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mercoledì 27 Marzo 2024

Gli ammortizzatori sociali nel “decreto ristori”

Il “decreto ristori” entrato in vigore il 29. 10. 2020 effettua  un ulteriore intervento in materia di ammortizzatori sociali legati all’emergenza epidemiologica, con riferimento alla cassa integrazione ordinaria, all’assegno ordinario dei fondi di solidarietà e alla cassa integrazione in deroga.

Gli ammortizzatori sociali nel “decreto ristori”

Analisi dell’articolo 12 del DL 137/2020 che disciplina gli ammortizzatori sociali.

Il “decreto ristori” entrato in vigore il 29. 10. 2020 effettua  un ulteriore intervento in materia di ammortizzatori sociali legati all’emergenza epidemiologica, con riferimento alla cassa integrazione ordinaria, all’assegno ordinario dei fondi di solidarietà e alla cassa integrazione in deroga.

In particolare, l’articolo 12 prevede che i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID 19 possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga previsti nel decreto marzo, per una durata massima di sei settimane; le sei settimane devono essere collocate nel periodo compreso tra il 16 novembre e il 31 gennaio 2021. Questa è la durata massima che può essere richiesta con causale COVID 19; i periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati collocati anche parzialmente in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle sei settimane previste dal 1° comma del decreto-legge.

Le ulteriori 6 settimane verranno riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane previste dal decreto agosto nonché ai datori di lavoro che appartengono ai settori interessati dal DPCM che dispone la chiusura o la limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

I datori di lavoro che presentano la domanda di concessione di ulteriori sei settimane, dovranno inoltre versare un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019; il contributo sarà pari:

–          al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%;

–          al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

Il contributo addizionale non è invece dovuto:

–          dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%;

–          dai datori di lavoro he hanno avviato l’attività d’impresa successivamente al primo gennaio 2019;

–          dai datori di lavoro che appartengono ai settori interessati dal DPCM del 24 ottobre che dispone la chiusura o la limitazione di alcune attività economiche.

Per l’accesso alle ulteriori sei domande, il datore di lavoro dovrà presentare apposita domanda all’INPS, nella quale dovrà autocertificare la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato; l’INPS provvederà poi ad autorizzare i trattamenti e sulla base dell’autocertificazione allegata individuerà l’aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. In caso di mancanza di autocertificazione si applica l’aliquota del 18%. In ogni caso l’INPS e l’agenzia delle entrate provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati.

Le domande dovranno essere presentate all’INPS entro la fine del mese successivo a quello in cuoi ha avuto inizio il periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione invece il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto-legge.

Il datore di lavoro, in caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS deve inviare all’istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale ovvero se posteriore entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione.

Trascorsi inutilmente i termini il pagamento il pagamento della prestazione e degli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

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