il fianco a numerosi abusi: spesso, collaborazioni continuative venivano fittiziamente qualificate come “prestazioni occasionali”, eludendo ogni forma di contribuzione o tutela per il lavoratore. Inoltre, non vi era un reale inquadramento giuridico della figura del lavoratore sportivo dilettante.
Con la riforma del lavoro sportivo, l’impianto normativo cambia radicalmente:
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I compensi sportivi non sono più redditi diversi, ma rientrano tra lavoro dipendente, assimilato o autonomo;
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L’esenzione è stata innalzata da 10.000 a 15.000 euro annui, favorendo una maggiore sostenibilità economica per i piccoli collaboratori;
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È stata introdotta l’autocertificazione obbligatoria e una chiara distinzione tra prestazioni sportive e attività amministrative.
La risposta all’interpello n. 474/2023 dell’Agenzia delle Entrate ha confermato ufficialmente questa nuova interpretazione: se il lavoratore sportivo percepisce meno di 15.000 euro in un anno solare, tali somme non devono essere dichiarate, non sono imponibili e non richiedono versamenti contributivi, purché ci sia regolare autocertificazione.
Prospettive future
Il settore dello sport dilettantistico è oggi al centro di una trasformazione che punta alla regolarizzazione del lavoro, alla trasparenza fiscale e alla tutela giuridica di chi vi opera. Ci si aspetta nei prossimi anni:
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Maggiore digitalizzazione degli adempimenti (es. piattaforme per gestire autocertificazioni e compensi);
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Un possibile rafforzamento dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate;
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L’estensione di forme previdenziali agevolate anche sotto soglie basse, per garantire un minimo di tutela sociale ai collaboratori.
Il cambiamento in atto rappresenta una sfida, ma anche una grande opportunità per creare un settore sportivo più solido, giusto e professionale, senza penalizzare il volontariato e la passione che da sempre lo animano.
ASD e SSD
Nel panorama dello sport dilettantistico italiano, due sono le principali forme giuridiche con cui è possibile costituire un ente sportivo: le Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) e le Società Sportive Dilettantistiche (SSD). Sebbene entrambe operino nello stesso contesto e abbiano accesso agli stessi benefici fiscali previsti per i compensi sportivi, esistono differenze rilevanti che è importante conoscere, soprattutto in relazione al trattamento dei compensi ai lavoratori sportivi.
Differenze giuridiche fondamentali
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Le ASD sono enti senza scopo di lucro, costituite generalmente sotto forma di associazioni riconosciute o non riconosciute. L’assenza di finalità lucrative è elemento essenziale per poter godere delle agevolazioni fiscali previste dal D.lgs. 36/2021, tra cui l’esenzione IRPEF sui compensi fino a 15.000 euro.
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Le SSD, invece, sono enti a scopo lucrativo limitato, costituiti sotto forma di società di capitali (come Srl, anche in forma semplificata). Anche se possono distribuire utili (in misura limitata), le SSD sono comunque soggette a vincoli normativi stringenti per poter mantenere lo status “dilettantistico” e accedere ai regimi agevolati.
Entrambe le tipologie devono obbligatoriamente essere affiliate a un organismo sportivo riconosciuto dal CONI e registrate nel Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche (RAS) per accedere ai benefici fiscali.
Implicazioni sui compensi sportivi
Sia ASD che SSD possono erogare compensi sportivi non imponibili, ma:
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Devono rispettare i requisiti richiesti dalla riforma dello sport;
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Devono documentare correttamente le prestazioni, conservando autocertificazioni e contratti sportivi;
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Nel caso delle SSD, essendo imprese, possono essere soggette a controlli più approfonditi anche in ambito societario e tributario.
Per entrambe le forme, l’inquadramento corretto dei rapporti di collaborazione e la tenuta della documentazione contabile e fiscale sono essenziali per evitare contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate o dell’Ispettorato del Lavoro.
Consigli operativi
Alla luce della normativa vigente e dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, è fondamentale che sia i lavoratori sportivi che le associazioni si dotino di strumenti pratici per evitare errori e beneficiare in pieno dell’esenzione.
Ecco alcuni consigli operativi per restare all’interno della legalità fiscale e sfruttare al meglio i vantaggi:
Per i lavoratori sportivi:
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Monitorare con attenzione i compensi percepiti nel corso dell’anno solare, soprattutto se si collabora con più enti o società sportive;
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Utilizzare modelli standard di autocertificazione, disponibili anche online, riportando con precisione i dati richiesti;
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Conservare copia firmata di ogni autocertificazione rilasciata e dei documenti relativi ai compensi;
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Verificare con attenzione la natura delle prestazioni svolte, per assicurarsi che rientrino effettivamente nell’ambito sportivo previsto dalla legge;
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In caso di superamento del limite di 15.000 euro, rivolgersi a un professionista (CAF o commercialista) per gestire correttamente la parte imponibile.
Per le associazioni e società sportive:
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Predisporre un registro interno dei compensi erogati e delle autocertificazioni ricevute;
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Verificare la coerenza tra l’attività svolta e l’inquadramento contrattuale del lavoratore;
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Informare i collaboratori sulle nuove regole fiscali e sull’obbligo di autocertificazione;
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Eventualmente, dotarsi di un consulente fiscale che aiuti nella gestione dei rapporti di collaborazione più complessi;
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Non improvvisare: un errore di classificazione può costare caro in caso di controlli.
In sintesi, la chiave è la trasparenza e la tracciabilità. Le agevolazioni fiscali previste dal D.lgs. 36/2021 offrono un’opportunità concreta di semplificazione e risparmio, ma richiedono attenzione e responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti.
Considerazioni finali
Il nuovo quadro normativo sui compensi sportivi dilettantistici rappresenta una svolta storica per il mondo dello sport italiano. Per la prima volta, la figura del lavoratore sportivo dilettante è riconosciuta a livello giuridico e fiscale, con una disciplina che semplifica, tutela e incentiva la partecipazione allo sport a livello locale e amatoriale.
Grazie all’esenzione fiscale fino a 15.000 euro e all’eliminazione delle ritenute per chi rientra nei parametri, fare sport – e lavorare nello sport – è oggi più facile e sostenibile. Tuttavia, il rispetto delle regole è essenziale: l’autocertificazione non è una formalità, ma uno strumento chiave per la trasparenza e la correttezza dei rapporti.
Chi opera nel settore deve quindi farsi trovare preparato, aggiornato e consapevole. Solo così si potrà costruire un sistema sportivo più moderno, efficiente e giusto. In cui anche un piccolo compenso può fare la differenza, senza pesare sul Fisco.
Controlli fiscali a palestre e centri sportivi ASD e SSD: cautele e documenti da tenere a portata di mano

Palestre e centri sportivi, sia ad associazione sportiva dilettantistica (ASD) che a società sportiva dilettantistica (SSD), sono frequentemente oggetto di controlli fiscali da parte dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Per tutelarsi in caso di verifica, è fondamentale conoscere le norme vigenti e adottare le opportune cautele.
Quali cautele osservare
- Richiedere l'iscrizione al Registro Coni: L'iscrizione al Registro Coni è obbligatoria per le ASD e SSD che intendono svolgere attività sportiva a livello agonistico. L'iscrizione permette di fruire di agevolazioni fiscali e contributive, ma comporta anche l'obbligo di sottostare a controlli da parte degli organi competenti.
- Tenere una regolare contabilità: È fondamentale tenere una contabilità ordinaria o semplificata, in base al regime fiscale adottato, che registri correttamente tutti i movimenti economici e finanziari dell'associazione o società. La contabilità deve essere aggiornata e corredata da tutta la documentazione giustificativa (fatture, ricevute, scontrini fiscali, ecc.).
- Conservare i documenti per almeno 10 anni: La documentazione fiscale e contabile deve essere conservata per almeno 10 anni dalla data di chiusura dell'esercizio a cui si riferisce.
- Nominare un responsabile della gestione fiscale: In caso di controlli, è importante che un membro del direttivo sia in grado di fornire agli organi competenti tutte le informazioni e i documenti richiesti. È consigliabile nominare un responsabile della gestione fiscale che abbia le competenze necessarie per assolvere a questo compito.
Quali documenti tenere a portata di mano
In caso di controllo fiscale, è importante avere a portata di mano i seguenti documenti:
- Atto costitutivo e statuto: Questi documenti definiscono gli scopi dell'associazione o società e le sue regole di funzionamento.
- Visura camerale: La visura camerale attesta l'iscrizione dell'associazione o società al Registro delle Imprese.
- Iscrizione al Registro Coni: La copia dell'iscrizione al Registro Coni è necessaria per fruire delle agevolazioni fiscali e contributive.
- Documentazione contabile: La contabilità, sia ordinaria che semplificata, deve essere aggiornata e corredata da tutta la documentazione giustificativa.
- Libri sociali: I libri sociali registrano le adunanze del direttivo e le assemblee dei soci.
- Registri IVA: I registri IVA devono essere compilati correttamente se l'associazione o società è soggetta a IVA.
- Documentazione relativa ai tesserati: La documentazione relativa ai tesserati (iscrizioni, cancellazioni, pagamenti delle quote associative, ecc.) deve essere conservata con cura.
- Documentazione relativa alle attività sportive: La documentazione relativa alle attività sportive (calendari, programmi, risultati, ecc.) deve essere conservata per dimostrare il carattere sportivo dell'associazione o società.
Consigli utili
- In caso di controllo fiscale, è importante mantenere la calma e collaborare con gli organi competenti.
- Non è consigliabile fornire informazioni o documenti non richiesti.
- Se si hanno dubbi su come comportarsi, è consigliabile rivolgersi a un professionista esperto in materia fiscale o tributaria.
LINEE GUIDA PER LA RIPRESA DE L’ATTIVITA’ SPORTIVA DI BASE E L’ATTIVITA’ MOTORIA IN GENERE
Analisi delle linee guida stabilite dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, ufficio per lo sport, per la ripresa dell’attività sportiva di base e l’attività motoria in generale ai sensi del DPCM del 17.05.2020 art. 1 lettera f)

La riforma dello sport: nasce la figura del lavoratore sportivo
Il consiglio dei ministri a data 26 febbraio 2021 ha finalmente approvato i cinque decreti legislativi della legge delega numero 86 dell’8 agosto 2019 apportando grandi cambiamenti nell’ordinamento sportivo.

Adempimenti contabili degli enti non commerciali ed obbligo di rendicontazione di cui all'art. 20 del DPR 600/73
Enti non profit adempimenti contabili

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