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lunedì 15 Aprile 2024

Fringe benefit

Il Welfare Aziendale consente a tutte le aziende, senza distinzioni di fatturato, dimensioni, settore, di erogare ai propri dipendenti benefici in natura, sotto forma di beni e/o servizi.

I benefici erogati, per quanto differenti per tipologia, hanno tutte un impatto positivo sia per i lavoratori che per le aziende che godranno di vantaggi fiscali e non solo.

Rientrano tra le politiche di welfare aziendale i fringe benefit e il flexible benefit. Ecco alcune novità 2022.

 

Il fringe benefit

I fringe benefit, dall’inglese, “benefici marginali”, rappresentano una forma di retribuzione in natura ai sensi della legge. Essi incentivano la produttività dei propri dipendenti, grazie la concessione in uso di beni e servizi (es. Telefono cellulare, il computer portatile o il tablet, l’abitazione in affitto, i buoni pasto e buoni carburante, l’automobile aziendale).

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente se il valore normale dei beni ceduti e dei servizi prestati non superi, complessivamente, nel periodo d’imposta, l’importo di 258,23€.

La precedente soglia di esenzione, fissata dalla manovra fiscale 2020 a 516,46€ ed estesa anche al 2021 (per mezzo della legge di conversione in legge del decreto Sostegni), è stata dimezzata a 258,23€, dalla Legge di bilancio 2022, in linea con l’importo originario previsto dall’art. 51 del TUIR.

Il limite di 258,23€ è stabilito con riferimento all’intero periodo di imposta solare o, se inferiore, il numero di giorni in cui è stato in servizio.

Ai fini del calcolo del limite è necessario considerare anche i fringe benefits eventualmente concessi dal precedente datore di lavoro (es. Il caso del dipendente che ha cambiato lavoro nel corso dell’anno e ottenuto diversi fringe benefit da diversi datori di lavoro).

Si tratta in sintesi di:

– beni e servizi aggiunti alla normale retribuzione e disciplinati all’interno del contratto individuale che l’azienda stipula con il lavoratore;

– sono, quindi, legati alla funzione del dipendente e pensati per agevolarne la mansione, sgravandolo di alcune spese;

– non sono sottoposti a tassazione solo se il loro valore non supera 258,23€. Nel caso contrario, l’intero valore dei fringe benefit verrà tassato;

– a differenza dei flexible benefit, non devono essere necessariamente riconosciuti a tutti i lavoratori.

 

I flexible benefit

I Flexible Benefit, come i fringe benefit, sono benefit in natura (beni o servizi) rivolti a migliorare il benessere generale del lavoratore (qualità della sua vita e dei suoi familiari; conciliazione degli impegni lavorativi con quelli privati). Ne fanno parte, ad esempio, fra i più diffusi, i mezzi di trasporto collettivo per raggiungere il posto di lavoro, buoni pasto o buoni carburante, corsi di lingua o formazione, polizze sanitarie, asili nido, interessi agevolati su mutui.

In Italia il Rapporto Welfare Index PMI 2017 ha rivelato che l’uso dei flexible benefits, da parte delle aziende, non ha avuto un’immediata diffusione, perché poco conosciuto (nel 2017 solo il 5,8% delle PMI li conosceva e li utilizzava).

In base alle previsioni dell’art. 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) ed alla definizione data dall’Agenzia delle Entrate con Circolare n. 28/E del 15 giugno 2016:

– l’azienda deve rendere fruibili a tutti i dipendenti i flexible benefits stabiliti, senza distinzioni e in maniera omogena;

– qualora scelga di erogare questi beni o servizi, il datore di lavoro deve farlo indipendentemente dalla retribuzione corrisposta ai dipendenti.

In sintesi, i flexible benefit:

–  devono essere erogati a tutti i dipendenti, o a loro categorie omogenee, e vengono disciplinati da appositi accordi bilaterali o regolamenti aziendali;

–  sono esenti, ex art. 51 Tuir, dal pagamento di tasse e contributi in quanto non concorrono a costituire il reddito da lavoro dipendente e, a differenza dei Fringe Benefit, ai fini della detassazione, non hanno limiti di spendibilità, se non quelli stabiliti dall’azienda in fase di contrattazione o dal Regolamento.

Segnaliamo l’onere, per il datore di lavoro, in sede di CU, di certificare i rimborsi effettuati in applicazione dell’art. 51 del Tuir, nell’apposita sezione “Rimborso di beni e servizi non soggetti a tassazione”.

Quali i vantaggi per i lavoratori

L’impatto positivo del welfare aziendale sui lavoratori opera su due livelli:

1.      livello personale: incremento del benessere personale e migliore conciliazione dei tempi di vita privata, lavoro, famiglia;

2.      livello economico: i beni e i servizi erogati godono di agevolazioni di natura fiscale, essendo completamente esenti, ad eccezione dei fringe benefits (per i quali sussiste una soglia di esenzione fino ad 258,23€), per la previdenza complementare (limite di esenzione pari ad 5. 164€), e per le casse sanitarie (limite di esenzione pari ad 3. 615€). Inoltre, grazie ai servizi e beni ottenuti, i lavoratori beneficiano di un aumento del potere di acquisto della propria retribuzione, con conseguente ottimizzazione del risparmio e miglioramento dell’efficienza fiscale nell’allocazione delle risorse.

 

I vantaggi del welfare aziendale per le aziende

Il welfare si presenta, alla luce dei risvolti positivi sui propri dipendenti, uno strumento efficace per un significativo miglioramento del clima aziendale. Il dipendente che ottiene i benefit aziendali, grazie ai vantaggi conseguiti a livello personale ed economico, è – lavorativamente-  più motivato e produttivo: un dipendente soddisfatto e appagato lavora meglio, e intrattiene una collaborazione più serena e proficua con i propri datori di lavoro.

Ma non solo. L’azienda che implementa piani di welfare aziendale gode di incentivi fiscali. Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), all’interno dell’articolo 51 (erogazioni a favore dei dipendenti) e articolo100 (oneri di utilità sociale), individua somme e valori che, se erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o categorie omogenee:

–  non concorrono alla formazione di reddito per il dipendente;

–  e sono deducibili dal datore di lavoro ai fini Ires.

In conclusione, se, per il dipendente, ricevere un premio in welfare, piuttosto che in denaro, è senz’altro conveniente (in termini di risparmio di contributi previdenziali e imposte a suo carico), grazie al sostanziale azzeramento del prelievo fiscale e contributivo sui beni e servizi; i vantaggi fiscali sono tutt’altro che trascurabili anche per le aziende. Infatti, a livello tributario i costi dei beni e servizi resi sono deducibili dall’imponibile del reddito d’impresa, assicurando all’azienda un risparmio fiscale.

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