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venerdì 11 Luglio 2025

Acquisto aziendale di cialde e capsule di caffè: quando l’IVA è detraibile e quale aliquota si applica

L’acquisto di capsule, cialde di caffè e bocconi d’acqua da parte delle aziende è una prassi ormai diffusissima. Dalla piccola impresa al grande studio professionale, offrire il caffè ai dipendenti e ai clienti è visto come un gesto di cortesia e attenzione, ma anche uno strumento di welfare aziendale.

Tuttavia, dal punto di vista fiscale, questa consuetudine apre una serie di interrogativi, in particolare sulla detraibilità dell’IVA e sulla corretta imputazione della spesa in contabilità. Il nodo principale da sciogliere è la differenza tra “cessione di beni” e “somministrazione”: due concetti che, pur sembrando simili nel linguaggio comune, hanno implicazioni fiscali molto diverse.

Infatti, se l’acquisto viene considerato come una cessione di beni, l’IVA è generalmente detraibile secondo i criteri ordinari. Se invece si tratta di una somministrazione – ad esempio, se il caffè viene offerto tramite un servizio esterno o una macchina in comodato d’uso con fornitura inclusa – allora la detraibilità dell’IVA potrebbe subire limitazioni o esclusioni. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 450/2019, ha chiarito alcuni aspetti fondamentali legati proprio a questi casi, fornendo un importante riferimento operativo per le imprese.

Questo articolo analizza in dettaglio il trattamento fiscale dell’acquisto aziendale di capsule e cialde, partendo dal quadro normativo, per arrivare a distinguere le diverse fattispecie e offrire soluzioni concrete per la corretta gestione contabile e fiscale, nel rispetto delle norme e nell’ottica del risparmio fiscale legale.

Aliquota IVA agevolata del 10%

Un aspetto fondamentale da considerare, quando si parla di acquisto aziendale di cialde e capsule di caffè, è quello dell’aliquota IVA applicabile. A partire dal 1° gennaio 2014, l’art. 20 del DL n. 63/2013 ha stabilito che le somministrazioni di alimenti e bevande tramite distributori automatici siano soggette a IVA con aliquota agevolata al 10%, indipendentemente dalla collocazione fisica del distributore. Prima di questa modifica, l’aliquota ridotta al 4% si applicava solo se la macchinetta era installata in determinati contesti “collettivi”, come ospedali, scuole, caserme e uffici.

Oggi, invece, il criterio non è più legato al “luogo”, ma al tipo di servizio: la somministrazione automatica rientra nelle operazioni agevolate al 10%, a condizione che l’acquirente sia il consumatore finale, sia esso un privato o un soggetto passivo IVA che acquista in funzione del consumo interno. In questo ambito, assume rilievo anche la Risoluzione n. 103/E del 17 novembre 2016 dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha esteso l’aliquota ridotta anche all’acquisto diretto di cialde e capsule, qualora effettuato dall’utilizzatore finale.

Tuttavia, attenzione: se è il datore di lavoro a comprare le cialde per i propri dipendenti, in questo caso l’IVA non risulta detraibile. Questo perché si assimilerebbe l’acquisto del bene a un servizio di somministrazione, considerato destinato a finalità estranee all’attività d’impresa. Un sottile ma fondamentale confine, che rischia di trasformare una spesa apparentemente neutra in un costo fiscale non recuperabile.

Distributori automatici e macchine a cialde

Uno degli aspetti più controversi nella gestione fiscale delle spese aziendali per il caffè riguarda la differenza tra apparecchi automatici e semi-automatici. In particolare, ci si è chiesti se l’acquisto e l’utilizzo di macchine a cialde o capsule – molto diffuse negli ambienti di lavoro – possa godere dello stesso trattamento fiscale previsto per i tradizionali distributori automatici a moneta o gettone. La risposta è affermativa, ed è arrivata già con la Risoluzione n. 124/E del 1° agosto 2000 dell’Agenzia delle Entrate, che ha fatto chiarezza su questo punto.

L’Agenzia ha affermato che anche gli apparecchi a capsule o cialde, pur avendo un funzionamento diverso (richiedono cioè l’acquisto preventivo della capsula e il suo inserimento manuale nella macchina), possono essere considerati equiparabili ai distributori automatici. Questo significa che le somministrazioni effettuate tramite tali macchine possono beneficiare dell’aliquota IVA agevolata, ma solo a determinate condizioni.

La condizione fondamentale è che l’acquirente della capsula o cialda sia anche il consumatore finale, ossia colui che la utilizzerà per preparare e consumare la bevanda. Se invece si verificano passaggi intermedi – ad esempio, un’azienda acquista le capsule e le distribuisce ai dipendenti – il trattamento cambia: non si può più parlare di somministrazione, ma di cessione di beni, con l’applicazione dell’aliquota ordinaria prevista per quel tipo di prodotto. In sostanza, il servizio di somministrazione si perfeziona solo nel momento in cui la macchina eroga la bevanda pronta. È un dettaglio tecnico, ma decisivo per stabilire il corretto regime IVA e la possibile detrazione.

Acquisto aziendale di capsule di caffè - Commercialista.it

La Risoluzione 103/E del 2016

La Risoluzione n. 103/E del 17 novembre 2016 dell’Agenzia delle Entrate ha avuto l’obiettivo di chiarire quale aliquota IVA si applichi agli acquisti di capsule e cialde, nonché il loro corretto inquadramento ai fini della detraibilità. Il documento richiama espressamente la Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 633/1972, distinguendo con precisione tra cessione di beni e somministrazione di alimenti e bevande, ma introduce al contempo un elemento di ambiguità che ha generato dubbi tra gli operatori e gli interpreti.

Nel testo si afferma chiaramente che l’aliquota IVA agevolata del 10% può essere applicata solo quando l’acquirente è il consumatore finale, e dunque una persona fisica che non agisce nell’esercizio di attività d’impresa. Se vi sono passaggi intermedi – come nel caso del datore di lavoro che acquista le cialde per l’utilizzo dei dipendenti – la cessione è da considerarsi una vendita di beni, soggetta all’aliquota propria del prodotto, e non si configura come somministrazione.

Tuttavia, il penultimo capoverso della Risoluzione introduce una formulazione che lascia spazio a interpretazioni contrastanti: si afferma che, anche nel caso in cui l’impresa acquisti capsule per uso proprio o per i collaboratori, si applica comunque l’aliquota del 10%, ma l’IVA resta indetraibile per il datore di lavoro.

Questo passaggio sembra contraddire l’assunto iniziale: l’aliquota ridotta si applicherebbe comunque, anche se si tratta di una cessione di beni e non di un servizio di somministrazione, ma al tempo stesso si nega la detraibilità, come se si trattasse di un consumo interno.

Una contraddizione solo apparente, che trova fondamento nel principio generale dell’IVA sancito dall’art. 26 della Direttiva 112/2006/CE, secondo cui nessun bene deve giungere detassato al consumo finale. Se dunque l’acquisto non è strettamente strumentale all’attività d’impresa, ma ha finalità di “welfare” interno, l’IVA diventa un costo per l’azienda e non è recuperabile.

Art. 19-bis1 e detraibilità IVA

Alla luce della normativa vigente, l’interpretazione contenuta nella Risoluzione n. 103/E del 2016 può essere considerata non pienamente condivisibile, soprattutto per quanto riguarda la presunta indetraibilità dell’IVA sull’acquisto da parte del datore di lavoro di cialde, capsule e boccioni d’acqua. L’Agenzia sembra infatti confondere due livelli: l’acquisto di un bene (le cialde, appunto) e la somministrazione di un servizio (il caffè erogato). Il datore di lavoro, nella realtà, acquista un bene strumentale destinato a un uso interno, e non una somministrazione vera e propria.

Un’analisi più attenta del quadro normativo evidenzia che il D.P.R. n. 633/1972, all’art. 19-bis1, lett. f, esclude in via generale la detrazione dell’IVA sugli alimenti e bevande, ma fa esplicita eccezione per quelli somministrati in mense scolastiche, aziendali, interaziendali o tramite distributori automatici collocati nei locali dell’impresa. È dunque chiaro che, se l’acquisto di capsule o boccioni è funzionale all’uso attraverso distributori automatici posizionati nei locali aziendali, la detraibilità dell’IVA deve ritenersi ammessa, anche se il consumo avviene gratuitamente da parte di dipendenti e collaboratori.

La normativa riconosce quindi che l’uso aziendale di caffè o acqua, gestito tramite distributori (anche a cialde), è parte integrante dell’organizzazione del lavoro, specie in chiave di welfare. Al contrario, la detraibilità andrebbe esclusa solo nei casi in cui l’acquisto non sia effettuato per finalità aziendali, ad esempio quando i beni sono destinati al consumo personale dell’imprenditore o dei dipendenti al di fuori dei locali dell’impresa o non attraverso apparecchi automatici o loro equivalenti. In sintesi, l’art. 19-bis1 apre la strada a una lettura più favorevole per le imprese, rispetto alla posizione restrittiva espressa dall’Agenzia nel 2016.

Acquisto aziendale di capsule di caffè - Commercialista.it

Effetti fiscali e IVA applicabile

Un’ulteriore distinzione da fare, che incide direttamente sul trattamento IVA, riguarda la modalità con cui il caffè viene erogato ai dipendenti: se a titolo oneroso o gratuito. Secondo l’art. 3, comma 2, n. 4 del D.P.R. 633/1972, la somministrazione di alimenti e bevande costituisce prestazione di servizi soggetta a IVA, ma solo se avviene contro corrispettivo. In tal caso, si applica l’aliquota agevolata del 10% sul valore pagato dal dipendente per il caffè, a prescindere dal fatto che l’erogazione avvenga tramite macchinette automatiche, semi-automatiche o tramite personale addetto.

Diverso è il caso in cui il datore di lavoro offre gratuitamente il caffè. Nonostante, a livello europeo, la Direttiva IVA 2006/112/CE preveda che anche i servizi resi a titolo gratuito possano essere imponibili (art. 26, par. 1, lett. a), nel sistema italiano questo principio non trova piena applicazione. Infatti, l’art. 3 del D.P.R. 633/1972 specifica che una prestazione gratuita è soggetta a IVA solo se supera il valore di 50 euro e se non è destinata al personale. Di conseguenza, il classico “caffè alla macchinetta” offerto ai dipendenti non rientra tra le operazioni imponibili, né va fatturato, né comporta la necessità di rettifica della detrazione a monte.

A sostegno di questa interpretazione c’è anche la sentenza della Corte di Giustizia Europea C-607/20, secondo cui l’erogazione gratuita di servizi ai dipendenti può rientrare nell’attività d’impresa, quando ha finalità incentivanti.

Tuttavia, la giurisprudenza italiana tende a escludere che il caffè gratuito abbia un valore incentivante tale da giustificare una detrazione IVA fondata su quel principio. Rimane quindi saldo il quadro nazionale: nessuna imposizione IVA sul caffè offerto al personale, purché resti entro le soglie e finalità aziendali previste dalla norma.

Quando l’IVA è detraibile

Dopo aver analizzato la normativa, le risoluzioni e la giurisprudenza rilevante, è utile riassumere i casi più comuni che un’azienda può trovarsi ad affrontare nell’acquisto e nella gestione delle cialde o capsule di caffè, distinguendo chiaramente le situazioni che consentono la detrazione dell’IVA da quelle in cui ciò non è possibile.

Caso 1: acquisto di cialde utilizzate in distributori automatici aziendali collocati nei locali dell’impresa. In questo caso, l’art. 19-bis1 del DPR 633/72 consente la detrazione dell’IVA, a condizione che l’erogazione avvenga all’interno dell’azienda e che sia destinata al personale. La somministrazione, se gratuita, non è imponibile e non richiede fatturazione.

Caso 2: acquisto da parte del datore di lavoro con utilizzo da parte dei dipendenti tramite macchine semi-automatiche (a cialde o capsule), ma sempre all’interno dell’azienda. Anche qui l’IVA è detraibile, in base al medesimo articolo, considerando l’equiparazione tra distributori automatici e apparecchi a capsule, come da Risoluzione 124/E/2000.

Caso 3: acquisto con successiva erogazione del caffè contro corrispettivo ai dipendenti. In questa ipotesi, l’IVA è detraibile sull’acquisto e si applica l’IVA del 10% sull’importo incassato, poiché si tratta a tutti gli effetti di una prestazione di servizi.

Caso 4: acquisto destinato a consumo personale dell’imprenditore o fuori dai locali aziendali. In tal caso, l’IVA non è detraibile, trattandosi di spese a uso personale e non aziendale. Si configurerebbe un’utilizzazione estranea all’attività d’impresa.

Il quadro normativo è dunque complesso ma chiaro per chi lo conosce a fondo: la detraibilità dell’IVA dipende dal luogo, dalla modalità di utilizzo e dalla destinazione del bene.

Documentazione fiscale

Anche quando la normativa consente la detrazione dell’IVA sugli acquisti aziendali di cialde, capsule e boccioni d’acqua, è essenziale che l’impresa documenti correttamente ogni operazione. La possibilità di detrarre l’imposta presuppone infatti che il bene o il servizio siano acquistati nell’ambito dell’attività economica e utilizzati per finalità strettamente aziendali. Una documentazione errata o incompleta può compromettere la detrazione anche in presenza di una norma favorevole.

Per prima cosa, è necessario che le fatture di acquisto siano intestate correttamente all’impresa, riportando la partita IVA e, se possibile, l’uso specifico del bene, ad esempio: “fornitura capsule per distributore automatico aziendale”. In secondo luogo, è utile dimostrare che il bene è destinato al consumo nei locali aziendali, attraverso elementi oggettivi come la presenza fisica dei distributori automatici (anche a capsule) nei locali di lavoro, foto, contratti di comodato o noleggio degli apparecchi, o verbali interni.

Inoltre, è fortemente raccomandato registrare la spesa nel corretto conto contabile, ad esempio in “Spese di rappresentanza” o “Spese di welfare aziendale”, ma solo quando si tratta di consumo destinato al personale. La classificazione contabile deve essere coerente con la natura della spesa e, soprattutto, deve escludere ogni finalità personale o extra-aziendale.

Infine, in caso di erogazione gratuita del caffè, è prudente non effettuare compensazioni o addebiti interni che possano far pensare a una prestazione di servizio non dichiarata. L’assenza di corrispettivo è determinante per escludere l’applicazione dell’IVA in fase di somministrazione.

Conclusioni

La gestione degli acquisti aziendali di capsule, cialde di caffè e boccioni d’acqua può sembrare, a prima vista, una questione di dettaglio. In realtà, come abbiamo visto, si tratta di un ambito in cui norme IVA, interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate e sentenze europee si intrecciano, generando incertezze che, se sottovalutate, possono trasformarsi in rischi fiscali concreti.

Il nodo centrale resta quello della finalità dell’acquisto: se è chiaramente destinato al personale, realizzato nei locali dell’azienda e tramite distributori automatici o apparecchi equiparabili, la detraibilità dell’IVA è ammissibile, nel rispetto dell’art. 19-bis1 del DPR 633/1972. Se, invece, si cade in ambiguità – ad esempio acquisti destinati a usi privati, a consumo esterno, o senza adeguata documentazione – la spesa rischia di trasformarsi in un costo interamente a carico dell’impresa.

Per questo motivo è fondamentale conoscere le norme, applicarle con rigore e documentare tutto in modo accurato. Anche una semplice spesa per il caffè può avere impatti contabili, fiscali e persino in caso di verifica dell’Agenzia. Investire nella corretta gestione di questi aspetti significa prevenire contestazioni, ottimizzare il carico fiscale e rafforzare la compliance aziendale.

Se hai dubbi sull’impostazione contabile o fiscale delle spese aziendali per cialde, capsule, distributori e consumi interni, il consiglio è di consultare un commercialista esperto. Un piccolo intervento oggi può significare grandi risparmi domani.

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