Quando un’impresa si trova in difficoltà finanziaria, la composizione negoziata della crisi rappresenta oggi uno strumento prezioso per prevenire la definitiva uscita dal mercato e tentare un risanamento. Tuttavia, non tutte le imprese possono beneficiare pienamente delle tutele offerte da questo istituto, in particolare delle cosiddette “misure protettive”, che sospendono le azioni esecutive da parte dei creditori.
Sommario
Un recente provvedimento del Tribunale di Prato (Ordinanza n. 1105/2025) ha sollevato un tema centrale nella gestione della crisi d’impresa: la condotta pregressa dell’imprenditore può incidere in modo determinante sulla concessione e sulla permanenza delle misure protettive.
Ma cosa significa in concreto? Vuol dire che non basta attivare la procedura per accedere automaticamente alla protezione. I giudici, infatti, iniziano a valutare se l’impresa ha agito con correttezza, trasparenza e responsabilità prima della crisi. In caso contrario, anche uno strumento pensato per aiutare può trasformarsi in un boomerang.
In questo articolo analizzeremo nel dettaglio cosa prevede la normativa sulla composizione negoziata, il significato e la funzione delle misure protettive, la centralità della condotta pregressa, anche alla luce dell’ordinanza del Tribunale di Prato, cosa deve fare un’impresa per evitare la revoca delle tutele e i risvolti pratici e le strategie per un risanamento efficace e credibile.
Composizione negoziata
La composizione negoziata della crisi d’impresa rappresenta uno degli strumenti più innovativi introdotti dal nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019), pensato per aiutare le imprese in difficoltà a risanare la propria posizione economico-finanziaria senza dover accedere immediatamente a procedure concorsuali. Uno degli elementi centrali di questa procedura è la possibilità, da parte dell’impresa, di ottenere misure protettive del proprio patrimonio. Queste misure, se confermate dal giudice, impediscono l’avvio o la prosecuzione di azioni esecutive individuali da parte dei creditori, concedendo così all’imprenditore un “tempo protetto” per cercare un accordo con i soggetti coinvolti.
Tuttavia, la recente Ordinanza n. 1105/2025 del Tribunale di Prato ha evidenziato che l’accesso e la permanenza sotto queste misure non sono affatto automatici. Il giudice, infatti, valuta in modo approfondito la condotta pregressa dell’impresa e la disponibilità concreta dei principali creditori, come l’Agenzia delle Entrate, ad avviare una trattativa negoziale. Se emergono gravi inadempienze pregresse o atteggiamenti poco collaborativi dell’imprenditore, le misure possono essere revocate anche in fase iniziale.
Questa pronuncia segna un cambio di passo nella prassi giurisprudenziale, ponendo un limite chiaro: la protezione patrimoniale non può essere usata come scudo da chi ha agito in modo irresponsabile o in mala fede nei confronti dell’Erario o degli altri creditori.
Il caso concreto
Nel caso esaminato dal Tribunale di Prato con l’Ordinanza n. 1105/2025, una società in stato di crisi ha presentato istanza per l’avvio della composizione negoziata tramite la piattaforma telematica, richiedendo contestualmente anche l’applicazione delle misure protettive del patrimonio, previste dal Codice della crisi. Tale richiesta, come da prassi, ha comportato la convocazione di un’udienza per la conferma delle misure stesse, alla quale ha partecipato, in qualità di creditore, anche la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate.
Nel corso del procedimento, la società ha proposto all’Amministrazione finanziaria un accordo transattivo ai sensi dell’art. 23, comma 2-bis, Ccii, ipotizzando uno stralcio di sanzioni e interessi e il pagamento di una quota compresa tra il 65% e il 70% delle imposte dovute (ritenute, imposte dirette e IVA). Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha manifestato una netta indisponibilità a qualsiasi tipo di trattativa, evidenziando come il debito tributario, pari a circa 1,2 milioni di euro su un totale di 1,7 milioni, si fosse formato in modo continuativo nel decennio 2015-2025, principalmente a causa del mancato versamento annuale dell’IVA.
L’Amministrazione ha anche sottolineato che l’impresa aveva sistematicamente finanziato la propria continuità aziendale tramite l’omissione del versamento dell’imposta sul valore aggiunto, compromettendo gravemente la propria meritevolezza. Un comportamento che, agli occhi del giudice, ha reso insostenibile e poco credibile il piano di risanamento proposto, anche perché basato su una regolarità fiscale che la società non aveva mai dimostrato in passato.

Le motivazioni della revoca
La decisione del Tribunale di Prato si fonda su un’analisi rigorosa della condotta pregressa dell’impresa e dei presupposti richiesti per la concessione delle misure protettive. In particolare, il giudice ha evidenziato che l’accesso alla composizione negoziata non può essere considerato un diritto assoluto, ma è subordinato alla meritevolezza dell’impresa e alla disponibilità dei creditori strategici, come l’Agenzia delle Entrate, a partecipare a una trattativa costruttiva.
Nel caso specifico, la condotta della società, che per anni ha deliberatamente finanziato la propria operatività non versando l’IVA, ha rappresentato un elemento dirimente. Tale comportamento ha mostrato una gestione irresponsabile, ai limiti del doloso, che ha minato il presupposto fondamentale della lealtà e correttezza, su cui si basa l’intera procedura di composizione negoziata. Il piano di risanamento presentato, inoltre, si fondava su proiezioni ottimistiche e su una regolarità fiscale futura che appariva del tutto irrealistica, considerato lo storico comportamento fiscale dell’impresa.
Un altro punto critico sottolineato dal giudice è stato il ruolo centrale dell’Erario nel piano di risanamento. L’Agenzia delle Entrate, infatti, era creditore della quasi totalità dell’esposizione debitoria. La sua indisponibilità a partecipare alla trattativa ha reso impraticabile l’intero progetto di risanamento, venendo meno uno dei requisiti fondamentali previsti dall’articolo 19 del Ccii: la possibilità concreta di pervenire a un accordo con i creditori.
Alla luce di questi elementi, il Tribunale ha quindi negato la conferma delle misure protettive, sancendo che non vi erano le condizioni giuridiche e sostanziali per mantenere la sospensione delle azioni esecutive.
Implicazioni pratiche
L’Ordinanza del Tribunale di Prato lancia un messaggio chiaro a tutte le imprese che intendono ricorrere alla composizione negoziata: la procedura non può essere usata come “scudo” per guadagnare tempo o sottrarsi a obblighi fiscali pregressi. Al contrario, la sua attivazione richiede serietà, trasparenza e un’autentica volontà di risanamento, elementi che devono emergere in maniera documentata e coerente sin dal primo momento.
Una delle principali implicazioni pratiche riguarda la necessità, per l’imprenditore, di dimostrare la propria meritevolezza, ossia di non aver agito con dolo o grave colpa nella gestione dell’impresa. In particolare, il rispetto degli obblighi fiscali è un parametro fondamentale per i giudici e per i creditori pubblici, in primis l’Agenzia delle Entrate. Il mancato versamento sistematico dell’IVA, come nel caso esaminato, è spesso interpretato non solo come un inadempimento, ma come un sintomo di una strategia aziendale basata sull’elusione degli obblighi tributari.
Inoltre, è fondamentale che l’impresa presenti un piano di risanamento credibile, sostenibile e coerente con la situazione economica reale, evitando proposte che presuppongono concessioni difficilmente accettabili dai creditori o piani irrealistici. La presenza di creditori pubblici strategici, con quote rilevanti del debito, richiede un approccio particolarmente attento: senza il loro coinvolgimento concreto, il piano perde di efficacia e rischia di essere respinto.
In sostanza, la composizione negoziata è un’opportunità reale, ma solo per chi dimostra di volerla usare in buona fede e con piena consapevolezza degli obblighi assunti verso il sistema economico e fiscale.

Strategie operative e fiscali
Per evitare che il giudice revochi le misure protettive richieste nell’ambito della composizione negoziata della crisi, è essenziale che l’impresa adotti un comportamento proattivo, trasparente e conforme ai principi di meritevolezza e sostenibilità. Il primo passo è presentare un piano di risanamento realistico e coerente con la situazione economico-finanziaria dell’azienda, evitando previsioni ottimistiche o prive di solide basi.
Un elemento spesso sottovalutato, ma fondamentale, riguarda la gestione dei rapporti con i creditori pubblici. Se l’impresa ha accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate o con l’INPS, è indispensabile avviare interlocuzioni tempestive con tali enti e, se possibile, presentare proposte transattive sostenibili, in linea con quanto previsto dall’art. 23, comma 2-bis, del Codice della crisi. Il mancato coinvolgimento di questi soggetti o la presentazione di piani poco credibili può portare a un rigetto immediato delle misure di protezione, come nel caso deciso dal Tribunale di Prato.
Dal punto di vista operativo, è consigliabile:
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regolarizzare, per quanto possibile, i versamenti correnti (IVA, ritenute, contributi), per dimostrare un cambio di passo concreto nella gestione;
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documentare puntualmente la situazione patrimoniale e finanziaria, con dati aggiornati e verificabili;
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coinvolgere un esperto indipendente credibile e competente, capace di supportare il piano e di favorire il dialogo con i creditori.
Infine, è utile ricordare che il comportamento del passato non può essere cancellato, ma può essere controbilanciato da azioni concrete e tempestive che dimostrino la volontà reale di risanare l’azienda e rispettare gli obblighi fiscali e contributivi. Solo in questo modo le misure protettive potranno essere mantenute e utilizzate per il loro vero scopo: garantire il successo della trattativa e la continuità aziendale.
Responsabilità dell’imprenditore
L’ordinanza del Tribunale di Prato offre un chiaro monito contro l’utilizzo distorto della composizione negoziata della crisi. Questo strumento, pensato per offrire una via d’uscita anticipata alle imprese in difficoltà, rischia infatti di essere strumentalizzato da soggetti che non intendono realmente risanare l’attività, ma solo ottenere una sospensione temporanea delle azioni esecutive per guadagnare tempo o per sottrarsi alle proprie responsabilità.
Quando un’impresa si presenta davanti al giudice chiedendo l’attivazione delle misure protettive, ma si scopre che per anni ha finanziato la propria operatività attraverso sistematici inadempimenti tributari, come il mancato versamento dell’IVA, si configura un abuso della procedura, che può determinare non solo la revoca delle tutele, ma anche profili di responsabilità. In casi estremi, possono emergere violazioni che sfociano in responsabilità penale, come l’indebita compensazione, l’omesso versamento di imposte o contributi, o la bancarotta fraudolenta, se si arriva al fallimento.
Oltre ai profili penali, va tenuto presente che il comportamento scorretto può anche comportare responsabilità civilistiche dell’imprenditore o degli amministratori per mala gestio. In un contesto in cui la giurisprudenza è sempre più attenta a valutare la condotta dell’impresa anche prima della crisi, non è più tollerato un uso opportunistico degli strumenti previsti dal Codice.
Per evitare questi rischi, è fondamentale che l’imprenditore si affidi a consulenti esperti, che lo aiutino a muoversi con trasparenza e prudenza, rispettando le finalità del legislatore. La composizione negoziata è un’opportunità, ma solo per chi la affronta con serietà e rispetto delle regole.
Vantaggi per le imprese
Nonostante i rischi legati a un uso scorretto, la composizione negoziata della crisi rappresenta uno strumento estremamente vantaggioso per le imprese in difficoltà, se utilizzato con consapevolezza e trasparenza. Il primo beneficio è di tipo temporale: l’attivazione delle misure protettive, se concesse e mantenute, consente all’impresa di sospendere azioni esecutive e cautelari, bloccando pignoramenti, sequestri e altri atti aggressivi da parte dei creditori. Questo permette di recuperare margini di manovra per impostare un vero piano di ristrutturazione.
Un secondo vantaggio riguarda l’approccio collaborativo della procedura: a differenza delle procedure concorsuali tradizionali (come il fallimento o la liquidazione giudiziale), la composizione negoziata favorisce il dialogo tra impresa e creditori, incentivando soluzioni condivise e meno traumatiche. La presenza dell’esperto indipendente, nominato dal Segretario Generale della Camera di Commercio, garantisce un supporto tecnico e imparziale nella gestione della trattativa.
Inoltre, il nuovo impianto normativo (D.lgs. 14/2019) riconosce alla composizione negoziata un importante ruolo nel preservare la continuità aziendale e nel tutelare i livelli occupazionali. Le imprese che dimostrano volontà reale di risanamento possono beneficiare anche di agevolazioni fiscali e strumenti transattivi, come la possibilità di proporre accordi all’Agenzia delle Entrate con stralcio parziale del debito (interessi e sanzioni) e piani di pagamento dilazionati.
Infine, utilizzare correttamente questa procedura può migliorare l’immagine dell’impresa agli occhi di fornitori, banche e clienti, mostrando una gestione responsabile e orientata alla salvaguardia del business. Un fattore cruciale in un mercato sempre più attento alla trasparenza e alla solidità delle controparti.
Altre procedure di gestione della crisi d’impresa
Nell’ambito della gestione delle crisi aziendali, il legislatore italiano ha previsto diverse procedure, ciascuna con finalità, caratteristiche e impatti differenti. Tra queste, la composizione negoziata della crisi si distingue per il suo approccio stragiudiziale, volontario e preventivo, pensato per intervenire in una fase precoce del deterioramento aziendale, ben prima che si configuri l’insolvenza vera e propria.
A differenza degli accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57 ss. Ccii) e del concordato preventivo (artt. 40 ss. Ccii), la composizione negoziata non comporta l’apertura di una procedura concorsuale e non determina lo “stigma” giuridico associato a esse. Si tratta di un percorso confidenziale, attivabile su istanza dell’imprenditore tramite una piattaforma telematica, e fondato sull’intervento di un esperto terzo e indipendente nominato dalla Camera di Commercio.
Gli accordi di ristrutturazione, invece, pur essendo anch’essi strumenti negoziali, richiedono il raggiungimento di un’intesa con almeno il 60% dei creditori (o il 30% nel caso di accordi agevolati), e prevedono l’omologazione da parte del tribunale. Sono più strutturati, ma anche più complessi e costosi. Il concordato preventivo, infine, è una vera e propria procedura concorsuale, pubblica e soggetta a stretti controlli giudiziari, rivolta a imprese già in stato di crisi o di insolvenza accertata.
In sintesi, la composizione negoziata offre all’imprenditore la possibilità di intervenire tempestivamente, tutelando la continuità aziendale e limitando la visibilità della crisi, ma richiede un forte impegno negoziale e la disponibilità effettiva dei creditori, come sottolineato nella sentenza del Tribunale di Prato. Le altre procedure, invece, sono più adatte a situazioni avanzate di dissesto, con implicazioni legali e operative più invasive.
Conclusione
La composizione negoziata della crisi non è una scorciatoia né un escamotage per sfuggire alle responsabilità verso l’Erario o i creditori. È uno strumento serio, strutturato e finalizzato al risanamento, pensato per aiutare imprenditori onesti che riconoscono per tempo le difficoltà e decidono di affrontarle con trasparenza e spirito costruttivo.
La sentenza del Tribunale di Prato (Ordinanza n. 1105/2025) lo ribadisce con chiarezza: chi ha fatto un uso distorto della fiscalità, ha accumulato debiti in modo sistematico e non mostra disponibilità concreta al cambiamento, non può accedere alle tutele previste dal Codice della crisi, in particolare alle misure protettive. Non basta attivare la procedura per ottenere la protezione: serve un piano credibile, una gestione attenta e il coinvolgimento dei creditori strategici, come l’Agenzia delle Entrate.
Per gli imprenditori e i consulenti, il messaggio è netto: iniziare presto, con la giusta documentazione e il supporto di esperti, fa la differenza. Chi utilizza correttamente la composizione negoziata può evitare il fallimento, salvaguardare i posti di lavoro, ristrutturare i debiti e rilanciare la propria attività. Chi la strumentalizza, invece, rischia sanzioni, responsabilità personali e un peggioramento irreversibile della propria posizione.
Prevenire è ancora meglio che curare: oggi più che mai, la crisi d’impresa si affronta con competenza, trasparenza e rispetto delle regole.

