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martedì 16 Aprile 2024

I Premi di risultato e il Welfare aziendale

Con la Legge di Bilancio entrata in vigore il 01 Gennaio 2017, vengono effettuati ulteriori interventi in materia di premi di risultato  e di welfare aziendale.

Grazie ad essa infatti, vengono aumentati notevolmente gli importi detassabili ed aumenta anche il numero dei destinatari di tale beneficio.

Già la Legge  numero 208 del 28 Dicembre 2015, all’articolo 1, ai commi 182-189, aveva introdotto nuovamente la detassazione dei premi di risultato corrisposti ai lavoratori dipendenti.

Con la Legge di Bilancio entrata in vigore il 01 Gennaio 2017, vengono effettuati ulteriori interventi in materia di premi di risultato  e di welfare aziendale.

Grazie ad essa infatti, vengono aumentati notevolmente gli importi detassabili ed aumenta anche il numero dei destinatari di tale beneficio.

Già la Legge  numero 208 del 28 Dicembre 2015, all’articolo 1, ai commi 182-189, aveva introdotto nuovamente la detassazione dei premi di risultato corrisposti ai lavoratori dipendenti.

L’intervento prevedeva l’applicazione, sul premio di produzione, di una ritenuta  a titolo di imposta del 10%, in sostituzione dell’ Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, ed in sostituzione dell’addizionale regionale e comunale.

Tale Legge, prevedeva però precisi limiti per poter godere di tale beneficio e nello specifico i lavoratori destinatari dell’agevolazione potevano essere esclusivamente quelli dipendenti da datori di lavoro del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente che doveva avere un importo non superiore, con riferimento all’anno precedente a quello di percezione delle somme agevolate, ad euro 50. 000,00.

Altro limite era costituito dal fatto che, salvo espressa rinuncia al premio da parte del lavoratore dipendente, i premi dovevano essere di ammontare variabile, in relazione ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ed il valore massimo che poteva essere detassato era pari ad euro 2. 000,00, che veniva elevato ad euro 2. 500,00 nel caso di aziende che coinvolgevano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione di lavoro.

 

Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2017

La Legge di Bilancio 2017, precisamente la numero 232 del 2016, interviene in tale ambito apportando ulteriori modifiche alla normativa già esistente in materia.

La nuova normativa infatti, all’articolo 1, dal comma 160 al comma 162, prevede un incremento di quelli che sono gli importi che vengono previsti per i premi agevolati, così come prevede un ampliamento della platea dei lavoratori destinatari del beneficio della tassazione agevolata.

A seguito del nuovo importo previsto per i premi dunque, diventano nuovi destinatari dell’agevolazione anche i lavoratori addetti a mansioni di maggiore prestigio. Dunque, non più soltanto operai ed impiegati, ma anche quadri e dirigenti, a patto che però vengano rispettati i limiti previsti dalla nuova normativa.

Va precisato che l’applicazione della tassazione agevolata non è affatto una misura di applicazione automatica, in quanto viene prevista infatti la possibilità che, il lavoratore ne faccia espressa rinuncia.

Con la nuova normativa rimane invariato il fatto che venga applicata una imposta sostitutiva, pari al 10%, in sostituzione dell’ Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche e delle addizionali regionale e comunale, sui premi di risultato, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

Una delle novità più rilevanti introdotte dalla Legge di Bilancio 2017 invece, è stata quella di incrementare quello che è il limite annuale con riferimento alla erogazione stessa dei premi.

Infatti, il limite di importo complessivo dei premi di risultato viene innalzato da euro 2. 000,00 ad euro 3. 000,00; mentre per tutte quelle aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nella organizzazione di lavoro, il limite viene elevato da euro 2. 500,00 ad euro 4. 000,00.

Un ennesimo limite scaturisce dal fatto che sono ammessi a godere di tale agevolazione tutti quei lavoratori facenti parte del settore privato che abbiano conseguito, con riferimento all’anno precedente quello di percezione delle somme, un reddito derivante da lavoro dipendente di importo non superiore ad euro 80. 000,00.

Dunque, come si può ben notare, vi è stato un notevole incremento rispetto al limite reddituale previsto sino al 2016.

E’ altresì importante però, che debbano sussistere delle ulteriori condizioni perché possa essere applicata l’imposta sostitutiva del 10%.

Infatti, le somme devono avere un ammontare variabile, i premi (come anticipato) devono essere conseguenti ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione e la loro corresponsione deve derivare da una contrattazione di secondo livello di cui all’articolo numero 51 del decreto legislativo numero 81 del 15 Giugno 2015, così come inoltre è necessario che il raggiungimento degli obiettivi deve essere verificato in maniera oggettiva attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere individuati in modo apposito.

 

La contrattazione collettiva ed i criteri di misurazione

Gli accordi devono essere stipulati esclusivamente dalle associazioni sindacali che siano comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalla loro rappresentanza sindacale unitaria. Pertanto si fa riferimento ad un livello contrattuale di tipo aziendale o territoriale e dunque non è possibile che l’agevolazione venga prevista da contratti collettivi nazionali oppure da accordi conclusi direttamente tra datore di lavoro e lavoratore.

Perché possa aversi l’applicazione del regime di tassazione agevolata, il verbale di accordo deve essere depositato entro 30 giorni dalla sottoscrizione, insieme alla autodichiarazione di conformità del contratto a quanto previsto dalle diposizioni in merito, presso la competente Direzione Territoriale del Lavoro.

Con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, emanato il 25 Marzo 2016, è stato altresì stabilito che all’interno dei predetti contratti collettivi debbano essere previsti quelli che sono i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nonché i criteri di individuazione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili delle imprese.

A tal proposito, con Circolare della Agenzia delle Entrate numero 28/E del 15 Giugno 2016, è stato chiarito che, perché possa aversi l’applicazione del beneficio fiscale all’ammontare complessivo del premio di risultato erogato, è indispensabile che entro un congruo periodo, il quale dovrà essere stabilito nell’accordo stesso, debba essere realizzato l’incremento di almeno uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione previsti dalla norma, che andrà poi verificato attraverso gli indicatori di misura di cui sopra.

Tra gli aspetti più interessanti in materia di premi  di produttività, si può certamente annoverare quella che fa riferimento all’ipotesi di conversione del premio di produttività stesso.

Precisamente, il lavoratore dipendente ha infatti una facoltà di scelta lì dove, oltre alla possibilità che lo stesso ha di usufruire dell’enorme vantaggio derivante dalla tassazione agevolata in sostituzione di quella ordinaria (IRPEF ed addizionali regionale e comunale), ha la possibilità di scegliere se convertire il premio di produttività in misure di welfare aziendale.

 

Il welfare aziendale

Possono essere oggetto di welfare aziendale quelle somme e quei valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 del TUIR.

Si parla di veri e propri piani attuati dalle aziende e messi a disposizione dei suoi lavoratori perché questi possano fruire di servizi e beni utili per far fronte ad un loro personale bisogno oppure ancora a quello dei loro familiari.

Occorre evidenziare che la Legge numero 208 del 2015, ha provveduto a modificare la lettera f all’interno dell’articolo numero 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

In particolare, da un’attenta lettura della lettera f così come riformulata, emerge una novità importantissima. Con essa viene infatti introdotta la possibilità di fare ricorso a misure di welfare aziendale a seguito della formalizzazione di accordi contrattuali.

Non solo, la Legge numero 208 del 2015, prevede altresì la possibilità  che i benefici del welfare possano essere goduti anche da parte di familiari dei lavoratori, così come indicato dallo stesso articolo 12 del Testo Unico delle imposte sui Redditi.

Continuano comunque sempre ad essere inclusi le opere ed i servizi a scopo educativo, di istruzione, di ricreazione, di assistenza sociale e sanitaria o culto.

A riguardo è opportuno precisare che le opere ed i servizi ad oggetto del welfare aziendale possono essere erogati anche attraverso il ricorso a strutture esterne, ma a patto che il dipendente risulti estraneo all’eventuale rapporto economico intercorrente tra il datore di lavoro e la struttura che eroga il bene.

In tal caso la norma, con riferimento all’erogazione di servizi ed opere previste dalla lettera f,  non prevede assolutamente la possibilità di erogare una somma al dipendente, a titolo di rimborso spese per servizi ed opere.

Ma la Legge di Stabilità 2016, apporta un intervento anche alla lettera f-bis dell’articolo 51 del TUIR.

Infatti, con la nuova formulazione vengono inclusi altresì, tra i servizi fruibili dai familiari indicati all’articolo 12 del TUIR, le scuole materne, oltre agli asili nido, che prima non erano incluse tra i servizi di istruzione e di educazione e anziché riferirsi alle colonie climatiche, si fa riferimento adesso ai centri estivi ed invernali ed alle ludoteche.

Per quanto concerne il riferimento alle borse di studio, così come precisato con Circolare dell’ Agenzia delle Entrate numero 28/E del 15/06/2016, si può fare benissimo riferimento ai contributi versati dal datore di lavoro per effettuare il rimborso di spese sostenute dal lavoratore per le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri scolastici, ed agli incentivi economici concessi agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.

Si può inoltre fare riferimento al servizio di trasporto scolastico, alle somme dovute per le gite scolastiche etc.

In questo caso giova precisare che, oltre a poter erogare direttamente tali servizi, il datore di lavoro, può farlo anche corrispondendo somme di denaro direttamente ai dipendenti a titolo di rimborso per le spese già avvenute, naturalmente dopo esibizione di documentazione certa.

Con l’art. 1 della Legge di Stabilità 2016, viene poi introdotta anche la lettera f-ter) al comma 2 dell’ articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Nello specifico, al fine di favorire una conciliazione tra quella che è la vita lavorativa e la vita privata del lavoratore, è concessa la detassazione delle prestazioni di assistenza per i familiari anziani o non autosufficienti erogate anche sottoforma di somme a titolo di rimborso spese.

Oltre alla Legge di Stabilità 2016 però, anche la Legge di Bilancio 2017 effettua diversi ed importanti interventi in materia di premi di produttività e di welfare aziendale estendendone notevolmente il campo di applicazione.

Anzitutto è importante premettere che la lettera b) del nuovo comma 160, chiarisce che i valori ed i servizi percepiti o goduti dal lavoratore dipendente, con riferimento al comma 4 dell’articolo 51 del Testo Unico delle imposte sui redditi, relativi all’uso promiscuo di veicoli, concessione di prestiti, fabbricati che vengono concessi in locazione, in uso oppure in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario, considerati come reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF, rientrano nell’imposizione IRPEF ordinaria e non sono soggetti ad imposta sostitutiva anche nell’ipotesi in cui il lavoratore fruisca degli stessi servizi oppure degli stessi valori in sostituzione delle somme agevolabili, in misura totale o parziale.

Inoltre, continuando in una attenta disamina della nuova disciplina prevista dalla Legge di Bilancio 2017, alla lettera c) viene contemplata l’esclusione da qualsiasi forma di imposizione tributaria, di determinati valori e di determinate somme o servizi, qualora questi vengano percepiti o fruiti dal dipendente in sostituzione totale o parziale delle somme oggetto di tassazione agevolata.

Nello specifico, la normativa fa riferimento ai contributi alle forme pensionistiche complementari, anche qualora  vengano versati in eccesso rispetto a quelli che sono i relativi limiti di deducibilità, ai fini IRPEF, dal reddito da lavoro dipendente. Tali contributi eccedenti non concorrono a formare la parte imponibile della prestazione complementare.

La lettera c) inoltre, fa riferimento anche a quei contributi di assistenza sanitaria di cui all’articolo 51 del TUIR, comma 2, lettera a), anche nel caso in cui vengano versati in più  rispetto a quelli che sono i relativi limiti di esenzione dall’ IRPEF, così come fa riferimento al valore delle azioni di cui al secondo comma lettera g) dell’ articolo 51 del TUIR, che sono ricevute per scelta del lavoratore, anche se ricevute per un importo complessivo superiore, durante il periodo di imposta, a quello escluso dal reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF.

Con il comma 161, viene poi introdotta  la lettera f- quater) al comma 2, articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Con tale ulteriore intervento, viene prevista l’esclusione, dalla base imponibile dei redditi da lavoro dipendente, dei contributi e dei premi che vengono versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti,  per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie.

Il comma 162, facente sempre parte dell’articolo 1 invece, rappresenta in un certo senso una norma di interpretazione autentica, ove, con riguardo all’esclusione dalla base imponibile ai fini IRPEF, fa riferimento all’uso delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro, ed utilizzabili dalla generalità dei dipendenti per determinate finalità di educazione, istruzione e ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o culto. Parrebbe dunque che vengono incluse in tale nozione, anche tutte quelle opere e quei servizi riconosciuti dal datore in conformità a disposizioni di contratti  collettivi nazionali di lavoro, di accordi interconfederali oppure di contratti collettivi territoriali.

 

I voucher nel welfare aziendale

L’articolo 1, al comma 190 lettera b), della Legge n. 208/2015, ha inserito, dopo il comma 3 dell’articolo 51 TUIR, il comma 3-bis, in base al quale “ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro, può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”.

Dunque, a seguito di tale norma, l’agevolazione si applica anche con riferimento ai servizi di welfare aziendale, seppure essi vengano erogati mediante dei voucher.

Perché si possa usufruire dell’esenzione fiscale, è però indispensabile che vi sia la sussistenza di alcune caratteristiche: i voucher devono essere nominativi; non devono essere monetizzati; non devono essere utilizzati da persona diversa dal titolare e non possono essere ceduti; devono dare diritto ad un bene soltanto, o comunque ad una sola prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale.

Con Circolare  n. 28/E del 2016, l’ Agenzia delle Entrate ha tenuto a precisare che la prestazione ad oggetto del welfare può riguardare delle somministrazioni che siano continuative o ripetute nel tempo, indicate nel loro valore complessivo, come ad esempio, abbonamenti annuali a teatro, alla palestra, cicli di terapie mediche, pacchetto di lezioni di nuoto.

Occorre però fare una precisazione: se infatti è vero che il Decreto Ministeriale del 25 Marzo 2016 ha stabilito che i voucher danno diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale, è però vero d’altra parte che l’articolo 6 del Decreto suddetto, al secondo comma, prevede espressamente una deroga a tale disposizione.

Infatti, viene fatto riferimento ai cosiddetti “voucher multiuso”.

Nello specifico viene a riguardo previsto che è possibile indicare cumulativamente in un unico documento di legittimazione i beni ed i servizi di cui all’articolo 51, comma terzo, ultimo periodo, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, a patto che il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di € 258,23.

L’articolo 51 T. U. I. R. , al comma 3, ultimo periodo, recita che: “ Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo di imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito. ”

Pertanto il legislatore permette, con riferimento alle erogazioni previste dall’articolo 51, comma terzo, ultimo periodo del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, che il datore possa indicare un unico importo, che sia comprensivo di una cumulabilità di beni e servizi, a condizione che venga rispettato il suddetto limite.

Oggetto del voucher multiuso possono essere sia servizi o prestazioni che siano frutto di accordo tra datore di lavoro e sindacati, sia prestazioni che vengono erogate e concesse in maniera del tutto volontaria.

Anche in base a quanto precisato dall’ Agenzia delle Entrate, nell’eventualità in cui si incorra nel superamento del predetto limite, la conseguenza è che tutto l’importo va a concorrere con la determinazione del reddito di lavoro dipendente.

 

 

Avv. Giovanni Di Corrado

Consulente del Lavoro

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