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martedì 3 Giugno 2025
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签订涉外合同应当考虑的管辖问题

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刘先生来访:董丽芳律师,您好!我是中国福建一家贸易公司的经理,我最近关注您的法律文章,受益匪浅。我们公司经常要与国外的客户签订各种贸易和服务合同,您能详细讲解一下中国法律对于涉外合同的管辖问题吗?

董丽芳律师信箱:签订涉外合同应当考虑的管辖问题

刘先生来访:董丽芳律师,您好!我是中国福建一家贸易公司的经理,我最近关注您的法律文章,受益匪浅。我们公司经常要与国外的客户签订各种贸易和服务合同,您能详细讲解一下中国法律对于涉外合同的管辖问题吗?

董丽芳律师:刘先生,您好!您提的这个问题很重要,因为在涉外经济活动中,签订合同是必不可少的重要环节。像您这样经常签订涉外合同的专业人士,应当对签订涉外合同的非常注意,这样才能维护好贵公司的合法权益。

所谓涉外合同,是指具有涉外因素的合同,即合同的当事人、合同的客体或者产生、变更、终止合同关系的法律事实中任何一个具有涉外因素的合同。当合同当事人发生纠纷时,就要依据法律规定的管辖原则或者合同中约定的管辖条款来确定由什么地方的法院来管辖案件。有时因法院选择的不同可导致案件审理结果出现较大差别,因此在起草和签订涉外合同时,应当认真研究合同的性质和管辖的问题。

根据中国法律规定,对于涉外合同纠纷的管辖主要有以下几种:

1、属地管辖权原则,是指以当事人的住所地、居所地或事物的存在地等作为行使管辖权联系因素而形成的原则。

2、属人管辖权原则,是指以当事人的国籍作为行使管辖权而形成的原则。目前,大部分实行属地管辖权原则的国家为了维护本国公民的利益,也开始以属人原则作为补充。

3、应诉管辖原则,中国《民事诉讼法》第243条的规定,涉外民事诉讼的被告对人民法院管辖不提出异议,并应诉答辩的,视为承认该人民法院为有管辖权的法院。

    4、级别管辖原则,根据中国法律规定,基层法院可管辖一审普通涉外案件;中级法院管辖一审重大涉外案件;高级人民法院管辖在本辖区有重大影响的第一审民事案件;最高人民法院管辖:在全国有重大影响的案件和认为应当由本院审理的案件的第一审民事案件。

5、专属管辖原则,涉外民事诉讼中的专属管辖,是指特定的涉外民事案件的管辖权专属于中华人民共和国特定的法院。

    6、协议管辖原则,根据中国《民事诉讼法》第242条规定,涉外合同或者涉外财产权益纠纷的当事人,可以用书面协议选择与争议有实际联系的地点的法院管辖。选择中华人民共和国人民法院管辖的,不得违反本法关于级别管辖和专属管辖的规定。

    注:上述内容仅作为参考信息使用,不得视为本所对任何事项的法律意见。如果您对此事还有其他问题,请您与本所联系,我们会及时提供全方面的法律咨询和服务。

Associazione in partecipazione

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Associazione in partecipazione: nozione Cass. Sez. Lav. 22 nov. 2011, n. 24619

In tema di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa, la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice del merito, volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa (non immutabile dall’associante e non limitato alla perdita della retribuzione con salvezza del diritto alla retribuzione minima proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro), il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione, più ampio del generico potere dell’associante d’impartire direttive ed istruzioni al cointeressato; tale accertamento, se adeguatamente e correttamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.

Associazione in partecipazione: nozione Cass. Sez. Lav. 22 nov. 2011, n. 24619

In tema di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa, la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice del merito, volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa (non immutabile dall’associante e non limitato alla perdita della retribuzione con salvezza del diritto alla retribuzione minima proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro), il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione, più ampio del generico potere dell’associante d’impartire direttive ed istruzioni al cointeressato; tale accertamento, se adeguatamente e correttamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.

Nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione e, allo scopo della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolare contesto, significativo, occorre, a detti fini, far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore.

Nota – Nell’ambito di un giudizio di opposizione a distinte cartelle esattoriali, il Tribunale del lavoro pronunciava sentenza di  accertamento di lavoro subordinato tra un centro sociale, che gestiva un bar all’interno di un locale circolo Arci, e alcuni lavoratori.

In particolare, dall’istruttoria svolta era emerso che la gestione del bar fosse curata, nel rispetto degli orari di apertura dell’esercizio al pubblico, stabiliti dal circolo, da tre dei quattro soggetti destinatari di un accertamento ispettivo, di cui uno di essi curava l’organizzazione dei turni di lavoro, delle ferie e le sostituzioni, gli altri due gestivano il servizio alla clientela e la riscossione delle relative consumazioni; il quarto soggetto effettuava tutti i giorni le pulizie del locale per alcune ore, nelle prime ore del mattino. Inoltre, era emerso che a fronte di attività lavorativa, inizialmente svolta “al nero”, solo dopo molto tempo fosse stato stipulato con alcuni dei suddetti soggetti addetti al bar contratti di associazione in partecipazione non genuini.

Anche la Corte d’Appello, successivamente adita dal centro sociale, confermava la sentenza di primo grado rilevando, in particolare, che rispetto ai due soggetti che avevano concluso contratti di associazione in partecipazione, questi ultimi avevano concordemente riferito:

a) di osservare un orario di lavoro rispettivamente di 40 ore e di 30 ore settimanali, secondo turni organizzati, in modo da “coprire” le fasce di apertura al pubblico dell’esercizio;

b) di andare al lavoro per cinque giorni settimanali, con continuità nel corso del rapporto;

c) di aver ricevuto sempre, anche dopo la tardiva formalizzazione del rapporto, un compenso fisso mensile;

d) di avere sempre svolto tutte e due compiti di vendita al pubblico, mentre la gestione della contabilità ed i rapporti con i fornitori, così come gli acquisti, erano gestiti direttamente dai responsabili del circolo;

e) di non aver mai visto un bilancio dell’associazione, né alcun rendiconto, nonostante che i contratti stipulati prevedessero, a fronte

dell’attività lavorativa prestata dagli associati, una percentuale sugli “utili” di gestione conseguiti nel periodo di durata dei rapporti;

f) di non aver mai avuto alcun conguaglio tra gli “acconti” sugli utili mensilmente ricevuti e gli effettivi risultati gestionali;

g) di avere ricevuto, a fine anno, comunicazione se c’erano state delle perdite e che, in questo caso, venivano fatte loro delle trattenute.

La Corte rilevava, altresì, che in un lavoro come quello in oggetto l’eterodirezione non aveva bisogno di particolari e variegate forme per

manifestarsi, trattandosi di un’attività assolutamente ripetitiva, che si muoveva secondo schemi organizzativi standardizzati, cosicché le direttive al personale addetto al bancobar potevano essere limitate all’essenziale, sostanziandosi le mansioni nello svolgimento delle operazioni consistenti nel servire alla clientela i prodotti e le bevande richiesti. In altri termini, nello specifico contesto, l’addetto al bancobar operava secondo un modello organizzativo etero imposto senza alcun margine di effettiva autonomia gestionale; le mansioni svolte dai pretesi associati erano state, dunque, connotate da assoluta ripetitività ed avevano avuto natura esecutiva (non essendo stato dimostrato e neppure dedotto che fossero liberi di lasciare “scoperti” i turni, di ordinare autonomamente la merce ecc. ).

Il centro sociale ricorreva, pertanto, per Cassazione, lamentando, tra l’altro, che la Corte territoriale avesse erroneamente valutato le risultanze probatorie ed erroneamente ritenuto, con riferimento alla posizione degli associati, che la mancanza di forma scritta del contratto associativo integrasse gli estremi di un rapporto di lavoro subordinato “in nero”.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso conformandosi all’orientamento consolidato di legittimità secondo il quale in tema di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa, la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice del merito, volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa (non immutabile dall’associante e non limitato alla perdita della retribuzione con salvezza del diritto alla retribuzione minima proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro), il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione, più ampio del generico potere dell’associante d’impartire direttive ed istruzioni al cointeressato; tale accertamento, se adeguatamente e correttamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità (cfr. , ex plurimis, Cass. , nn. 9671/1991; 9611/1996; 655/1999; 8578/1999; 290/2000; 1188/2000; 13036/2000; 2693/2001; 8162/2001; 12643/ 2003; 13013/2003; 8465/2007; 24871/2008).

Più in particolare, è stato, altresì, rilevato che “tale accertamento implica necessariamente una valutazione complessiva e comparativa dell’assetto negoziale, quale voluto dalle parti e quale in concreto posto in essere, e la possibilità che l’apporto della prestazione lavorativa dell’associato abbia connotazioni in tutto analoghe a quelle dell’espletamento di una prestazione lavorativa in regime di lavoro subordinato comporta che il fulcro dell’indagine si sposta sulla verifica dell’autenticità del rapporto di associazione; ove la prestazione lavorativa sia inserita stabilmente nel contesto dell’organizzazione aziendale, senza partecipazione al rischio d’impresa e senza ingerenza nella gestione dell’impresa stessa, si ricade nel rapporto di lavoro subordinato in ragione di un generale favore accordato dall’art. 35 Cost. Che tutela il lavoro “in tutte le sue forme ed applicazioni” (cfr. Cass. , n. 24781/2006).

Applicando i suddetti principi al caso di specie, secondo la Suprema Corte la sentenza impugnata ha fornito adeguato e coerente rilievo alle risultanze probatorie che, nel descritto contesto complessivo dei rapporti de quibus, inducevano a ritenere l’insussistenza dei dedotti rapporti di associazione in partecipazione. Palesemente insussistente è secondo la Corte di Cassazione anche la pretesa violazione del principio dell’onere della prova, ritenendo che la Corte d’Appello avesse correttamente giudicato in base al criterio dell’acquisizione delle prove, in forza del quale il Giudice è libero di formare il suo convincimento sulla base di tutte le risultanze istruttorie, quale che sia la parte ad iniziativa della quale sia avvenuto il loro ingresso nel giudizio (cfr. , ex plurimis, Cass. , nn. 5126/2000; 2285/2006; 25028/2008; 739/2010), valutando il complesso delle emergenze processuali acquisite e indicando, al contempo, le lacune probatorie in ordine alle risultanze che avrebbero dovuto corroborare l’eccezione relativa alla sussistenza di rapporti di associazione in partecipazione.

Più specificamente la Corte di Cassazione ha osservato che:

– la subordinazione può manifestarsi in vari modi, anche implicitamente nelle direttive programmatiche coincidenti con la stessa struttura

aziendale, e quindi non necessariamente in espressi e continui ordini e controlli del datore di lavoro, attinenti all’orario o ad altre modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, variabili secondo il contenuto e le circostanze o la stessa fiducia riposta nel lavoratore (cfr. , Cass. , n. 648/1986);

– quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, elementi che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione (cfr. , Cass. , n. 6224/2004);

– nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione e, allo scopo della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolare contesto, significativo, occorre, a detti fini, far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore (cfr. , Cass. , n. 1536/2009).

Secondo la Suprema Corte di Cassazione la sentenza impugnata, con motivazione priva di elementi di contraddittorietà, aveva riconosciuto, sulla base del contenuto delle esaminate acquisizioni istruttorie, la sussistenza di rapporti di lavoro subordinato, evidenziando l’avvenuto inserimento dei lavoratori nell’altrui organizzazione con la messa a disposizione delle energie lavorative, e tenendo al contempo conto dei cosiddetti elementi sussidiari, rappresentati, fra l’altro, dall’osservanza dell’orario, dalla continuità per alcuni anni e dalla regolarità dei pagamenti.

DURC. Non autocertificabilità. Modifiche apportate dall’art. 15 della L. n. 183/2011 al DPR n. 445/2000.

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Nota n° 6 del 26 gennaio 2012 

DIREZIONE CENTRALE RISCHI INAIL Ufficio Entrate 

DIREZIONE CENTRALE ENTRATE INPS 
Prot. INAIL. 60010. 26/01/2012. 0000573

Oggetto: DURC. Non autocertificabilità. Modifiche apportate dall’art. 15 della L. N. 183/2011 al DPR n. 445/2000.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interessata dalle parti sociali delle imprese edili a pronunciarsi in ordine agli effetti sulla normativa Durc delle innovazioni apportate al D. P. R. N. 445/2000 dalla L. N. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012), si è pronunciata con la nota del 16. 1. 2012per la non autocertificabilità del DURC.  

Il Ministero, esaminando i contenuti del citato D. P. R. N. 445/2000, ha chiarito che l’articolo 44-bis “stabilisce semplicemente le modalità di acquisizione e gestione del DURC senza però intaccare in alcun modo il principio secondo cui le valutazioni effettuate da un Organismo tecnico (nel caso di specie Istituto previdenziale o assicuratore) non possono essere sostituite da una autodichiarazione”, confermando il precedente orientamento espresso in materia.  

Nota n° 6 del 26 gennaio 2012 

DIREZIONE CENTRALE RISCHI INAIL Ufficio Entrate 

DIREZIONE CENTRALE ENTRATE INPS 
Prot. INAIL. 60010. 26/01/2012. 0000573

Oggetto: DURC. Non autocertificabilità. Modifiche apportate dall’art. 15 della L. N. 183/2011 al DPR n. 445/2000.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interessata dalle parti sociali delle imprese edili a pronunciarsi in ordine agli effetti sulla normativa Durc delle innovazioni apportate al D. P. R. N. 445/2000 dalla L. N. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012), si è pronunciata con la nota del 16. 1. 2012per la non autocertificabilità del DURC.  

Il Ministero, esaminando i contenuti del citato D. P. R. N. 445/2000, ha chiarito che l’articolo 44-bis “stabilisce semplicemente le modalità di acquisizione e gestione del DURC senza però intaccare in alcun modo il principio secondo cui le valutazioni effettuate da un Organismo tecnico (nel caso di specie Istituto previdenziale o assicuratore) non possono essere sostituite da una autodichiarazione”, confermando il precedente orientamento espresso in materia.

Di conseguenza, l’inammissibilità dell’autocertificazione comporta l’esclusione del DURC dall’ambito di applicazione dell’articolo 40, comma 02, del D. P. R. N. 445/2000 secondo cui “Sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura: «Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi». “.

Pertanto, l’attuale disciplina speciale in tema di DURC deve ritenersi immutata.  

Nel richiamare i contenuti della citata nota, d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si ritiene opportuno fornire ulteriori precisazioni sulla “possibilità, da parte della P. A. Di acquisire un DURC (non una autocertificazione) da parte del soggetto interessato, i cui contenuti potranno essere vagliati dalla stessa P. A. Con le modalità previste per la verifica delle autocertificazioni”.

Tale ipotesi deve intendersi riferita ai soli casi in cui il legislatore ha previsto espressamente la presentazione del DURC da parte dei privati e, specificatamente, all’articolo 90, comma 9, del D. Lgs. 81/2008 secondo cui questo deve essere trasmesso “all’Amministrazione concedente, prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività”. In tale caso, l’Amministrazione che ha ricevuto il DURC può verificare in ogni momento l’autenticità dello stesso attraverso il contrassegno posto in calce al documento.  

D’intesa con il Dicastero, si precisa altresì che resta confermato l’obbligo di acquisire d’ufficio il DURC da parte delle Stazioni Appaltanti pubbliche e delle Amministrazioni procedenti3 e che le fattispecie in cui è consentito all’impresa di presentare una dichiarazione in luogo del DURC sono solo quelle espressamente previste dal legislatore. 4Dette dichiarazioni restano soggette a verifica ai sensi dell’articolo 71, del D. P. R. N. 445/2000, tramite l’acquisizione d’ufficio del DURC da parte dell’Amministrazione che le riceve.  

Si comunica infine che, in conseguenza di quanto sopra precisato, la richiesta di DURC per le seguenti tipologie: 
– appalto/subappalto/affidamento di contratti pubblici di lavori, forniture e servizi 
– contratti pubblici di forniture e servizi in economia con affidamento diretto 
– agevolazioni, finanziamenti, sovvenzioni ed autorizzazioni 

dal 13 febbraio p. V. Potrà essere effettuata esclusivamente dalle Stazioni Appaltanti pubbliche o dalle Amministrazioni procedenti.  

Le imprese interessate, attraverso l’apposita funzione di consultazione disponibile sull’applicativo www. Sportellounicoprevidenziale. It, potranno verificare la richiesta di DURC da parte della Stazione Appaltante pubblica o dell’Amministrazione procedente ed il suo iter.  

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Diritto Cinese: la Giurisdizione nel Contratto Stipulato con una Parte Straniera

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APS,asd,ssd,Diritti degli associati

Sig. Liu: Avv. Dong, buongiorno! Sono direttore di una società commerciale cinese e leggo spesso i suoi utili articoli.

In virtù della natura del mio business, infatti, mi trovo spesso a concludere vari tipi di contratti commerciali e di servizi con clientela straniera.

A tal proposito, potrebbe darmi un piccola spiegazione della legge cinese applicabile ai contratti stipulati con una parte straniera?

Rubrica Legale dell’Avv. Lifang Dong: la Giurisdizione nel Contratto Stipulato con una Parte Straniera

Avv. Dong: Sig. Liu, buongiorno! Innanzitutto, la stipula di un contratto è fondamentale nell’attività commerciale con clientela straniera.

Per questo è importante che adotti opportune cautele nel concludere tale tipo di contratto al fine di tutelare adeguatamente il Suo interesse.

Il contratto stipulato con una parte straniera è caratterizzato da un criterio di collegamento con almeno un fattore “straniero”, determinante la legge applicabile al contratto. Per fattore straniero s’intende che una delle parti del contratto, l’oggetto, la stipulazione, la modificazione o l’estinzione del contratto è legata ad un fattore straniero.

Se insorge una controversia tra le parti, la giurisdizione sarà determinata, in assenza di clausole contrattuali, dai principi di legge applicabile.

Diversamente, se le parti hanno inserito convenzionalmente le clausole per la determinazione della giurisdizione, allora, saranno tali clausole a determinare il foro competente alla risoluzione della controversia insorta.

La clausola sulla giurisdizione è incisiva, perché, come spesso accade, le sentenze sono molto differenti da corte a corte, persino per lo stesso caso.

Dunque, sarà necessario capire la natura del contratto per determinare la legge applicabile e analizzare attentamente la clausola della giurisdizione contrattuale sia nella fase di redazione sia nella fase di stipula di un contratto con una parte straniera.

Giurisdizione nel contratto stipulato con una parte straniera

Per quanto riguarda la giurisdizione nel contratto stipulato con una parte straniera, la legge cinese ha distinto sei criteri di attribuzione della competenza:

1. Principio di territorialità, per il quale la giurisdizione è determinata in virtù del domicilio, della residenza della parte o del luogo dell’oggetto contrattuale;

2. Principio di personalità, per il quale la giurisdizione dipende dalla nazionalità della parte. Tuttavia, dal momento che la maggior parte dei paesi nel mondo applica il principio di territorialità, il principio di personalità è considerato come criterio supplementare rispetto al principio della territorialità al fine di tutelare gli interessi dei propri cittadini.

3. Principio del foro del convenuto, per cui, secondo l’articolo 243 del Codice di Procedura Civile Cinese, se il convenuto non eccepisce il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo, la competenza è della Corte di fronte al quale il convenuto è comparso;4. Principio di competenza, per cui, secondo la legge cinese, i casi ordinari spettano al Tribunale di livello Base; i casi più importanti spettano al Tribunale di livello Intermedio; mentre il Tribunale di livello Superiore ha la competenza per quei casi aventi rilevanza territoriale; infine, la Corte Popolare Suprema ha la competenza per quei casi aventi rilevanza nazionale e quelli in virtù della sua discrezione;

5. Principio di esclusività, per cui la legge impone che una serie di casi spettino al tribunale cinese in maniera determinata ed esclusiva;

6. Principio convenzionale, per cui, secondo l’articolo 242 del Codice di Procedura Civile, le parti possono con accordo scritto scegliere, tra le corti possibili, quella adatta alla risoluzione della controversia contrattuale o patrimoniale insorta e caratterizzata da fattore straniero. Se le parti scelgono la corte cinese, sarà allora necessario osservare il principio di esclusione e competenza.

Nota: il contenuto di questo articolo non costituisce un parere del nostro studio legale, ma ha funzione informativa. Se Lei ha altri dubbi, ci può contattare per ulteriori informazioni ed assistenza legale.

Circolare n. 9 Indennità una tantum in favore dei lavoratori somministrati.

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Roma, 23/01/2012 Circolare n. 9

OGGETTO: Indennità una tantum in favore dei lavoratori somministrati.

Modifiche all’Accordo del 13 maggio 2009. Prosecuzione dell’intervento. Istruzioni procedurali e contabili.

Premessa

L’Accordo del 13 maggio 2009, sottoscritto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da Assolavoro e dalle Organizzazioni  indacali, ha previsto – per i lavoratori in somministrazione in possesso dei requisiti contenuti nello stesso Accordo – una misura di sostegno al reddito, c. D. Una tantum, pari a euro 1300,00 al lordo delle ritenute di legge. L’erogazione di questa prestazione ha riguardato i sottoscrittori dei Patti di attivazione stipulati, presso le Agenzie per il lavoro, entro il 31 dicembre 2009. A seguito della conclusione della procedura relativa all’annualità 2009, in data 16 dicembre 2011, le stesse Parti firmatarie del suddetto Accordo, insieme con l’Istituto, hanno convenuto di riaprire, nel periodo compreso tra il 1 febbraio e il 30 marzo 2012, i termini di presentazione delle domande relativamente ai lavoratori in somministrazione negli anni 2010 e 2011, con le modalità e a favore dei soggetti individuati secondo quanto previsto nel Verbale di accordo.

Roma, 23/01/2012 Circolare n. 9

OGGETTO: Indennità una tantum in favore dei lavoratori somministrati.

Modifiche all’Accordo del 13 maggio 2009. Prosecuzione dell’intervento. Istruzioni procedurali e contabili.

Premessa

L’Accordo del 13 maggio 2009, sottoscritto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da Assolavoro e dalle Organizzazioni  indacali, ha previsto – per i lavoratori in somministrazione in possesso dei requisiti contenuti nello stesso Accordo – una misura di sostegno al reddito, c. D. Una tantum, pari a euro 1300,00 al lordo delle ritenute di legge. L’erogazione di questa prestazione ha riguardato i sottoscrittori dei Patti di attivazione stipulati, presso le Agenzie per il lavoro, entro il 31 dicembre 2009. A seguito della conclusione della procedura relativa all’annualità 2009, in data 16 dicembre 2011, le stesse Parti firmatarie del suddetto Accordo, insieme con l’Istituto, hanno convenuto di riaprire, nel periodo compreso tra il 1 febbraio e il 30 marzo 2012, i termini di presentazione delle domande relativamente ai lavoratori in somministrazione negli anni 2010 e 2011, con le modalità e a favore dei soggetti individuati secondo quanto previsto nel Verbale di accordo.

1. Prosecuzione dell’intervento

a) Beneficiari

I destinatari dell’indennità  una tantum di sostegno al reddito sono i lavoratori in somministrazione che, nel periodo dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2011, possiedono, alla data dichiarata nella domanda di ammissione al beneficio, i requisiti di cui al punto successivo.

b) Requisiti e condizioni

Il verbale del 16 dicembre2011 harichiamato quanto stabilito nell’accordo del 27 ottobre 2010. Pertanto, i lavoratori somministrati devono:

– avere maturato un’ anzianità di lavoro di almeno 78 giornate in somministrazione a partire dal 1 gennaio 2008 e, successivamente, almeno 45 giorni continuativi di disoccupazione precedenti la data dichiarata nella domanda;

– non aver già beneficiato della stessa misura una tantum di sostegno al reddito;

– non avere percepito, nei sei mesi precedenti la maturazione del requisito, prestazioni pubbliche di sostegno al reddito di importo pari o superiore a euro 1300,00.

c) Domanda

La domanda, composta dalla Richiesta di incentivo e dal Patto di attivazione, è  presentata esclusivamente alle Agenzie per il lavoro e sarà dalle stesse inserita nella piattaforma informatica PLUS dedicata da Italia Lavoro S. P. A. A questo tipo di intervento. Al momento della presentazione delle istanze, le Agenzie verificheranno, in tempo reale, il possesso in capo al richiedente dei requisiti necessari, attraverso le funzionalità messe appositamente a disposizione da parte dell’Istituto e, ove riscontrabili, in base ai dati presenti negli archivi dell’Inps e nell’archivio delle comunicazioni obbligatorie. Poiché la prestazione è legata ad un fondo a capienza, le istanze presentate, per le quali è verificato il possesso dei requisiti, verranno accettate con “riserva di capienza”. In caso di esito negativo, la Richiesta di incentivo sarà comunque inserita nel sistema ma con “riserva di verifica e di capienza”. Il lavoratore potrà quindi presentare la documentazione cartacea idonea (CUD e certificazione del competente Centro per l’impiego) presso l’Agenzia per il lavoro che dovrà verificare il possesso dei requisiti e successivamente trasmettere detta documentazione via posta elettronica ad Italia Lavoro entro il trentesimo giorno successivo alla data di sottoscrizione della domanda. Italia Lavoro, verificata la conformità della documentazione ricevuta, inserirà il nominativo del potenziale beneficiario nell’elenco finale da trasmettere all’INPS. Nel caso in cui la documentazione non pervenga nei tempi indicati, ovvero non sia ritenuta idonea, la richiesta di incentivo sarà definitivamente respinta. Terminata questa fase istruttoria, l’elenco dei potenziali beneficiari, insieme con la documentazione a corredo, sarà trasmesso all’Istituto che, a seguito di decisione concordata con le Parti sociali sottoscrittrici del verbale del 16 dicembre 2011, provvederà – entro il 5 maggio 2012 – alla creazione di una graduatoria dei beneficiari. Questa graduatoria, con elaborazione accentrata, sarà formata tenendo conto della data di maturazione dei requisiti richiesti e fino ad esaurimento delle risorse disponibili.

d) Prestazione

Formata la graduatoria, saranno inviate le apposite liste nominative alle Strutture territorialmente competenti per l’erogazione della prestazione. Al termine dei pagamenti, che dovranno essere effettuati entro il 31 maggio 2012, le Direzioni regionali procederanno alla comunicazione, con relativo invio dei file nominativi, alla Direzione centrale Prestazioni a sostegno del reddito, per l’aggiornamento della piattaforma PLUS da parte di Italia Lavoro.

2. Istruzioni procedurali

L’Istituto ha predisposto un servizio mediante il quale le Agenzie del Lavoro hanno la possibilità di verificare, in tempo reale, il possesso dei requisiti necessari, ove riscontrabili, in capo al richiedente la prestazione, in base ai dati presenti negli archivi dell’Inps e nell’archivio delle comunicazioni obbligatorie, come indicato nel precedente paragrafo. La gestione e il pagamento della prestazione devono essere eseguiti  utilizzando la procedura DsWeb disponibile in Intranet – processi – prestazioni a Sostegno del reddito – sezione Disoccupazione non agricola. Per l’acquisizione occorre selezionare il tipo domanda ‘E-Sussidio straordinario’ e, in seguito il codice sussidio ‘SOMM-IND. SOST. REDDITO LAV. SOMMINISTRATI’. Per i pagamenti della prestazione, dal menù principale occorre selezionare il link Pagamenti – Pagamento diretto interventi per l’occupazione; dalla lista di opzioni presentate è possibile selezionare i pagamenti per i LAV. SOMMINISTRATI.

3. Istruzioni contabili

Per la rilevazione contabile dei pagamenti sopra descritti si rimanda alle istruzioni contenute nella circolare n. 100 del 07 agosto 2009, aggiornate con la circolare n. 121 del 04 dicembre 2009 per l’accentramento dei pagamenti delle prestazioni a sostegno del reddito. Con quest’ultima circolare sono state fornite le istruzioni operative e contabili relative al processo di riforma dei sistemi di pagamento delle prestazioni a sostegno del reddito che prevede l’automatismo completo delle attività contabili ed il pagamento delle prestazioni esclusivamente da parte della Direzione centrale bilanci e servizi fiscali. Per la complessità del procedimento e la necessità di assicurare la migliore tutela nei confronti dei possibili beneficiari, si invitano le Sedi ad assicurare la più ampia e corretta informazione sulle modalità e i flussi procedurali descritti. Le Direzioni centrali interessate provvederanno ad un attento monitoraggio dei flussi quantitativi di domande immessi in procedura Plus e alla verifica della capienza finanziaria dei fondi disponibili.

董丽芳律师信箱 强制调解的程序

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张先生来访:董丽芳律师,您好!我是一家贸易公司的经理。我们公司租了一套写字楼用于办公,租期为6年加6年的商业租赁,2012年3月31日第一个6年到期。到期前12个月,我们没有提出解除合同,房东也没有提出解约和增加房租的要求,所以合同应当按照原来的条件自动延续6年。可是2011年9月份,房东(提前6个月)书面通知我们从明年3月开始要提高租金。我担心将来双方因此会产生纠纷,听说对于这种情况,除了走诉讼途径,法律还规定了新的解决途径?       

董丽芳律师信箱:强制调解的程序

张先生来访:董丽芳律师,您好!我是一家贸易公司的经理。我们公司租了一套写字楼用于办公,租期为6年加6年的商业租赁,2012年3月31日第一个6年到期。到期前12个月,我们没有提出解除合同,房东也没有提出解约和增加房租的要求,所以合同应当按照原来的条件自动延续6年。可是2011年9月份,房东(提前6个月)书面通知我们从明年3月开始要提高租金。我担心将来双方因此会产生纠纷,听说对于这种情况,除了走诉讼途径,法律还规定了新的解决途径?

董丽芳律师:张先生,您好!对于贵公司的情况,2011年3月20日生效的意大利2010年3月4第28号法令有明确规定。但需要注意的是,法令对于因公寓和不动产物权、划分程序、继承、家庭协议、租赁、无偿保释、商业租赁、交通事故、医疗侵权损害、媒体或其他公众宣传的诽谤、保险协议、银行协议和资金协议引起的纠纷,应当先进行“强制调解”程序。调解不成的,才能走诉讼程序。

    调解程序由专业、独立的机构主持,这些调解机构应当在司法部登记。调解的程序如下:

1、向调解机构提出调解申请,由调解机构指派调解员并安排调解会议。

2、调解程序在4个月内结束,将出现两种结果:

1)达成调解协议,调解员起草会议备忘录,并由双方签字同意。备忘录经调解机构所在地法院批准后,协议生效,对于双方均具有约束力和强制执行力。获胜方可向当地权威部门申请,对失败方在判决金额范围内行使强制转移权和抵押权。

2)在双方协商不成的情况下,调解员起草会议备忘录,由双方签字。同时,调解员提供一个解决方案,如果一方或双方不同意此解决方案,则可以通过诉讼途径解决纠纷。

    值得注意的是,根据法令规定,如果法官的判决与调解员的方案一致,而获胜方之前拒绝调解员的方案的,法院可以不判给胜诉方诉讼成本和费用,并可责令其承担败诉方的诉讼成本和费用及向法院申请该案的备案费用。

    

    注:上述内容仅作为参考信息使用,不得视为本所对任何事项的法律意见。如果您对此事还有其他问题,请您与本所联系,我们会及时提供全方面的法律咨询和服务。

Indennità di mobilità: natura previdenziale

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Indennità di mobilità: natura previdenziale

Cass. Sez. Lav. 24 novembre 2011 n. 24828

L’indennità di mobilità ai lavoratori licenziati, di cui all’art. 7, legge 23 luglio 1991, n. 223, configura una prestazione previdenziale che trova inderogabile regolamentazione nella normativa legale; ne consegue che è invalido ogni patto che valga a modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie.

Indennità di mobilità: natura previdenziale

Cass. , sez. Lav. , 24 novembre 2011, n. 24828

L’indennità di mobilità ai lavoratori licenziati, di cui all’art. 7, legge 23 luglio 1991, n. 223, configura una prestazione previdenziale che trova inderogabile regolamentazione nella normativa legale; ne consegue che è invalido ogni patto che valga a modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie.

Nella vicenda in esame, un lavoratore si era rivolto al Tribunale per chiedere la condanna della società datrice di lavoro al pagamento in suo favore di una somma a titolo di risarcimento del danno per mancata esecuzione dell’accordo sottoscritto tra le parti in sede sindacale,avente ad oggetto il suo inserimento nelle liste di mobilità, per effetto del quale egli non aveva potuto più percepire la relativa indennità di legge.

Il Tribunale rigettava tale domanda.

La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado ritenendo che il vero motivo della nullità dell’accordo risiedesse nella illiceità della causa dello stesso, in quanto diretto ad eludere le norme imperative in materia di mobilità e a realizzare una frode alla legge, per cui lo stesso non poteva essere invocato dal lavoratore per conseguirne i benefici invocati. Il ricorrente era stato infatti licenziato nel dicembre 2001, mentre l’accordo sottoscritto nel maggio 2003 prevedeva che l’azienda avrebbe avviato la procedura di mobilità a partire dal luglio 2003,impegnandosi a reintegrarlo, ma con temporanea sospensione della prestazione lavorativa fino all’inserimento del suo nominativo nelle liste di mobilità, senza corrispondergli però alcuna retribuzione, fatto salvo il versamento dei contributi e la dazione di una somma di euro 1. 000,00 per le necessità della vita.

Il lavoratore proponeva quindi ricorso in Cassazione avverso tale decisione, deducendo che nel caso in esame non era in discussione l’assunzione, da parte della società, di un impegno transattivo destinato all’attivazione di una procedura di mobilità entro il mese di luglio del 2003, bensì di un impegno diretto ad inserire il suo nominativo nell’elenco dei lavoratori in esubero all’interno di una procedura di mobilità già decisa ed autonoma rispetto alla transazione oggetto di esame.

La società resisteva con controricorso obiettando che la procedura di mobilità non era stata affatto decisa precedentemente all’accordo transattivo, altrimenti di ciò si sarebbe dato atto nell’accordo stesso.

Di conseguenza, non poteva imputarsi alla società il mancato avvio di una tale procedura in mancanza dei relativi presupposti di legge e la valutazione sulla liceità dell’accordo, contenente l’impegno della società ad avviare una procedura siffatta nei riguardi di un solo lavoratore, non poteva che essere riferita ex ante al momento della conclusione dell’accordo, per cui era infondata la tesi del ricorrente diretta a sostenere, nell’intento di salvare la legittimità del negozio, che l’eventuale elusione delle disposizioni della legge n. 223/1991 avrebbe potuto essere accertata solo in un secondo momento.

A parere della Suprema Corte, tale motivo è infondato. Infatti, la Corte di merito aveva correttamente rilevato la nullità dell’accordo sottoscritto dalle parti, in quanto diretto ad eludere l’applicazione di norme imperative previste in materia di attivazione della procedura di mobilità che fissano in maniera inderogabile tempi, modalità e requisiti oggettivi che presiedono alla erogazione di una prestazione previdenziale qual è l’indennità di mobilità.

Ne consegue che lo stesso accordo si rendeva inutilizzabile ai fini del risarcimento preteso dal lavoratore per l’asserito inadempimento datoriale di una delle obbligazioni in esso previste.

Infatti l’indennità di mobilità, regolata dall’art. 7 della legge n. 223/1991, configura una prestazione previdenziale che come l’indennità di disoccupazione è sostitutiva del trattamento economico goduto dai lavoratori prima della messa in mobilità.

Tra l’altro l’inderogabilità della materia previdenziale osta alla validità di ogni patto che tenti di modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie.

Giova inoltre ricordare che sul tema della natura inderogabile della normativa in materia di indennità di mobilità la Corte di Cassazione ha già avuto modo di esprimersi statuendo che: “l’indennità di mobilità ai lavoratori licenziati, di cui all’art. 7, legge 23 luglio 1991, n. 223, configura una prestazione previdenziale che trova inderogabile regolamentazione nella normativa legale; ne consegue che è invalido ogni patto che valga a modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie” (cfr. Cass. N. 5009 dell’11 marzo 2004).

Per tutti i motivi sopra richiamati, la Corte di Cassazione respinge quindi il ricorso del lavoratore con condanna dello stesso al pagamento delle spese di giudizio.

Mediazione Obbligatoria

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Mediazione Obbligatoria

Sig. Zhang: Buon giorno Avv. Dong! Sono direttore di una società commerciale.La mia società ha preso in affitto un appartamento ad uso ufficio. La durata del contratto di locazione commerciale è  di sei anni più 6 anni.

Il primo periodo contrattuale terminerà il 31 marzo 2012. Dodici mesi prima della scadenza del primo periodo contrattuale, né abbiamo proposto di risolvere detto contratto, né il locatore ha espresso l’intenzione di risolvere il contratto oppure di aumentare il canone di affitto, pertanto il contratto sarà rinnovato automaticamente per altri sei anni sulla base delle condizioni concordate in precedenza…

Rubrica legale dell’Avv. Dong: Mediazione Obbligatoria

Avv. Dong: Buon giorno Sig. Zhang! Per quando riguarda il caso della sua società, il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010, entrato in vigore il 20 marzo 2011, ha disposto in materia. In primo luogo,  il Decreto prevede che la mediazione è obbligatoria per le cause aventi ad oggetto: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda; risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità; contratti assicurativi, bancari e finanziari. Insomma questo significa che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

La mediazione civile

L’attività di mediazione civile è svolta da un organismo di conciliazione terzo ed imparziale, che deve essere iscritto in un apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Il procedimento di mediazione  si svolge in questo modo:

1. Si presenta la domanda di mediazione ad un organismo di conciliazione, che designa un mediatore ed organizza un primo incontro tra le parti.

2.   La mediazione deve essere esperito entro quattro mesi dalla proposizione della domanda, di regola ci sono due possibili esiti della procedura:

(1) Se si raggiunge l’accordo (conciliazione), il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti, che viene omologato con decreto dal Presidente del Tribunale, nel cui circondario ha sede l’organismo. Il verbale omologato è titolo esecutivo con cui la parte vittoriosa potrà richiedere all’autorità locale competente l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

(2) Se non si raggiunge l’accordo (conciliazione), il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti. Il mediatore dà atto delle ragioni del mancato accordo e formula una propria proposta di conciliazione. Se una delle due parti oppure entrambe le parti non concordano con la proposta di conciliazione, allora le parti potranno adire l’autorità giudiziaria.

Il contenuto di questa proposta conciliativa gioca un ruolo fondamentale nel processo civile, infatti se la sentenza del giudice corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta del mediatore, condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controparte e condanna al versamento di un’ulteriore somma, di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.

Nota: il contenuto di questo articolo non costituisce un parere legale del nostro studio legale, ma  ha funzione informativa. Se Lei ha altri dubbi, ci può contattare per ulteriori informazioni ed assistenza legale.

Tfr e fondo di garanzia Inps

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Tfr e fondo di garanzia Inps

Cass. , sez. Lav. , 1° dicembre 2011, n. 25685

La funzione previdenziale dell’intervento del Fondo di garanzia dell’Inps, di cui all’art. 2 del Dlgs n. 297/1982, non osta all’intervento del Fondo a favore del cessionario a titolo oneroso del credito relativo al trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore, in quanto l’intervento è previsto in favore degli “aventi diritto” e, con tale termine, che non può che essere inteso nel medesimo significato attribuito all’identica espressione contenuta nell’art. 2122 c. C. , si fa riferimento agli aventi causa in genere dal lavoratore, a prescindere dal titolo, universale o particolare, della successione nel diritto (Nella specie, la S. C. Ha ritenuto che la società committente che aveva effettuato i pagamenti dei crediti di lavoro per effetto della responsabilità solidale con l’appaltatore di cui all’art. 29, comma 2, Dlgs n. 276/2003, sia da ricomprendere nell’ambito degli “aventi diritto” che possono accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia).

Tfr e fondo di garanzia Inps

Cass. , sez. Lav. , 1° dicembre 2011, n. 25685

La funzione previdenziale dell’intervento del Fondo di garanzia dell’Inps, di cui all’art. 2 del Dlgs n. 297/1982, non osta all’intervento del Fondo a favore del cessionario a titolo oneroso del credito relativo al trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore, in quanto l’intervento è previsto in favore degli “aventi diritto” e, con tale termine, che non può che essere inteso nel medesimo significato attribuito all’identica espressione contenuta nell’art. 2122 c. C. , si fa riferimento agli aventi causa in genere dal lavoratore, a prescindere dal titolo, universale o particolare, della successione nel diritto (Nella specie, la S. C. Ha ritenuto che la società committente che aveva effettuato i pagamenti dei crediti di lavoro per effetto della responsabilità solidale con l’appaltatore di cui all’art. 29, comma 2, Dlgs n. 276/2003, sia da ricomprendere nell’ambito degli “aventi diritto” che possono accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia).

Nota – Nella fattispecie in esame, il Tribunale di Torino aveva accolto il ricorso di una società volto a far accertare il proprio diritto ad accedere al Fondo di garanzia per il recupero degli importi che aveva corrisposto, a titolo di Tfr e retribuzioni, ai lavoratori della società appaltatrice (in stato di fallimento) per effetto della responsabilità solidale della committente prevista dall’art. 29, comma 2, del Dlgs n.  276/2003.  La Corte di Appello di Torino aveva confermato la sentenza del Tribunale, ritenendo sussistente la legittimazione della società committente a richiedere al Fondo di garanzia il pagamento di quanto corrisposto ai lavoratori della società appaltatrice.  L’Istituto previdenziale soccombente ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo l’insussistenza del presupposto legittimante l’intervento del Fondo di Garanzia, ossia l’inadempimento dell’obbligazione retributiva e del trattamento di fine rapporto, in quanto la tutela offerta dal Fondo di Garanzia in favore del credito dei lavoratori non può essere ritenuta applicabile in favore di un obbligato in solido dello stesso datore di lavoro che non può quindi essere considerato alla stregua di un avente diritto dal lavoratore.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di impugnazione formulato dall’Istituto ricorrente e, richiamando tre precedenti pronunce (Cass. N. 10208/2008, Cass. N. 11010/2008 e Cass. N. 25256/2010) con le quali è stato stabilito che: “La funzione previdenziale dell’intervento del Fondo di garanzia dell’Inps, di cui all’art. 2 del Dlgs n. 297/1982, non osta all’intervento del Fondo a favore del cessionario a titolo oneroso del credito relativo al trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore, in quanto l’intervento è previsto in favore degli “aventi diritto ” e, con tale termine, che non può che essere inteso nel medesimo significato attribuito all’identica espressione contenuta nell’art. 2122 c. C. , si fa riferimento agli aventi causa in genere dal lavoratore, a prescindere dal titolo, universale o particolare, della successione nel diritto”, ha precisato che la società committente che effettua i pagamenti dei crediti dei lavoratori della società appaltatrice, in forza dell’obbligo disposto dall’art. 29, comma 2, Dlgs n. 276/2003, acquista il diritto a subentrare nella posizione creditizia del datore di lavoro insolvente per surrogazione legale ex art. 1203, n. 3, c. C.

In applicazione di detti principi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Istituto previdenziale, ritenendo che la società controricorrente, per avere effettuato i pagamenti dei crediti di lavoro in favore dei dipendenti dell’appaltatrice, deve essere ricompresa nell’ambito degli “aventi diritto” che possono accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia.  

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