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mercoledì 27 Marzo 2024

Il contratto collettivo di lavoro

Il contratto collettivo di lavoro viene definito come “l’accordo tra un datore di lavoro, o un gruppo di datori di lavoro, ed un’organizzazione o più di lavoratori allo scopo di stabilire il trattamento minimo garantito e le condizioni di lavoro alle quali dovranno adeguarsi i singoli contratti individuali stipulati sul territorio nazionale; la contrattazione collettiva è il principale strumento di autoregolamentazione dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali.

Il contratto collettivo di lavoro

Analisi del contratto collettivo di lavoro in merito alla definizione, caratteristiche e fondamento

Il contratto collettivo di lavoro viene definito come “l’accordo tra un datore di lavoro, o un gruppo di datori di lavoro, ed un’organizzazione o più di lavoratori allo scopo di stabilire il trattamento minimo garantito e le condizioni di lavoro alle quali dovranno adeguarsi i singoli contratti individuali stipulati sul territorio nazionale; la contrattazione collettiva è il principale strumento di autoregolamentazione dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali.

Esso si caratterizza principalmente per:

·         i soggetti, visto che il contratto viene stipulato tra parti, di cui una almeno è quella dei prestatori di lavoro, deve essere costituita da soggetti coalizzati;

·         l’oggetto, con esso si intende stabilire in modo impegnativo tra le parti, le clausole e le condizioni dei futuri contratti individuali dei singoli prestatori che appartengono alla categoria.

Il fondamento giuridico del contratto da un lato è rappresentato dall’autonomia che l’ordinamento giuridico concede alle organizzazioni sindacali e dal rapporto interno che unisce il sindacato ai suoi membri per cui il primo rappresenta giuridicamente il secondo.

Il contratto collettivo è nato con la L. 563/1926, istitutiva dell’ordinamento corporativo, che prevedeva per ciascuna categoria di lavoratori o datori di lavoro, una sola organizzazione professionale che aveva la rappresentanza legale della categoria professionale ed era legittimata a stipulare i contratti collettivi corporativi che avevano efficacia erga omnes, in quando rappresentavano una fonte obiettiva di diritto; con l’abolizione dell’ordinamento corporativa fu ideato un sistema che doveva essere transitorio, che lasciava in vigore le norme contenute nei contratti collettivi, negli accordi economici, nelle sentenze della magistratura ed in alcune ordinanze corporative precedentemente emanate salvo le successive modifiche. L’articolo 39 della Costituzione stabilisce invece uno speciale procedimento per la stipulazione dei contratti collettivi attraverso il quale viene ad essi attribuita efficacia di norma giuridica, valevole erga omnes. Questa norma necessità di una legge di esecuzione che però fin ora non è stata mai adottata, rendendo quindi inattuato il procedimento per le registrazioni dei sindacati previsto dalla Costituzione; attualmente quindi nel nostro ordinamento non c’è un contratto collettivo prefigurato dalla Costituzione, l’unico contratto collettivo che oggi può realizzarsi è quello di diritto comune così chiamato in quanto trovano applicazione le norme diritto comune in materia contrattuale.

Lo scopo principale del contratto collettivo è quello di stabilire delle condizioni uniformi e obbligatorie valide per tutti i prestatori di una determinata categoria, per evitare una possibile e dannosa concorrenza prima di tutto tra prestatori che pur di ottenere il lavoro, potrebbero essere indotti a pretendere un trattamento economico inferiore a quello pattuito dai sindacati per la loro categoria, e tra datori di lavoro perché coloro che corrispondono stipendi più bassi di quelli stabiliti contrattualmente, vedrebbero diminuiti i loro costi di lavoro, trovandosi così in una situazione di vantaggio nei confronti degli imprenditori che invece corrispondono le giuste tariffe sindacali.

L’oggetto della disciplina del contratto collettivo è invece costituito, in linea di massima, dai rapporti individuali di lavoro subordinato; è possibile disciplinare tramite la contrattazione collettiva anche altri tipi di rapporti in cui i prestatori si trovano in condizioni di inferiorità economica rispetto all’altra e ciò legittima i sindacati alla disciplina di essi tramite contratti collettivi come per esempio per alcuni lavoratori parasubordinati. Bisogna comunque distinguere tra il contenuto normativo ed il contenuto obbligatorio del contratto collettivo di diritto comune: il contenuto normativo attiene al complesso di clausole che sono destinate ad avere efficacia nei singoli rapporti di lavoro (es. Livelli retributivi, orario di lavoro, ferie etc. ) mentre il contenuto obbligatorio è quello che vincola a determinati comportamenti le associazioni tra lavoratori e datori tra loro come ad esempio le clausole di tregua sindacale.

La parte normativa a sua volta è articolata in due parti: parte economica che riguarda i minimi di paga e le varie voci retributive e la parte propriamente normativa, che invece riguarda i vari istituti del rapporto di lavoro, come l’inquadramento, le ferie, i permessi e i congedi.

In base al criterio dell’ordine gerarchico (la norma di ordine superiore prevale su quella di ordine inferiore), le norme della Costituzione, del diritto sovranazionale e delle leggi Nazionali prevalgono su quelle del contratto collettivo; il contratto collettivo e  quello individuale invece, in quanto entrambi espressione dell’autonomia negoziale private, sono in posizione paritaria; in base quindi alla regola generale ordinatrice tra le fonti di disciplina del rapporto di lavoro, le disposizioni del contratto collettivo non potranno mai essere in contrasto con la legge o derogare ad essa ed eventuali conflitti vengono risolti sempre con la prevalenza della disposizione legislativa, per esempio se la contrattazione collettiva fissasse il periodo di ferie in sole due settimane all’anno questa disposizione sarebbe illegittima perché andrebbe contro la previsione legislativa che prevede il periodo minimo di ferie di quattro settimane all’anno.

Tuttavia il criterio dell’ordine gerarchico non trova applicazione assoluta nel campo lavoristico in quanto è colmato dal principio di favore verso il lavoratore, che fa si che tra più fonti regolatrici del rapporto di lavoro, prevalga quella più favorevole verso il lavoratore; quindi la norma di legge può essere derogata dal contratto collettivo ogni qualvolta esso preveda condizioni migliorative; al contrario il contratto collettivo non potrà mai prevalere sulla legge se dispone condizioni peggiorative per il lavoratore rispetto alla previsione legislativa, riprendendo l’esempio delle ferie il contratto collettivo non può prevedere un periodo di ferie inferiore a quello previsto dalla Legge ma potrà invece prevedere un periodo maggiore.

Il contratto collettivo e il contratto individuale di lavoro, si collocano sulla stessa posizione all’interno delle fonti di disciplina del rapporto di lavoro ma prevale il principio della inderogabilità del contratto individuale alle disposizioni del contratto collettivo, salvo che le disposizioni del contratto collettivo siano più favorevoli per il lavoratore, questo principio è sempre riconducibile alla funzione di tutela della categoria svolta dal sindacato e dal contratto collettivo e che verrebbe ad essere facilmente vanificata se fosse possibile semplicemente disapplicarne le disposizioni in ogni singolo contratto di lavoro; questa regola della inderogabilità consente di superare la debolezza contrattuale, sociale ed economica del lavoratore e dare piena effettività all’azione sindacale questo perché in sede collettiva, dove al datore si contrappone il sindacato, è possibile ottenere disposizioni migliori che non attraverso una contrattazione individuale. In sede di stipulazione del contrato individuale di lavoro infatti ad interloquire con il datore di lavoro c’è il lavoratore che si trova in una posizione più debole rispetto al primo, e privo della maggior forza contrattuale di cui è invece dotato il sindacato.

La disposizione del contratto individuale che deroga al contratto collettivo è nulla anche se questa nullità non investe l’intero contratto ma solo la clausola difforme che viene automaticamente sostituita da quella del contratto collettivo; tuttavia anche nel rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale, il principio della inderogabilità del contratto non è assoluto e tassativo: le condizioni previste dal contratto collettivo costituiscono il minimo assoluto per il lavoratore, ma è lecito che i contratti individuali possano prevedere condizioni più favorevoli per il lavoratore in deroga al contratto collettivo.

Il contratto collettivo di diritto comune non costituisce una fonte del diritto come i contratti corporativi, non ha quindi efficacia erga omnes, ma vincola esclusivamente gli iscritti alle organizzazioni sindacali che lo hanno stipulato; nel tempo però si sono formati diversi meccanismi che hanno reso possibile l’applicabilità del contratto collettivo anche ai soggetti non iscritti alle parti stipulanti; il contratto collettivo può trovare applicazione quando c’è stata da parte dei soggetti del rapporto individuale, un’adesione ai contratti collettivi ovvero una ricezione di esse nei contratti individuali.

Anche la giurisprudenza consente l’estensione soggettiva del contratto collettivo di diritto comune mediante l’applicazione dell’articolo 36 della Costituzione: è stato stabilito che il giudice di merito, ai fini della determinazione della retribuzione equa, può tener conto degli indici sintomatici, della situazione generale e locale della mano d’opera, delle clausole salariali contenute nei contratti collettivi ed inoltre può utilizzare anche le tariffe salariali concordate con regolamentazione collettiva per altri rapporti di lavoro che presentino analogia e affinità con il rapporto sottoposto alla sua decisione.

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