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mercoledì 27 Marzo 2024

Cartella esattoriale notificata via pec nulla

Quando non paghi le imposte, multe, sanzioni amministrative, contributi Inps, l’Agenzia delle entrate e riscossione, può, per legge, notificarti le cartelle esattoriali, gli avvisi e gli altri atti, anche tramite posta elettronica certificata (pec).

La pec, per gli uffici pubblici è un mezzo di notifica più tecnologico e rapido rispetto l’invio tramite ufficio postale. Ma l’Agente della riscossione deve comunque rispettare date modalità di invio, altrimenti la cartella via pec può dirsi nulla e potrai non pagarla. Come?

Se hai appena ricevuto una pec con una cartella esattoriale o altro atto, prima di concentrarti sul contenuto, presta attenzione al mittente. Questo particolare può rendere nulla la notifica della tua cartella.

Come puoi verificare l’indirizzo pec dell’Agenzia delle entrate riscossione?

Dovrai accedere al registro pubblico degli indirizzi pec.  Esistono diversi registri. Si tratta di elenchi che contengono gli indirizzi pec (“domicili digitali”) di professionisti, enti e imprese, cioè di coloro che per legge sono chiamati ad eseguire e/o ricevere notifiche.

Per gli enti pubblici il registro di riferimento è l’IPA.

Gli uffici pubblici rientrano tra coloro che possono notificare per pec (D. P. R. 60/1973).

Notifica delle cartelle esattoriali via pec. Le modalità

Questo tipo di notifica, fin dalla sua introduzione, ha sollevato subito perplessità.

Il punto è che la legge (art. 60 DPR. 600/73) ha esplicitato solo le caratteristiche che, per una valida notifica, deve avere l’indirizzo pec del destinatario, stabilendo che:

– per i soggetti obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nei pubblici registri (INIPEC) (ossia le società, imprese individuali e professionisti), l’ente dovrà inviare la pec all’indirizzo del destinatario risultante da tali registri;

– per i soggetti diversi la notificazione può essere eseguita all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui sono intestatari.

L’indirizzo pec del mittente? La legge non ha specificato se deve essere registrato nei pubblici elenchi!

Da qui l’abitudine, di ogni ufficio territoriale, di inviare la pec tramite l’indirizzo, ad esempio, per gli uffici della Regione Lazio,  “notifica. Acc. Lazio@pec. Agenziariscossione. Gov. It”, che non risulta nel registro IPA. Similmente accade nelle altre Regioni (notifica. Acc. Campania@pec. Agenziariscossione. Gov. It; notifica. Acc. Sardegna@pec. Agenziariscossione. Gov. It e cosi via)

L’indirizzo ufficiale per eseguire le notifiche, presente in IPA è protocollo@pec. Agenziariscossione.

Quindi, la notifica, eseguita dall’ufficio in tal modo, è valida?

Su tutto il territorio nazionale, i contribuenti hanno segnalato questa prassi alle competenti Commissioni Tributarie, che hanno però espresso pareri divergenti, a causa dell’incertezza della legge.

Non a caso, l’Agente della riscossione si è a lungo difeso facendo leva sul DPR n. 602/73 (articolo 26) per il quale è richiesto espressamente che la sola pec del destinatario deve risultare nei registri pubblici, senza nulla chiarire per la pec del mittente.

Perché questa abitudine dell’ufficio è contestabile? I contribuenti, ricevendo una pec, con richiesta di pagamento, da un indirizzo che non è presente nel registro internet, e come tale non è associato a quell’ufficio, sono legittimamente indotti essere a ritenere che si tratta di una mail truffa (phishing). Naturale, dunque, non aprirla e cancellarla.

Così il destinatario rischia di essere privato del diritto di contestare la cartella stessa entro i termini.

Cosa ne pensa la giurisprudenza più recente?

Le notifiche Pec dell’agente di Riscossore devono essere inviate da indirizzi di posta elettronica certificati estratti dai pubblici registri.

In caso contrario, la cartella è nulla (non ha effetti giuridici) e la notifica è inesistente.

A dirlo, non solo la suprema Corte di legittimità (Cass. N. 17346/2019 e n. 3093/2020) ma anche le Commissioni tributarie coinvolte nel merito dei ricorsi dei contribuenti. In particolare, la recente sentenza della CTR Lazio, n. 915 del 28 febbraio 2022 esclude che, allo stato attuale, il silenzio della legge, possa essere interpretato a vantaggio dell’Agenzia delle entrate riscossione.

L’interpretazione giurisprudenziale colma la lacuna normativa creata dal DPR 600/73, in modo coerente e logico, in linea con la principale normativa di riferimento delle Pubbliche Amministrazioni: il Codice dell’Amministrazione Digitale, “CAD” (D. Lgs. N. 82/2005).

Il CAD chiarisce che le Pubbliche Amministrazioni, (quindi anche l’Agenzia delle entrate riscossione), per le notifiche, devono utilizzare gli indirizzi PEC presenti nei pubblici registri.

In sintesi:

–  non è sufficiente che siano estratti, da tali registri, solo gli indirizzi del soggetto destinatario, ma devono essere estratti, sempre da tali indici, anche gli indirizzi dei soggetti mittenti la PEC.

–  l’assenza dell’indirizzo pec nei registri pubblici è contestabile e, secondo la CTP di Roma (sentenza n. 2799/2020), l’impugnazione della cartella non è una condotta che sana tale vizio.

Ecco perché è utile, prima di pagare, accertare se la PEC mittente appartiene all’elenco degli ammissibili!

Cosa fare?

Chi riceve un’e-mail con una richiesta di pagamento da parte di Agenzia Entrate o Agenzia Entrate Riscossione deve:

– collegarsi al sito istituzionale dell’Ente da cui proviene la missiva e verificare se l’indirizzo Pec è quello effettivo;

– verificare che l’indirizzo sia contenuto nei registri pubblici degli indirizzi Pec (esempio IPA).

Se l’indirizzo da cui proviene la cartella esattoriale non è nell’elenco dell’IPA, è possibile impugnare l’atto.

Come impugnare la cartella esattoriale

Per contestare la cartella esattoriale è previsto il termine di 60 giorni dal ricevimento della PEC. Lo strumento a disposizione è il ricorso da presentare al giudice competente:

– Commissione Tributaria Provinciale, per cartelle riferite a mancato pagamento di imposte (Irpef, Imu, Iva, Tari, bollo auto, ecc. );

– Giudice di Pace se la cartella è riferita a multe stradali o a sanzioni amministrative;

– Tribunale ordinario – sezione lavoro, se la cartella è riferita all’omesso versamento di contributi Inps o Inail.

Per il buon esito della procedura è consigliabile rivolgersi a un commercialista (quando la competenza è della Commissione tributaria) oppure ad un avvocato.

Ad ogni modo, la consulenza di un commercialista è necessaria per valutare ogni altra strategia alternativa da intraprendere, tenuto conto della tipologia ed entità della cartella e, soprattutto, alla luce della complessiva posizione debitoria del cliente.

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