Le modalità con cui le somme percepite dai dipendenti, a titolo di rimborso per le spese sostenute nell’espletamento del lavoro durante trasferte e missioni, concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente sono disciplinate dal comma 5, dell’art. 51 del D. P. R. 917/86. Il quale prevede un trattamento fiscale diverso in relazione all’ambito territoriale in cui la trasferta ha luogo. A tale riguardo occorre operare preliminarmente una distinzione tra le trasferte effettuate nell’ambito del territorio o al di fuori dal territorio comunale sede di lavoro.
Sommario
Rimborso Spese: aspetti fiscali e procedurali in capo al datore di lavoro ed al dipendente
Le modalità con cui le somme percepite dai dipendenti, a titolo di rimborso per le spese sostenute nell’espletamento del lavoro durante trasferte e missioni, concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente sono disciplinate dal comma 5, dell’art. 51 del D. P. R. 917/86[1].
Il quale prevede un trattamento fiscale diverso in relazione all’ambito territoriale in cui la trasferta ha luogo.
A tale riguardo occorre operare preliminarmente una distinzione tra le trasferte effettuate nell’ambito del territorio o al di fuori dal territorio comunale sede di lavoro.
Per quanto riguarda invece il diritto alla deducibilità dal reddito di impresa, dei rimborsi in oggetto, in capo al datore di lavoro, la norma a cui fare riferimento è l’art. 95, comma 3 dello stesso D. P. R. 917/86[2].
Trasferte effettuate nell’ambito del comune sede di lavoro
Regola generale è quella secondo cui i rimborsi e le indennità percepite dal dipendente in relazione alle trasferte effettuate nell’ambito del territorio comunale (sede di lavoro) concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.
Trasferte effettuate fuori del comune sede di lavoro
In caso di trasferte effettuate fuori del territorio comunale sede di lavoro, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente assume rilievo la modalità tecnica con cui il rimborso della spesa (erogazione dell’indennità) viene effettuato.
Procedure amministrative per i rimborsi
Esistono tre procedure per la determinazione del rimborso spese delle trasferte effettuate dai lavoratori dipendenti fuori dal Comune sede di lavoro: il metodo forfetario, metodo analitico o a piè di lista, metodo misto. Per il tipo di impianto contabile adottato e le caratteristiche aziendali, si presenta ottimale la scelta del metodo analitico.
Rimborso analitico o piè di lista
Con il “rimborso analitico”[3] tutte le spese sostenute dal dipendente, debitamente documentate e riassunte in nota spese, sono rimborsate dal datore di lavoro e pertanto in capo a questi sorge legittimamente il diritto alla deduzione delle stesse dal reddito di impresa secondo le modalità di seguito indicate.
Il metodo analitico è consigliato per i seguenti motivi:
a) allo scopo di adottare una procedura trasparente e funzionale per il datore di lavoro che sposi le esigenze di una corretta tenuta della contabilità ordinaria;
b) evitare la corresponsione di una indennità di trasferta che concorrerebbe ad incrementare il reddito imponibile in capo al dipendente;
c) meglio si sposa con l’adozione e compilazione del modello di nota spese dal nostro Studio elaborato e personalizzato sulle esigenze del cliente.
Aspetti fiscali del datore di lavoro
Il datore di lavoro deve autorizzare solo il rimborso delle spese fiscalmente documentate, attraverso fatture, ricevute ed ogni altro atto equipollente.
Nell’ipotesi in cui, la volontà preminente delle stesso datore di lavoro sia di detrarre l’IVA, sarà necessario che i dipendenti i richiedano l’emissione della fattura (con esposizione separata dell’Iva), intestata direttamente alla società, con indicazione della natura e del fruitore del servizio (l’indicazione del fruitore può essere riportata anche in una nota allegata).
Come indicato nel disposto dell’art. 95 comma terzo del D. P. R. 917/86, i rimborsi “analitici” per trasferte documentate ed effettuate dal dipendente al di fuori dal territorio comunale, sono deducibili nel limite giornaliero di €. 180,76 per le trasferte in Italia, ed €. 258,23 per quelle all’estero[4].
Eventuali rimborsi spese per “trasferte” effettuate dal dipendente nel territorio comunale, sono interamente deducibili per il datore di lavoro, ma lo scrivente, fa notare come anticipato, che tali spese sono però incrementative della base imponibile irpef del dipendente stesso.
Aspetti fiscali del lavoratore dipendente
In merito alla posizione del lavoratore, sono non imponibili, per le trasferte fuori dal comune sede di lavoro, tutte le spese documentate relative a vitto, alloggio, viaggio (anche sotto forma di indennità chilometrica) e trasporto[5].
Per le spese che non possono essere comprovate dai richiamati documenti, è consentito entro certi limiti, adottare rimborso forfetario.
Infatti, col metodo del “rimborso analitico” , i rimborsi percepiti per le spese sostenute per trasferte fuori dal territorio comunale dove si trova la sede di lavoro, non concorrono alla formazione del reddito in capo al dipendente, fino ad un importo massimo giornaliero di € 15,49, elevato a € 25,82 per le trasferte all’estero (le spese telefoniche, la lavanderia, le mance ed i parcheggi, etc. )[6].
Per qualsiasi informazione e/o chiarimento lo Studio resta a disposizione tramite assistenza telefonica, ticket on line o email.
In allegato prospetto e file in formato excel del modello di nota spese
Un cordiale saluto
Dott. Alessio Ferretti
[1] “Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90. 000 al giorno, elevate a lire 150. 000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di lire 30. 000, elevate a lire 50. 000 per le trasferte all’estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito”:
[2] “Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76; il predetto limite è elevato ad euro 258,23 per le trasferte all’estero. Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”.
[3] Circolare 326 E del Ministero delle Finanze del 23. 12. 1997
[4] In merito ai rimborso delle spese inerenti l’uso di autoveicoli, sono deducibili in base ai costi calcolati tramite le tariffe ACI (o a quelle di noleggio) nei limiti del costo di percorrenza di un autoveicolo di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali se a benzina (20 se diesel).
[5] Il ministero delle finanze nella circolare n. 188/E del 1998 ha sottolineato che non è più imposta una preventiva autorizzazione alla trasferta e che le spese ad essa collegate possono risultare dalla normale documentazione conservata dal datore di lavoro.
[6] Circolare 326 E del Ministero delle Finanze del 23. 12. 1997