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martedì 16 Aprile 2024

Licenza di marchio d’impresa o collettivo da privato a società di capitali. Le royalties sono imponibili?

Esaminiamo l’ipotesi in cui un soggetto persona fisica incassi delle royalties, da una società di capitali, in cambio dell’attribuzione alla stessa dell’utilizzo economico del marchio (d’impresa o collettivo). Il soggetto pone quindi in essere questa operazione negoziale “occasionalmente”, senza agire come imprenditore, cioè senza ricollegare la concessione in licenza ad un’attività economica professionale organizzata, diretta alla produzione e scambio di beni e servizi (articolo 2082 codice civile).  Cosa succede a livello fiscale?   Per districare la fumosa questione interpretativa relativa al trattamento fiscale delle royalties da parte di soggetto persona fisica, proviamo ad elaborare una ricostruzione interpretativa che terrà conto di diversi elementi e che possa trovare un valido riscontro normativo a livello sistematico.  

Distinzione tra “utilizzo diretto”, “utilizzo indiretto” e “cessione” del marchio

Esaminiamo l’ipotesi in cui un soggetto persona fisica incassi delle royalties, da una società di capitali, in cambio dell’attribuzione alla stessa dell’utilizzo economico del marchio (d’impresa o collettivo). Cosa succede a livello fiscale?

Per rispondere al quesito, occorre in primis evidenziare la differenza tra utilizzo diretto, indiretto e cessione del marchio.

Utilizzo diretto: è l’uso del marchio da parte del titolare, nell’ambito della propria attività economica, per contraddistinguere i propri prodotti o servizi rispetto a quelli dei concorrenti.

Utilizzo indiretto: è la concessione in uso del diritto all’utilizzo del marchio. Trattasi cioè della concessione in licenza del brand, conosciuta anche come “licensing”, dal titolare cioè il licenziante, che ne mantiene la proprietà, ad un altro soggetto, il licenziatario, che potrà utilizzarlo ai fini commerciali corrispondendo in cambio una royalty al titolare.

Cessione: è il trasferimento della proprietà unitamente al diritto di utilizzo economico del marchio dall’originario titolare ad un terzo soggetto, che consente di realizzare plusvalenze in beneficio del cedente.

“Focus” del caso

L’ipotesi che si intende esaminare, è quella dell’utilizzo indiretto del marchio da parte di una persona fisica che concede in licenza il brand alla società di capitali.

Il soggetto pone quindi in essere questa operazione negoziale “occasionalmente”, senza agire come imprenditore, cioè senza ricollegare la concessione in licenza ad un’attività economica professionale organizzata, diretta alla produzione e scambio di beni e servizi (articolo 2082 codice civile)

N. B. Se invece l’attività di licensing del soggetto persona fisica titolare del marchio che percepisce una percentuale sugli incassi dalla società utilizzatrice, fosse calata nel quadro di un’attività economica imprenditoriale, la stessa non sfuggirebbe a tassazione.

L’impasse che non consente automaticamente di considerare esenti da imposizione fiscale i redditi ottenuti dal soggetto nel caso in esame, deriva sotto il profilo giuridico ermeneutico, proprio dall’interpretazione del termine “utilizzazione economica” del marchio

Da un lato, la relazione governativa all’articolo 49 (ora 53 TUIR) nell’usare il termine “utilizzazione”, non distingue tra concessione e cessione del marchio e, pertanto, configurerebbe come certa la non imponibilità dei corrispettivi conseguiti in entrambe le situazioni economico-giuridiche, in un contesto esulante dall’esercizio dell’attività di impresa.

Tuttavia, in contrasto con tale orientamento, la risoluzione 30/E del 16 febbraio 2006 ha ritenuto di attribuire rilevanza impositiva, come reddito diverso, ai corrispettivi citati, limitatamente alla esecuzione del contratto di “concessione” (e non anche di cessione) per l’utilizzo del marchio, in quanto suscettibile di essere annoverato nella più generica e residuale fattispecie giuridica consistente nell’assunzione dell’obbligo di fare, non fare, permettere, ex lettera l, comma 1, dell’articolo 67 del TUIR.

Per l’amministrazione finanziaria quindi le royalties sarebbero tassabili come redditi diversi ma tale assunto non viene esteso alle ipotesi di vendita del marchio.

Una soluzione interpretativa a favore del contribuente: detassazione fiscale delle royalties come “non reddito”

Per districare la fumosa questione interpretativa relativa al trattamento fiscale delle royalties da parte di soggetto persona fisica, proviamo ad elaborare una ricostruzione interpretativa che terrà conto di diversi elementi e che trovi un valido riscontro normativo a livello sistematico.

Efficacia delle risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate

In primis, analizziamo il problema sul piano della gerarchia delle fonti.

Ci si dovrebbe chiedere: le risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate sono giuridicamente vincolanti?  La risposta non può che essere negativa perché si tratta di atti amministrativi interni che riportano un’interpretazione legislativa sulla base di specifiche istanze ed esprimono una potestà d’ indirizzo priva di efficacia normativa esterna.  Recentemente, la Corte di Cassazione con sentenza n. 5137/2014 si è pronunciata affermando che le risoluzioni e le circolari non sono fonti del diritto, chiarendo che l’interpretazione della normativa tributaria in esse contenuta, non vincola né i contribuenti né i giudici.  Tali atti quindi, possono dettare agli uffici periferici criteri di comportamento da seguire nella concreta applicazione di norme di legge, ma non possono imporre ai contribuenti nessun adempimento non previsto dalla legge né, soprattutto, attribuire all’inadempimento del contribuente a tali prescrizioni un effetto non previsto da una norma di legge.  Quindi costituiscono esclusivamente pareri dell’amministrazione non vincolanti per il contribuente, e non sono, quindi, impugnabili neanche innanzi al giudice amministrativo, non essendo atti generali di imposizione (in senso conforme Cassazione Civile, Sezioni Unite. , sentenza 02/11/2007 n° 23031).

Inoltre, anche a voler riconoscere efficacia alla citata risoluzione n. 30/E del 2006 occorre considerare che la stessa si riferisce ad un’ipotesi di concessione in uso con licenza non esclusiva perché comunque il titolare concedente del marchio continuava ad utilizzarlo per la propria attività professionale, ipotesi diversa dal caso in esame dove invece la persona fisica licenziante non spenderebbe economicamente il marchio nell’ambito di un’attività imprenditoriale dopo averlo concesso in licenza alla società di capitali.

Sulla base di queste considerazioni, risulta maggiormente attendibile l’interpretazione favorevole alla detassazione di questi compensi, conformemente alla relazione governativa al TUIR sopra citata.

Inquadramento sistematico delle royalty nel DPR 917/1986

L’interpretazione favorevole alla neutralità fiscale dei proventi derivanti dall’utilizzo “indiretto” del marchio da parte di persona fisica si fonderebbe anche su un dato normativo secondo un’interpretazione “sistematica” di coordinamento ermeneutico delle disposizioni del Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR)

Dal punto di vista civilistico, la nozione di royalty identifica il corrispettivo pattuito nel quadro di un contratto con effetti obbligatori, ed avente ad oggetto un bene immateriale, nel caso in esame, un marchio d’impresa o collettivo.

Il diritto tributario invece, bypassando l’aspetto contrattuale, all’articolo 53 TUIR,  sintetizza l’intera fattispecie attraverso la locuzione “utilizzazione economica” la quale assorbirebbe, insieme all’ipotesi di concessione in licenza, anche la cessione a titolo oneroso) e non configura una definizione unitaria di royalty.

Infatti, con l’entrata in vigore del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D. P. R. 22 dicembre 1986, n. 917) dal 1°gennaio 1988, è scomparsa la normativa che regolava espressamente la fattispecie in esame. (D. P. R. 29 settembre 1973, n°597) in base alla quale i proventi da concessione in licenza conseguiti da un soggetto privato erano inquadrati e tassati come redditi di lavoro autonomo.

L’attuale TUIR, infatti, ha previsto in relazione ai proventi in questione, costituiti dai redditi derivanti dallo sfruttamento di beni intangibili, un trattamento fiscale differenziato, a seconda di alcune variabili, in primis al soggetto, residente, che li percepisce, estromettendo l’ipotesi del soggetto privato.

In sintesi le royalty:

a) costituiscono redditi d’impresa quindi rientranti nella disciplina dell’articolo 55 del TUIR se conseguiti da soggetti che agiscono nell’esercizio professionale di una attività commerciale e, in ogni caso, se conseguiti da società ed enti commerciali;

b) diversamente, costituiscono redditi “diversi”, ovvero redditi di lavoro autonomo quindi rientranti nella disciplina dell’articolo 53 TUIR se l’utilizzazione economica del bene è effettuata direttamente dall’autore o dall’inventore, non nell’esercizio di imprese commerciali (utilizzo diretto);

Nel caso di specie invece, trattasi di utilizzo indiretto da parte della persona fisica, astratto da attività d’impresa quindi non rientrante né nell’ipotesi sub a), né in quella sub b).

Infatti la persona fisica non utilizza il marchio per un’attività di commercializzazione di prodotti ai quali viene apposto, introitando così direttamente i guadagni a livello imprenditoriale ma ne attribuisce la spendibilità economica alla società di capitali mantenendone solo la titolarità formale.

Ciò a supporto della detassazione fiscale di tali proventi secondo la nostra ricostruzione interpretativa

Si auspica in ogni caso, un intervento chiarificatore a livello legislativo o dell’Amministrazione Finanziaria che definisca la questione della tassazione delle royalties da persona fisica non imprenditore in modo puntuale ed esplicito.

Conclusione

La persona fisica che concede in licenza un marchio ad una società di capitali incasserà delle royalty che, in base alla interpretazione della relazione ministeriale all’articolo 53 non sarebbero tassabili e che invece sulla base della risoluzione 30/E del 16 febbraio 2006 ADE rileverebbero come redditi diversi derivanti da un obbligo di permettere.

Seguendo la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, peraltro non normativamente vincolante per i contribuenti, le royalty così incassate sarebbero dichiarabili nel quadro RL di Unico persone fisiche, sezione II-A

Secondo la nostra soluzione interpretativa in linea con la relazione governativa TUIR, tali redditi sarebbero detassati perché non costituenti né redditi d’impresa (articolo 55 TUIR) né redditi diversi (articolo 67) né redditi autonomi (articolo 53) in quanto generati dall’utilizzo indiretto del marchio da persona fisica privata.

 

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