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mercoledì 27 Marzo 2024

Contabilità separata: come ripartire i costi promiscui per recuperare l’iva

Contabilità separata: come ripartire i costi promiscui per recuperare l’iva

Come determinare il criterio per recuperare iva detraibile nelle aziende con multiattività, alcune in regime di esenzione, altre di imponibilità

Frequentemente abbiamo riscontrato criticità nella gestione della contabilità separata, in quelle aziende con multiattività, alcune con ricavi in regime di esenzione iva (esempio attività sanitarie) ed altre imponibili (cessione beni o servizi). Le problematiche sono di due tipo, una inerente l’imputazione del costo alla sottoazienda corretta, l’altra inerente l’iva indetraibile per le attività con ricavi esenti, ed il recupero dell’iva detraibile sui beni e servizi comuni alle diverse sottoaziende.

In questo articolo trattiamo la tematica del recupero dell’iva sui beni e servizi ad uso promiscuo, ossia quelli che producono utilità per più sottoaziende (esempio la manutenzione delle sedie di un ristorante, usate anche per attività di gioco del bingo, oppure i costi di consulenza legale o fiscale). Se l’attività prevalente ha ricavi esenti, in via prudenziale i costi “promiscui” vengono rilevati in questa azienda con impostazione indetraibilità totale dell’iva, a fine anno una volta determinato il volume d’affari delle sottoaziende, è possibile individuale un criterio con recuperare parte dell’iva indetraibile (che è costo deducibile).

 

Il caso Mercedes Benz Italia

La sentenza della Corte di giustizia sul caso Mercedes Benz Italia (causa C-378/15 del 14 dicembre 2016) applicando un orientamento di matrice europea ha sancito la compatibilità del pro rata cosiddetto “matematico” (articoli 19, comma 5, e 19-bis del D. P. R. N. 633/1972), riferito ai soggetti passivi che pongono in essere sia operazioni imponibili che operazioni esenti. Le disposizioni nazionali, così come interpretate dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare ministeriale n. 328/E del 1997, prevedono che l’imposta ammessa in detrazione sia calcolata, in virtù di una presunzione assoluta, che tutti i beni e/o servizi acquistati siano utilizzati per effettuare operazioni imponibili nella misura percentuale corrispondente al rapporto tra le operazioni imponibili (numeratore) e le operazioni imponibili più quelle esenti (denominatore).   Il pro rata “matematico” si basa su un approccio di tipo soggettivo, in quanto è collegato alla tipologia di attività svolta dall’operatore, che deve essere – allo stesso tempo – imponibile ed esente, a differenza del pro rata cd. “fisico”, regolato dall’articolo 19, comma 4, del D. P. R. N. 633/1972, che risponde al principio di destinazione effettiva, vale a dire dell’impiego dei beni e/o servizi acquistati nell’ambito di operazioni imponibili.

Ai fini della ripartizione dell’imposta tra la quota detraibile e quella indetraibile, il richiamato l’articolo 19  non detta alcuna regola specifica, demandando al contribuente la scelta del criterio più appropriato alle diverse e variegate situazioni che possono verificarsi. All’operatore viene imposto soltanto, per l’eventuale controllo da parte degli organi competenti, che i criteri adottati siano oggettivi e coerenti con la natura dei beni e/o servizi acquistati.

La medesima norma dettata dal quarto comma dell’articolo 19 del D. P. R. N. 633/1972 stabilisce che, ove si tratti di beni/servizi utilizzati promiscuamente in operazioni soggette ad imposta e per fini privati o, comunque, estranei all’esercizio dell’attività, la quota d’imposta indetraibile e, conseguentemente quella detraibile, vanno determinate con i medesimi criteri innanzi illustrati.

Si pone in linea con il sistema di funzionamento del criterio del pro rata “fisico” anche l’indicazione contenuta nella C. M. N. 18/331568 del 1981, secondo la quale la quota-parte dell’imposta imputabile a ciascuna attività separata può essere determinata ricorrendo al criterio del rapporto fra i volumi d’affari nel solo caso in cui il contribuente non sia in grado di determinare, in concreto, la misura con la quale i beni/servizi acquistati risultino utilizzati per l’esercizio dell’attività separata.

La situazione considerata è quella del soggetto “misto” che, per evitare gli effetti negativi del pro rata “matematico”, opta per la separazione delle attività (articolo 36, comma 3, del D. P. R. N. 633/1972), con la conseguenza che l’imposta assolta sugli acquisti può essere recuperata in funzione dell’utilizzo dei beni e/o servizi nell’attività imponibile.

 

Cosa dispone la norma?

La norma dispone che, in caso di separazione facoltativa, la detrazione è esclusa per i beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente, nonché – per i beni ammortizzabili ed i servizi con destinazione “mista” – per la quota d’imposta riferibile all’attività esente (R. M. N. 72/E del 1997).

La disciplina in materia di separazione delle attività non contiene alcuna indicazione in merito alle modalità di imputazione dei costi promiscui. Sul punto, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che la ripartizione deve essere operata seguendo le stesse regole previste dall’articolo 19, comma 4, del D. P. R. N. 633/1972 (C. M. N. 18/331568/1981, e R. M. N. 450565 del 1990). Soltanto laddove l’imputazione oggettiva non sia possibile, la quota d’imposta riferibile a ciascuna attività deve essere individuata in rapporto al rispettivo volume d’affari.

Il criterio del volume d’affari, se rappresenta il “driver” per individuare la quota d’imposta detraibile per i soggetti “misti” in regime di pro rata “matematico”, ai fini invece della determinazione del pro rata “fisico” o della misura della detrazione per i soggetti che hanno optato per la separazione delle attività, costituisce un criterio del tutto residuale, che può essere validamente utilizzato a condizione che non sia possibile ripartire i costi promiscui in base ad un criterio oggettivo e coerente con la natura dei beni/servizi acquistati.

In questo senso possono richiamarsi anche le indicazioni della giurisprudenza, sia di legittimità (Cass. N. 6255 del 2012) che di merito (C. T. Prov. Di Milano n. 9113/3/16 del 2016).

Il principio, comune, che viene espresso è quello di escludere la ripartizione basata sul parametro del volume d’affari delle due attività se, a garanzia della neutralità dell’IVA, è possibile individuare in modo più preciso la quota d’imposta ammessa in detrazione ricorrendo ad un diverso criterio. Si tratta di una conclusione in linea con quella della Corte di giustizia dell’Unione europea, per la quale la normativa di matrice europea non impedisce che gli Stati membri applichino, per una determinata operazione, un metodo di ripartizione diverso da quello fondato sul volume d’affari, subordinatamente alla condizione che il metodo scelto garantisca la determinazione del pro rata di detrazione più precisa di quella risultante dall’applicazione del metodo “standard”, cioè basato sul volume d’affari (causa C-511/10, BLC Baumarkt e causa C-183/13).

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Dott. Alessio Ferretti

Tributarista Qualificato Lapet ai sensi della Legge 4/2013, referente di Networkfiscale.com, Commercialista.it, Commercialista.com, amministratore e consigliere in varie società. Dottore Commercialista ODCEC di Roma nr di iscrizione AA12304

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