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Come cancellare i debiti aziendali con il Codice della Crisi d’Impresa

Redazione Commercialista.it - Data di Pubblicazione: 19/09/2025 - 4978 visualizzazioni.
Come cancellare i debiti aziendali con il Codice della Crisi d’Impresa - Commercialista.it

Negli ultimi anni, la crisi economica e l’aumento del costo del credito hanno portato molte imprese italiane a trovarsi schiacciate da debiti fiscali, bancari e commerciali. Per lungo tempo l’unica prospettiva sembrava quella del fallimento, con la conseguente perdita dell’attività e dei posti di lavoro.

Oggi, però, grazie al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019, in vigore dal 15 luglio 2022 dopo diverse proroghe), le imprese hanno finalmente a disposizione strumenti concreti per ridurre o addirittura cancellare il proprio indebitamento.


Il quadro normativo

Il Codice della Crisi ha riordinato e aggiornato tutta la disciplina in materia di insolvenza, superando la vecchia legge fallimentare del 1942.

Tra le novità principali troviamo:

  • Gli strumenti di allerta e prevenzione, che servono a intercettare precocemente situazioni di squilibrio finanziario.

  • La composizione negoziata della crisi (artt. 12-25-septies C.C.I.I.), procedura volontaria che consente all’imprenditore di negoziare con creditori, banche e Fisco con l’aiuto di un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio.

  • Le procedure di ristrutturazione e liquidazione del sovraindebitamento (artt. 65-83 C.C.I.I.), che permettono a imprenditori individuali, società e professionisti di ridurre i propri debiti in modo proporzionato e, in alcuni casi, di ottenerne la cancellazione totale.

  • L’accordo di ristrutturazione dei debiti (artt. 57-64 C.C.I.I.), che consente di abbattere l’esposizione verso i creditori attraverso un piano omologato dal tribunale.


Cosa significa in pratica per un’azienda

Grazie a queste procedure, oggi è possibile:

  • Cancellare i debiti erariali: il Codice consente, con determinate condizioni, di ottenere lo stralcio dei debiti fiscali.

  • Ridurre i debiti verso fornitori: è possibile proporre un pagamento parziale, concordato e proporzionato alle effettive possibilità dell’impresa.

  • Rinegoziare i debiti bancari: tramite la composizione negoziata si possono rivedere i piani di rientro con gli istituti di credito.

Tutte queste soluzioni sono legali, strutturate e già operative.


Perché è importante agire subito

Il Codice della Crisi non è solo una possibilità, ma anche un obbligo di responsabilità per l’imprenditore. Infatti, l’art. 3 C.C.I.I. prevede che l’imprenditore debba istituire assetti organizzativi e contabili adeguati per monitorare la continuità aziendale e segnalare tempestivamente situazioni di crisi.

Chi si muove in tempo:

  • ha maggiori possibilità di ottenere la cancellazione o riduzione del debito,

  • preserva la continuità aziendale,

  • tutela i posti di lavoro,

  • evita procedure più invasive come il fallimento o la liquidazione giudiziale.


Come funziona il percorso di ristrutturazione

  1. Analisi preliminare: valutazione della posizione aziendale e dei debiti accumulati.

  2. Studio di fattibilità: verifica delle procedure applicabili (composizione negoziata, accordo di ristrutturazione, concordato minore).

  3. Domanda e avvio della procedura: presentazione della proposta e confronto con i creditori.

  4. Omologa e attuazione: approvazione del piano e inizio della ristrutturazione o cancellazione dei debiti.


Conclusione

Il Codice della Crisi d’Impresa rappresenta una svolta epocale: le aziende non devono più subire il peso insostenibile dei debiti, ma possono sfruttare strumenti legali per liberarsene e tornare a competere sul mercato.

👉 Non rimandare: più passa il tempo, più la situazione si aggrava.

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Quando l’imprenditore è responsabile per la legge italiana?

Quando l’imprenditore è responsabile per la legge italiana? - Commercialista.it Quando l’imprenditore è responsabile per la legge italiana?
Premessa Nel presente contributo ci si soffermerà sulla responsabilità dell’imprenditore ai sensi dell’art. 2087 del Codice Civile richiamando le pronunce giurisprudenziali in materia e svolgendo le conseguenti considerazioni sul caso in esame e sui profili di responsabilità penale che coinvolgono coloro che ricoprono posizioni apicali all’interno di un’impresa. La responsabilità dell’imprenditore. In materia di responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale il fatto che il lavoratore, per la sua posizione apicale, avesse la possibilità di modulare dal punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferie e dei riposi, residuando pur sempre in capo al datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente lavoratore, salva l’ipotesi che la condotta di questi si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile. Cassazione civile sez. lav., 27/01/2022, n.2403 Infortuni sui luoghi di lavoro: responsabilità dell’imprenditore La responsabilità dell’imprenditore per gli infortuni avvenuti sui luoghi di lavoro a causa della mancata adozione delle misure di sicurezza deriva o da norme specifiche o, in assenza di queste, dalla norma di portata generale di cui all’art. 2087 c.c., che rappresenta una norma di chiusura del sistema antinfortunistico, che trova come tale applicazione a tutte le ipotesi non espressamente disciplinate. Corte appello Firenze sez. lav., 28/06/2021, n.330 Mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore In ordine alla responsabilità dell’imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore si fa riferimento a norme specifiche o, in mancanza a quanto disposto dall’art. 2087 c.c., che impone all’imprenditore l’obbligo di adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure che, avuto riguardo alla particolarità del lavoro, siano necessarie a tutelare l’integrità psico -fisica dei lavoratori. In particolare nel caso in cui si versi in ipotesi di attività lavorativa pericolosa, come nella fattispecie, la responsabilità del datore di lavoro -imprenditore, ai sensi dell’art. 2087 c.c., pur non configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non può essere, tuttavia, circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a sanzionare, l’omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psico -fisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto, della concreta realtà aziendale, del tipo di lavorazione e del connesso rischio. Cassazione civile sez. lav., 18/06/2021, n.17576 Responsabilità dell’imprenditore per infortuni sul luogo di lavoro In tema di responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c. per gli infortuni sul luogo di lavoro, nel caso in cui il danno di cui si invoca il risarcimento consegua a un evento riconducibile, sotto il profilo causale, a più soggetti, questi ultimi, quale che sia il titolo (contrattuale o extracontrattuale) per il quale siano chiamati a rispondere, sono solidalmente responsabili nei confronti della vittima, la quale può conseguentemente pretendere l’intero risarcimento da ciascuno di essi, indipendentemente dalla misura del relativo apporto causale nella determinazione dell’evento. (Nella specie, relativa all’infortunio occorso al dipendente di un’impresa appaltatrice di lavori di facchinaggio, per essere caduto, mentre era intento a sistemare della merce, da un ballatoio dell’altezza di circa tre metri posto all’interno del magazzino della società committente, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, riconosciutane la responsabilità per violazione delle prescrizioni antinfortunistiche di cui all’art. 26, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, aveva condannato la committente, in solido con il socio illimitatamente responsabile, al risarcimento dell’intero danno subito dal lavoratore, pur avendo accertato il concorso di responsabilità di un altro dipendente nella produzione del fatto lesivo). Cassazione civile sez. lav., 27/04/2021, n.11116 Bancarotta fraudolenta: configurabilità e casistica La mancata giustificazione della destinazione data al residuo di cassa non rinvenuto al momento della redazione dell’inventario, concorre alla formazione della prova della responsabilità dell’imprenditore fallito. Infatti, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti. Del resto, in riferimento alla bancarotta patrimoniale, gli imprenditori di una ditta dichiarata fallita hanno l’obbligo di fornire la dimostrazione della destinazione data ai beni acquisiti al patrimonio, in quanto la destinazione legale dei beni del debitore all’adempimento delle obbligazioni contratte comporta una limitazione della libertà di utilizzare gli stessi, onde dalla mancata dimostrazione può essere desunta la prova della distrazione o dell’occultamento. Corte appello Ancona, 22/04/2021, n.715 Responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c. La responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando un’ipotesi di responsabilità oggettiva, sorge non soltanto in caso di violazione di regole di esperienza o di regole tecniche già conosciute e preesistenti, ma sanziona anche la omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, di tutte le misure e cautele idonee a preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore in relazione alla specifica situazione di pericolosità, inclusa la mancata adozione di direttive inibitorie nei confronti del lavoratore medesimo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, in un caso in cui il lavoratore aveva subito danni a seguito dell’impiego di una scala a pioli per movimentare pesi e non per l’innalzamento verso l’alto, aveva escluso la responsabilità datoriale senza indagare se l’uso non conforme a quello ordinario potesse essere evitato con cautele più incisive, incluso il divieto di utilizzo). Cassazione civile sez. lav., 15/07/2020, n.15112 La responsabilità dell’imprenditore La responsabilità dell’imprenditore, ai sensi dell’art. 2087 c.c., non è oggettiva, bensì fondata sulla violazione di obblighi di comportamento, a protezione della salute del lavoratore, imposti da fonti legali o suggeriti dalla tecnica, purché concretamente individuati. Ne consegue che va esclusa la possibilità di ricavare dalla norma citata l’obbligo del datore di adottare ogni cautela possibile ed innominata, non potendosi esigere la predisposizione di misure idonee a prevenire ogni evento lesivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, senza individuare la concreta e specifica regola prudenziale violata, aveva ritenuto la responsabilità del datore per le lesioni occorse alla dipendente scivolata e caduta sul pavimento in corso di pulizia, nonostante la predisposizione di apposite segnalazioni da parte dell’impresa appaltatrice). Cassazione civile sez. lav., 23/05/2019, n.14066 Omesso versamento di ritenute Va esclusa la responsabilità dell’imprenditore per il mancato versamento delle ritenute fiscali solo in presenza di una crisi economica a lui non imputabile, e solo quando siano state adottate tutte le misure idonee a fronteggiare la crisi (nella specie, la Corte ha rinviato al giudice del merito per un approfondimento sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, atteso che l’imprenditore aveva giustificato il mancato versamento con la volontà di utilizzare il denaro per pagare i dipendenti). Cassazione penale sez. III, 23/11/2017, n.6737 Responsabilità dell’imprenditore per eccessivo lavoro imposto ai lavoratori In tema di responsabilità dell’imprenditore, ex art. 2087 c.c., per l’eccessivo carico di lavoro imposto al lavoratore, è irrilevante l’assenza di doglianze o di sollecitazioni mosse da quest’ultimo, né, ai fini della prova liberatoria, è sufficiente l’allegazione generica della carenza di organico, costituendo l’organizzazione dei reparti, la consistenza degli organici e la predisposizione dei turni espressione ed attuazione concreta dell’assetto organizzativo adottato dall’imprenditore. (Nella specie, il dipendente, deceduto per infarto del miocardio, era stato inserito nel servizio di pronta disponibilità, in violazione reiterata e sistematica dei limiti posti dall’art. 18 del d.P.R. n. 270 del 1987 e dalla contrattazione collettiva del comparto sanità). Cassazione civile sez. lav., 08/06/2017, n.14313 Responsabilità dell’imprenditore per atti compiuti da terzi interposti Affinché l’imprenditore possa essere tenuto a rispondere dell’atto concorrenziale del terzo occorre che questo atto, pur se realizzato senza la sua personale diretta partecipazione, sia tuttavia riconducibile geneticamente alla sua volontà, nel senso che sia stato compiuto su sua ispirazione e/o nel suo interesse e non nell’interesse autonomo del terzo che lo ha materialmente eseguito. Tribunale Parma, 05/04/2017, n.525 Temporanea crisi aziendale e responsabilità dell’imprenditore L’ammissione al godimento del contributo salariale presuppone una situazione di temporanea crisi aziendale, non riconducibile a responsabilità dell’imprenditore e rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione competente. La normativa di settore – ossia l’art. 1, l. n. 164 del 1975, applicabile ratione temporis – nel riferirsi a “situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabile all’imprenditore o agli operai” implica l’assoluta estraneità dell’evento rispetto alla sfera psichica e causale dei soggetti interessati, per i profili sia della prevedibilità dell’evento stesso sia della responsabilità, con sostanziale riconduzione dell’applicazione della norma a situazioni di forza maggiore. A ciò consegue che i fatti dai quali sia derivata una contrazione o una sospensione dell’attività d’impresa debbono risultare estranei anche alla sfera di responsabilità di soggetti diversi dall’imprenditore, al quale possa ricondursi, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’evento interruttivo e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli. Inoltre, trattandosi di istituto che opera in via di eccezione alla regola del sinallagma dell’obbligo retributivo, con assunzione dello stesso a carico della collettività, è retto da regole di stretta interpretazione quanto ai presupposti che danno luogo all’intervento. T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 17/11/2015, n.2416 Omessa ordinaria diligenza Nella ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell’edificio, è configurabile la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2043 c.c., per omessa ordinaria diligenza nella adozione delle cautele atte ad impedire l’uso anomalo dei ponteggi, nonché la responsabilità del condominio, ex art. 2051 c.c., per l’omessa vigilanza e custodia, cui è obbligato quale soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura. Accanto alla responsabilità di carattere civilistico, vi sono anche situazioni che coinvolgono l’imprenditore e che hanno rilievo penale. L’attività imprenditoriale comporta dei rischi, anche a livello penale. Ecco i principali rischi penali dell’imprenditore ed i controlli preventivi utili per evitarli. Quali sono le condotte dell’amministratore e del management societario che presentano dei rischi di “sconfinamento” nel diritto penale? I reati che possono essere commessi dagli imprenditori (o dai c.d. “colletti bianchi”) si caratterizzano generalmente per l’assenza di una condotta violenta e per la categoria dei danneggiati o persone offese: consumatori, azionisti, concorrenti, investitori, dipendenti d’azienda e così via. Trattasi di rischi penali che si possono verificare prevalentemente nel campo economico, politico e professionale, che perseguono uno scopo di lucro. Rischi dell’imprenditori in sede fallimentare Ci si riferisce ai reati fallimentari disciplinati dalla L. n. 267/1942. Presupposto è che il soggetto sia un imprenditore commerciale o una società o un soggetto che rappresenti la società stessa (es. amministratore). Il reato più conosciuto è la bancarotta nelle sue forme semplice, fraudolenta, documentale, patrimoniale, documentale e preferenziale. Si realizza la bancarotta ad esempio nel caso in cui l’imprenditore utilizza il patrimonio sociale per spese personali o in operazioni manifestamente imprudenti. Il reato si configura altresì nel caso in cui l’imprenditore distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa in tutto o in parte i suoi beni o falsifica i libri o altre scritture contabili. Un’altra ipotesi di reato è il ricorso abusivo al credito che si verifica quando l’imprenditore ricorre al credito dissimulando il proprio dissesto. L’imprenditore risponde del reato di omessa dichiarazione dei beni se redige un inventario non fedele alla realtà. I reati societari Altra categoria di reati che possono essere commessi nell’esercizio dell’attività imprenditoriale sono i reati societari, collocati nel codice civile dall’art. 2621. Si pensi al reato di false comunicazioni sociali che si realizza ad esempio quando gli amministratori espongono nei bilanci fatti non corrispondenti al vero o, viceversa, omettono informazioni obbligatorie per conseguire un ingiusto profitto. Se l’amministratore restituisce, anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li libera dall’obbligo di eseguirli, risponde del reato di indebita restituzione dei conferimenti. L’aggiotaggio si configura, invece, quando taluno diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate per provocare una sensibile alterazione di strumenti non quotati (art. 2637 c.c.). Rientrano nella categoria dei reati societari anche alcune fattispecie disciplinate nel T.U.F.: si pensi al delitto di insider trading che reprime il compimento di operazioni su strumenti finanziari mediante informazioni privilegiate possedute in ragione della partecipazione al capitale di una società.  I rischi penali dell’imprenditore in sede tributaria Possono altresì emergere profili di responsabilità penale per l’imprenditore se costui commette violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Si fa riferimento ai c.d. reati tributari di cui al D.lgs n. 74/2000. Elemento comune a questi reati è lo scopo di evadere l’IVA e le imposte sui redditi. Si pensi all’imprenditore che, avvalendosi di mezzi fraudolenti, nelle dichiarazioni annuali dichiari di aver percepito ricavi (elementi attivi) inferiori rispetto a quelli effettivamente conseguiti o, viceversa, esponga dei costi in realtà mai sostenuti (dichiarazione fraudolenta mediante artifici, art. 3). Colui che, invece, non presenta una dichiarazione annuale relativa alle predette imposte, pur essendovi obbligato, risponde del reato di omessa dichiarazione (art. 5), purché l’imposta evasa sia superiore ad una determinata soglia. I reati contro la pubblica amministrazione Tra i delitti che possono essere commessi dall’imprenditore nell’esercizio della propria attività vi sono alcuni delitti contro la pubblica amministrazione. Si pensi a colui che dà o promette denaro ad un pubblico ufficiale per l’esercizio delle sue funzioni o per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 318, 319 c.p.). Si configura la responsabilità anche in capo a colui che dà o promette denaro, indotto da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (art. 319 quater co. 2 c.p.) Tutela del diritto d’autore Il nostro ordinamento offre una tutela penale al c.d. know-how: la fattispecie di cui all’art. 623 c.p. sanziona, infatti, la rivelazione o l’uso di informazioni segrete su scoperte scientifiche, invenzioni e applicazioni industriali, compiute in violazione di un rapporto fiduciario di natura professionale. Il know-how rappresenta senz’altro una risorsa fondamentale da cui può dipendere la capacità di un’impresa di restare sul mercato. Si pensi ad esempio al complesso di conoscenze ed esperienze tecniche, o ai disegni tecnici e di progettazione. Non rientrano, invece, nella nozione di segreto industriale le c.d. strategie di marketing o gli strumenti promozionali. La legge n. 633/1941 disciplina il diritto d’autore tutelando il diritto di chiunque voglia trarre profitto dalla propria opera. L’art. 171 reprime, dunque, la condotta di colui che pubblica o riproduce un’opera d’ingegno altrui. Tra i beni tutelati dalla norma rientrano anche i software, banche dati, file musicali, immagini, opere musicali, cinematografiche o letterarie. Costituisce reato l’utilizzo di programmi software senza licenza. Privacy e GDPR Non meno rilevanti sono i delitti in tema di violazione della privacy. Le fattispecie di reato previste dalla normativa europea e italiana in materia di protezione dati personali sono le seguenti: – Trattamento illecito di dati; – Comunicazione e diffusione illecita di dati personali; – Acquisizione fraudolenta di dati personali; – Interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante; – Inosservanza di provvedimenti del Garante; – Violazioni in materia di controlli a distanza dei lavoratori. Sul punto, si pensi all’imprenditore che utilizzi impianti audiovisivi dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori installati illegittimamente. Sicurezza sul lavoro L’imprenditore è altresì tenuto a garantire la salute e la sicurezza su lavoro (D.lgs n. 81/2008). È pertanto necessario che le imprese siano dotate di un adeguato sistema di prevenzione degli infortuni. Le fattispecie di reato imputabili all’imprenditore sono l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Ciascuna impresa deve redigere il c.d. DVR: il documento di valutazione dei rischi redatto dal datore di lavoro che identifica e valuta i rischi, indica le misure di prevenzione e di protezione per l’eliminazione o la riduzione dei rischi stessi. Costituisce reato anche la mancata compilazione del DVR. Recentemente la Cassazione ha riconosciuto la responsabilità per il delitto di lesione personale colposa in capo al Responsabile del servizio di prevenzione e protezione a fronte di un infortunio occorso ad un alunno all’interno di una scuola che in sede di elaborazione del Dvr aveva omesso di valutare la specifica situazione di rischio relativa all’infortunio accaduto e di far adottare misure adeguate di prevenzione e di protezione. (Cass. pen. Sez. IV, 04/04/2019, n. 37766). Rischi penali dell’imprenditore per la tutela dell’ambiente Non è infrequente che l’attività imprenditoriale comporti dei rischi per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente. A garanzia del bene ambiente, il codice penale prevede alcune fattispecie di reato (dolose e colpose), quali l’inquinamento ambientale (che si verifica in caso di deterioramento delle acque, dell’aria, di un ecosistema, della flora o della fauna), la morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico o l’abbandono di materiale ad alta radioattività. L’imprenditore deve altresì organizzare la propria impresa in modo da prevenire la commissione di delitti contro l’incolumità. Si pensi, infatti, al delitto di avvelenamento di acque o sostanze alimentari, alla contraffazione di sostanze alimentari rese pericolose per la salute pubblica, al commercio di sostanze alimentari contraffatte o nocive o di medicinali guasti. Riciclaggio e autoriciclaggio Risponde del delitto di riciclaggio l’imprenditore che trasferisce denaro proveniente da altro delitto o che compie altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di denaro o altri beni. Si configura, invece, il delitto di autoriciclaggio nel caso in cui l’imprenditore, che abbia commesso o concorso a commettere un delitto, impiega/trasferisce/sostituisce denaro o altri beni in attività economiche, finanziare, imprenditoriali o speculative. Si pensi a colui che commette una truffa da cui ricava una somma ingente di denaro e utilizzi tale somma nella propria attività imprenditoriale attraverso operazioni in grado di ostacolarne l’identificazione della provenienza illecita.

Il reato di “bancarotta fraudolenta”: di che cosa si tratta? Cosa rischia l’imprenditore e come difendersi

Il reato di “bancarotta fraudolenta”: di che cosa si tratta? Cosa rischia l’imprenditore e come difendersi - Commercialista.it
Nell’ambito della tutela dell’imprenditore e della di lui famiglia, Roberto Pusceddu & Partners Law Firm Sta si propone di offrire strumenti di tutela all’imprenditore anche sul versante penale.   Definizione.   La bancarotta fraudolenta è un reato che può essere commesso dall'imprenditore sottoposto a liquidazione giudiziale in danno dei suoi creditori. La disciplina è oggi contenuta nel Codice della Crisi e dell'Insolvenza. La bancarotta fraudolenta, dopo la trasposizione dalla legge fallimentare al Codice della crisi e dell'insolvenza, è un reato che non richiede più quale presupposto la dichiarazione di fallimento, come vedremo, ma la sottoposizione dell'imprenditore alla procedura di liquidazione giudiziale. Il reato si può configurare a causa di condotte che l'imprenditore individuale commette prima o durante la procedura di liquidazione, attraverso le quali provoca una diminuzione del proprio patrimonio in danno dei creditori. Tale offesa può essere reale se le condotte dell'imprenditore producono una diminuzione concreta del suo patrimonio, fittizia se la diminuzione è simulata da azioni attraverso le quali il patrimonio viene occultato. Bancarotta fraudolenta e Codice della crisi Prima di analizzare nel dettaglio il reato di bancarotta fraudolenta è necessario chiarire meglio che i reati di bancarotta, contemplati in origine nella legge fallimentare Regio decreto n. 267/1942, sono stati rimodellati e trasfusi nel Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza di cui al D.lgs. n. 14/2019. Questa modifica ha determinato lo spostamento della disciplina della bancarotta e degli altri reati fallimentari all'interno del titolo IX del Codice ella crisi, che contiene le disposizioni penali dall'art. 322 all'art. 347. La novità più importante che ha toccato l'intero Codice e anche le disposizioni penali è la scomparsa di ogni riferimento ai termini "fallito" e "fallimento". Presupposto del reato di bancarotta fraudolenta Rispetto al passato quindi, i reati di bancarotta presuppongono non la dichiarazione di fallimento ma la dichiarazione di liquidazione giudiziale. Ci si soffermi, quindi, alla luce di queste precisazioni, su cosa prevede la formulazione del testo normativo a proposito del reato dedicato alla bancarotta fraudolenta contenuto nel Codice della crisi e dell'insolvenza, dopo aver analizzato il reato di bancarotta semplice, anche al fine di coglierne le differenze. Bancarotta semplice La bancarotta semplice, disciplinata dall'art. 323 del Codice della crisi, punisce con la reclusione da sei mesi a due anni l'imprenditore sottoposto a liquidazione giudiziale che tiene le seguenti condotte:
  • sostiene spese personali o per la famiglia che sono eccessive rispetto alla sua condizione economica;
  • consuma una buona parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
  • compie operazioni gravemente imprudenti per ritardare l'apertura della liquidazione giudiziale;
  • aggrava il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere l'apertura della propria liquidazione giudiziale o con altra grave colpa;
  • non soddisfa le obbligazioni assunte con un precedente concordato preventivoo liquidatorio giudiziale.
Alla stessa pena soggiace però anche chi, nei tre anni (o meno, se l'impresa è giovane) che hanno preceduto l'apertura della liquidazione, non ha tenuto o ha tenuto in modo incompleto o irregolare le scritture previste dalla legge. La nuova bancarotta fraudolenta Dal 1° settembre 2021 quindi, come anticipato, la bancarotta fraudolenta non è più regolata dall'articolo 216 della legge fallimentare, ma dall'articolo 322 del nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Tale norma riproduce sostanzialmente il contenuto della previsione precedente, tranne alcuni ritocchi di forma. In particolare, essa così dispone: "1. È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato in liquidazione giudiziale, l'imprenditore che:
  1. a) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
  2. b) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
  3. La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato in liquidazione giudiziale, che, durante la procedura, commette alcuno dei fatti preveduti dalla lettera a) del comma 1, ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
  4. È punito con la reclusione da uno a cinque anni l'imprenditorein liquidazione giudiziale che, prima o durante la procedura, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
  5. Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa l'inabilitazioneall'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni".
Bancarotta fraudolenta patrimoniale Nel dettaglio, la bancarotta fraudolenta patrimoniale è il reato posto in essere dall'imprenditore sottoposto a dichiarazione di liquidazione giudiziale che ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni oppure, con il fine di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto delle passività che in realtà non esistevano. Trattasi di un reato contro il patrimonio. Bancarotta fraudolenta per distrazione Proprio in ragione delle caratteristiche che la connotano, la bancarotta fraudolenta patrimoniale è spesso definita anche bancarotta fraudolenta per distrazione. Tra l'una e l'altra espressione, utilizzate come sinonimi, non vi è alcuna differenza. Bancarotta fraudolenta documentale La bancarotta fraudolenta documentale, invece, si configura quando l'imprenditore sottoposto a liquidazione giudiziale ha sottratto, distrutto o falsificato, anche solo in parte, i libri o le altre scritture contabili con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, o li ha tenuti in maniera tale da non permettere la ricostruzione del proprio patrimonio o del movimento degli affari. Trattasi di un reato che compromette la conoscenza del patrimonio del soggetto debitore da parte dei suoi creditori. Bancarotta fraudolenta preferenziale La bancarotta fraudolenta preferenziale è quella che, come prevede il terzo comma dell'art. 322, si configura quando l'imprenditore sottoposto alla procedura di liquidazione giudiziale prima o anche durante la procedura, allo scopo di favorire solo qualche creditore, in danno degli altri, esegue pagamenti o simula dei titoli di prelazione. Le condotte del reato di bancarotta fraudolenta Vediamo ora quali sono le condotte in grado di integrare il reato di bancarotta fraudolenta partendo da quelle tipiche della bancarotta patrimoniale o per distrazione:
  • distrazione:si verifica quando si conferisce a un bene una destinazione diversa da quella che prevede la legge, al fine di privare gli organi della liquidazione giudiziale dei beni necessari da destinare al soddisfacimento dei creditori;
  • occultamento:consiste nel nascondere beni per renderne impossibile il reperimento da parte degli organi della liquidazione giudiziale;
  • dissimulazione:si vuole rendere impossibile l'apprensione di un bene senza però sottrarre i beni materialmente, ma facendo credere ai creditori che gli stessi, in realtà, appartengono ad altri;
  • distruzione:i beni vengono sottratti agli organi della procedura e quindi ai creditori perchè distrutti, al fine di eliminarne il valore economico;
  • dissipazione: consiste nella venditao nella donazionedei beni per distruggere la ricchezza dal punto di vista giuridico, tramite lo sperpero.
Ora invece analizziamo le condotte tipiche della bancarotta fraudolenta documentale:
  • sottrazione: per privare l'organo deputato alla liquidazione giudiziale della possibilità di acquisire i i libri e le scritture contabili a cui è tenuto l'imprenditore;
  • distruzione: che si realizza proprio con la distruzione fisica delle scritture e dei libri;
  • falsificazione: si creano falsi documenti o si sostituiscono quelli originali con altri del tutto artefatti, attraverso una falsificazione che può essere materiale o ideologica.

La tutela delle opere d’arte: diritto d’autore e protezione del patrimonio culturale

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L’arte è un’espressione fondamentale della cultura e dell’identità di un popolo, ma la sua protezione giuridica è spesso complessa e articolata. Da un lato, il diritto d'autore garantisce ai creatori il riconoscimento e la remunerazione per le proprie opere; dall’altro, la tutela del ...

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